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«L'interposizione illecita di manodopera in un contratto di appalto determina l'instaurazione ex lege del rapporto contributivo tra l'ente previdenziale e l'utilizzatore, anche ai fini della efficacia di una polizza assicurativa privata che richieda per la sua copertura che il lavoratore infortunato sia addetto all'attività aziendale ed il datore sia in regola con gli obblighi assicurativi sociali». |
Svolgimento del processo
La Corte d'appello di Salerno , con la sentenza in atti, ha accolto l'appello di G. Italia S.p.A. ed in parziale riforma della impugnata sentenza ha rigettato la domanda proposta in primo grado da F. M. nei confronti di G. Italia S.p.A. e per l'effetto ha escluso la solidarietà dichiarata nella pronuncia di condanna del tribunale di Nocera Inferiore ai fini del risarcimento del danno differenziale per il gravissimo infortunio sul lavoro patito dal F. in data 30/11/2007 nello stabilimento dell'industrie cartarie P. Sud srl.
A fondamento della sentenza la Corte d'appello ha sostenuto, per quanto ancora rileva in questa sede, che la copertura assicurativa per la responsabilità civile stipulata da P. Sud con l’Assicurazioni G. spa dovesse operare anche nei confronti di P. C. P. ex articolo 2558 c.c. in quanto subentrante con fitto di azienda.
Tuttavia, benchè F. M. dovesse ritenersi dipendente della P. C. P. – non essendo stata nemmeno contestata l’accertata interposizione fittizia della P. C. P. nel rapporto di lavoro del signor F., formalmente assunto presso la ditta C. s.n.c. appaltatrice del solo servizio di pulizia - secondo la Corte di appello, l'infortunio occorso al lavoratore F. M. non poteva rientrare nell'ambito della copertura di polizza in quanto la responsabilità civile verso i prestatori di lavoro, ai sensi dell'art. 1 lettera B della polizza, operava solo per i dipendenti o parasubordinati assicurati ai sensi degli artt. 10 e 11 d.p.r. 1124/65 o dell’art. 13 d.lgs. n. 38/2000, addetti alle attività per le quali era prestata l'assicurazione; mentre il F. non poteva essere considerato dipendente della P. C. P., non era assicurato da questa ditta ai sensi del dpr n. 1124/65 e non c'era stata liquidazione di indennizzo a titolo di danno per responsabilità civile derivante da illecito penale mancando anche una sentenza di condanna.
Andava quindi escluso che potesse mai applicarsi la RCO perché la sua efficacia era subordinata alla circostanza che al momento del sinistro l'assicurato fosse in regola con gli obblighi assicurativi di legge (art.1 lett.B ultima parte).
Oltre a non potersi considerare dipendente, F. non poteva considerarsi neppure "terzo" ai sensi dell'articolo 1 lettera A della polizza quale danneggiato in conseguenza di un fatto accidentale verificatosi in relazione ai rischi per i quali è stipulata l'assicurazione stante la ricorrenza dell'esplicita causa di esclusione di cui all'articolo 2 lett. C (ai fini dell'assicurazione RCT non possono considerarsi terzi "i dipendenti dell'assicurato ed i lavoratori parasubordinati che subiscono il danno in occasione di lavoro o di servizio, i subappaltatore e loro dipendenti, nonché tutti coloro che indipendentemente dalla natura dell'oro rapporto rapporto con l'assicurato subiscono il danno conseguenza della loro partecipazione manuale all'attività di cui si riferisce l'assicurazione " ).
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione F. M. con due motivi ai quali ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria, Assicurazioni G. spa. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Motivi della decisione
1.- Col primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1366 e 1370 c.c. ex art 360 n. 3 c.p.c. per avere la Corte d'appello escluso l'operatività della polizza RCO nel caso del lavoratore F. pur essendo il suo rapporto di lavoro derivato da una fattispecie di illecita interposizione di manodopera e come tale assicurato all'Inail ( coperto da assicurazione sociale ancorché pagate dalla interposto), tanto che l'Inail gli ha erogato la rendita in misura del 60%; essendo pure il datore di lavoro interposto in regola con gli obblighi assicurativi di legge.
2.- Con il secondo motivo si deduce la violazione falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1366 e 1370 70 ai sensi dell'articolo 360 n. 3 c.p.c. per avere la Corte di appello escluso che il lavoratore danneggiato F. M. potesse considerarsi un terzo ai sensi dell'articolo 1 lettera A della polizza, quale danneggiato in conseguenza di un fatto accidentale verificatosi in relazione ai rischi per i quali è stipulata l'assicurazione, stante la ricorrenza dell'esplicita causa di esclusione di cui all’art. 2 lett. C.
3. - Il primo motivo di ricorso è fondato, mentre va ritenuto assorbito il secondo.
Il caso di specie rientra infatti de plano, ad avviso di questo Collegio, nell’oggetto della copertura assicurativa in base alla corretta interpretazione del testo di polizza sotto il profilo letterale, logico e sistematico.
3.1. Si apprende dalla gravata sentenza che F. M. sia stato investito da un muletto nel corso della sua attività svolta all’interno dell’azienda gestita da P. C. P. in base a fitto di azienda. Esattamente egli era “addetto alla macchina ribobinatrice, nonostante fosse stato formalmente assunto da altra ditta – C. 2004 snc di C. S. & C. a cui la società P. Sud aveva appaltato lavori di pulizia”.
3.2. Pertanto, al contrario di quanto affermato dalla sentenza gravata, in forza del lavoro prestato e dell’accertamento dell’interposizione nel rapporto di lavoro (intervenuta con la cedente P. Sud), F. M. era anche un effettivo dipendente della P. C. P. (cessionaria) ed era anche addetto alla attività aziendale (alla macchina ribobinatrice).
3.3. Tanto che lo stesso lavoratore, ai fini assicurativi in discorso, non potrebbe essere considerato nemmeno “terzo” per il quale dovrebbe operare altra previsione di polizza, anche perché “dipendente” addetto all’attività aziendale.
3.4. Egli era però pacificamente assicurato all’INAIL ed aveva pure ricevuto le relative prestazioni indennitarie, tanto che si discute in questo giudizio soltanto di “danno differenziale”.
3.5. E’ errato tuttavia affermare ( v. pag. 12 sentenza) che il datore di lavoro assicurato all’INAIL fosse la ditta C. ( “ l’assicurazione pubblica per il caso di infortunio sul lavoro…stando alla relazione INAIL del 14.1.2008 riguardava la sola ditta C. snc titolare della posizione assicurativa ivi iscritta sin dal 20004 e coinvolgente il sig. F. in qualità di manovale iscritto al libro matricola della ditta C. snc). Al contrario, come si desume dalla disciplina degli artt. 29 e 27 d.lgs.276/2003, F. M. doveva ritenersi assicurato ex lege dalla stessa effettiva datrice di lavoro P. C. P..
3.6. Il giudice di primo grado aveva liquidato il danno differenziale, con condanna in via solidale dell’effettivo datore P. C. P., sulla base della canonica valutazione ex artt.10 e 11 dpr 1124/65; ovvero attraverso una valutazione incidentale della illiceità penale del fatto, non occorrendo alcuna sentenza penale. Non rileva quindi la “mancanza di una sentenza di condanna” per un illecito penale, di cui erroneamente discorre la stessa sentenza impugnata.
3.7. La clausola del contratto secondo cui "l'assicurazione RCO è efficace purché al momento del sinistro l'assicurato sia in regola con gli obblighi assicurativi di legge" deve essere quindi interpretata sistematicamente ed in conformità all’ordinamento (artt.29 e 27 d.lgs. 276/2003 ) il quale considera il lavoratore illecitamente somministrato (o utilizzato in un appalto illecito di manodopera) alle dipendenze del datore di lavoro effettivo. Il contratto di lavoro, che rimane valido ed efficace, è imputato dalla legge in capo all’utilizzatore fin dal momento in cui abbia avuto inizio l’ “effettiva utilizzazione”.
3.8.- Ed inoltre considera – per previsione imperativa di legge - il datore di lavoro “effettivo” come assicurato ed in regola con gli obblighi assicurativi di legge, riconoscendo altresì satisfattivi i pagamenti effettuati dal datore interposto, fino all’ammontare del quantum dovuto.
3.9. Gli artt. 29 e 27 del d.lgs. 276/2003 (ma la stessa disciplina, desumibile dall’art. 1180 c.c., vale oggi anche ai sensi dell’art. 38 del d.lgs. 81/2015) recitano infatti che nelle ipotesi di appalto o di somministrazione illecita “tutti i pagamenti effettuati” dal datore di lavoro apparente “ a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto, che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione, dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata”; e “tutti gli atti compiuti” dal datore di lavoro apparente “per la costituzione o la gestione del rapporto, per il periodo durante il quale ha avuto luogo” il rapporto “si intendono come compiuti dal soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione.”
Sicchè, come osserva pure la dottrina, quando la disciplina imperativa dipende da una qualità del datore di lavoro è all’utilizzatore – ormai parte del contratto - che bisogna fare riferimento.
4. Pertanto la polizza assicurativa di cui si discute deve ritenersi operativa anche nel caso in cui il lavoratore dipendente sia un lavoratore assunto a seguito di interposizione illecita di manodopera da parte di un datore di lavoro apparente che l'aveva assicurato comunque all'Inail; essendo tale obbligo direttamente riferibile al datore di lavoro effettivo per l’espressa previsione di legge già richiamata (“Tutti gli atti compiuti” dal datore apparente anche sul piano previdenziale “si intendono come compiuti dal soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione.”).
5.- In tali termini si è pure già pronunciata la giurisprudenza di questa Corte. Come affermato dall’ordinanza n. 19098/2017 non può essere posta in discussione l’esistenza de iure del rapporto di assicurazione con il datore di lavoro effettivo al posto dell’interposto. Il rapporto assicurativo sociale si costituisce infatti immediatamente in forza di legge col datore di lavoro effettivo; “L’interposizione illecita di manodopera in un contratto di appalto determina l’instaurazione del rapporto contributivo tra l'ente previdenziale e l'utilizzatore, restando irrilevante la mancanza di una specifica indicazione, da parte di quest’ultimo, del nominativo dei lavoratori dell'impresa fornitrice, posto che l’individuazione dell’importo dovuto si ricava dal numero dei lavoratori impiegati nell'appalto e dai minimali contributivi fissati dal c.c.n.l. e configurandosi l’imputazione soggettiva dei contributi da parte dell’INPS come adempimento successivo al sorgere dell'obbligazione e al pagamento dell'importo dovuto da parte del datore di lavoro effettivo (ordinanza n. 19098 del 01/08/2017).
6.- Inoltre è ius receptum anche la tesi secondo cui in caso di appalto illecito i contributi versati dal datore di lavoro apparente vengono considerati come corrisposti dal datore effettivo. Ai sensi degli artt. 29 e 27 del d.lgs. 276/2003 i contributi pagati dal datore apparente liberano il datore effettivo. Il rapporto si considera dunque effettivamente regolare sotto ogni profilo.V. ordinanza n. 18278 del 08/07/2019: “In tema di contributi previdenziali, nell'ipotesi di appalto posto in essere in violazione delle disposizioni di cui all'art. 29, comma 1, del d.lgs. n. 276 del 2003, i pagamenti a titolo contributivo effettuati dall'appaltatore valgono a liberare il committente fino a concorrenza delle somme versate, così come dispone il comma 3 bis del predetto articolo, che rinvia al precedente art. 27, comma 2, dando applicazione alla regola generale di cui all'art. 1180 c.c., che impone la verifica in concreto dell'avvenuta o meno integrale soddisfazione delle pretese contributive formulate dagli enti previdenziali”.
7.- Il pagamento dei contributi da parte di società interposta ha dunque effetto liberatorio dell'obbligazione contributiva del datore di lavoro effettivo il quale quindi non può considerarsi inadempiente. Eventuali differenze esistenti (in più o in meno) non incidono sulla esistenza della copertura assicurativa sociale e comunque non risultano nemmeno come addotte in giudizio. Il lavoratore era quindi assicurato e lo stesso datore era in regola con gli obblighi assicurativi di legge.
8.- Il rilievo difensivo sollevato dalla controricorrente, relativo al computo del premio di polizza, è inammissibile perché non supportato dalla specificità e dall’autosufficienza cui sottostanno anche le eccezioni e le allegazioni del controricorrente.
Era onere della stessa controricorrente indicare, produrre e riprodurre per intero la polizza in questione o almeno una sua parte significativa relativa al computo del premio ed alle conseguenze in caso di inadempimento.
In ogni caso – sulla base dei dati acquisiti al giudizio - il pagamento parziale del premio o l’esistenza di lavoratori non computati ai fini del calcolo del premio può comportare eventualmente l’adeguamento dell’entità del premio; non comporta invece l’inoperatività della copertura di polizza che fa riferimento soltanto alla esistenza e regolarità del rapporto di assicurazione sociale col datore di lavoro (il rapporto contributivo ed il rapporto previdenziale sono rapporti diversi; e diverso è altresì il rapporto di lavoro in virtù della concezione trilaterale del rapporto assicurativo sociale).
9.- Va pure chiarito che nel caso di specie, di lavoratore illecitamente appaltato o somministrato, non si possa neppure parlare di lavoro nero, come sostiene invece la difesa della controricorrente.
Per quanto già detto infatti il lavoratore illecitamente somministrato è assicurato all’INAIL dal datore di lavoro effettivo; i contributi versati dal datore apparente sono considerati ex lege come corrisposti dal datore di lavoro effettivo.
10. La legge si limita a considerare effettivo ciò che è reale. Ed in tal senso, con effetti dichiarativi ex tunc, ha operato la stessa sentenza del giudice che ha imputato l’esistenza del rapporto in capo al datore effettivo P. C. P..
11.- Sulla scorta di tali motivi il ricorso va quindi accolto. Il secondo motivo va dichiarato assorbito.
La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti con rimessione al giudice di rinvio indicato in dispositivo il quale dovrà procedere alla prosecuzione della causa e provvedere altresì sulle spese del giudizio di cassazione, conformandosi al seguente principio di diritto:
“L’interposizione illecita di manodopera in un contratto di appalto determina l’instaurazione ex lege del rapporto contributivo tra l'ente previdenziale e l'utilizzatore, anche ai fini della efficacia di una polizza assicurativa privata che richieda per la sua copertura che il lavoratore infortunato sia addetto all’attività aziendale ed il datore sia in regola con gli obblighi assicurativi sociali”.
12.- Non sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato (conformemente alle indicazioni di Cass s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'appello di Salerno in diversa composizione anche per le spese del giudizio di cassazione.