Svolgimento del processo
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Napoli, in riforma della pronuncia del giudice di primo grado, ha respinto l’impugnativa di licenziamento orale proposta da YVS. nei confronti della (omissis) s.r.l.
2. La Corte territoriale ha preliminarmente ritenuto regolarmente intimato in forma scritta il licenziamento, sia in applicazione del principio di presunzione dettato dall’art. 1335 c.c. (avendo, il datore di lavoro, depositato la busta raccomandata contenente la lettera di licenziamento restituita al mittente su cui si legge la data di spedizione, 11/6/2008, la dicitura “avvisato 14/6/2008 “, nonché il timbro “non richiesto entro il termine”) sia in considerazione della tempestiva impugnazione stragiudiziale del licenziamento da parte del lavoratore (impugnazione del 28/6/2008, nel quale si fa riferimento al licenziamento ”inviato in data 11/6/2008”), circostanze sufficienti a dipanare l’incertezza derivante dall’ulteriore dicitura “sconosciuto” apposta il 5/8/2008 sulla busta raccomandata; ha, poi, ritenuto tempestiva l’impugnazione giudiziale del licenziamento da parte del lavoratore ed accertata la ragione, di carattere oggettivo, del licenziamento (riduzione delle commesse lavorative), risultando del tutto sfornito di prova il rilievo del lavoratore che ha ricondotto il licenziamento ad un infortunio sul lavoro.
3. Avverso tale sentenza il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. La società ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
4. Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia, ai sensi dell'art. 360 cod.proc.civ., primo comma, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 1335 c.c. gli artt. 53 e ss., 2106 c.c. e 18, comma 4, della legge n. 300 del 1970 avendo, la Corte di appello, erroneamente ritenuta perfezionata la fattispecie di presunzione di conoscenza della lettera di licenziamento da parte del lavoratore anche a fronte di un elemento di prova contraria rappresentato dalla dicitura “sconosciuto” apposta il 5/8/208 e della considerazione che l’impugnativa del licenziamento è stata effettuata sulla base di un modulo pre- stampato.
2. Con il secondo motivo di ricorso si denunzia, ai sensi dell'art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 5, 7 della legge n. 604 del 1966 nonché omesso esame di un fatto decisivo, avendo, la Corte di appello, trascurato che il lavoratore, nel ricorso introduttivo del giudizio aveva dedotto di aver subito un grave infortunio sul lavoro (che lo aveva costretto ad assentarsi dall’agosto al dicembre 2003, con postumi invalidanti dell’8%) ed aveva prodotto copia della denuncia di infortunio inoltrata all’Inail di Caserta.
3. Il primo motivo di ricorso non è fondato.
4. Questa Corte (Cass.n. 22295 del 2017) ha ritenuto valida l’intimazione del licenziamento inviata all’indirizzo comunicato all’azienda al momento dell’assunzione, nonostante fosse stato cambiato senza informarne il datore di lavoro, argomentando che il lavoratore ha l’obbligo di comunicare per iscritto le eventuali successive variazioni di residenza o di domicilio, rispondendo ciò, oltre che a una specifica obbligazione traente fonte dal c.c.n.l., a un principio di buona fede nel rapporto di lavoro, onde il licenziamento inviato all’indirizzo conosciuto è pienamente efficace, se effettuato entro i termini, operando la presunzione di conoscenza ex art.1335 c.c.; il medesimo principio vale anche in riferimento alla lettera di contestazione disciplinare, che si reputa conosciuta nel momento in cui perviene all’indirizzo originario del lavoratore, se quest’ultimo non abbia provveduto a comunicare il cambio di residenza (Cass., n. 20519 del 2019). Si è anche affermato che tale presunzione non opera nell’ipotesi in cui il datore di lavoro sia a conoscenza dell’allontanamento del lavoratore dal domicilio e dunque dell’impedimento dello stesso a prendere conoscenza della contestazione inviata (Cass., n. 3984 del 2015. Cass. n. 4795 del 2023).
5. La presunzione di conoscenza del quale sia contestato il suo pervenimento a destinazione, non è integrata dalla sola prova della spedizione della raccomandata, essendo necessaria, attraverso l'avviso di ricevimento o l'attestazione di compiuta giacenza, la dimostrazione del perfezionamento del procedimento notificatorio (Cass. n. 19232 del 2018 con riguardo alla lettera di licenziamento). La produzione in giudizio di un telegramma, o di una lettera raccomandata, anche in mancanza dell'avviso di ricevimento, costituisce prova certa della spedizione, attestata dall'ufficio postale attraverso la relativa ricevuta, dalla quale consegue la presunzione dell'arrivo dell'atto al destinatario e della sua conoscenza ai sensi dell'art. 1335 c.c., fondata sulle univoche e concludenti circostanze della suddetta spedizione e sull'ordinaria regolarità del servizio postale e telegrafico (Cass. n. 511 del 2019). Il giudice di merito, in caso di contestazioni, non può ritenere dimostrata l'operatività della presunzione di conoscenza di cui all'art. 1335 c.c. solo in virtù della prova dell'invio della raccomandata, ma dovrà verificare l’esito dell'invio in primo luogo sulla base delle risultanze dell'avviso di ricevimento e, comunque, valutando ogni altro mezzo di prova utile e la sua decisione non sarà sindacabile in sede di legittimità, trattandosi di un accertamento di fatto ad esso riservato (Cass. n.31845 del 2022).
6. Nel caso di specie, la Corte di appello, in conformità ai principi di diritto innanzi esposti - ha proceduto alla verifica della regolarità dell’invio della raccomandata da parte della società come attestato dai timbri e dalle sottoscrizioni degli addetti postali (posti in sequenza ed attestanti la regolare compiuta giacenza della lettera raccomandata), utilizzando - a conferma - anche altri indici probatori (in specie la lettera di impugnazione stragiudiziale del licenziamento), accertamento di fatto insindacabile in questa sede di legittimità.
7. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
8. La censura in esame è inammissibile in quanto non individua un errore di diritto ma, piuttosto, involge apprezzamenti di merito in ordine alla sussistenza del danno nella fattispecie concreta, valutazioni in quanto tali sottratti al sindacato di questa Corte.
9. La Corte territoriale, in ossequio al criterio di distribuzione dell’onere della prova dettato dall’art. 5 della legge n. 604 del 1966, ha accertato la concreta sussistenza della ragione posta a base del licenziamento (calo di commesse), ritenendo conseguentemente assolto il peso probatorio incombente sul datore di lavoro e legittimo il licenziamento, escludendo ogni profilo di ritorsività o discriminazione dovuta al dedotto infortunio sul lavoro (che non ha ritenuto sufficientemente provato).
10. Va, inoltre, rilevato che – preso atto di quanto dedotto nel ricorso per cassazione e precisato in memoria, ove si rileva la mancata riproposizione, in sede di appello, del motivo discriminatorio – questa Corte ha già avuto modo di affermare che la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, difettando di interesse al riguardo, non ha l'onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per richiamare in discussione le domande o le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, da intendersi come quelle che risultino superate o non esaminate perché assorbite ( o anche quelle esplicitamente respinte qualora l'eccezione mirava a paralizzare una domanda comunque respinta per altre ragioni ), ma è soltanto tenuta a riproporle espressamente nel giudizio di appello in modo tale da manifestare la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinunzia derivante da un comportamento omissivo ai sensi dell'art. 346 c.p.c. (cfr. Cass. n. 24021 del 2016; Cass., Sez. Un., n. 25246 del 2008, Cass. Sez, Un., n. 7700 del 2016; Cass., Sez, Un., n. 11799 del 2017; Cass. n. 13195 del 2018). Nel caso di specie, dunque, il lavoratore – trascurando di riproporre l’eccezione consistente nella illegittimità del licenziamento per motivo discriminatorio dovuto ad un infortunio sul lavoro, ha adottato, in sede di appello, un comportamento processuale interpretabile come rinunzia a detta eccezione.
11. In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.
12. Sussistono le condizioni di cui all'art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi, nonchè in Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.