Ritenuto in fatto
1. In data 22.7.2024, la società B. F.C. s.r.l. ha proposto reclamo avverso la decisione del Tribunale federale nazionale, Sezione disciplinare n. 0013/TFNSD/2024-2025 dell’11.7.2024 (depositata il successivo 17.7.2024) sul procedimento n. 241/TFNSD/2023-2024 - pronunciata a seguito di deferimento della Procura federale prot. 28848/988pf23-24/GC/gb nei confronti della stessa società e della sua Amministratrice unica M. R. - con cui era stata irrogata la sanzione della inibizione per quattro mesi nei confronti della signora R. e quella della penalizzazione di quattro punti oltre € 2.000,00 di ammenda per la società, ritenuti entrambi responsabili, con la recidiva di cui all’art. 18, comma 1, C.G.S..
Tale procedimento era stato aperto dalla Procura federale a seguito della segnalazione della Co.Vi.So.C. in data 16.4.2024, con la quale si riferiva che a seguito di un periodico controllo sulle scritture contabili era emerso il mancato pagamento, entro il termine del 18.3.2024, da parte della società S.S. B. Football Club S.r.l., delle ritenute Irpef e dei contributi Inps relativi agli emolumenti dovuti ai tesserati per le mensilità di gennaio e febbraio 2024, per un importo complessivo rispettivamente di 37.651,00 Euro e di 71.760,00 Euro, in violazione di quanto previsto dall’art. 85, lett. C), par. V delle NOIF.
2. In data 23.7.2024, la stessa società B. F.C. s.r.l. ha proposto reclamo anche avverso altra decisione del Tribunale federale nazionale, Sezione disciplinare, la n. 0015/TFNSD/2024-2025 dell’11.7.2024 (depositata il successivo 22.7.2024) sul procedimento n. 240/TFNSD/2023-2024 pronunciata - a seguito di deferimento della Procura federale prot. 28848/987pf23- 24/GC/gb - nei confronti sempre della società e della sua Amministratrice unica M. R., con cui era stata in questo caso irrogata la sanzione della inibizione per quattro mesi nei confronti della signora R. e quella della penalizzazione di due punti oltre € 2.000,00 di ammenda per la società, ritenuti entrambi responsabili, con la recidiva di cui all’art. 18, comma 1, C.G.S..
Anche questo secondo procedimento sportivo era stato aperto dalla Procura federale a seguito di segnalazione della Co.Vi.So.C. la quale aveva evidenziato la mancata o, in alcuni casi, ritardata corresponsione degli emolumenti dovuti ad un cospicuo numero di tesserati per le mensilità di gennaio e febbraio 2024, così come poi dettagliatamente riportato nei capi di incolpazione.
3. Entrambi i procedimenti erano stati chiamati all’udienza dell’11.6.2024, ma il difensore dei deferiti aveva presentato istanza di differimento per un proprio personale impedimento e, in accoglimento della richiesta, il Tribunale federale nazionale rinviava la trattazione dei due procedimenti alla successiva udienza dell’11.7.2024.
Con memoria in data 10.7.2024, lo stesso difensore, nell’interesse dei propri assistiti, depositava quindi in entrambi i procedimenti una serie di documenti attestanti la definizione delle pendenze economiche con i tesserati nonché il verbale dell’assemblea dei soci della B. F.C. s.r.l. da cui risultava l’ingresso di nuovi soci e la nomina di un nuovo organo amministrativo. In pari data, inoltre, il difensore del nuovo amministratore della società rappresentava che tutte le pendenze economiche della sua assistita erano state sanate.
4. Alla successiva udienza dell’11.7.2024, il difensore delle parti deferite chiedeva ma non otteneva un ulteriore rinvio dei due procedimenti per ulteriori attività difensive; avanzava quindi una istanza di riunione del giudizio per ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva dei due procedimenti.
La Procura federale si opponeva alla richiesta di riunione e concludeva chiedendo:
- con riferimento al procedimento n. 241/TFNSD/2023-2024 l’irrogazione, nei confronti della B. Football Club s.r.l., della sanzione di quattro punti di penalizzazione in classifica da scontare nel corso della stagione sportiva 2024/25 oltre ad euro 2.000,00 (duemila/00) di ammenda a titolo di sanzione per la recidiva e nei confronti della signora M. R. l’inibizione per tre mesi oltre ad un ulteriore mese di inibizione a titolo di sanzione per la recidiva;
- con riferimento al procedimento n. 240/TFNSD/2023-2024, applicata per entrambi la recidiva di cui all’art. 18, comma 1, C.G.S, l’irrogazione, nei confronti della B. Football Club s.r.l., della sanzione di quattro punti di penalizzazione in classifica da scontare nel corso della stagione sportiva 2024/25 oltre ad euro 2.000,00 (duemila/00) e nei confronti della signora M. R. l’inibizione per quattro mesi.
La difesa dei deferiti insisteva nella richiesta di riunione e, in subordine, domandava l’applicazione di un trattamento sanzionatorio di minore afflittività rispetto a quello richiesto.
5. All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale federale nazionale rigettava la richiesta di riunione dei due procedimenti, ritenendoli connessi soggettivamente ma non oggettivamente, giacché erano stati contestati dalla Procura federale fatti gestionali dai quali, nella prospettazione accusatoria, derivava la violazione di autonomi e distinti precetti federali.
Nel merito, il primo Giudice riteneva quindi che risultassero provati i fatti contestati alle parti deferite e, in accoglimento delle richieste formulate dall’Organo requirente, irrogava:
- quanto al procedimento n. 241/TFNSD/2023-2024, nei confronti della signora M. R. l’inibizione per quattro mesi e per la società B. F.C.s.r.l. la penalizzazione di quattro punti in classifica da scontarsi nella stagione sportiva 2024/25, nonché l’ammenda di € 2.000,00;
- quanto al procedimento n. 240/TFNSD/2023-2024, nei confronti della signora M. R. l’inibizione per quattro mesi e per la società B. F.C.s.r.l. la penalizzazione di due punti in classifica da scontarsi nella stagione sportiva 2024/25, nonché l’ammenda di € 2.000,00.
6. La società B. F.C. s.r.l. ha appellato entrambi i provvedimenti del Tribunale federale nazionale, affidando i due reclami, sostanzialmente identici, a tre distinti motivi di impugnazione.
6.1. Con il primo motivo, la reclamante ha impugnato il rigetto della richiesta di riunione dei due procedimenti, quello relativo al mancato versamento di ritenute Irpef e contributi Inps, con l’altro procedimento riguardante la mancata corresponsione delle retribuzioni dovute ai propri tesserati entro il termine del 18 marzo 2024.
A detta della reclamante, sussisterebbe una connessione oggettiva tra i due procedimenti, poiché tanto il versamento all’Erario quanto quello all’Inps sarebbero comunque legati al pagamento delle retribuzioni, per cui i due comportamenti da sanzionare non sarebbero cumulabili: la violazione dell’obbligo di corresponsione delle retribuzioni renderebbe insussistente quello di versamento delle ritenute Irpef e contributive, mentre se le retribuzioni fossero corrisposte, i soggetti agenti risponderebbero solo del mancato versamento degli oneri accessori.
6.2. Con un secondo motivo di impugnazione, la reclamante ha eccepito che il Tribunale federale nazionale avrebbe dovuto riconoscere il beneficio della continuazione tra i fatti contestati e quelli che avevano formato oggetto dell’altro giudizio. Ciò in quanto, secondo un costante indirizzo giurisprudenziale, il sistema della Giustizia sportiva sarebbe ispirato al criterio del cumulo materiale delle sanzioni, salva tuttavia la possibilità da parte del Giudicante di un temperamento, ove ne sussistano i presupposti, come appunto nel caso in esame.
6.3. Il Tribunale federale nazionale, infine, non avrebbe tenuto nel debito conto la circostanza che il B. F.C. s.r.l., prima dell’inizio del giudizio, avesse provveduto alla corresponsione delle retribuzioni dovute e al versamento degli oneri Irpef e Inps, laddove invece l’art. 13, lett. c) del C.G.S. considera come meritevole di valutazione in favore dell’interessato l’avere costui riparato interamente il danno prima del giudizio.
7. La Procura federale ha depositato in giudizio memorie controdeduttive, anch’esse di tenore sostanzialmente analogo, con le quali ha contestato le argomentazioni della reclamante.
7.1. Con riferimento al primo motivo di impugnazione, questo sarebbe palesemente infondato, considerato che le due norme asseritamente violate avrebbero la funzione di garantire l’attivazione dei controlli dell’Autorità federale in ordine alla regolarità ed alla tempestività dei versamenti, assicurandosi ed accertando che, a ciascuna scadenza bimestrale, ciascuna società da un lato adempia al pagamento delle retribuzioni dei tesserati e dall’altro provveda al versamento delle ritenute Irpef e dei contributi Inps relativo alle mensilità del bimestre in scadenza; il che non configurerebbe una condotta unica, bensì due fatti autonomi disciplinarmente rilevanti. Sotto questo profilo, non sarebbe assolutamente fondato l’argomento difensivo secondo cui il mancato pagamento degli emolumenti renderebbe impossibile la corresponsione delle ritenute Irpef e dei contributi Inps.
7.2. Sarebbe priva di fondamento anche la richiesta di applicazione dell’istituto della continuazione, invocato da parte reclamante, giacché l’autonomia delle violazioni contestate, ognuna delle quali indipendente dall’altra, escluderebbe l’applicabilità di tale beneficio.
7.3. Quanto al terzo motivo di impugnazione, la Procura federale ha infine richiamato il costante indirizzo della giurisprudenza sportiva, secondo cui il pagamento tardivo di emolumenti e ritenute previdenziali non rientra nella previsione delle circostanze attenuanti di cui all’art. 13, comma 1, lett. c).
8. All’udienza collegiale del 20.8.2024, sentiti il rappresentante della Procura federale ed il difensore della società B. F.C. s.r.l., i due procedimenti sono stati riuniti e tenuti a decisione.
Considerato in diritto
1. Il Collegio ritiene di procedere innanzi tutto alla riunione dei reclami in sede d’appello. Tale riunione presuppone esclusivamente la ricorrenza di motivi di economia processuale che rendono opportuna la decisione contemporanea di più controversie (Consiglio di Stato, Sez. V, 17 gennaio 1994, n. 30), senza che ciò incida sull’autonomia dei singoli ricorsi (Consiglio di Stato, Sez. V, 23 marzo 1995, n. 464) e senza che implichi l’accertamento di un nesso teleologico fra i provvedimenti impugnati (Consiglio di Stato, Sez. VI, 30 novembre 1995, n. 1349) (Consiglio di Stato, Sez. IV, 2 dicembre 1999, n. 1769).
2. Entrambi i reclami proposti sono da ritenersi infondati e devono essere rigettati.
3. Con il primo motivo di impugnazione, il ricorrente contesta la mancata riunione dei procedimenti da parte del giudice di primo grado, riunione che era stata richiesta al fine di evidenziare il nesso di collegamento che unirebbe la mancata corresponsione degli emolumenti dovuti ai propri tesserati con il mancato versamento delle ritenute Irpef e dei contributi Inps dovuti in favore di costoro.
In via preliminare, osserva il Collegio che la decisione concernente la riunione di procedimenti è affidata alla potestà discrezionale e insindacabile del giudice, e quindi nessuna censura può essere validamente mossa a carico delle sentenze impugnate in dipendenza della mancata riunione della trattazione dei ricorsi pendenti tra le stesse parti (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1133/2011).
In ogni caso – pur seguendo l’iter argomentativo contenuto nei gravami - il reclamante muove il proprio ragionamento dal presupposto (innegabile) che le ritenute Irpef e i contributi Inps debbano essere versati al momento del pagamento degli emolumenti dovuti ai dipendenti, per sostenere che le condotte ad esso ascritte nei due procedimenti - ossia la mancata corresponsione degli emolumenti ai tesserati e il mancato versamento di ritenute Irpef e contributi Inps - non sarebbero tra loro cumulabili, giacché il mancato pagamento delle retribuzioni determinerebbe l’impossibilità di versare ritenute Irpef e contributi Inps, che avrebbero come condizione presupposta la corresponsione delle prime, per cui la violazione consisterebbe solo nel mancato pagamento delle retribuzioni e non anche nel mancato versamento delle somme dovute a titolo di contributi previdenziali (come testualmente si legge nei due atti di impugnazione).
In realtà – secondo questa Corte - così non è ed è vero anzi il contrario. Non sussiste cioè alcun collegamento funzionale tra il pagamento delle retribuzioni ed il versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, trattandosi di condotte autonome che rispondono a principi di diritto ed interessi giuridici ben distinti.
Mentre è pacifico che la mancata corresponsione degli emolumenti costituisca sostanzialmente un inadempimento ad una obbligazione contrattuale, il versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti ha invece natura pubblicistica e, come precisato dal Giudice delle leggi, “… il mancato adempimento dell'obbligo di versamento dei contributi previdenziali determina un rischio di pregiudizio del lavoro e dei lavoratori, la cui tutela è assicurata da un complesso di disposizioni costituzionali contenute nei principi fondamentali e nella parte I della Costituzione” (cfr. C. Cost. 21.5.2014 n. 139).
Sulla scorta di tale indirizzo, la Corte di Cassazione ha quindi ritenuto che “… i contributi non costituisc[a]no parte integrante del salario ma un tributo, in quanto tale da pagare comunque ed in ogni caso, indipendentemente dalle vicende finanziarie dell'azienda. Ciò trova la sua ‘ratio’ nelle finalità, costituzionalmente garantite, cui risultano preordinati i versamenti contributivi e anzitutto la necessità che siano assicurati i benefici assistenziali e previdenziali a favore dei lavoratori” (cfr. Cass. Pen., Sez. III, 25.6.2013 n. 29755).
La mancata corresponsione delle retribuzioni ai lavoratori di una società è pertanto da ritenersi scollegata dall’obbligo, in capo al datore di lavoro, di versare le ritenute previdenziali ed assistenziali. Anzi, lungi dal ritenere assorbita la seconda condotta - che peraltro a determinate condizioni costituisce ipotesi di reato - rispetto alla prima, sempre la Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare altresì che è preciso onere del datore di lavoro “… quello di ripartire le risorse esistenti all'atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da adempiere al proprio obbligo contributivo, anche se ciò comporta l'impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare. Né, per escludere la punibilità, potrebbe essere richiamata la causa di giustificazione di cui all'articolo 51 del C.p., in quanto l'adempimento dell'obbligo di corrispondere le retribuzioni ai dipendenti non assume una valenza prioritaria e prevalente rispetto quello di versare i contributi previdenziali: infatti, nel conflitto tra il diritto del lavoratore a ricevere i versamenti previdenziali e quello alla retribuzione, va privilegiato il primo in quanto è il solo a ricevere, secondo una scelta del legislatore non irragionevole, tutela penalistica per mezzo della previsione di una fattispecie incriminatrice” (cfr. Cass. Pen., Sez. III, 8.3.2023, n. 23945).
Erra quindi la reclamante nel sostenere che la mancata corresponsione degli emolumenti avrebbe reso impossibile il versamento delle ritenute Irpef e dei contributi Inps, perché così non è ed anzi essa avrebbe dovuto provvedere al secondo adempimento anche a prescindere dall’avere effettuato il primo.
Il motivo di impugnazione è quindi privo di fondamento.
4. Altrettanto infondato, nonché contraddittorio rispetto al primo, è il secondo motivo di impugnazione.
Sostiene la reclamante che la Giustizia sportiva abbia ormai ritenuto applicabile il beneficio della continuazione tra i fatti contestati, pur non essendo stato esplicitamente codificato dalla normativa vigente.
A giudizio del Collegio ciò è innegabilmente vero, e difatti anche di recente questa Corte federale si è già espressa in questo senso: “La continuazione ex art. 81 c.p., istituto di diritto comune, sebbene non espressamente contemplato dall’art. 9 CGS, trova applicazione nell’ordinamento federale (CFA, Sez. III, n. 1/2019-2020; n. 68/2021-2022)” (CFA, Sez. IV, decisione n. 0038/CFA/2022-2023).
Va rammentato tuttavia che la ratio di tale istituto è da rinvenirsi nell'apprezzamento del minor disvalore sociale che connota più illeciti che non scaturiscano da altrettanti diversi progetti, ma che invece conseguano ad un'unica determinazione; il più mite trattamento sanzionatorio risiede pertanto nella minore riprovevolezza complessiva dell'agente - che cede ai motivi a commettere l’illecito una sola volta, quando concepisce il disegno criminoso - e nella conseguente opportunità di mitigare l'effetto del cumulo delle pene, al quale viene sostituito un cumulo giuridico (in questo senso: Cass. Pen., SS.UU. 28.2.2013 n. 25939).
E’ stato già rilevato da questa Corte federale, peraltro, che l’istituto della continuazione presuppone la sussistenza di una serie di elementi costitutivi, ossia: 1) una pluralità di azioni o omissioni, compiute anche in tempi diversi; 2) una pluralità di violazioni di legge (della medesima o di diverse norme); 3) il collegamento tra le diverse condotte volte alla esecuzione di un “medesimo disegno criminoso” (cfr. CFA, Sez. I, decisione n. 0055/CFA/2022-2023) e che, con particolare riferimento a tale ultimo elemento, costituisca preciso onere della parte provare la sussistenza dell’univocità del disegno criminoso (CFA, Sez. II, decisione n. 0039/CFA/2022-2023).
In questo senso, la Giustizia sportiva allineata alla giurisprudenza statuale di legittimità, che da sempre ritiene che l'imputato che invochi la continuazione fra i vari reati per i quali è sottoposto a giudizio abbia l'onere di allegare gli specifici elementi dai quali possa desumersi l'identità del disegno criminoso (tra le tante: Cass. Pen., Sez. III, n. 41063/2019; Cass. Pen., Sez. II, n. 2224/2018; Cass. Pen. Sez. VI, n. 43441/2010; Cass. Pen. Sez. V, n. 18586/2004).
Nel caso in esame, non può non rilevarsi, in primo luogo, che dai verbali del procedimento davanti al Tribunale federale nazionale non emerge che sia stata avanzata dalla difesa della società F.C. B. s.r.l. alcuna richiesta di continuazione, la cui sollecitazione in secondo grado è quindi una assoluta novità.
Ma soprattutto, tale richiesta non è fondata sul supporto probatorio circa l’identità del disegno nella commissione dei fatti ascritti nei due procedimenti. Dai due reclami, cioè, non emerge in alcun modo da quali elementi possa trarsi argomento per sostenere che le due condotte ascritte all’odierno reclamante siano state poste in essere in esecuzione di un medesimo disegno teso a violare la normativa vigente.
Ma anche nell’ipotesi in cui si dovesse ritenere applicabile ai fatti in questione l’istituto della continuazione - come detto non codificato dall’ordinamento federale, ma rinvenibile nell’art. 81 c.p. - ciò sarebbe ininfluente ai fini del presente giudizio.
Con l'art. 5 della legge n. 251/2005, infatti, il Legislatore ha introdotto all'art. 81 c.p. un quarto comma che ha aggravato il trattamento sanzionatorio per i recidivi reiterati, disponendo che in tali casi la pena non possa essere inferiore ad un terzo di quella stabilita per il reato più grave.
Ora, ritenuto che delle due fattispecie contestate alla reclamante, quella sanzionata in modo più grave sia stata certamente l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, in relazione alla quale è stata inflitta la sanzione di quattro punti di penalizzazione, e considerato che nei confronti della società è stata contestata la recidiva di cui all’art. 18, comma 1, C.G.S., l’aumento per un eventuale riconoscimento della continuazione non avrebbe potuto comunque ridursi al di sotto dei due punti di penalizzazione.
Infatti, come già precisato da questa Corte federale, esiste una differenza sostanziale tra le sanzioni a carico delle persone e quelle a carico delle società, con specifico riferimento a quelle consistenti nella attribuzione di punti negativi in classifica. Le prime, connotate da finalità essenzialmente retributive, ma anche con funzione general-preventiva, devono essere calibrate in ragione della gravità dell’infrazione, ma anche della personalità dell’agente, desumibile da molteplici indicatori: intensità del dolo, grado della colpa, eventuale recidiva, comportamento post factum ecc.; le seconde non possono non tener conto dell’immanente conflitto agonistico di interessi tra i vari attori della competizione.
Conseguentemente mentre, nel primo caso, il giudicante certamente può determinare in concreto la sanzione facendo largo uso delle circostanze - tanto aggravanti quanto attenuanti - aumentando notevolmente o diminuendo, anche al di sotto del minimo, la sanzione in concreto da applicare, nel secondo, viceversa, tale potere discrezionale egli deve necessariamente contenere in limiti più angusti, potendo senza dubbio esercitarlo nell’ambito della gamma sanzionatoria prevista dai limiti edittali, ma non oltre, salva esplicita, eventuale (e derogatoria) previsione normativa. Ciò in quanto la sanzione della penalizzazione in termini di punti di classifica viene certamente ad incidere nella sfera del sanzionato, ma ha un immediato riflesso nei confronti dei competitori, che potranno essere più o meno avvantaggiati dall’handicap che il giudice ha decretato nei confronti del trasgressore. E proprio perché, in tal caso, la sanzione si traduce in un danno, in termini di classifica, per una squadra e, conseguentemente, in un vantaggio per le altre, essa deve essere assistita da un maggior grado di certezza in riferimento alla sua graduazione; il che comporta la insormontabilità dei limiti edittali (CFA, SS.UU., decisione n. 0078/CFA/2022-2023 che conferma CFA, SS.UU., n. 89/CFA/2019- 2020; n. 88/CFA/2019-2020/B).
Conseguentemente, nel caso in esame, l’eventuale applicazione dell’istituto della continuazione - che, come detto, per effetto di quanto previsto dal comma 4 dell’art. 81 c.p. non può essere inferiore ad un terzo della pena stabilita per l’illecito più grave - non potrà mai determinare una sanzione al di sotto di due punti di penalizzazione, ché altrimenti violerebbe il principio di insormontabilità dei limiti edittali in caso di irrogazione di punti di penalizzazione in classifica.
Per questa serie di considerazioni, anche il secondo motivo di impugnazione non merita quindi accoglimento.
5. La reclamante chiede infine il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 13, lett. c), del vigente C.G.S., avendo corrisposto sia gli emolumenti ai tesserati, che le ritenute Irpef e i contributi Inps in ritardo rispetto al termine normativamente previsto, ma prima della definizione del giudizio di primo grado.
Anche tale richiesta non è accoglibile ed a tal riguardo va ancora una volta ribadito che, sia il mancato pagamento degli emolumenti per i propri dipendenti, sia l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, costituiscono illeciti connotati da mera condotta omissiva in quanto violativi di un obbligo di facere, ossia la corresponsione di una determinata somma entro un preciso termine normativamente stabilito, per cui il mancato adempimento dell’obbligo è elemento costitutivo della fattispecie di illecito.
Del resto, la giurisprudenza sportiva (CFA, SS.UU., n. 63/2022-2023) sotto questo profilo è chiara e univoca nell’affermare che “… la ratio di tutto il sistema amministrativo-contabile delle società calcistiche professionistiche [è quello di] garantire la regolarità delle competizioni mediante la partecipazione di società che possano dimostrare, anche attraverso un rigoroso sistema di controllo ex post ed in adesione ad inderogabili criteri di trasparenza, una capacità finanziaria riferita a tutto l’arco temporale della specifica annualità sportiva, assolvendo agli oneri finanziari e contributivi previsti dalla legge, facendo fronte diligentemente agli oneri di gestione ed in generale ai costi che caratterizzano una stagione sportiva nel suo complesso, ivi compresa l’eventuale partecipazione alle competizioni europee” (Collegio di garanzia dello sport, SS.UU., n. 45/2022 cit.). Il rispetto di tali regole, prima tra tutte la prevalenza della substance over form e della trasparenza informativa, ha, quindi, un diretto collegamento con le norme sanzionatorie previste dall’ordinamento sportivo (in questo senso Collegio di garanzia dello sport, SS.UU., n. 45/2022 cit.).
Vero è che, in linea generale, sarebbe certamente possibile una commisurazione in concreto della sanzione irrogata con conseguente riduzione della stessa per effetto del riconoscimento di circostanze attenuanti generiche, ma - come già affermato dalla giurisprudenza sportiva - nel caso in esame, da un lato il dato letterale della norma (art. 33 C.G.S.), nello stabilire a carico della società inadempiente l’applicazione della sanzione di cui all’art. 8, comma 1, lett. g), “a partire da almeno due punti di penalizzazione in classifica” lascia evidentemente intendere che il Legislatore sportivo abbia voluto indicare un limite al di sotto del quale non sia possibile scendere; dall’altro lato che nell’ordinamento sportivo la sanzione ha essenzialmente una funzione retributiva e restauratrice della par condicio nelle competizioni agonistiche, e poiché per la ragioni che si sono più sopra richiamate, la sanzione della penalizzazione in termini di punti di classifica certamente incide nella sfera del sanzionato, ma ha anche un immediato riflesso nei confronti dei competitori, essa deve avere un maggior grado di certezza in merito alla sua graduazione, rispetto a sanzioni di specie differente, rendendo invalicabili i limiti edittali fisati dalla norma (cfr. ancora CFA, SS.UU., decisione n. 0089/CFA/2019-2020.
Anche la richiesta di riconoscimento delle circostanze attenuanti deve essere quindi rigettata.
P.Q.M.
Riuniti preliminarmente i reclami in epigrafe, li respinge. Dispone la comunicazione alle parti con PEC.