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5 giugno 2024
Interdizione e amministrazione di sostegno a confronto: come stabilire lo strumento più adeguato?

Il Tribunale di Savona richiama i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità e dalla Corte costituzionale allo scopo di delineare il confine preciso tra gli strumenti di protezione previsti dal nostro ordinamento: interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno, con focus sulla figura del tutore.

di La Redazione

La vicenda

Chi si rivolge al Tribunale di Savona sono alcuni congiunti dell'interessata, una donna di 84 anni che in seguito ad un aneurisma con esiti di natura cognitiva e neurologica era stata dapprima ricoverata presso una struttura ospedaliera e poi, su consiglio del personale medico, collocata in una RSA. I ricorrenti chiedono che sia dichiarata l'interdizione della congiunta, essendo oramai evidente che la stessa fosse totalmente dipendente da terzi nello svolgimento degli atti della vita quotidiana. Proprio per questo, la Commissione medica la aveva infatti dichiarata invalida con necessità di assistenza continua, nonché portatrice di handicap grave, riconoscendole l'indennità di accompagnamento.

La disputa familiare

Si costituivano in giudizio altri congiunti della donna, i quali invece portavano in giudizio i miglioramenti cui era andata incontro nel tempo: ella, raccontano, non indossava più infatti il catetere e si alimentava ora da sola. Inoltre, non sussistevano i presupposti dell'interdizione perché la signora viveva in RSA e non aveva un patrimonio complesso da gestire (un libretto postale, una casa ove aveva abitato fino a 6 mesi prima, due pensioni, una di invalidità e una di vecchiaia che in tutto ammontavano ad euro 16mila circa l'anno, somma che pressoché coincideva con la retta annuale della RSA).
A questo punto, i familiari chiedono piuttosto la nomina di un amministratore di sostegno e, nel caso, che venga nominata tale la figlia.

Le condizioni dell’interessata

Occorre a questo punto capire quali siano le reali condizioni della donna, sottoposta ad esame proprio per stabilire quale misura sia più appropriata a tutelare i suoi interessi.
Dagli esiti dell'esame, in sostanza, era emerso che la malattia che affliggeva l'interessata era grave al punto da impedirle di rispondere adeguatamente alle semplici domande rivoltele, corroborando le conclusioni raggiunte dal perito della parte attrice che si era espresso dopo aver valutato la documentazione medica in atti. Egli infatti aveva constatato come il quadro clinico dell'interdicenda avesse evidenziato una grave compromissione cognitiva con un deficit a carico di tutte le funzioni superiori che ne comportava una disabilità grave richiedente assistenza h 24. Ella appariva totalmente incapace di provvedere ai suoi interessi, non in grado di determinarsi sui luoghi e sulle modalità di gestione del quotidiano, e nemmeno in grado di esprimersi con riguardo al consenso informato circa i trattamenti sanitari proposti, non avendo alcuna consapevolezza delle proprie condizioni di salute. In definitiva, la capacità di intendere e di volere era grandemente scemata.

La decisione del Tribunale

Il Tribunale di Savona, con sentenza del 20 maggio 2024, appoggia le conclusioni del perito di parte, concentrandosi su quale strumento sia più adeguato in termini di assistenza, cura della persona e gestione patrimoniale. In tal senso, richiama alcuni principi di diritto espressi dalla giurisprudenza di legittimità e dalla Corte costituzionale che evidenziano l'assoluta necessità di perimetrare i tre istituti di protezione delineati nel Codice civile: amministrazione di sostegno, inabilitazione e interdizione.

Si parte dalla figura del tutore, allo scopo di distinguerlo dall'amministratore di sostegno e dal curatore.

esempio

Come affermano i Giudici, il tutore ha sia la rappresentanza del tutelato, sia l'obbligo di prendersi cura della sua persona, partendo dal presupposto che egli è totalmente incapace in tal senso. Sotto tale profilo, quello del tutore è un ruolo eccezionale perché a nessun altro soggetto è consentito di sostituirsi a un individuo attraverso modalità così invasive e ciò si spiega per via della fonte da cui trae origine la legittimazione del tutore, che è di natura giurisdizionale collegiale. La decisione, poi, è assunta in presenza della difesa tecnica. Da qui, i compiti del tutore:

  • Prendersi cura del tutelato;
  • Trovargli una collocazione adeguata;
  • Individuare modalità di assistenza coinvolgendolo, ma allo stesso tempo anche eventualmente contro la sua volontà (che deve ritenersi comunque viziata per via della patologia dalla quale è affetto).

Per questi motivi, il primo atto della tutela è quello di acquisire un progetto personalizzato dal quale ricavare le necessarie cure e le indicazioni ai fini della collocazione del tutelato. Qui, la gestione del profilo patrimoniale acquista un rilievo strumentale rispetto alla cura della persona, potendo sempre il tutore operare su autorizzazione del giudice tutelare.
Ebbene, ciò si traduce in un rapporto che va ben oltre la semplice “presa in carico” di un altro soggetto, concretizzando la tutela l'unico strumento in grado di legittimare una collocazione prolungata anche contro la volontà dell'interessato disciplinata espressamente dal Codice civile, legittimando una vera e propria sostituzione al paziente in sede di consenso a terapie e trattamenti sanitari e chirurgici. In questo consiste il quid iuris di protezione dell'interdetto: una rappresentanza integrale nella gestione di tutti gli interessi del tutelato.

L’interdizione come misura più adeguata alla tutela integrale della persona

Tornando al caso di specie, il Tribunale, preso atto delle condizioni in cui versa l'interessata e ritenendo l'amministrazione di sostegno non sufficiente a garantire una protezione “totale” degli interessi della donna, soprattutto sotto il profilo sanitario, preso atto altresì che i miglioramenti di cui parlano i congiunti non sono tali da giustificare una misura di protezione meno invasiva, si pronuncia l'interdizione quale unico strumento che assicura una protezione adeguata in termini di assistenza, cura della persona e gestione patrimoniale, nominando a tal fine una persona estranea alla famiglia allo scopo di scongiurare eventuali tensioni che potrebbero pregiudicare il tutelato.

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