Nel caso di specie, l'assicurato aveva continuato a percepire l'assegno per parecchi anni a causa di un errore dell'INPS e della mancata segnalazione da parte sua, quindi l'Ente ora intende recuperare la somma indebitamente percepita.
Il Giudice di seconde cure riformava la sentenza di primo grado e quindi rigettava la domanda dell'interessato che aveva chiesto di accertare l'illegittimità del recupero da parte dell'INPS di una somma pari ad oltre 175mila euro per ratei di assegno di invalidità indebitamente percepiti tra il 2011 e il 2019.
A fondamento della decisione, il fatto che l'assicurato avesse avanzato solo una domanda di rinnovo alla scadenza del primo triennio, senza ripetere l'adempimento alla scadenza del secondo triennio, e quindi nemmeno del terzo, come era stato chiaramente indicato nel modello predisposto ai fini del riconoscimento della prestazione che chiariva che solo dopo tre rinnovi consecutivi il riconoscimento dell'assegno sarebbe stato automatico.
Allo stesso tempo, i Giudici accertavano che l'erogazione della prestazione non dovuta era riconducibile ad un errore dell'INPS, ma restava comunque fermo il fatto che fosse rimasto inadempiuto l'onere in capo all'assicurato di segnalarlo, omissione che la Corte ha qualificato come dolosa.
L'assicurato propone ricorso in Cassazione.
Chiarito che la domanda amministrativa di rinnovo è necessaria per la reiterazione della prestazione per altri tre anni e che era provato che il ricorrente non vi avesse adempiuto, la Cassazione rigetta il suo ricorso, evidenziando che l'assegno di invalidità costituisce una prestazione temporanea che va confermata per tre trienni di seguito su domanda del titolare, essendo la legge stessa a regolamentare termini ed effetti.
Inoltre, gli Ermellini affermano che ai fini della irripetibilità dell'indebitoprevidenziale sono necessarie quattro condizioni:
- Il pagamento delle somme sulla base di un formale e definitivo provvedimento;
- La comunicazione di detto provvedimento all'interessato;
- L'errore di qualsiasi natura imputabile all'Ente erogatore;
- L'insussistenza del dolo di quest'ultimo, cui è equiparata quoad effectum l'omessa o incompleta segnalazione di fatti che incidono sul diritto o sulla misura della pensione che non siano conosciuti dall'Ente.
Se manca anche solo una delle suddette condizioni, allora opera la regola della ripetibilità ai sensi dell'
|
Stante quanto sopra, la Cassazione ritiene che nel caso di specie si versi in un caso di indebito oggettivo poiché è mancata del tutto dopo la prima scadenza la domanda che avrebbe legittimato il riconoscimento della prestazione per altri tre anni, non essendosi quindi mai costituito il rapporto previdenziale necessario ai fini dell'applicazione della disciplina speciale sull'indebito. |
Preso atto di ciò, gli Ermellini rigettano il ricorso.
Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Palermo, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda di A.A. che aveva chiesto si accertasse l'illegittimità del recupero della somma di Euro 176.714,00 sulla pensione EL n. (Omissis) per ratei di assegno di invalidità indebitamente percepiti dal 2011 al 2019.
1.1. La Corte territoriale ha sottolineato che nel modello compilato in vista del riconoscimento dell'assegno di invalidità era evidenziato che la prestazione poteva essere confermata a domanda dell'interessato per un ulteriore triennio, nella persistenza delle condizioni sanitarie ed economiche. Era del pari chiarito che solo dopo tre rinnovi consecutivi l'assegno è invece confermato automaticamente.
1.2. Ha quindi verificato che alla data di scadenza del primo triennio l'assicurato aveva presentato la domanda per ottenere il primo rinnovo, che gli era stato accordato. Al termine del secondo triennio, invece, non aveva presentato una nuova domanda di rinnovo dell'assegno. Pertanto, da quella data non aveva più diritto a percepirlo.
1.3. Ha ricordato che era onere dell'assicurato, rimasto inadempiuto, dimostrare i fatti costitutivi del diritto a conseguire la prestazione contestata. Ha quindi accertato che l'erogazione della prestazione non dovuta era dipesa da un errore dell'INPS e che tuttavia il A.A., che non aveva presentato la dovuta domanda amministrativa di rinnovo della prestazione, era consapevole di percepire somme non dovute e non aveva segnalato all'Istituto l'errore con comportamento che la Corte di merito ha qualificato come doloso.
2. Per la cassazione della sentenza ricorre A.A. che articola quattro motivi ulteriormente illustrati da memoria ai quali resiste con controricorso l'INPS.
Motivi della decisione
3. Con il primo motivo di ricorso è denunciato l'error in iudicando ai sensi dell'art. 360, comma 1 n. 5, c.p.c. per violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1, commi 1 e 2, della Legge n. 222 del 1984 ai fini del riconoscimento dell'assegno ordinario di invalidità, attesa la sussistenza dei presupposti contemplati dalla normativa di riferimento.
3.1. Ad avviso del ricorrente erra la Corte di appello nel ritenere che non era stato provato il possesso dei requisiti per ottenere la proroga dell'assegno e nel trascurare di considerare che, in realtà, l'assicurato non era stato posto a conoscenza della necessità di reiterare la domanda avuto riguardo al fatto che nel tempo il quadro clinico era rimasto immutato.
4. Il motivo è infondato.
4.1. Correttamente la sentenza impugnata, in adesione ai principi affermati da questa Corte, ha chiarito che la domanda amministrativa era necessaria ai fini della reiterazione della prestazione per un ulteriore triennio e che era risultato provato che l'invalido non l'aveva presentata. Ai sensi dell'art. 1 comma 7 della legge n. 222 del 1984 l'assegno di invalidità è una prestazione temporanea che può essere confermata per tre periodi triennali consecutivi previa domanda del titolare. La stessa legge regola termini ed effetti della domanda amministrativa e da tale regolamentazione se ne trae che la stessa è indispensabile per ciascuno dei tre periodi di fruizione triennale al termine dei quali il godimento diviene automatico come disposto dal successivo comma 8 dell'art. 1. Neppure in pendenza di un giudizio sulla spettanza dell'assegno per un triennio l'assicurato è esonerato dall'onere di inoltrare la domanda per il successivo triennio e l'accertamento giudiziario pendente non si estende automaticamente al triennio successivo (cfr. Cass. 27/10/2016 n. 21709 e anche 16/10/2018 n. 25934).
5. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia un error in iudicando ai sensi dell'art. 360 primo comma n. 5 c.p.c. per violazione degli artt. 2697 c.c., 116 c.p.c. in ordine alla valutazione delle risultanze istruttorie dei precedenti gradi di giudizio. Inoltre un error in iudicando ai sensi dell'art. 360 primo comma n. 3 c.p.c. per violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto in materia di indebito previdenziale ex art. 52 Legge n. 88/1989 e art. 13 Legge n. 412/1991 e del principio del legittimo affidamento del pensionato; species del più ampio genus dei principi di buona fede e correttezza ai sensi degli artt. 1175 c.c., 1375 c.c. e 206 D.P.R. n. 1092 del 1972, art. 1.7 e 1.8 principi UNIDROIT e art. 1 Protocollo Addizionale n. 1 alla Convenzione Europea dei Diritti dell'uomo.
5.1. Ad avviso del ricorrente, che richiama le decisioni della CGUE Cakarevich Croazia, Alpha Steel e De Compte oltre che la sentenza della Corte costituzionale n. 364 del 1988, le conseguenze degli errori in cui sarebbe incorso l'Istituto non potrebbero essere poste a carico dell'assicurato. Sostiene che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto sussistente il dolo dell'assicurato atteso che questi aveva in buona fede presentato una domanda di ricostituzione reddituale il 28 novembre 2017 dalla quale era poi originata la richiesta di ripetizione. Deduce che ove fosse stato consapevole di non aver diritto alla prestazione per non aver presentato la domanda egli si sarebbe semmai attivato per contenere gli effetti di una possibile ripetizione proprio presentando la dovuta domanda amministrativa. In sostanza proprio il comportamento tenuto dal ricorrente dimostrerebbe la sua buona fede in senso soggettivo ed al contrario era proprio la condotta dell'Inps ad aver indotto in errore l'assicurato.
6. Anche questo motivo non può essere accolto.
6.1. Premesso che ai fini dell'irripetibilità dell'indebito previdenziale è necessario che ricorrano le quattro condizioni seguenti: il pagamento delle somme in base a formale e definitivo provvedimento; la comunicazione del provvedimento all'interessato; l'errore, di qualsiasi natura, imputabile all'ente erogatore; l' insussistenza del dolo dell'interessato, cui è parificata quoad effectum la omessa o incompleta segnalazione di fatti incidenti sul diritto, o sulla misura della pensione, che non siano già conosciuti dall'ente competente. Ove difetti anche una sola delle citate condizioni opera la regola della ripetibilità di cui all'art. 2033 c.c. (cfr. Cass. 23/02/2022 n. 5984). Tanto premesso ritiene il Collegio che nella specie non si ricada nell'ambito dell'indebito di natura previdenziale ma piuttosto si verta nel caso dell'indebito oggettivo regolato dall'art. 2033 c.c. essendo mancata del tutto, dopo la scadenza del secondo triennio, la domanda che avrebbe legittimato nel ricorso delle condizioni di legge il riconoscimento della prestazione per altri tre anni. In definitiva non si è mai costituito il rapporto previdenziale necessario ai fini dell'applicazione della disciplina speciale sull'indebito.
7. L'esame del terzo motivo di ricorso - con il quale è denunciato un error in iudicando ai sensi dell'art. 360, comma 1 n. 5, c.p.c. per violazione degli artt. 2697 c.c., 61 c.p.c., 116 c.p.c. e 132 c.p.c. per difetto di motivazione in ordine alla mancata ammissione della c.t.u. richiesta nei precedenti gradi di giudizio - è precluso in radice dall'accertamento dell'insussistenza in mancanza di domanda amministrativa di un diritto alla prestazione da accertare.
8. Anche l'ultimo motivo di ricorso - con il quale ci si duole della regolazione delle spese in appello sul presupposto dell'esistenza del diritto alla prestazione invece negata dalla Corte di merito - non può evidentemente essere accolto sol che si consideri che la sentenza è stata qui integralmente confermata.
9. In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato. Le spese devono essere dichiarate non ripetibili risultando ricorrere i presupposti di cui all'art. 152 disp. att. c.p.c. Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'art.13 comma 1-bis del citato D.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dichiara non ripetibili le spese del presente giudizio.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'art. 13 comma 1-bis del citato D.P.R., se dovuto.