Motivi della decisione
Sull'eccezione di improcedibilità per mancata partecipazione della parte personalmente alla mediazione delegata dal Giudice: l'eccezione è infondata.
La Suprema Corte ha affermato che nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal d.lgs n. 28 del 201O e successive modifiche, è necessaria la comparizione personale delle patti davanti al mediatore, assistite dal difensore; nella comparizione obbligatoria davanti al mediatore la parte può anche farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziale, eventualmente nella persona dello stesso difensore che l'assiste nel procedimento di mediazione, purché dotato di apposita procura sostanziale (Cass. 8473/2019, conf. Cass. 20643/2023).
La Cassazione sul punto ha osservato che l'art. 8, "dedicato al procedimento, prevede espressamente che al primo incontro davanti al mediatore debbano essere presenti sia le parti che i loro avvocati." "La previsione della presenza sia delle parti sia degli avvocati comporta che, ai fini della realizzazione delle condizione di procedibilità, la parte non possa evitare di presentarsi davanti al mediatore, inviando soltanto il proprio avvocato".
Allo stesso tempo ha precisato che "la necessità della comparizione personale non comporta che si tratti di attività non delegabile. In mancanza di una previsione espressa in tal senso, e non avendo natura di atto strettamente personale, deve ritenersi che si tratti di attività delegabile ad altri... Perciò, la parte che non voglia o non possa partecipare personalmente alla mediazione può farsi liberamente sostituire, da chiunque e quindi anche dal proprio difensore, ma deve rilasciare a questo scopo una procura sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell'avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista".
Dall'esame delle sentenze della Cassazione in siffatta materia non si evincono quindi espressi limiti alla scelta della parte di conferire ad un soggetto terzo munito di idonei poteri rappresentativi sul piano sostanziale ed a conoscenza dei fatti.
L'art. 7 lett. h del d.lgs 149/2022 in attuazione della Legge Delega n. 206/2021 ha modificato tuttavia l'art. 8 d.lgs 28/2010 prevedendo al comma 4 che "Le parti partecipano personalmente alla procedura di mediazione. In presenza di giustificati motivi, possono delegare un rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la composizione della controversia. I soggetti diversi dalle persone fisiche partecipano alla procedura di mediazione avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei poteri necessari per la composizione della controversia. Ove necessario, il mediatore chiede alle parti di dichiarare i poteri di rappresentanza e ne dà atto a verbale".
All'introduzione dei "giustificati motivi" non corrisponde una nozione legislativa che li definisca, non essendo tra l'altro possibile, a parere di questo Giudice, tipicizzare le ragioni che rendono necessaria la nomina di un rappresentante. Spetta piuttosto al giudice valutare le ragioni che hanno indotto a rilasciare la procura. Orbene, ritiene questo Giudicante che nel caso in esame possono ritenersi validi i motivi giustificativi evidenziati dalla parte ricorrente la quale, con condotta ben diversa da chi decide inopinatamente di non partecipare alla mediazione, ha ritenuto di farsi rappresentare non solo dal difensore ma anche da un soggetto terzo, tra l'altro presidente di un'associazione di consumatori.
Quanto alla procura conferita allo stesso, rag. Persona_] essa non può ritenersi affetta da nullità in quanto consente di determinare con sufficiente chiarezza la controversia oggetto di mediazione dal momento che è pacifico che non sono state instaurate dal ricorrente altre procedure contro CP_1 dinanzi al Tribunale di Firenze; l'espressione "azione di ripetizione" non può ritenersi incompatibile con il petitum azionato poiché che dall'accertamento della nullità del contratto discende il diritto, di cui si chiede l'accertamento, di versare esclusivamente gli interessi legali e quindi, in sostanza, di ottenere la restituzione/rettifica degli interessi ultralegali indebitamente conteggiati.
Si ritiene infondata anche l'eccezione di prescrizione svolta da parte convenuta, dal momento che il ricorrente ha svolto solo una domanda di accertamento della nullità contrattuale, che è imprescrittibile, e l'ulteriore domanda di accertamento della misura dovuta degli interessi non è che il riflesso contabile di quella nullità (cfr. in questo senso Cass. n. 3858/2021, con riferimento al contratto di c/c).
Infondata altresì l'eccezione di decadenza: per consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr., ex multis, Cass. 6514/2007) la mancata tempestiva contestazione ex art. 1832 e.e. degli estratti di conto corrente da patte del correntista nel termine contrattualmente previsto rende inoppugnabili gli accrediti e gli addebiti solo sotto il profilo meramente contabile, ma non impedisce la contestazione della validità e dell'efficacia dei rapporti obbligatori da cui essi derivano. Pertanto, nell'ipotesi in esame, in cui si controverte in tema di nullità del contratto, nessuna rilevanza può assumere ai fini dell'ammissibilità dell'accertamento la mancata contestazione degli estratti di conto corrente nel suddetto termine.
Nel merito la domanda fommlata dal ricorrente è fondata e merita accoglimento.
Circa la legittimazione del fornitore di un bene o serv1z10 a svolgere attività di promoz10ne e conclusione di una linea di fido revolving, deve ritenersi condivisibile l'orientamento adottato dai collegi territoriali dell'Arbitro Bancario e Finanziario e da questo Tribunale, secondo cui la disciplina di cui all'art. 3 del d.lgs. n. 374/1999 ( "L'esercizio professionale nei confronti del pubblico dell'agenzia in attività finanziaria, indicata nell'articolo 1, comma 1, lettera n), è riservato ai soggetti iscritti in un elenco istituito presso l'UJC.") può essere derogata solo nell'ipotesi di promozione e conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti di finanziamento per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari (credito finalizzato), nel cui ambito non è comunque ricompresa l'attività di promozione e conclusione di contratti di credito revolving.
Anche se la distribuzione di carte di pagamento è eccezionalmente permessa in deroga alla disciplina degli agenti in attività finanziaria, va rilevato che il credito revolving non costituisce una semplice carta di pagamento, risolvendosi piuttosto in una operazione di prestito complessa e onerosa.
L'intento perseguito dal legislatore è quello di assicurare il contatto del cliente che richiede prodotti finanziari con personale qualificato e preparato, in grado consigliare e indirizzare verso i prodotti più idonei alle esigenze effettivamente sussistenti. La deroga alla richiesta qualificazione del personale è eccezionale ed è limitata al finanziamento del bene contestualmente venduto e alla distribuzione di carte di pagamento, cioè al caso di operazioni semplici e di impo1to contenuto.
L'illegittimità della prassi di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti di finanziamento non finalizzati, fra cui l'emissione di carte di credito revolving, è stata tra l'altro stigmatizzata anche dalla Banca d'Italia con la Comunicazione del 20-04- 2010, con la quale si richiamano l'art 3 dlgs. 374/99 e il Regolamento MEF del 2001, sopra citati.
Orbene, venendo al caso di specie, va rilevato che l'attività del negoziante non si è limitata alla distribuzione di una carta di pagamento, contrariamente a quanto sostenuto dalla CP_1 ma lo stesso ha raccolto una proposta contrattuale relativa alla apertura di una linea di credito, utilizzabile anche mediante carta di credito, di tipo revolving. Peraltro, tale tipo di credito è quello che prevede i costi più elevati e presenta con frequenza il rischio di scarsa trasparenza e chiarezza, cui non si sottrae il contratto in esame. Il numero delle clausole, la scrittura minuta e quasi illeggibile del testo del contratto, contribuiscono a rendere l'informativa tutt'altro che rapida e chiara, in evidente contrasto con le finalità della normativa posta a tutela del consumatore.
Ciò chiarito, la inosservanza delle norme sul collocamento e distribuzione di prodotti finanziari, non può che essere sanzionata con la conseguente nullità del contratto, avendo concretizzato una violazione della disciplina pubblicistica di settore, avente natura imperativa, volta a regolamentare il settore del credito e, come tale, preordinata al perseguimento di un interesse che trascende il singolo soggetto/cliente. (in tal senso, ex plurimis, Cass. n. 4800/99: "L'esercizio dell'attività di intermediazione finanziaria richiede, quale condizione necessaria, l'iscrizione al ruolo degli agenti in affari di mediazione; in difetto, il contratto è nullo"; conforme Cass. n. 3272/01).
Ne consegue che va accolta la censura di nullità avanzata da parte ricorrente; le somme ricevute in prestito a titolo di finanziamento revolving dovranno dunque essere restituite non al tasso di interesse pattuito, dichiarato nullo, quanto piuttosto al tasso legale di interesse ex art. 1284 co. 3 e.e. quale corrispettivo minimo per aver goduto delle somme ricevute (in questi termini, ABF Collegio di Napoli n.2436/2022; ABF Collegio di Pale1mo, decisione n. 25085/21).
In merito poi al comportamento tenuto dal ricorrente ritenuto viziato da mala fede per avere beneficiato per anni della linea di credito revolving senza aver mai contestato alcunché, va rilevato che il sig. Pt_l , risulta aver agito sempre in buona fede, avendo lo stesso sempre rispettato il pagamento delle rate e le altre condizioni contrattuali, ovviamente ignorando che il contratto non fosse perfettamente valido. La tesi della resistente presuppone infatti che il consumatore conoscesse fin dall'inizio la causa di nullità, mentre la natura del contraente debole, come tale non informato, fa presumere che nulla potesse sapere e che anzi confidasse nella validità del contratto per tutti gli anni di esecuzione. Appare ovvio che solo dopo che è venuto a conoscenza che il contratto così come aveva concluso non era conforme alle normative, il Pt_l ha azionato il suo diritto al fine di ottenere la nullità del medesimo. A nulla rileva il fatto che lo stesso non abbia mai contestato gli estratti conto della banca, dal momento che il medesimo non contesta la verità effettuale e contabile delle singole annotazioni , bensì la validità delle varie pattuizioni alla base delle quali sta il rapporto obbligatorio.
Le spese seguono la soccombenza, con liquidazione che deve tenere conto del valore della controversia e con una riduzione derivante dal numero limitato di udienze e dall'attività effettivamente espletata dal difensore, anche in ragione della natura sommaria del procedimento in oggetto, e con fase di mediazione al minimo stante l'unicità dell'incontro.
P.Q.M.
Il Tribunale di Firenze, in compos1z1one monocratica, definitivamente pronunciando nella causa promossa come in narrativa, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede:
1. accoglie la domanda formulata da Parte_l e per l'effetto dichiara la nullità del contratto di concessione di linea di credito con carta revolving, oggetto di causa;
2. dichiara l'obbligo di parte ricorrente di restituire esclusivamente le somme in capitale ricevute al tasso legale di volta in volta vigente;
3. condanna Controparte_] al pagamento in favore del ricorrente delle spese del presente giudizio che si liquidano in euro 2.000,00 per compenso, oltre rimborso del contributo unificato e delle spese vive di mediazione, oltre Euro 662,00 per il procedimento di mediazione, oltre al rimborso spese generali, I.V.A. e Cassa Previdenza Avvocati come per legge.