Non basta infatti fare riferimento all'id quod plerumque accidit, il giudice deve piuttosto verificare se nel caso concreto la presunzione di idoneità al reddito al raggiungimento dei 18 anni sia superata dalla prova del ricorrere di condizioni che integrano il diritto al proseguimento del mantenimento.
Il Tribunale revocava l'obbligo imposto al padre di contribuire al mantenimento della figlia maggiorenne, ritenendo che ella fosse ormai autosufficiente.
A seguito di reclamo, la Corte d'Appello riformava la decisione ritenendo che l'inizio del percorso di studi universitario intrapreso dalla figlia, non immediatamente dopo la conclusione delle scuole superiori, unito allo svolgimento da parte della stessa di lavori saltuari e precari, costituivano elementi non sufficienti a far ritenere fondata la domanda del padre, considerato che ciò non poteva considerarsi indice di un atteggiamento poco responsabile da parte della ragazza verso le sue responsabilità di adulta. Per questa ragione, la Corte disponeva la ripresa della corresponsione del mantenimento in capo al padre, che ora propone ricorso in Cassazione.
Con l'ordinanza n. 24731 del 16 settembre 2024, la Cassazione accoglie il ricorso, ricordando anzitutto come la giurisprudenza di legittimità sia ormai uniforme nell'affermare il principio di diritto per cui l'onere della prova delle condizioni alla base del diritto al mantenimento è a carico del richiedente. Proprio in ciò risiede l'errore commesso dalla Corte territoriale, in quanto dall'inesatta ripartizione dell'onere probatorio è poi conseguita una valutazione viziata.
Come ricordano gli Ermellini, la prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento riguarda la circostanza che il figlio abbia curato con ogni possibile impegno la sua preparazione professionale o tecnica o si sia attivato nella ricerca di un impiego, quindi il fatto che il figlio appena maggiorenne prosegua con il suo percorso di studi costituisce già da sola circostanza idonea a fondare il suo diritto al mantenimento, mentre, al contrario, per il figlio “adulto”, per via del principio di autoresponsabilità, sarà più rigorosa la prova a suo carico delle circostanze che hanno giustificato il mancato reperimento di una collocazione lavorativa autonoma.
L'obbligo del giudice di effettuare una valutazione caso per caso corrisponde alla necessità di tener conto della funzione educativa del mantenimento e di declinare il principio di autoresponsabilità rispetto alla fattispecie concreta. Il giudice del merito non può, invece, fare ricorso a considerazioni di carattere generale come le consuetudini esistenti nella nostra società ai fini dell'obbligo di “trovarsi una sistemazione” per giustificare l'interruzione del mantenimento, senza valutare la sussistenza di condizioni ulteriori presenti nel caso concreto.
Segue l'accoglimento del ricorso proposto dal padre.
Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di Pordenone, con decreto in data 14 aprile 2023, revocava l'obbligo imposto a A.A. di contribuire al mantenimento della figlia maggiorenne C.C. (nata il (omissis)) e l'assegnazione all'ex coniuge B.B. della ex casa familiare, ritenendo che la ragazza fosse autosufficiente.
2. La Corte d'Appello di Trieste, a seguito del reclamo della B.B., riteneva, invece, che l'inizio del percorso universitario solamente nel 2022 e lo svolgimento di lavori saltuari e precari costituissero elementi - soprattutto alla luce dell'età della ragazza, che non era certo elevata rispetto alle consuetudini sociali, ai fini dell'obbligo di trovarsi una sistemazione - insufficienti a far ritenere fondata la richiesta del padre, tenuto conto che comunque la figlia aveva intrapreso e proseguito con una certa regolarità il suo percorso di studi.
Aggiungeva che l'inizio, da parte di C.C., del ciclo universitario di studi non subito dopo il termine delle scuole superiori non costituiva necessariamente indice di un atteggiamento neghittoso verso le proprie responsabilità di giovane adulta, potendo essere dovuto a fattori molteplici e a difficoltà diverse anche di ordine psicologico.
Disponeva, pertanto, che il A.A. tornasse a provvedere al versamento di un contributo al mantenimento della figlia di Euro 400 mensili, oltre al 75% delle spese straordinarie, confermando l'assegnazione della casa coniugale alla reclamante.
3. A.A. ha proposto ricorso per la cassazione di tale decreto, reso in data 11 luglio 2023, prospettando quattro motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso B.B.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 380-bis 1 cod. proc. civ.
Motivi della decisione
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la nullità del provvedimento impugnato o del procedimento, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4. cod. proc. civ., a causa dell'errata e/o falsa applicazione e/o violazione degli artt. 2697 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ. e della conseguente inversione dell'onere probatorio incombente sulle parti: la corte distrettuale ha ritenuto che il resistente, nell'introdurre il giudizio volto alla modifica delle condizioni di divorzio, non avesse fornito adeguata prova del fatto che la figlia, ormai maggiorenne, aveva raggiunto l'autosufficienza economica e non meritava di vedersi riconosciuto più a lungo il diritto al mantenimento.
Questa affermazione contrasta - sostiene il ricorrente - con il principio secondo cui, nel caso si controverta sul permanere in capo al genitore dell'obbligo al mantenimento della prole ormai maggiorenne, è sul soggetto beneficiario che grava l'onere di provare la mancanza di indipendenza economica, che costituisce la precondizione del diritto preteso, e l'impegno profuso nella cura della propria preparazione tecnica o professionale, nonché nella ricerca di un'occupazione lavorativa.
4.2 Il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 148, 315-bis, 316-bis, 337-septies e 2967 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ.: la corte distrettuale ha ritenuto che l'età della ragazza ed il tardivo inizio di un percorso universitario non fossero elementi idonei a provare il venir meno del diritto al mantenimento, vieppiù alla luce delle consuetudini sociali attualmente in voga, che vedono innalzata l'età in cui un figlio deve ritenersi obbligato a trovarsi una sistemazione.
In questo modo la corte distrettuale non ha considerato - sottolinea il ricorrente - i principi di autoresponsabilità e della funzione educativa del mantenimento, in applicazione dei quali il permanere del diritto al mantenimento doveva essere negato a fronte dell'iscrizione a un corso di studi ultraliceale all'età di ventiquattro anni, cinque anni dopo la conclusione ordinaria della scuola secondaria di secondo grado, senza che risultassero dimostrate le ragioni di questa tardiva scelta e la coerenza del percorso di studi intrapreso rispetto alle aspirazioni ed alle attitudini di una giovane che, conclusi gli studi superiori, "è apparsa a lungo indugiare nell'incertezza, senza spendersi né per ultimare un percorso formativo lineare né per reperire un'occupazione lavorativa stabile" (v. pag. 12 del ricorso).
4.3 Il terzo motivo di ricorso prospetta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ., nonché, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., il ricorrere di un difetto di motivazione a causa di un errore nella valutazione del compendio probatorio: la corte distrettuale, nel valutare la condizione soggettiva della giovane, ha fatto ricorso al fatto notorio, ai sensi dell'art. 115, comma 2, cod. proc. civ., dando però un'interpretazione errata a tale concetto, che deve essere inteso in senso rigoroso, ovvero come fatto acquisito dalla collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile e incontestabile.
La circostanza secondo la quale nell'attuale società non si ritiene che una persona a venticinque anni sia obbligata a trovarsi un lavoro (il che significa dire null'altro che a tale età una persona ha diritto ad essere mantenuta dai genitori, che sono tenuti a provvedervi) non costituisce fatto notorio, in quanto un simile assunto non corrisponde alla realtà nell'attuale società.
5. I motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono fondati, nei termini che si vanno a illustrare.
5.1 È senza dubbio errata l'affermazione da cui muove la corte di merito, laddove ha sostenuto che l'onere della prova dell'autosufficienza dei figli spetta al genitore.
Infatti, la giurisprudenza della Corte è ormai uniforme nell'affermare il principio di diritto secondo cui l'onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carico del richiedente (Cass. 26875/2023).
L'inesatta ripartizione dell'onere probatorio ha inficiato la valutazione della corte territoriale, la quale ha accolto l'impugnazione in ragione dell'insufficiente assolvimento dell'onere probatorio che ha erroneamente attribuito (ritenendo che gli elementi presuntivi addotti dall'odierno ricorrente - età della figlia, inizio del percorso universitario solo nel 2022 e svolgimento di lavori saltuari e precari - non fossero idonei a far ritenere fondata la sua tesi).
5.2 La prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento (come detto a carico del richiedente) verte sulla circostanza che il figlio abbia curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica o si sia, con pari impegno, attivato nella ricerca di un lavoro: di conseguenza, se il figlio è neomaggiorenne e prosegue nell'ordinario percorso di studi superiori o universitari o di specializzazione, già questa circostanza è idonea a fondare il suo diritto al mantenimento; viceversa, per il "figlio adulto", in ragione del principio dell'autoresponsabilità, sarà particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze, oggettive ed esterne, che rendono giustificato il mancato conseguimento di un'autonoma collocazione lavorativa (Cass. 26875/2023).
Il che significa, in particolare, che, una volta raggiunta la maggiore età, si presume l'idoneità al reddito, presunzione che, per essere vinta, necessita della prova delle fattispecie che integrano il diritto al mantenimento ulteriore.
Occorre, di conseguenza, che sia provato dal richiedente il suo impegno rivolto al reperimento di un'occupazione nel mercato del lavoro e la concreta assenza di personale responsabilità nel ritardo a conseguirla (cfr. Cass. 29264/2022, Cass. 37366/2021, Cass. 17380/2020, Cass. 17183/2020).
La dimostrazione del diritto all'assegno di mantenimento sarà più gravosa man mano che l'età del figlio aumenti, sino a configurare il c.d. "figlio adulto", rispetto al quale, in ragione del principio dell'autoresponsabilità, si valuterà, caso per caso, se possa ancora pretendere di essere mantenuto, anche con riguardo alle scelte di vita fino a quel momento operate e all'impegno realmente profuso nella ricerca, prima, di una idonea qualificazione professionale e, poi, di una collocazione lavorativa.
Ciò in quanto il figlio che abbia ampiamente superato la maggiore età e non abbia reperito, pur spendendo il conseguito titolo professionale sul mercato del lavoro, un'occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, non può soddisfare l'esigenza ad una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l'attuazione dell'obbligo di mantenimento del genitore, bensì attraverso i diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito, ferma restando l'obbligazione alimentare da azionarsi nell'ambito familiare, per supplire ad ogni più essenziale esigenza di vita dell'individuo bisognoso (Cass. 29264/2022).
5.3 L'obbligo di effettuare una valutazione caso per caso, sulla base dei principi appena richiamati, corrisponde alla necessità di tenere conto della funzione educativa del mantenimento (nozione idonea a circoscrivere la portata dell'obbligo relativo, in termini sia di contenuto che di durata, avendo riguardo al tempo occorrente e mediamente necessario per l'inserimento di un giovane nella società) e di declinare il principio di autoresponsabilità rispetto alla fattispecie concreta.
Non è data, invece, al giudice di merito la possibilità di fare ricorso a considerazioni di carattere generale (quali le consuetudini esistenti nella nostra società ai fini dell'obbligo di "trovarsi una sistemazione") che facciano riferimento al criterio dell'id quod plerumque accidit piuttosto che verificare se, nel caso concreto, la presunzione di idoneità al reddito al raggiungimento della maggiore età sia superata dalla prova del ricorrere di condizioni che integrino il diritto al mantenimento ulteriore.
6. Rimane di conseguenza assorbito il quarto motivo di ricorso.
7. Il provvedimento impugnato, dunque, deve essere cassato, con rinvio alla Corte d'Appello di Trieste, la quale, nel procedere a nuovo esame della causa, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, dichiara assorbito il quarto; cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d'Appello di Trieste in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli identificativi a norma dell'art. 52 D.Lgs. 196/2003 in quanto imposto dalla legge.