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Svolgimento del processo
1. Oggetto di controversia è l'avviso di liquidazione indicato in atti, con cui l'Ufficio, in relazione all'atto di acquisto del -14 ottobre 2011 stipulato dai coniugi ricorrenti di un'unità immobiliare adibita ad abitazione (censita in categoria A/7), composta da due piani, circondata da giardino, nonché da un separato fabbricato, composto da cinque locali (adibiti a cantina, posto auto e ripostiglio), revocava, ai fini dell'imposta di registro in relazione all'acquisto del bene e del relativo mutuo, le agevolazioni fiscali concernenti l'acquisto della prima casa, considerando il suddetto bene, nel suo complesso, di superfice superiore ai 240 mq e, quindi, qualificandolo come abitazione di lusso a mente del d.m. 2 agosto 1969, n. 1072.
2. Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale della Toscana premetteva, sul piano dei principi ed ai fini dell'agevolazione in rassegna ai sensi dell'art. 6 del citato d.m., che rileva unicamente la marcata potenzialità abitativa degli ambienti al momento dell'acquisto, spettando al contribuente, a fronte dell'irrilevanza del mero dato castale, l'onere di provare, mediante idonea documentazione tecnica, l'inutilizzabilità a scopo abitativo dei vani in questione.
Per tale via, la Commissione regionale considerava errata la valutazione del primo Giudice che non aveva computato nella superfice utile il manufatto composto da cinque locali, di complessivi 87,64 mq, distaccato dall'abitazione principale ed adibito a lavanderia e sgombero, in condizione di mediocre stato di conservazione, reputando, invece, la Commissione regionale che i locali di sgombero dovessero essere ricompresi nel calcolo di detta superfice, in quanto di fatto idonei allo svolgimento di attività proprie della vita quotidiana.
Il Giudice a quo aggiungeva che non era utilmente invocabile l'inciso presente nella pronuncia n. 18404/2016 della Corte di cassazione, nella parte in cui aveva ritenuto computabili nella superficie utile «[...] la cantina, la soffitta, con accesso all'interno dell'abitazione ed (ndr a) essa indissolubilmente legati [...]», giacchè «Dalla motivazione estesa della sentenza emerge che la Corte non ha inteso introdurre Ul)a ulteriore condizione (quale la diretta connessione fisica ed interna dei locali) per estendere i cd. benefici "prima casa" (prospettiva obiettivamente impedita dalla natura eccezionale dell'esenzione) ma ribadire che a rilevare sia la marcata potenzialità abitativa dei locali ovvero la connessione con esigenze abitative» (v. pagina n. 4 della sentenza impugnata).
La Commissione evidenziava, quindi, che «Proprio dalla documentazione fotografica allegata al ricorso di primo grado, emergeva che nei locali oggetto di controversia vi era la presenza di una lavatrice, di un lavello e di un ferro da stiro», strumenti questi chiaramente evocativi di una funzione accessoria (e non autonoma) dei locali rispetto al complesso immobiliare, essendo destinati a chiare esigenze abitative che presuppongono, peraltro, l'esistenza di corrispondenti impianti (idraulico ed elettrico)» (v. pagina n. 5 della sentenza impugnata).
La sentenza, dunque, concludeva nel senso di dover necessariamente considerare i locali in questione nella superfice utile, con conseguente esclusione del beneficio fiscale, in quanto <<anche volendo prescindere dalle risultanze catastali, parte contribuente, non ha dimostrato l'inutilizzabilità a scopo abitativo dei vani in questione, ma in positivo ha finito per dimostrarne la marcata potenzialità abitativa, con funzione accessoria (non autonoma) rispetto al complesso immobiliare».
3. I suindicati ricorrenti proponevano ricorso per cassazione avverso detta sentenza, con atto notificato 1'11/17 settembre 2020 all'Agenzia delle Entrate, articolando tre motivi di impugnazione, depositando memoria in data 3 marzo 2022, ai sensi dell'art. 380-bis.1, cod. proc.
4. L'Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso notificato il 21 ottobre 2020, chiedendo che il ricorso venisse rigettato.
5. Con ordinanza interlocutoria n. 17887 del 1° giugno 2022, questa Corte disponeva la rimessione della causa in pubblica udienza, segnalando l'assenza di precedenti specifici sul tema della computabilità o meno della consistenza dell'unità immobiliare oggetto di agevolazione anche dei locali separati, non facenti parte della medesima struttura, ancorchè posti a servizio della stessa.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di impugnazione i ricorrenti hanno dedotto, in relazione all'art. 360 primo comma, num. 3 cod. proc. civ., la violazione dell'art. 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 e dell'art. 6 d.m. 2 agosto 1969, rimproverando al Giudice regionale di aver ritenuto che i locali adibiti ad uso cantina, posto macchina e ripostiglio dovessero essere computati ai fini della superfice utile, benchè non fossero fisicamente ed immediatamente legati all'abitazione principale, sostenendo l'erronea interpretazione della pur citata (dalla Commissione regionale) giurisprudenza della Corte di cassazione (n. 1884012016), la quale aveva stabilito che detti locali fossero da considerare ai fini del calcolo delle superfice potenzialmente abitabile per finalità connesse all'abitazione principale sulla base di un quid pluris costituito dal fatto che <<[...] detti locali (esclusi da decreto ma computabili in quanto "utili" ai fini abitativi) debbano essere immediatamente e fisicamente comunicanti con l'unità abitativa principale>> (v. pagina n. 13 del ricorso).
2. Con la seconda doglianza gli istanti hanno eccepito, con riferimento all'art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., l'omesso esame della documentazione fotografica (scansionata nel ricorso) prodotta, da cui emergeva che soltanto uno dei predetti, cinque, locali era adibito a lavanderia (con lavatrice, lavello e ferro da stiro), mentre gli altri vani (cantina, locali di sgombero e posto auto) erano quelli che la norma esclude dal computo della predetta superfice utile.
3. Con il terzo motivo di impugnazione, i ricorrenti hanno denunciato, nella prospettiva di cui all'art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione dell'art. 3, comma 3, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, assumendo che l'unita abitativa, classificata in catasto in categoria D/7, per effetto della nuova regolamentazione in vigore dall'anno 2014, avrebbe avuto diritto all'agevolazione, ritenendo, quindi, che il Giudice d'appello avrebbe dovuto, anche di ufficio, non applicare le sanzioni, giacchè rispetto alla novella normativa non vi era stata dichiarazione mendace.
4. Il ricorso va respinto per le seguenti ragioni.
5. Il primo motivo di impugnazione pone la questione di considerare o meno i locali separati dall'abitazione principale nel calcolo della superfice utile complessiva contemplata dall'art. 6 d.m. 2 agosto 1969, n. 1072 (240 mq), ai fini dell'agevolazione fiscale per l'acquisto della prima casa relativamente all'imposta di registro.
Come sopra esposto, la Commissione regionale ha negato il beneficio, ritenendo computabili anche i predetti cinque locali, pacificamente distaccati dal corpo principale dell'unità abitativa, sulla scorta del criterio della loro potenzialità abitativa al momento dell'acquisito.
5.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, in base alla menzionata disposizione regolamentare, «[...] la superficie utile complessiva deve essere determinata avuto riguardo all'utilizzabilità degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, costituendo tale requisito il parametro idoneo ad esprimere il carattere <<lussuoso>> dell'immobile, al che consegue che il concetto di superficie «utile» non può restrittivamente identificarsi con la sola «superficie abitabile», dovendo interpretarsi l'art. 6 del d.m. n. 1072 del 1969 nel senso che è «utile» tutta la superficie dell'unità immobiliare diversa dai balconi, dalle terrazze, dalle cantine, dalle soffitte, dalle scale e dal posto macchine e che nel calcolo dei 240 metri quadrati rientrano anche i soppalchi (cfr. Cass. n. 29643 del 14/11/2019, Cass. n. 861 del 17/01/2014)» (così, tra le tante, Cass. Sez. T. 20 settembre 2023, n. 26880).
Si tratta di un criterio di natura funzionale, basato sul concetto di utilizzabilità del bene per le esigenze della vita quotidiana o - come suol dirsi - di marcata potenzialìtà abitativa dell'unità immobiliare, che prescinde non solo dai requisiti di abitabilità dello stesso, ma anche dalla formale destinazione dei locali considerati dalla norma (cantina, soffitta, etc.), i quali devono essere compresi nel calcolo della superficie utile e, quindi, facenti parte della "casa di lusso", allorquando, in concreto, essi siano strutturati in modo tale da essere abitabili, sì da perderne la toro tipica caratteristica (v., tra le tante altre, Cass. Sez. T. 28 febbraio 2018, n. 4592, che cita Cass., Sez. V, 28 giugno 2012, n. 10807; Cass., Sez. T., 26 ottobre 2011, n. 22279; Cass., Sez. T., 15 novembre 2013, n. 25674; Cass. n. 9529/2015, Cass., Sez. T. 21 settembre 2016, n. 18480).
5.2. In talune pronunce questa Corte ha affermato che sono computabili nella superficie utile complessiva i vani (cantina e soffitta) «[...] con accesso dall'interno dell'abitazione e ad essa indissolubilmente legati» (così Cass., Sez. T, 21 settembre 2016, n. 18480; nello stesso senso, Cass., Sez. 6/T, 13 novembre 2017, n. 26801; Cass., Sez. VI/T., 20 luglio 2022, n. 22690).
E, più in generale, ricorre l'affermazione secondo cui nel calcolo della superficie utile per stabilire se un'abitazione sia di lusso deve computarsi quella relativa ai vani interni all'abitazione, ancorché privi del requisito dell'abitabilità (cfr. Cass., Sez. 6/T, 4 dicembre 2017, n. 28932; Cass., Sez. 6/T, 2 settembre 2016, n. 17555; Cass., Sez. 6/T, 17 giugno 2015, n. 12471; Cass., Sez. 12 marzo 2014, n. 5692; Cass., Sez. T. 17 luglio 2013, n. 17439).
5.3. Nondimeno, esaminando dette pronunce va, del par, riconosciuto che il modello interpretativo fondante il riconoscimento o meno dell'agevolazione o meglio il calcolo della superfice utile si basa sul criterio della potenzialità abitativa degli ambienti, vale a dire della destinazione degli stessi a soddisfare i bisogni della vita quotidiana.
Risulta chiara sul punto la pronuncia del 21 settembre 2016, n. 18480 (richiamata dal Giudice regionale) secondo cui «[ ...] quello dell'utilizzabilità" degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, costituisce parametro idoneo ad esprimere il carattere "lussuoso" di una abitazione».
Principio questo ribadito anche di recente da questa Corte nella parte in cui si è precisato che «[ ...] in definitiva, ciò che assume rilievo - in coerenza con l'apprezzamento dello stesso mercato immobiliare - è la marcata potenzialità abitativa dello stesso (Cass., Sez. 5, 15.11.2013, n. 25674) e, più precisamente, l'idoneità di fatto degli ambienti allo svolgimento di attività proprie della vita quotidiana (Cass., Sez. 5, 20.12.2012, n. 23591)» (così, Cass., Sez. VI/T, 20 luglio 2022, 22690 cit.).
5.4. Nel delineato contesto il riferimento alla localizzazione interna del vano all'unità immobiliare quale conditio sine qua non ai fini del suo computo nel calcolo della superficie utile o meglio la sua connessione strutturale e fisica G:on detta unità non risulta porsi come elemento indefettibile e necessario, dunque imprescindibile nella valutazione in rassegna, né le predette pronunce hanno affermato tale principio, non essendo state, pervero, impegnate a risolvere direttamente tale tema, costituendo semmai detti riferimenti (vani interni e/o loro indissolubile legame con l'unità immobiliare) passaggi motivazionali serventi rispetto al principio, questo si a chiare lettere affermato e ribadito, dell'utilizzabilità abitativa degli ambienti.
5.5. In tale direzione è possibile declinare detto principio, applicando il criterio dell'unitarietà funzionale delle parti del complesso edilizio, nel senso di considerare parte dell'unità abitativa anche ciò che ad essa è servente e che si caratterizza per la medesima, potenziale, destinazione a soddisfare i bisogni della vita quotidiana. Il tutto valorizzando la connessione funzionale delle parti dell’unità abitativa rispetto a quella strutturale e materiale.
5.6. Non osta a tale ricostruzione la lettera dell'art. 6 d.m. 2 agosto 1969, n. 1072 secondo cui sono (rectius erano) classificate come abitazioni di lusso «le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine)», giacchè il riferimento alla singola unità immobiliare è concetto del tutto compatibile con il citato criterio funzionale, considerando parte di essa quelle porzioni ad essa complementari, nonostante la loro separatezza fisica, tenendo altresì conto che, come chiarito da questa Corte, «A fini ermeneutici assume rilevanza interpretativa il riferimento [...] alla "superficie utile" [...]» e tale «deve considerarsi, infatti, "superficie" computabile tutta quella che fa parte della "casa" (sia composta di "uno o più piani", purché costituenti "unico alloggio"), quindi dell'intero complesso costruttivo» (così Cass. Sez. V, 28 giugno 2012, n. 10807).
5.7. In realtà, il dato del collegamento materiale del vano accessorio con l'abitazione principale non è richiesto dalla norma. E considerare tale elemento strutturale, ai fini del calcolo della superfice utile, avrebbe l'effetto di estendere il beneficio sulla scorta di criteri non previsti dal legislatore, finendo con applicarlo analogicamente, in termini non consentiti come più volte affermato da questa Corte (cfr., ex multis, Cass., Sez. T, 21 settembre 2016, n. 18480 cit.).
Il consolidamento del principio di utilizzabilità abitativa del vano, ai fini del calcolo della superfice utile e quindi in relazione all'applicazione o meno del beneficio in questione, ha condotto la giurisprudenza di legittimità a ritenere che nella valutazione in oggetto si debba prescindere dalla destinazione strutturale dei locali (cantina, soffitta etc.), nonostante l'art. 6 d.m. citato li avesse esclusi dal computo, il che accredita l'ordine di idee che il criterio interpretativo fondante la valutazione in rassegna debba essere quello della predetta destinazione funzionale del locale (la sua potenziale utilizzazione abitativa) e che esso possa ricevere applicazione anche per i vani fisicamente separati dall'unità abitativa principale, ma che risultino assolvere ad una funzione ad essa ancillare, servente.
Non ricorrono, al contrario, plausibili e dirimenti ragioni per escludere tali vani dal computo che rileva ai fini che occupano.
Anzi, conforta tale soluzione anche la considerazione che l'agevolazione è riconosciuta alle pertinenze (esterne al bene) secondo i criteri di cui all'art. 817 cod. civ., avendo questa Corte chiarito che «un bene che sia funzionalmente collegato ad altro è insuscettibile di autonoma e separata disciplina, ma segue invece il regime del bene principale» (v., tra tutte, la recente, Cass., Sez. T., 12 aprile 2023, n. 9783, che richiama, con riferimento all'imposta di registro: Cass., Sez. 6A-S, 3 marzo 2014, n. 4892; Cass., Sez. 6A-S, 17 febbraio 2015, n. 3148; Cass., Sez. SA, 18 gennaio 2019, n. 1301; Cass., Sez. SA, 23 aprile 2020, n. 8073; in tema di benefici per la c.d. "prima casa": Cass., Sez. SA, 29 ottobre 2010, n. 22128; Cass., Sez. SA, 13 marzo 2013, n. 6259; Cass., Sez. 6A-S, 18 novembre 2014, n. 24496; Cass., Sez. SA, 10 agosto 2021, n. 22561; Cass., Sez. 6A-S, 25 febbraio 2022, n. 6316).
5.8. Per tale via, pacifico risultando il collegamento funzionale di detti locali separati rispetto all'esigenze dell'unità abitativa principale, la loro inclusione nel medesimo atto di acquisto, la loro natura pertinenziale ed il censimento dell'unità immobiliare in categoria A/7 ), come risulta dalla nota tecnica riportata nel ricorso (v. pagina n. 7), va conclusivamente riconosciuto che l'applicazione del predetto criterio dell'unitarietà funzionale consente, nonostante la separazione fisica dei predetti vani dal corpo di fabbrica principale, di considerarli nel calcolo della superfice utile computabile ai fini del beneficio fiscale prevista, in materia di imposta di registro, per l'acquisto della prima casa, perché, in ragione della loro funzione servente, risultano "utili" al soddisfacimento delle esigenze abitative e, come tali, utilizzabili per assicurare le istanze della vita quotidiana.
5.9. In tale direzione va affermato il seguente principio di diritto: "ai fini del calcolo della superfice utile ai sensi del d.m. 2 agosto 1969, n. 72, per il riconoscimento dell’agevolazione fiscale prevista in tema di imposta di registro per l'acquisto della prima casa, vanno considerati, in applicazione del criterio funzionale dell'utilizzabilità abitativa, anche i locali separati dal corpo di fabbrica principale, purchè destinati a svolgere una funzione servente rispetto ad essa, in quanto diretti a soddisfare le esigenze della vita, nel segno quindi di un rapporto ancillare con l'unità immobiliare centrale".
5.10. Correttamente, dunque, il Giudice regionale ha applicato il principio dell'utilizzabilità abitativa, estendendolo, per vincolo di asservimento, ai predetti vani, aventi natura pertinenziale, anche se separati dall'unità abitativa centrale.
6. Il secondo motivo di impugnazione risulta inammissibile.
La censura dei ricorrenti, fondata sull'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, costituito dalla circostanza che uno solo dei cinque locali separati era adibito a lavanderia (con lavatrice, lavello e ferro da stiro) e lamentando ogni valutazione da parte della Commissione sull'utilizzazione abitativa degli altri quattro vani, pecca, per come formulato, di decisività.
Nell'articolazione della doglianza i contribuenti hanno dato conto (riportando i contenuti della consulenza di parte; v. pagina n. 6 del ricorso) che la metratura complessiva dei cinque locali era di 87,64 mq, (rappresentando che l'Ufficio, invece, ne aveva computato 61,50 mq, v. pagina n. 8 del ricorso), ma hanno dimenticato di allegare la misura complessiva dei restanti locali, non ricavabile dalla planimetria riportata in ricorso, poichè essa ne indica solo l'altezza.
Tale deficit rappresentativo non consente, quindi, di stabilire se la detrazione della superfice del predetto locale lavanderia avrebbe determinato una misura complessivamente inferiore a 240 mq., ivi compresa l'unità abitativa principale.
6.1. Non solo. Deve aggiungersi che il motivo trascura di prendere posizione sul fatto che il Giudice regionale ha ritenuto, senza contestazioni sul punto e con accertamento fattuale comunque non sindacabile nella sede che occupa, che i locali in oggetto erano adibiti a «[ ...] legnaia, lavanderia, sgombero etc. [...]» e che anche «[ ...] i locali di sgombero andavano considerati nella superfice utile in quanto di fatto idonei allo svolgimento di attività proprie della vita quotidiana» (v. pagina n. 4 della sentenza), il che avvalora ulteriormente l'esigenza, non soddisfatta nell'elaborazione del motivo, di una puntuale indicazione delle misure dei predetti singoli locali separati, al fine di poter considerare incidente, ai fini della decisione, l'omesso esame della metratura del vani diversi da quelli esaminati dal Giudice regionale.
6.2. Peraltro, ma non per ultimo, il motivo nemmeno si prende cura di contestare la valutazione della Commissione nella parte in cui, citando la pronuncia di questa Corte del 6 giugno 2016, n. 11556, ha ritenuto che competesse ai ricorrenti l'onere di dimostrare l'inutilizzabilità a scopo abitativo dei vani, limitandosi, invece, a lamentare la mancata considerazione, da parte del Giudice a quo, delle caratteristiche costruttive del manufatto, omettendo, però - gli istanti - di rappresentare di aver dimostrato nel giudizio di merito le condizioni di non utilizzabilità abitativa degli stessi, prova questa che, in realtà, la Commissione ha espressamente escluso essere stata offerta.
7. Anche il terzo motivo, concernente la non applicabilità delle sanzioni, in ragione della nuova disciplina introdotta dall'art. 33 d.lgs. 21 novembre 2017, n. 175, non può ricevere seguito.
Non rileva, infatti, ai fini dell'esenzione dalla sanzione amministrativa, la sopravvenienza della predetta disposizione (in vigore dal 13 dicembre 2014),-che ha modificato il n. 21 della tabella A - parte seconda allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 ed ha, di conseguenza, rideterminato i criteri per la fruizione del beneficio per l'acquisto della prima casa, superando i parametri stabiliti dal suddetto d.m. 2 agosto 1969, n. 1072 e considerando abitazioni di lusso quelle che rientrano nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, corrispondenti alle abitazioni signorili, alle ville e ai castelli e ai palazzi di eminenti pregi architettonici e storici.
Ai fini dedotti dai ricorrenti occorre determinare se la predetta novella abbia introdotto un'abolitio criminis, ossia se l'infrazione sia stata o no eliminata in esito alla modificazione della norma riguardante i presupposti oggettivi del riconoscimento del beneficio per l'acquisto della prima casa.
Si deve, quindi, stabilire se l'intervento legislativo posteriore abbia alterato, anche mediatamente, il precetto e, quindi, abbia escluso la figura di infrazione scaturente dalla violazione di esso.
A tal proposito, le Sezioni Unite di questa Corte hanno conclusivamente statuito che: «In tema di agevolazioni per l'acquisto della c.d. "prima casa", la modifica dei parametri ai quali ancorare i presupposti per il riconoscimento del beneficio, disposta [...] dall'art. 33 del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, non ha inciso retroattivamente e l'infrazione, costituita dalla dichiarazione mendace, della quale è soltanto cambiato l'oggetto, è rimasta immutata; ne consegue che non si è verificata alcuna abolitio criminis», precisando, quindi, che la «La sanzione in questione resta dunque dovuta». (Cass., Sez. Un., 27 aprile 2022, n. 13145).
8. Alla stregua delle considerazioni svolte il ricorso va rigettato.
9. La novità della questione trattata sul primo motivo di ricorso ed il sopravvenuto intervento delle Sezioni Unite di questa Corte sul tema sottoposta dalla terza censura giustificano la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
10. Nondimeno, va dato atto che sussistono i presupposti di cui all'art 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte dei ricorrenti, in solido tra di loro, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Dà atto che ricorrono i presupposti di cui all'art 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte dei ricorrenti, in solido tra di loro, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per la proposizione del ricorso.