Home
Network ALL-IN
Quotidiano
Specializzazioni
Rubriche
Strumenti
Fonti
16 aprile 2024
Spetta la NASpI anche se il lavoratore si dimette a seguito di trasferimento legittimo e non contestato

La legge non richiede l'ingiustizia della decisione del datore di lavoro; infatti, l'indennità è dovuta anche in caso di licenziamento legittimamente intimato per giusta causa.

di La Redazione

L'odierna ricorrente illustra di essere stata dipendente di una ONLUS con mansioni di operaia e di aver dato le sue dimissioni nel momento in cui il datore di lavoro le aveva comunicato il suo trasferimento dalla sede di Firenze a quella di Massa, considerate le necessità di ridurre il personale nella prima sede e il posto vacante presente nella seconda.
Tuttavia, la lavoratrice decideva di non impugnare il trasferimento, e dopo aver dato le dimissioni per giusta causa chiedeva all'INPS l'erogazione dell'indennità NASpI.

attenzione

Qui si trova l'inghippo: l'INPS respingeva la richiesta per la mancata contestazione del trasferimento.

L'interessata agisce dinanzi al Tribunale di Firenze che però respingeva il ricorso, asserendo che la lavoratrice non aveva negato la sussistenza delle esigenze tecnico-produttive alla base del suo trasferimento, di cui peraltro non aveva contestato la legittimità. Di conseguenza, la risoluzione del rapporto di lavoro non sarebbe legata a una condotta illegittima del datore, ma sarebbe il risultato di una sua libera scelta.
Dopo l'impugnazione della decisione, spetta alla Corte d'Appello di Firenze pronunciarsi sul ricorso, e lo fa con la sentenza n. 258 del 2 ottobre 2023, ribaltando del tutto la situazione.

Prendendo le mosse dal disposto dell'art. 3, D. Lgs. n. 22/2015 nel testo vigente ratione temporis, il Collegio dichiara di non condividere il percorso argomentativo oggetto della decisione impugnata.
Osservano infatti i Giudici come sia evidente che lo svolgimento della prestazione presso la nuova sede fosse impossibile o comunque estremamente disagevole, anzitutto perché l'interessata avrebbe dovuto aggiungere al suo orario contrattuale altre 4 ore circa di viaggio per raggiungere la nuova sede, e poi perché, se avesse voluto rinunciare a viaggiare, le sarebbe toccato sostenere i costi di una abitazione in locazione a Massa, senza contare gli impegni di natura familiare di cui la lavoratrice parla nel ricorso.

Ebbene, da ciò emerge con chiarezza come le dimissioni non siano il frutto di una libera scelta della ricorrente, nonostante non abbia contestato la legittimità del trasferimento.
Ora, in tale contesto il Collegio ricorda che la legge non richiede l'ingiustizia della determinazione del terzo cui si riferisce la risoluzione del rapporto o l'estraneità del lavoratore rispetto alla fattispecie risolutiva, tanto che la prestazione è dovuta anche in caso di licenziamento intimato legittimamente per giusta causa.

ildiritto

Una volta dimostrato allora che nel caso in esame il trasferimento è avvenuto ad oltre 50 km dalla residenza della ricorrente e verso una località raggiungibile da quel luogo ad oltre 80 minuti con i mezzi pubblici, evidenziando che si è verificata una modifica unilaterale e sostanziale di un elemento essenziale del rapporto, il Collegio afferma che la risoluzione del rapporto deve intendersi determinata da un fatto del datore di lavoro e quindi la disoccupazione della lavoratrice va intesa come involontaria. Di conseguenza, si condanna l'INPS alla corresponsione verso la stessa della NASpI.

Documenti correlati
Il tuo sistema integrato di aggiornamento professionale
Non sei ancora abbonato?
Non sei ancora abbonato?