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9 agosto 2024
Se la busta paga non riporta il numero corretto di assenze, il dipendente non può essere licenziato per aver superato il periodo di comporto
Il caso, sottoposto all'attenzione della sezione Lavoro, ripercorre la vicenda di un dipendente che veniva licenziato per aver superato il periodo di comporto. In particolare, al lavoratore erano state indicate nel prospetto delle presenze allegate alle buste paga, un numero di assenze per malattia inferiore rispetto a quello effettivo, creando in lui un incolpevole affidamento sulle assenze riportate nel foglio presenze.
di La Redazione
L'ordinanza n. 22455 dell'8 agosto 2024, tratta di una controversia di lavoro tra un ex dipendente e una società sottoposta a procedura di amministrazione straordinaria.
La vertenza può essere così riassunta:
  • Il dipendente veniva licenziato per aver superato il periodo di comporto.
  • Il lavoratore contestava il licenziamento dinanzi al Tribunale, il quale lo confermava.
  • Il lavoratore presentava reclamo dinanzi la Corte d'Appello capitolina, la quale riteneva che la società avesse creato un incolpevole affidamento nel dipendente, indicandogli nei prospetti delle presente, allegati alle buste paga, un numero di assenze per malattia inferiore rispetto a quello effettivo, e non lo aveva avvertito adeguatamente dell'imminente superamento del periodo di comporto.
  • Ne consegue, l'illegittimità del licenziamento con conseguente reintegra del lavoratore nel posto di lavoro.
  • Avverso tale decisione la società ricorre per cassazione.

attenzione

La questione principale, sottoposta all'attenzione della Suprema Corte, è se la società avesse l'obbligo di avvertire il lavoratore del rischio di superamento del periodo di comporto e se l'eventuale mancanza di tale avvertimento renda illegittimo il licenziamento. 

Il Massimo Consesso dichiara inammissibile il ricorso della società.
Secondo la Corte, sulla base dei prospetti presenza allegati alle buste paga consegnate al datore di lavoro il ricorrente è stato ragionevolmente indotto a ritenere di avere accumulato un numero di giorni di assenza per malattia di gran lunga inferiore al reale. È vero che il dipendente avrebbe potuto verificare autonomamente il numero effettivo di assenze per malattia, eventualmente accedendo al portale web dell'INPS, ma è anche vero che il comportamento posto in essere dal datore di lavoro, il quale ha fornito indicazioni fuorvianti al lavoratore, non può essere considerato conforme a buona fede e correttezza.
Inoltre, la Corte precisa che la Corte distrettuale ha ritenuto

precisazione

«pienamente condivisibile l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale laddove, come nel caso di specie, la contrattazione collettiva non contenga un'espressa previsione in tal senso, il datore di lavoro non ha alcun obbligo di preavvertire il lavoratore dell'imminente superamento del periodo di comporto; ma ha concluso tuttavia che nel caso di specie un tale adempimento fosse, invece, necessario per correggere le indicazioni erronee e fuorvianti che lo stesso datore di lavoro aveva fornito al lavoratore nei prospetti presenze allegati alle buste paga e quindi per eliminare quel ragionevole affidamento ingenerato nel lavoratore dal precedente e reiterato comportamento datoriale».

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