Svolgimento del processo
Per quanto rileva nel presente contenzioso, la Procura federale interregionale ha deferito omissis, all’epoca dei fatti calciatore tesserato per la società omissis, per rispondere della violazione del disposto di cui all'art. 4, comma 1, del Codice di giustizia sportiva per avere lo stesso, in data 23.12.2023 davanti al locale denominato “P.” in (omissis), colpito con un pugno al volto omissis, calciatore tesserato per la omissis.
In concreto, in data 21.12.2023 si svolgeva la gara tra la omissis valevole per il campionato Allievi B Under 16 Provinciali di omissis, all'esito della quale il deferito, calciatore tesserato per omissis, contattava tramite l'applicazione WhatsApp il soggetto leso, calciatore tesserato per la omissis, scrivendo i seguenti messaggi: "wee fenomeno mi hanno detto fai il guappo", "perchè un mi hai aspettato fori", "era tutta la partita che ti aspettavo", "ma perchè non lo fai dar vivo il fenomeno", "poi dimmelo ner viso", "però un vieni mai topino", “rispondi infame”.
Due giorni dopo la gara citata, la sera del 23.12.2023, il soggetto leso si trovava presso il locale "P." sito in Livorno, dove veniva raggiunto dal deferito il quale, dopo averlo invitato ad uscire dal locale tramite interposta persona, aveva una discussione con lui e lo colpiva con un pugno al volto.
Il soggetto leso – caduto a terra – è stato poi ripetutamente attinto con calci al volto da soggetti non identificati, da ritenere logicamente compartecipi in quello che sembra configurarsi come un vero e proprio “agguato”.
Tale aggressione ha causato alla vittima lesioni dichiarate guaribili in 21 (ventuno) giorni dal Pronto soccorso del Presidio ospedaliero dove il giovane era stato condotto dai genitori.
Il Tribunale federale territoriale, tuttavia, con la pronuncia gravata ha prosciolto il deferito, ritenendo di escludere che l’aggressione del 23.12.2023 traesse origine dall’attività sportiva e fosse dunque riconducibile ad essa.
A giudizio del Tribunale, l’aggressione era stata motivata da ragioni di inimicizia personale intercorrente tra i due giovani atleti, come dichiarato da numerosi testimoni.
La decisione del Tribunale è stata contestata con l’atto di reclamo all’esame dalla Procura la quale sostiene, sulla base degli elementi probatori in atti, che l’aggressione è invece direttamente collegata all’attività sportiva, e in particolare costituisce conseguenza della animosità insorta tra le contrapposte squadre in occasione della gara svoltasi due giorni prima.
Motivi della decisione
Il reclamo della Procura è fondato e va pertanto accolto.
Come risulta dagli atti di indagine allegati al fascicolo di primo grado è incontestato – ed espressamente riconosciuto anche dallo stesso deferito – che il medesimo in data 23.12.2023 nell’area antistante un pubblico esercizio di Livorno ha colpito con un pugno al volto il soggetto leso, il quale – caduto a terra – è stato poi ripetutamente attinto con calci al volto da soggetti non identificati.
Tale aggressione ha causato alla vittima lesioni dichiarate guaribili in 21 (ventuno) giorni dal Pronto soccorso del Presidio ospedaliero dove il giovane era stato condotto dai genitori.
A giudizio di questa Corte federale, che non condivide il contrario giudizio del Tribunale, la condotta sleale, violenta ed inescusabile tenuta nell’occasione dal deferito è direttamente e chiaramente ricollegabile all’attività sportiva, risultando perciò sanzionabile ai sensi dell’art. 4, comma 1, del Codice di giustizia sportiva, come richiesto dalla reclamante Procura.
Come è noto, l’art. 4, comma 1, del Codice di giustizia sportiva prevede che i dirigenti, gli atleti, i tecnici, gli ufficiali di gara e ad ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale sono tenuti all'osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme organizzative interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali e osservano i principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva.
La normativa ora trascritta costituisce applicazione del principio di lealtà sancito dall’art. 2 del Codice di comportamento sportivo CONI, secondo cui i tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti dell'ordinamento sportivo devono comportarsi secondo i principi di lealtà e correttezza in ogni funzione, prestazione o rapporto comunque riferibile all'attività sportiva, cooperando attivamente alla ordinata e civile convivenza sportiva.
Come chiarito dalla costante giurisprudenza di questa Corte federale, "Il dovere di tenere una condotta rigorosamente ispirata ai principi della lealtà, della correttezza e della probità, sebbene solitamente riconducibile al canone di lealtà sportiva, ha assunto una dimensione più ampia, traducendosi in una regola di condotta generale che investe qualsiasi attività comunque rilevante per l’ordinamento federale, in ogni rapporto a qualsiasi titolo riferibile all’attività sportiva" (CFA, SS.UU., n. 53/2021-2022).
La previsione di cui all'art. 4 CGS si sostanzia pertanto in un parametro di legittimità del comportamento in concreto tenuto da ciascun associato e affiliato all’ordinamento sportivo. E non è un caso che le sanzioni per la sua violazione non siano predeterminate nel minimo e nel massimo, perché è l’elasticità stessa che caratterizza la norma primaria, la sua adattabilità alle situazioni e la sua estrema versatilità ad essere impiegata in combinato disposto con tutta l’altra serie di disposizioni vigenti, a giustificare un sistema sanzionatorio “aperto” e funzionale alle esigenze del caso, naturalmente secondo parametri motivazionali esplicitati e che si attaglino alla singola vicenda. Il ruolo della fattispecie diventa fondamentale per la soluzione del singolo caso e per l’adozione dei provvedimenti sanzionatori (CFA, SS.UU., n. 113/2020-2021).
Applicando le coordinate ermeneutiche ora tracciate al caso in esame ritiene la Corte – come anticipato - che il comportamento violento tenuto dal deferito sia sanzionabile appunto per violazione dell’art. 4, comma 1, sussistendo sia l’ovvia violazione dei principi di lealtà e correttezza, sia la diretta riferibilità dell’aggressione al contesto agonistico e sportivo.
In tal senso, dal materiale probatorio in atti si evince in primo luogo che già durante l’incontro del 21 dicembre alcuni giocatori della omissis tenevano un comportamento aggressivo nei confronti degli avversari, minacciandoli di un vero e proprio regolamento dei conti al termine dell’incontro.
Di animosità risalente e di rivalità tra gli atleti delle due squadre c’è peraltro diffusa menzione nelle testimonianze dei soggetti presenti all’aggressione, raccolte dalla Procura.
In tale contesto generale, il deferito, pur non essendo incaricato della marcatura del soggetto leso, commetteva ai danni di questo un fallo di una certa gravità, infatti sanzionato dal Direttore di gara con l’ammonizione.
Dopo la conclusione dell’incontro, lo stesso deferito inviava poi al soggetto leso, tramite l’applicazione WhatsApp, i messaggi ingiuriosi e ostili sopra riportati, minacciando ancora una volta ed espressamente rappresaglie e ritorsioni.
Infine, due giorni dopo e nelle circostanze fattuali sopra riportate, si verificava l’aggressione fisica che ha dato origine al presente contenzioso.
Come si vede, gli episodi in questione risultano tutti collegati sul piano sia logico che temporale e la loro sequenza, ove li si consideri in chiave unitaria e non atomistica, non lascia adito a dubbi, costituendo l’aggressione fisica ai danni del soggetto leso il chiaro esito di un intento punitivo concepito dal deferito durante la gara, esternato dal medesimo dopo la conclusione di questa e portato a realizzazione con modalità oggettivamente proditorie alla prima occasione utile.
In particolare decisivo in tal senso appare, a giudizio della Corte, il tenore dei messaggi minacciosi offensivi e “bullistici” inoltrati dal deferito subito dopo la conclusione dell’incontro di calcio del 21 dicembre: da tali messaggi, il cui rilievo il Giudice di primo grado ha del tutto trascurato, si evince proprio la volontà dell’incolpato di provocare l’interlocutore, insultandolo e sfidandolo al confronto fisico, in spregio di ogni elementare canone sportivo di correttezza e rispetto per l’avversario.
La violenta aggressione del 23 dicembre posta in essere dal deferito è dunque – si ribadisce - la distorta conseguenza di contrapposizioni e contrasti maturati nell’ambito dell’attività agonistica, e in particolare costituisce il frutto perverso di animosità generatasi tra le contrapposte compagini ed acuitasi nel corso della gara precedente.
Tale aggressione rientra quindi, come evidenziato dalla Procura, a pieno titolo nel perimetro degli illeciti disciplinari sanzionati dall’art. 4, comma 1, CGS, siccome indicativa di una chiara violazione dei criteri di correttezza e lealtà sempre esigibili dagli atleti nell’ambito collegato all’attività agonistica e sportiva.
Il reclamo della Procura va pertanto accolto.
Quanto alla misura della sanzione, la gravità del comportamento inescusabilmente violento tenuto dal deferito e le modalità sleali con cui l’aggressione è stata realizzata inducono a ritenere appropriata una sanzione pari a 8 (otto) giornate di squalifica.
Tale sanzione risulta proporzionata ai fatti e risponde a criteri di congruità ed al principio di giusta afflittività.
Non pare possano ricorrere invece, a favore del deferito, circostanze attenuanti derivanti dalla sua giovane età.
Questa non può essere assunta come attenuante ma, semmai, come sintomo della necessità di una profonda riflessione sullo spirito e sui valori che debbono permeare, sempre e comunque, l’attività sportiva. (CFA, Sez. II, n. 105/2010-2011).
La giovane età del calciatore, lungi dal costituire un elemento attenuante, rappresenta infatti, con la sua implicita negazione dei canoni di lealtà e correttezza, un disvalore aggiunto (CFA, Sez. I, n. 123/2012-2013).
In tale ottica, questa Corte ha già più volte avallato la legittimità, nei limiti della sindacabilità concessa nella determinazione della pena concretamente inflitta - che deve peraltro rispondere sempre a criteri di ragionevolezza e proporzionalità - della funzione “educatrice” delle pene inflitte ai giovani calciatori, che si affacciano al mondo professionistico e nei confronti dei quali deve essere inculcato fin dall’inizio il senso del rispetto delle regole sportive di comportamento, secondo principi di lealtà, rispetto e correttezza. (CFA, Sez. I, n. 59/2023-2024)
P.Q.M.
Accoglie il reclamo in epigrafe e, per l'effetto, irroga a omissis la sanzione della squalifica di 8 (otto) giornate effettive di gara da scontarsi nella stagione sportiva 2024-2025.