Svolgimento del processo
1. C. A. propose opposizione avverso tre verbali di accertamento elevati nei suoi confronti, nel periodo settembre- ottobre 2013, per violazione dell'art. 7 del codice della strada, per avere fatto sostare il veicolo di sua proprietà presso spazi regolamentati ad orario e a pagamento senza esporre il prescritto biglietto, lamentando il fatto che, nelle vie (omissis) e (omissis)e in quelle limitrofe, gli spazi di libera sosta fossero eccessivamente limitati a causa di una delibera, la n. 2810 del 29/11/1995, adottata dalla giunta municipale in violazione del ridetto art. 7, che imponeva la presenza di spazi liberi, salvo esigenze particolari nella specie non specificate, e sostenendo che il giudice ordinario potesse disapplicare l'atto illegittimo e quelli conseguenti e annullare il provvedimento sanzionatorio.
Impugnata dalla medesima A. C. la sentenza di rigetto n. 1076/2014 che chiuse l’opposizione, il Tribunale di (omissis), nella resistenza del Comune di (omissis), accolse l’appello con sentenza n. 1085/2022, pubblicata il 28/2/2022, con la quale annullò i verbali opposti, sul presupposto che la delibera della giunta comunale n. 2810 del 17/12/1995 fosse da disapplicare in quanto priva di motivazione in ordine al mancato rispetto dell’obbligo di riserva di cui all’art. 7, comma 8, c.d.s. e, dunque, emessa in carenza di potere.
2. Contro la predetta sentenza, il Comune di (omissis) propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi, illustrati anche con memoria. C. A. è rimasta intimata.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo, si lamenta la violazione/o errata applicazione dell'art. 7, comma 8, del Codice della strada (d.lgs. 30 Aprile 1992 n. 285), nonché dell'art. 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici del 2 Aprile 1968, n. 1444, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché il giudice d’appello aveva ignorato la posizione in cui la sosta era avvenuta e le difese del Comune che ribadivano come, all’interno delle aree indicate alla lettera “A” dell’art. 2 del D.M. dei LL.PP.
n. 1444/1968, non sussistesse l’obbligo di prevedere stalli liberi, ma si era focalizzato soltanto sulla delibera di G.M. n. 2810 del 29/11/1995, senza considerare che le strade in cui erano stati elevati i verbali impugnati, ossia via C. e via U., ricadevano in zona A, perimetrata come centro storico, per la quale, al pari di quanto previsto per le zone di particolare valore artistico e pregio ambientale e di quelle circostanti, le norme sopra citate non prevedevano l’obbligo del Comune di riservare spazi liberi per il parcheggio in proporzione a quelli a pagamento, come del resto evidenziato dal giudice di primo grado, essendo tale obbligo sancito soltanto per le aree fuori dal centro storico e da zone di particolare pregio artistico, dunque diverse da quelle in esame, per le quali solo il Comune avrebbe dovuto procedere alla perimetrazione delle zone di particolare rilevanza urbanistica, da individuare opportunamente e delimitare in caso di esigenze e condizioni particolari di traffico.
2. Col secondo motivo, si lamenta la violazione dell'art. 2697 cod. civ. per inversione dell'onere della prova, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere il giudice di merito affermato che il Comune avrebbe dovuto provare di avere riservato adeguate zone di libero parcheggio, oltreché l’insussistenza dell’obbligo di riserva in forza di una valida deliberazione della competete Giunta comunale, e che il Comune aveva incentrato la propria difesa sulla base della delibera n. 2810/1995, con relativa planimetria, dalla quale risultava l’inclusione dell’area in questione all’interno del centro abitato con esigenze e condizioni particolari di traffico, senza però esplicitare, neanche per relationem, le ragioni delle particolari esigenze ai sensi dell’art. 7, comma 8, c.d.s.. Ad avviso del ricorrente, era stata la stessa opponente ad affermare che in quella zona i posti liberi potevano contarsi “sulle dita di una mano”, così affermando che essi esistevano, mentre il dato numerico rientrava nella discrezionalità amministrativa, sicché sarebbe stato onere della stessa e non del Comune dimostrare l’irragionevolezza della scelta, gravando su chi contesta la legittimità dell’atto la sussistenza del vizio, mentre, invece, nella sentenza non vi era alcun riferimento a presunti errori commessi dal Comune nell’indicare la zona perimetrata, quale area con esigenze e particolari condizioni di traffico, né nell’opposizione vi era alcuna prova dell’assenza, nell’area in questione, dei requisiti indicati dalla legge, con conseguente illegittimità dell’ingerenza del g.o. nel potere discrezionale attribuito al Comune.
1. Il due motivi, che possono essere trattati unitariamente, in quanto vertenti su questioni connesse (ossia il potere di disapplicazione del giudice di merito e il riparto dell’onere probatorio in materia di ordinanza ingiunzione), sono fondati.
L’art. 7, comma 8, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada), dopo avere stabilito che «Qualora il comune assuma l'esercizio diretto del parcheggio con custodia o lo dia in concessione ovvero disponga l'installazione dei dispositivi di controllo di durata della sosta di cui al comma 1, lettera f), su parte della stessa area o su altra parte nelle immediate vicinanze, deve riservare una adeguata area destinata a parcheggio rispettivamente senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta», precisa altresì come tale obbligo non sussista né «per le zone definite a norma dell'art. 3 "area pedonale" e "zona a traffico limitato", nonché per quelle definite " A" dall'art. 2 del decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968», tali essendo considerate, a mente di quest’ultima disposizione, per quanto qui interessa, «ai sensi e per gli effetti dell’art. 17 legge 6 agosto 1967, n. 765, A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestano carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi […]», né per le «altre zone di particolare rilevanza urbanistica, opportunamente individuate e delimitate dalla giunta nelle quali sussistano esigenze e condizioni particolari di traffico».
Il successivo comma 9 del medesimo art. 7 chiarisce altresì che «I comuni, con deliberazione della giunta, provvedono a delimitare le aree pedonali e le zone a traffico limitato tenendo conto degli effetti del traffico sulla sicurezza della circolazione, sulla salute, sull'ordine pubblico, sul patrimonio ambientale e culturale e sul territorio. In caso di urgenza il provvedimento potrà essere adottato con ordinanza del sindaco, ancorché di modifica o integrazione della deliberazione della giunta. Analogamente i comuni provvedono a delimitare altre zone di rilevanza urbanistica nelle quali sussistono esigenze particolari di traffico, di cui al secondo periodo del comma 8».
Dal combinato disposto di tali disposizioni appare subito chiaro come l’obbligo del comune di riservare, nelle aree in cui assuma direttamente o mediante concessione l’esercizio diretto del parcheggio con custodia, un’adeguata area destinata a parcheggio rispettivamente senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta, che costituisce la regola, fletta in presenza di due situazioni di esercizio del parcheggio con custodia, che ne costituiscono l’eccezione e riguardano i casi in cui esso ricada: 1) in area pedonale, zona a traffico limitato o rientrante nelle aree di cui all’art. 2 del decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 in zona A, ossia quelle aventi carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale o circostanti ad essa; oppure 2) in zone di particolare rilevanza urbanistica, opportunamente individuate e delimitate dalla giunta nelle quali sussistano esigenze e condizioni particolari di traffico.
Delle due eccezioni, soltanto quella afferente alle zone di “particolare rilevanza urbanistica” richiede la presenza dell’ulteriore requisito delle “esigenze e condizioni particolari di traffico”, come arguibile non soltanto dal dettato letterale del ridetto comma 8, che aggancia proprio ad esse la suddetta prescrizione, ma anche dalla specificazione contenuta nel successivo comma 9, nel quale l’obbligo di delimitazione da parte dei comuni è correlato alle sole zone di rilevanza urbanistica nelle quali sussistono esigenze particolari, come da secondo periodo del precedente comma, ossia giust’appunto quelle ulteriori rispetto alle aree pedonali, alle zone a traffico limitato e alle zone A di cui al ridetto d.m., oltreché dalla finalità perseguita con le suddette disposizioni di garantire la sicurezza della circolazione, la salute, l'ordine pubblico, il patrimonio ambientale e culturale e sul territorio espressamente indicata nella prima parte del comma 9.
E’ dunque evidente che mentre per le aree pedonali, per le zone a traffico limitato e per quelle di cui all’art. 2 del decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, il requisito delle “esigenze particolari” è considerato ontologicamente esistente in ragione delle peculiari caratteristiche di esse, essendo a queste già attribuito ex lege per scelta legislativa, sicché è sufficiente la loro inclusione nelle relative zone per esonerare il comune da responsabilità in caso di mancata previsione di zone di libera sosta, nelle aree di rilevanza urbanistica nelle quali sussistono esigenze particolari la presenza di quest’ultimo requisito richiede, invece, una specifica motivazione, costituendo l’assenza di spazi di parcheggio liberi un’eccezione alla regola che impone, viceversa, la previsione proporzionale di libere aree di sosta.
Questa interpretazione è, peraltro, indirettamente arguibile dagli arresti giurisprudenziali di questa Corte per situazioni analoghe. Le Sezioni unite, infatti, nell’interpretare l’art. 7, comma 8, c.d.s. hanno evidenziato come, in ipotesi di irrogazione di sanzione pecuniaria per la sosta di autoveicolo senza l'osservanza delle fasce orarie, fissate nella relativa zona da ordinanza del sindaco, il controllo del giudice ordinario nel giudizio di opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione irrogativa della sanzione, se resta escluso con riguardo alle valutazioni di merito attinenti all'esercizio del potere discrezionale dell'amministrazione, debba ritenersi consentito con riguardo agli eventuali vizi di legittimità del provvedimento medesimo (sia pure al limitato fine della sua disapplicazione), come quello consistente nella violazione dell'obbligo di istituire zone di parcheggio gratuito e libero in prossimità di aree in cui venga vietata la sosta o previsto il parcheggio solo a pagamento, reputando corretta l’attività del giudice di merito, che aveva disapplicato l’ordinanza del comune, in quanto questo non aveva mai definito come zona A del D.M. dei Lavori pubblici del 2 aprile 1968 quella in esame, né aveva prodotto documentazione da cui risultasse che le strade di cui si trattava rientrassero in agglomerati urbani di particolare valore storico o di particolare pregio ambientale (Cass., Sez. U, 9/1/2007, n. 116).
In termini analoghi, Cass., Sez. 6-2, 27/10/2014, n. 22793, la quale, in un giudizio analogo a quello di specie, nell’affermare che, nel giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione avente ad oggetto l'irrogazione di sanzioni amministrative per violazione del codice della strada, il giudice ordinario ha il potere di sindacare incidentalmente, ai fini della disapplicazione, soltanto gli atti amministrativi posti direttamente a fondamento della pretesa sanzionatoria, sicché, ove sia stata irrogata una sanzione pecuniaria per la sosta di un autoveicolo in zona a pagamento senza esposizione del tagliando attestante l'avvenuto versamento della somma dovuta, il controllo del giudice non può estendersi anche agli eventuali vizi di legittimità della deliberazione della giunta comunale di concessione della gestione del servizio ad un'impresa privata, che non si inserisca nella sequenza procedimentale che sfocia nell'adozione dell'ordinanza opposta, ha ritenuto scorretto l’operato del giudice di merito, che aveva considerato illegittima la delibera di concessione del servizio di gestione dei parcheggi, in quanto adottata dalla giunta comunale anziché dal consiglio comunale, in quanto la delibera di concessione della gestione del servizio di parcheggio non si poneva in rapporto diretto con la violazione di quest'ultimo, atteso che i due atti - concessione del servizio e istituzione dell'area con obbligo di ticket - erano inseriti in iter amministrativi differenti e rispondevano ad altrettanto diverse finalità, venendo con la prima unicamente selezionato il concessionario di un servizio, e imponendosi con la seconda l'obbligo di pagamento della sosta in una determinata zona, obbligo la cui violazione comportava l'irrogazione della sanzione, sicché la prima non si inseriva nella sequenza procedimentale sfociata con l'adozione dell'ordinanza sindacale, né condizionava la sussistenza della violazione accertata, con la conseguenza che non poteva riverberarsi sulla seconda, ne' inficiare l'accertamento stesso.
E ancora, secondo quanto affermato da Cass., Sez. 6-2, 3/9/2014, n. 18575, l’inclusione dell’area nella zona A del D.M. 2 aprile 1968 o la sua qualificazione in termini di area urbana di particolare valore storico o di particolare pregio ambientale, costituiscono condizioni alternative per esonerare l'Amministrazione dall'obbligo di predisporre aree di parcheggio libero, pur dovendosi però precisare che, in virtù del principio secondo cui, nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, l'Amministrazione, sebbene formalmente convenuta in giudizio, assume sostanzialmente la veste di attrice, sicché spetta ad essa, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., fornire la prova dell'esistenza degli elementi di fatto integranti la violazione contestata, mentre compete all'opponente, che assume formalmente la veste di convenuto, la prova dei fatti impeditivi o estintivi (Cass., 2010, n. 927; Cass., 2007, n. 5277), spetta all'Amministrazione produrre in giudizio le delibere da essa emesse, che prevedevano l'istituzione di spazi adibiti a parcheggio gratuito ovvero quelle che esonerano il Comune, in forza delle caratteristiche dell'area, dall'obbligo di predisporre libere aree di parcheggio.
Alla stregua di tali considerazioni, è stato dunque affermato il principio di diritto secondo cui, nel giudizio di opposizione a verbale di accertamento di infrazione del codice della strada, grava sull'autorità amministrativa opposta, a fronte di una specifica contestazione da parte dell'opponente, che lamenti la mancata riserva di una adeguata area destinata a parcheggio libero, la prova dell’esistenza della delibera che escluda la sussistenza di tale obbligo ai sensi dell'art. 7 C.d.S., comma 8, il quale è stato di recente ripreso anche da Cass., Sez. 2, 23/7/2020, n. 15678, allorché ha detto che spetta all'Autorità amministrativa dare la prova dell'adozione dei necessari provvedimenti amministrativi individuanti, nella zona interessata, un'adeguata area destinata a parcheggio senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata, ovvero, in mancanza, dimostrare l'esistenza della delibera che rende inoperante l'obbligo stabilito dall'art. 7, comma 8, c.d.s. (di riservare, cioè, un'area adeguata al parcheggio senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta).
Orbene, a fronte di una contestazione, quella dell’opponente, che verteva sull’illegittimità dell’ordinanza comunale in quanto fondata su una delibera, quella n. 2810 del 29/11/1995, adottata in violazione dell’art. 7, comma 8, c.d.s., che impone al comune di lasciare nella stessa area adeguati spazi di sosta libera, salvo esigenze particolari di traffico, siccome carente di motivazione in ordine alle condizioni del traffico, il giudice di merito, dopo una lunga dissertazione non solo sui principi affermati da questa Corte, ma anche sulle argomentazioni contenute in altre sentenze di merito del medesimo tribunale, che, analizzando la delibera oggi in esame, l’avevano reputata insufficiente in quanto, pur essendo la zona ricompresa nel centro abitato in cui sussistono esigenze e condizioni particolari di traffico, non esplicitava, neanche per relationem, le ragioni di tali esigenze all’interno del perimetro in questione, si è limitato a considerare illegittima la sanzione irrogata, in quanto “la delimitazione delle aree a pagamento si fonda sopra una delibera di giunta municipale la quale, nel punto cruciale dell'indicazione dei propri presupposti, si limita a ripetere la lettera della legge senza dare alla previsione normativa alcun concreto contenuto, secondo il più plastico esempio di motivazione meramente apparente”.
E’ allora evidente l’errore commesso dal giudice di merito, il quale ha reputato sufficiente, ai fini della disapplicazione della delibera, valorizzare l’assenza di motivazione in ordine alla sussistenza, nelle aree di rilevanza urbanistica, di esigenze particolari, senza considerare che tale motivazione non è necessaria quando il parcheggio si trovi in zona A e che è sulla sussistenza o meno di questo aspetto, ossia dell’inclusione del parcheggio in tale zona, siccome elemento costitutivo della pretesa sanzionatoria, che deve vertere l’indagine onde stabilire la correttezza o meno dell’operato del comune, il quale, in quanto sostanzialmente attore, è anche tenuto a fornire la relativa prova ai sensi dell'art. 2697 cod. civ. (in tal senso vedi Cass., Sez. 1, 7/3/2007, n. 5277; Cass., Sez. 3, 15/4/1999, n. 3741).
Alla stregua di quanto detto, i motivi devono dunque essere accolti, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio al Tribunale di (omissis), in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di (omissis), in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.