Esclusa l'inammissibilità dell'appello se è certa la riferibilità di tale dato all'appellante per le notificazioni.
La Corte d'Appello, sezione penale per i minorenni, dichiarava inammissibile l'appello proposto da Tizio per violazione dell'
Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Napoli, sezione penale per i minorenni, con ordinanza del 09/05/2024, ha dichiarato inammissibile l'appello proposto da D.C.E., rilevando l'intervenuta violazione dell'art. 581 comma 1- ter, cod.proc.pen. In tal senso, la Corte di appello ha evidenziato come la mera indicazione nel corpo della procura del domicilio di fatto non potesse ritenersi valida dichiarazione di domicilio, in applicazione del principio enunciato da Sez. U, n. 41280 del 17/10/2006, C., Rv.234905-01.
2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, il D.C. E.. con un unico motivo di ricorso con il quale è stata dedotta inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 581, comma 1-ter, cod.proc.pen. e dell'art. 89 del d.lgs. n. 150 del 2022. La difesa ha sostenuto la presenza di una valida dichiarazione di domicilio, tra l'altro contenuta ed esplicitata nel corpo della procura, non considerata dalla Corte di appello in applicazione di una interpretazione del tutto formalistica e in pieno contrasto con le finalità perseguite dalla normativa violata. Si è in tal senso sottolineato, con richiamo alla giurisprudenza di legittimità, come la dichiarazione di domicilio non richieda formule sacramentali.
3. Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga rigettato.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato; ne consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Napoli, sezione per i minorenni, per l'ulteriore corso.
In tal senso, occorre evidenziare come dalla consultazione degli atti, possibile in relazione al vizio dedotto, sia emerso che nell'ambito della procura al difensore al fine di esercitare l'impugnazione con atto di appello, il genitore esercente la potestà sul minore condannato (detenuto presente in primo grado), abbia non solo esplicitamente conferito il potere per impugnare, ma anche indicato, per le finalità di cui all'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. il domicilio di fatto riferibile al ricorrente e all'evidenza al nucleo familiare dello stesso. Tale dichiarazione, direttamente proveniente dal soggetto interessato nella sua qualità e nell'interesse del minore, ricompresa in un atto allo stesso riferibile, a carattere formale, è da ritenere idonea ed efficace ai fini della previsione di cui sopra.
2. Sul tema questa Corte ha già affermato (Sez. 6, n. 43320 del 26/09/2023, Rossi) che "l'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. (introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. d), d. lgs. n. 150 del 2023 e in vigore per le impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del citato decreto) richiede, a pena di inammissibilità, il deposito, unitamente all'atto di impugnazione, della dichiarazione o dell'elezione di domicilio della parte privata, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio. Ciò emerge con evidenza già dalla lettura dell'art. 581, comma 1-ter, citato, che, per l'appunto, recita che, per non incorrere nell'inammissibilità, la dichiarazione o l'elezione di domicilio deve essere depositata "con" l'atto di impugnazione, ossia, contestualmente all'atto di appello". Si è in particolare osservato che la ratio della nuova norma deve essere identificata nella volontà di responsabilizzare la parte nella prospettiva impugnatoria, disponendo un suo onere collaborativo (che si somma a quello, eventuale richiesto dal successivo comma 1-quater in caso di giudizio definito in assenza), e, dall'altro, nell'agevolare il buon esito del procedimento di notificazione, al fine di escludere o fortemente limitare gli eventuali rimedi restitutori e rescissori del giudicato nelle fasi successive al giudizio. Ne consegue che il tema da considerare è quello relativo alla corretta individuazione della portata dell'onere imposto alla parte impugnante dall'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. Se, infatti, la finalità è quella di agevolare il buon esito del procedimento notificatorio, è evidente che l'elezione o la dichiarazione di domicilio deve essere depositata, o allegata, all'atto di appello, al momento della proposizione dell'impugnazione, onde consentire di effettuare la notificazione del decreto di citazione alla luce delle indicazioni espresse, per l'appunto, nella dichiarazione di domicilio. La riflessione ermeneutica che si impone nel caso in esame, in presenza di imputato minorenne con genitore esercente la potestà sullo stesso anche quanto ai rimedi impugnatori, è, dunque, quella relativa alla effettiva individuazione della portata e caratteristiche della dichiarazione di domicilio, con particolare riferimento alla indicazione contenuta nel corpo della procura del domicilio di fatto, rilasciata "contestualmente" all'atto di appello a fine di impugnazione.
La difesa ha correttamente osservato sul punto come al fine di ritenere integrati i presupposti del disposto di cui all'art. 581, comma 1- ter, cod. proc. pen., non sia necessario adottare formule sacramentali, emergendo con chiarezza la volontà del condannato in ordine al luogo ove ricevere la notificazione degli avvisi. La norma prevede difatti che tale dichiarazione debba essere presente, proprio al fine di rendere agile, veloce, certa, e non caratterizzata da incertezza e ambiguità, la notifica del decreto di citazione.
Nel caso concreto, dunque, occorre considerare come non ricorra un omesso deposito della dichiarazione di domicilio, né alcuna incertezza sulla riferibilità di tale dato all'appellante per le notificazioni.
Si è difatti in presenza di una procura al difensore per impugnare, atto sottoscritto, con firma autenticata, al fine di impugnare la sentenza di condanna, nell'ambito del quale viene identificato chiaramente il domicilio, sebbene con formula non sacramentale.
Risulta, dunque, pienamente rispettata la finalità e la ratio posta a base dell'art. 581, comma 1-ter, cod.proc.pen.
E, d'altra parte, occorre sottolineare che considerazioni analoghe, quanto alla non necessità di utilizzare formule sacramentali per il raggiungimento della finalità previste da disposizioni normative in tema di notificazioni, erano già emerse nell'ambito della decisione delle Sez. U Rossi (Sez. U, n. 155 del 29/09/2011, Rossi, Rv. 251500-01), sebbene con riferimento a diversa fattispecie, considerazioni che hanno poi di recente trovato riscontro ed affermazione anche in Sez. 1, n. 7098 del 15/01/2019, Diano. Ricorre nel caso in esame, dunque, un atto formale, sottoscritto dalla D.C. quale esercente la potestà sul figlio minore, nell'ambito del quale è certamente individuato il domicilio al fine di notificazione, sebbene con formula non sacramentale, atto che appare all'evidenza espressione della volontà di ricevere le notificazioni o comunicazioni presso tale domicilio; tale atto è, senza alcuna incertezza, direttamente riferibile e proveniente dal soggetto interessato (Sez.2, n. 7834 del 28/01/2020, Simone, Rv. 278247-01).
Ecco che, quindi, non sembrano rilevanti, nel caso in esame, le considerazioni espresse da Sez. 2, n. 18469 del 01/03/2022, Luongo, Rv. 283180-01. La analisi del caso concreto evidenzia come nella specie il domicilio fosse stato semplicemente "individuato" nel decreto di perquisizione, senza alcuna specifica comunicazione in tal senso proveniente direttamente dall'imputato, contrariamente al caso in esame dove la diretta provenienza e riferibilità alla parte interessata alla impugnazione emerge dalla procura rilasciata al difensore e nell'ambito della quale veniva identificato il domicilio di fatto. Diversa ancora l'ipotesi considerata di recente da Sez. 2, n. 8031 del 31/01/2024, Pirozzi, dove, seppure nell'ambito dell'atto di appello, era emersa la presenza di plurime dichiarazioni (di residenza e di domicilio di fatto) che rendevano evidentemente frustrata la finalità tipica della disciplina in esame, in mancanza di chiara identificazione del luogo ove effettuare le notifiche, mentre appare non condivisibile al Collegio la soluzione adottata per il secondo ricorrente nell'ambito di tale decisione, con richiamo alla decisione Sez. 2, n. 18469 del 01/03/2022, Luongo, Rv. 283180-01, che come già detto si riferiva ad un atto non proveniente e non direttamente riferibile al ricorrente.
Né appare risolutivo in senso ostativo, nel caso in esame, il richiamo effettuato da alcune decisioni alla pronuncia delle Sez. U, n. 41280 del 17/10/2006, C., Rv. 234905-01. Al contrario, occorre osservare che le Sezioni Unite hanno chiarito che l'art. 161 cod.proc.pen. non differenzia elezione e dichiarazione di domicilio quanto agli effetti (e nessuna disposizione del codice di rito giustifica la distinzione operata sulla base della categoria del negozio processuale). Nel caso di specie, affrontando la questione rimessa, le Sezioni Unite hanno fatto aderito all'indirizzo interpretativo minoritario, rilevando la totale assenza di giustificazione normativa per la pretesa prevalenza del domicilio eletto su quello dichiarato, (ed era questo l'oggetto della questione rimessa non richiamato nelle decisioni appena citate). Si è quindi chiarito, analizzando la portata della dichiarazione di domicilio, che la legge processuale assimila costantemente, quanto agli effetti, elezione e dichiarazione di domicilio, e la conferma della equipollenza funzionale si trae dall'art. 164 cod.proc.pen., per il quale tanto il domicilio dichiarato che quello eletto costituiscono "domicilio legale" per tutto il corso del procedimento.
È stata, inoltre, contestata la diversificazione tra elezione e dichiarazione sulla base della categoria del negozio giuridico, osservando che anche con la dichiarazione di domicilio l'imputato non si limita ad una mera manifestazione di scienza o di verità, ma opera una scelta tra i luoghi indicati nell'art. 157 cod.proc.pen. (casa di abitazione e luogo di esercizio abituale dell'attività lavorativa), e quindi compie un atto con cui esprime la volontà che le notificazioni a lui dirette siano eseguite in un determinato luogo. Le Sez. U hanno quindi osservato che l'elezione di domicilio non fornisce maggiori garanzie di efficacia delle notificazioni, dal momento che l'imputato, dichiarando un luogo specifico, attesta parimenti l'esistenza di un rapporto fiduciario con le persone che, in quel luogo, possono ricevere in sua vece gli atti. Ed ancora, hanno proseguito le Sezioni unite, il codice di rito presuppone l'esistenza di attori razionali, ed è irragionevole e pertanto dissonante da questa premessa l'affermazione che la dichiarazione di domicilio, anche eventualmente successiva a un'elezione, sia inutiliter data senza un'espressa revoca di quest'ultima.
Ci si è quindi chiesti quale senso può, infatti, attribuirsi alla dichiarazione se non quello di informare gli organi procedenti sul luogo in cui si vuole che avvengano le notificazioni. L'art. 162 cod.proc.pen., del resto, non distingue tra l'elezione e dichiarazione quanto alle forme con cui possono essere rese. Ne consegue che la comunicazione di un nuovo domicilio, sia per mezzo di una dichiarazione, sia mediante un'elezione, è una manifestazione univoca di volontà e significa che l'imputato vuole che le notificazioni vengano eseguite in quel luogo e non più in quello dichiarato o eletto in precedenza, a meno che non conservi, con esplicita dichiarazione, anche il domicilio anteriore
Ciò premesso, appare, dunque, quanto meno eccentrico rispetto al nostro sistema di garanzie che la Corte di appello possa effettivamente ignorare la dichiarazione resa dalla parte ricorrente quanto al proprio domicilio, seppure qualificato di fatto, resa nel conferire procura al difensore al fine di impugnare la decisione di condanna, così disconoscendo le competenze, facoltà, diritti, ma anche responsabilità che non solo il ricorrente in appello, ma anche il difensore, nell'espletamento del suo mandato, assume davanti alla autorità giudiziaria con il recepimento nel corpo della procura della dichiarazione di domicilio proprio al fine di realizzare la notificazione del decreto di citazione in appello.
Se, quindi, la nuova disciplina persegue il legittimo scopo di agevolare le procedure di notificazione prodromiche alla celebrazione del giudizio di impugnazione e, quindi, di ridurre la probabilità di vizi nelle notifiche e nelle comunicazioni funzionali all'instaurazione del contraddittorio (Sez. 3, n. 50322 del 30/11/2023, Guzzon, n.m.), si deve tuttavia considerare necessaria una lettura costituzionalmente orientata della previsione normativa in questione in relazione al disposto dell'art. 24 Cost., in modo che non risulti limitato irragionevolmente "il diritto di accesso" al giudizio di impugnazione, previsto dall'art. 6, par. 1, Carta EDU, "in modo tale o a tal punto che il diritto sia leso nella sua stessa sostanza" (Corte EDU, 28/10/2021, Succi e altri c. Italia, in motivazione la Corte nel valutare la compatibilità delle restrizioni con il diritto d'accesso al giudice ex art. 6 C. EDU, in continuità con plurime decisioni sul punto, si è valsa dei criteri dello "scopo legittimo" e della "proporzionalità" delle restrizioni rispetto allo stesso, elementi che devono necessariamente essere presi in considerazione anche nel caso in esame).
In tal senso, occorre ricordare che a livello sovranazionale, l'art. 14, paragrafo 5, del Patto internazionale sui diritti civili e politici, adottato a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con I. 25 ottobre 1977, n. 881, e l'art. 2 del Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984, ratificato e reso esecutivo con I. 9 aprile 1990, n. 98, prevedono il diritto a far riesaminare la decisione da una giurisdizione superiore, o di seconda istanza, a favore della persona dichiarata colpevole o condannata per un reato, sicché anche una considerazione di sistema, volta al raggiungimento di una maggiore funzionalità, rapidità ed efficienza del regime di notifica del decreto di citazione non può portare al superamento, quale conseguenza di una interpretazione strettamente letterale e non sistematica, dell'inalienabile diritto del condannato ad impugnare la decisione rivolgendosi ad una giurisdizione di seconda istanza.
Nel caso concreto, appare evidente come lo specifico richiamo al domicilio, resa dalla parte nel conferire la procura ad impugnare in adempimento del leale dovere di collaborazione tra le parti del processo, rappresenta una vera e propria allegazione, che non può essere sic et simp/iciter ignorata dalla Corte di appello, anche considerata la situazione di soggetto esercente la potestà sul ricorrente perché minore di età. Ricorre nell'ambito di tale atto, grazie alla dichiarazione allegata e sottoscritta, oltre che autenticata, un sufficiente grado di specificazione idoneo a consentire il superamento della presunzione di collegamento fra destinatario della notificazione e sua residenza anagrafica (Sez. 1, n. 33233 del 15/06/2004, Saccenti, Rv. 229919-01)
Ne consegue che, nel caso di specie, in presenza di un preciso e puntuale richiamo al proprio luogo di domicilio, si sarebbe potuta ritenere soddisfatta la condizione richiesta dalla previsione in questione o comunque si sarebbe potuta stimolare una eventuale integrazione quanto alla dichiarazione presente nella procura al difensore, al solo fine di un suo immediato riscontro, tenuto conto dell'evidente contributo in tal senso fornito dalla difesa, sempre nell'alveo dei propri doveri deontologici, che impongono un controllo puntuale circa la presenza di dichiarazione di domicilio.
Ciò anche in considerazione della decisione Succi sopra evocata, tenuto conto dei criteri guida evidenziati dello "scopo legittimo" (rapidità ed efficacia della notifica) e della "proporzionalità" delle restrizioni rispetto all'effettivo diritto di accesso al giudizio di secondo grado per il ricorrente.
In tal senso, occorre ricordare che i principi espressi dalla sentenza Succi sopra citata sono stati ampiamente recepiti anche dalle Sez. U civili, ord. N. 8950 del 18/03/2022, Rv. 664409-01, che seppure con riferimento al canone dell'autosufficienza del ricorso per cassazione, hanno evidenziato, proprio tenuto conto dei principi evidenziati dalla Corte europea, come i requisiti di accesso alla giurisdizione, seppure caratterizzati dal legislatore per le ragioni più diverse, non possano essere intesi in senso "strettamente formalistico", così pregiudicando un diritto fondamentale di chi ricorre ad una giurisdizione superiore. In altri termini, anche nel caso in esame si pone un tema strettamente collegato alla autosufficienza e specificità dell'atto di impugnazione ai fini della sua ammissibilità, che involge principi di carattere generale anche in sede penale.
Le Sez. U civili hanno evidenziato che: " .. il requisito di specificità dei motivi - è appena il caso di ricordare che tale principio, anche in relazione a recenti pronunzie della Corte di Strasburgo - menzionate nella più recente Corte edu, 28 ottobre 2021, Succi et al. c. Italia (rie. nn. 55064/11, 37781/13 e 26049/14)- non deve essere interpretato in modo troppo formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, non potendosi tradurre in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso. Orbene, non coglie nel segno l'asserita violazione del principio di autosufficienza (per cui v. Cass. 30 settembre 2015, n.19410; Cass. 8 giugno 2016, n.11738; Cass. 21 novembre 2017, n.27568; da ult. Cass. 13 marzo 2018, n.6014). Ed invero, la ricorrente ha puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all'interno delle censure, segnalando la loro presenza negli atti del giudizio svolto innanzi al Tsap. In definitiva, la ricorrente, nell'enucleare i motivi di ricorso, ha fatto specifico riferimento ai diversi atti e documenti allegati nel giudizio innanzi al Tsap, individuandoli in modo sufficientemente chiaro e nei termini in cui già erano stati richiamati nella sentenza di merito, nonché riportandone alcuni estratti."
Ciò posto, rileva il Collegio come tali approdi ermeneutici ben possano essere considerati a supporto della ricostruzione di sistema proposta in applicazione delle finalità perseguite dal legislatore, proprio al fine di evitare che un approccio del tutto formalistico, pur in presenza di una chiara dichiarazione proveniente dalla parte interessata, si risolva in una effettiva incisione del diritto all'impugnazione del ricorrente, nel pieno rispetto dei principi di carattere generale riferibili all'art. 6 della Carta EDU (Sez. 2, n. 16480 del 29/02/2024, Miraoiui, Rv. 286269-01, Sez. 2, n. 8014 del 11/01/2024, El Janati, Rv. 285936-01; Sez. 6, n. 32702 del 10/07/2024, Laianiche). In tal senso si è, ancora prima della decisione richiamata delle Sez. U civili, evidenziato che il principio di autosufficienza (che qui rileva nel configurare i requisiti di ammissibilità dell'atto di appello), che caratterizza nella sua particolare declinazione in tema di specificità, anche la previsione di cui all'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., deve essere interpretato "secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dal richiamo essenziale degli atti e dei documenti per la parte d'interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l'attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza". (Sez. 3 civile, n. 8117 del 14/03/2022, Rv. 664252-01).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Napoli, sez. minorenni, per l'ulteriore corso.