L'infezione da Covid-19 non può qualificarsi come “infortunio”, ma come “malattia”.
Ai fini dell'indennizzo, infatti, la polizza infortuni rimanda ad un evento traumatico e violento riconducibile a una causa esterna tale da produrre lesioni fisiche obiettivamente constatabili, elementi che non caratterizzano l'infezione da Covid-19.
Le attrici sono rispettivamente la moglie e la figlia di un uomo che, dopo aver scoperto di essere positivo al Covid-19 ed essere stato trasportato d'urgenza in ospedale, era deceduto in conseguenza di polmonite bilaterale e sindrome da distress respiratorio acuto causate dall'infezione.
Le attrici chiamano in giudizio la compagnia assicurativa con la quale l'uomo aveva contratto una polizza infortuni per vedersi riconoscere l'indennizzo contrattualmente convenuto pari a 500mila euro.
Costituitasi in giudizio, la compagnia assicurativa eccepiva la non operatività della polizza poiché l'infezione da Covid-19 per la quale era morto il contraente non poteva qualificarsi come infortunio, bensì come malattia. Si trattava, nello specifico, di una assicurazione dal rischio infortunio, anche extralavorativo, che prevedeva che qualora si fosse verificata la morte dell'assicurato, agli eredi legittimi sarebbe stato liquidato un importo pari a 500mila euro, da ripartirsi con la società contraente.
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Ciò che conta ai fini del giudizio è accertare se l'evento morte verificatosi nel caso in esame possa rientrare o meno nella copertura assicurativa dedotta in lite e quindi se l'infezione da Covid-19 possa o meno qualificarsi come infortunio. |
Ora, il Tribunale di Reggio Emilia evidenzia anzitutto che, trattandosi di polizza infortuni privata, occorre partire dall'interpretazione del contenuto del contratto e, dunque, dal senso letterale delle parole ed espressioni adoperate.
In tal senso, si osserva come ai sensi del contratto, siano compresi nell'ambito di operatività dell'assicurazione tutti gli eventi non espressamente esclusi aventi le caratteristiche della definizione di “infortunio”.
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Imprescindibile, allora, esaminare la definizione di “infortunio” contenuta nel glossario: |
Ebbene, il Tribunale afferma che l'infezione da Covid-19 non possa qualificarsi come “infortunio” come sopra definito, poiché la polizza rimanda ad un evento traumatico e violento riconducibile a una causa esterna tale da produrre lesioni fisiche obiettivamente constatabili, elementi che non si riscontrano nel caso di infezione virale da SARS-CoV-2 perché manca la traumaticità esterna.
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Come evidenzia il Tribunale, se si facesse rientrare nel concetto di infortunio la malattia infettiva contratta casualmente o in assenza di causa fortuita, violenta ed esterna, si giungerebbe alla conclusione per cui qualsiasi malattia virale possa costituire un infortunio rientrante nel rischio coperto dalla polizza infortuni. |
A favore delle attrici non depone nemmeno la giurisprudenza giuslavoristica di legittimità nell'ambito dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro laddove prevede che possa costituire causa violenta anche l'azione di fattori microbici o virali che determinano l'alterazione dell'equilibrio anatomo-fisiologico del soggetto quando gli effetti si manifestino in rapporto con lo svolgimento dell'attività di lavoro.
Le pronunce infatti rilevano ai fini dello specifico ambito INAIL e non si estendono al campo delle assicurazioni private.
Nel caso di specie peraltro l'esclusione dell'infezione virale ai fini della copertura assicurativa si desume anche dalle clausole contrattuali.
Alla luce delle suddette argomentazioni, il Tribunale di Reggio Emilia con la sentenza n. 607 del 29 maggio 2024 respinge la domanda proposta dalle attrici.
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Con citazione ritualmente notificata N. G., in proprio e quale legale rappresentante della R. S.r.l., e B. T. hanno convenuto in giudizio C. – A. R. D. per vedersi riconoscere l’indennizzo ai sensi della polizza stipulata dalla società R., con cui era stato assicurato dal rischio infortunio R. T., rispettivamente coniuge e padre delle attrici, deceduto l’8/11/2020 a seguito di infezione da Covid-19.
Sulla scorta di tali premesse, le attrici, previo accertamento della natura di infortunio della predetta infezione ai sensi della polizza assicurativa, hanno chiesto la condanna della Compagnia di assicurazione al versamento dell’indennizzo contrattualmente convenuto di € 500.000,00, disponendone il pagamento ai sensi di polizza nella misura dell’80% (€ 400.000,00) in favore della R. e del 20% (€ 100.000,00) in favore di N. G. e B. T., eredi dell’assicurato, oltre interessi al tasso di cui all’art.1284 comma 4 c.c.
Si è costituita in giudizio C. eccependo la non operatività della polizza, trattandosi di garanzia per infortuni, ed essendo il decesso dell’assicurato dipeso da “insufficienza respiratoria acuta” – “polmonite da sars-coronavirus associato” conseguente ad infezione da Covid-19, da qualificarsi quindi come malattia. In subordine, per l’ipotesi in cui fosse stata riconosciuta la natura di infortunio, la convenuta ha svolto eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., avendo le attrici fatto pervenire la denuncia del sinistro soltanto in data 11/3/2021 e dunque ben oltre i limiti temporali previsti dalla legge e dal contratto.
La causa è stata documetalmente istruita, quindi è passata in decisione sulle conclusioni rassegnate dai procuratori delle parti come richiamate in epigrafe, con assegnazione dei termini di rito per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.
E’ innanzitutto pacifico in causa, oltre che documentalmente provato, che nel giugno 2018 la società R. S.r.l. ha sottoscritto con C. la polizza assicurativa denominata “BNL KEY MANAGER PROTECTION” n. XXX (doc. 4 parte attrice) con cui è stata assicurata la persona di R. T. dal rischio infortunio, anche extralavorativo, con previsione che, per quanto nella presente sede rileva, qualora se ne fosse verificata la morte, sarebbe stato liquidato un indennizzo di € 500.000,00, da ripartirsi tra la società contraente e gli eredi legittimi dell’assicurato.
Sotto il profilo dell’iter clinico che ha interessato il sig. T. è incontestato, in estrema sintesi, che:
1) il medesimo in data 27/10/2020 ha scoperto di essere positivo al Covid-19; 2) accusando dispnea e febbre alta è stato trasportato al Pronto Soccorso dell’A. S. M. N. di Reggio Emilia e subito ricoverato; 3) in data 5/11/2020 è stato trasferito nel reparto di medicina d’urgenza, con diagnosi di “insufficienza respiratoria acuta in paziente con polmonite interstiziale da SARS-COV-2” ove, a causa della gravità delle sue condizioni, durante la notte 6/11/2020 veniva trasferito nel reparto rianimazione e intubato; 4) aggravatesi le condizioni di salute del sig. R. T., lo stesso purtroppo è deceduto in data 8/11/2020, in conseguenza di polmonite bilaterale e sindrome da distress respiratorio acuto causati dall’infezione da SARS COV II (doc. 5 a-b-c. e 6 parte attrice).
Tanto chiarito, nel presente giudizio è dirimente accertare se l’evento morte così come verificatosi rientri nella copertura assicurativa garantita dalla polizza infortuni dedotta in lite potendosi l'infezione da Covid-19 qualificare come infortunio a termini di polizza, ovvero se essa sia da considerarsi malattia, esclusa pertanto dall’operatività della polizza inter partes.
A tali fini, trattandosi di polizza infortuni privata ove l'oggetto della garanzia viene liberamente determinato dalle parti nell’esercizio dell’autonomia negoziale ad esse riconosciuta ex art. 1322 c.c., nella valutazione circa la natura e la conseguente indennizzabilità del menzionato sinistro non può prescindersi dall’interpretazione del contenuto del contratto stesso. E, nell'interpretazione del contratto secondo i criteri dettati dagli artt. 1362 e ss. c.c., il primo strumento da utilizzare per individuare la comune intenzione dei contraenti è il senso letterale delle parole e delle espressioni adoperate.
Orbene, nel contratto in esame viene espressamente riconosciuta copertura assicurativa “in caso di Invalidità permanente o Decesso dell’Assicurato che siano conseguenza diretta, esclusiva ed obiettivamente constatabile di un Infortunio occorso allo stesso Assicurato nello svolgimento di Attività Professionali o Extraprofessionali (…) Nell’ambito di operatività dell’Assicurazione sono compresi tutti gli eventi, non espressamente esclusi, aventi le caratteristiche richieste dalla definizione di Infortunio” (art. 1 CGA, doc. 12 parte attrice). Nel glossario l’infortunio viene definito quale “evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna, che provoca lesioni fisiche oggettivamente constatabili, le quali abbiano per conseguenza una Invalidità permanente o il decesso dell’Assicurato”. Ritiene il Tribunale che nel caso di specie non possa sostenersi che l’infezione da Covid-19 sia qualificabile come “infortunio”, rimandando la definizione contenuta nella polizza espressamente a un evento traumatico e violento dovuto a causa esterna e tale da produrre lesioni fisiche obiettivamente constatabili, in conformità peraltro a quanto riconosciuto dalla giurisprudenza (“L'assicurazione privata contro gli infortuni consiste nel contratto con il quale l'assicuratore, previa corresponsione di un premio, si obbliga al pagamento di una certa somma all'assicurato, nel caso di lesione dovuta ad una causa fortuita, violenta ed esterna che ne determini l'inabilità temporanea o l'invalidità permanente” Cass. civ., Sez. Un., sentenza 10 aprile 2002, n. 5119).
Ciò posto, non è dato ravvisare tali requisiti nel caso di infezione virale da SARS-CoV-2, non configurandosi un evento dovuto a causa violenta, mancando la traumaticità esterna che caratterizza l’infortunio.
Né, in conformità con il prevalente orientamento della giurisprudenza di merito, può ritenersi che il requisito della violenza sia soddisfatto dalla virulenza, essendo il contatto infettante concentrato cronologicamente, considerando che, se si facesse rientrare nel concetto di infortunio la malattia infettiva contratta casualmente, ovvero in difetto di una causa fortuita, violenta ed esterna, si perverrebbe alla conclusione che la contrazione di qualunque malattia virale in qualunque circostanza costituisca un infortunio rientrante nel rischio coperto dalla polizza infortuni (Corte d'Appello Torino, Sez. III, sent. 20/6/2023; Tribunale Milano, Sez. VI, sent. 2/12/2022, n. 9543; Trib. Roma, sent. 30/1/2022, n. 5947). E tale risultato, nel caso che ci occupa, relativo a un contratto di assicurazione privata contro gli infortuni, non sarebbe condivisibile, atteso che ricondurre le malattie infettive alla nozione di infortunio, mediante l’equiparazione del concetto di virulenza al requisito della violenza, comporta inevitabilmente una modifica di ciò che invece è comunemente inteso come infortunio. Non rileva neppure la rapidità dell’evoluzione dei sintomi o della loro aggressività sulla salute, conseguenze peraltro non uguali per tutti i soggetti contagiati, interagendo diversi fattori quali l’età, le pregresse condizioni di salute, le difese immunitarie, dovendosi tenere distinta l’evoluzione della patologia dalla sua causa genetica, la quale unica rileva per stabilire se si tratti o meno di causa violenta. E ciò perché l’infortunio oggetto della polizza deve essere identificato non già con la lesione, bensì con l’evento che genera la lesione, il quale deve essere munito dei sopra richiamati requisiti di esteriorità, fortuità e violenza.
Nemmeno possono trovare applicazione i principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità giuslavoristica nel diverso ambito dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, ove pacificamente si ritiene che possa costituire causa violenta anche l'azione di fattori microbici o virali che, penetrando nell'organismo umano, ne determinano l'alterazione dell'equilibrio anatomo- fisiologico, sempreché tale azione, pur se i suoi effetti si manifestino dopo un certo tempo, sia in rapporto con lo svolgimento dell'attività lavorativa (ex multis Cass. civ. Sez. Lav. n. 9968/2005).
Le svariate pronunce sul punto sono infatti relative allo specifico ambito INAIL, essendo i predetti principi stati elaborati al fine di dare copertura da parte dell'assicuratore sociale anche ai casi di malattie professionali non incluse nelle originarie tabelle allegate al T.U. n. 1124 del 1965, non trovando dunque applicazione nel settore delle assicurazioni private.
Tanto chiarito, nel caso in esame, l’esclusione dell’infezione virale per cui è causa dalla copertura assicurativa si desume anche dall’interpretazione complessiva delle clausole contrattuali, ai sensi dell’art. 1363 c.c. In particolare, l’art. 1 n. 7 delle condizioni di assicurazione prevede che debbano essere considerate infortuni e come tali comprese nella copertura assicurativa quelle infezioni, ad esclusione dell’HIV, il cui “germe infettivo si sia introdotto attraverso un lesione determinata da infortunio, contemporaneamente al prodursi della lesione stessa” (già richiamato doc. 12).
Orbene si osserva che se le parti avessero inteso ricomprendere nella polizza automaticamente tutte le patologie virali o le infezioni non avrebbero evidentemente previsto una espressa estensione per quelle infezioni, escluso in ogni caso il virus HIV, conseguenti specificamente a un evento fortuito e violento, quale tuttavia non può essere considerato, per le ragioni sopra chiarite, il contagio da Covid -19. D’altro canto, le infezioni virali costituiscono una categoria ampia e importante di patologie, tra esse essendo incluse anche ad esempio l’influenza stagionale o le comuni malattie infettive (quali varicella, morbillo, rosolia), ciò facendo comprendere la ratio della limitazione prevista dalla polizza, con riferimento a quelle sole infezioni causate da una lesione determinata da un evento fortuito e violento.
Per tutte le ragioni sopra esposte, dovendosi considerare l’evento occorso escluso dalla copertura assicurativa, la domanda di indennizzo proposta dalle attrici non può trovare accoglimento, con assorbimento di ogni ulteriore questione.
Venendo alle spese di lite, stante la complessità e la novità delle questioni trattate e l’esistenza di diversi orientamenti dottrinali e di giurisprudenza di merito, esse vengono integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
1. Respinge la domanda proposta;
2. Compensa integralmente le spese di lite tra le parti.