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15 dicembre 2023
Esclusa l’applicazione della nuova disciplina sul whistleblowing per il personale delle Forze armate e di polizia

Questo il parere del Consiglio di Stato in risposta alle relazioni giunte dal Ministero dell'Interno e dal Ministero della Difesa. Per il personale militare e delle Forze di polizia, dunque, è salvaguardata l'applicazione delle corrispondenti normative di settore.

La Redazione

Con il parere n. 1485 del 30 novembre 2023, il Consiglio di Stato esprime parere in merito alle relazioni pervenute dal Ministero dell'Interno e dal Ministero della Difesa circa l'applicazione della nuova normativa sul whistleblowing (introdotta dal D. Lgs. n. 24/2023) ai soggetti operanti nell'ambito delle Forze armate e di polizia.
Evidenziano infatti i due Ministeri che dall'applicazione della novella potrebbero derivare delle antinomie giuridiche suscettibili di determinare un disallineamento con gli ordinamenti suddetti nel caso in cui non si raggiunga un punto di equilibrio tra le nuove disposizioni e le esigenze legate alla particolarità dei compiti, dei doveri e delle funzioni derivanti dal rapporto di impiego del personale delle Forze armate e di polizia (ad ordinamento civile e militare).
Tra le possibili problematiche evidenziate: il rischio elevato di compromettere la funzionalità dell'Amministrazione di appartenenza, che sarebbe costretta a dover giustificare ogni successivo atto di gestione del personale, o addirittura ad astenersi dall'adottare eventuali provvedimenti di natura organizzativa, gestionale, disciplinare e cautelare, oltre alle problematiche nascenti in sede di espletamento delle funzioni di polizia giudiziaria, quando l'ufficiale o l'agente denunci fatti che riguardano l'integrità della propria Amministrazione con riguardo all'opportunità di farlo restare tra coloro che svolgono l'attività investigativa, alla violazione del segreto istruttorio e all'esercizio dei poteri dell'autorità giudiziaria in termini di assegnazione, coordinamento e direzione delle sezioni di polizia giudiziaria.

Come sottolinea il Consiglio di Stato nel parere in esame, nodo della questione è l'interpretazione dell'ambito di applicazione oggettivo della normativa sul whistleblowing, ovvero dell'art. 1 D. Lgs. n. 24/2023. Per sciogliere ogni dubbio, occorre innanzitutto richiamare le disposizioni in materia di ripetizione delle competenze tra UE e ordinamenti nazionali in materia di ordine, difesa e sicurezza pubblica, partendo dal presupposto che la politica di sicurezza e di difesa comune è parte integrante della politica estera e di sicurezza comune dell'UE. Occorre poi richiamare le definizioni che si rinvengono nell'ordinamento italiano di “sicurezza nazionale”, di “difesa nazionale” e di “ordine e sicurezza pubblica”.

ildiritto

Da tale excursus, i Giudici amministrativi evidenziano che l'art. 1 Decreto whistleblowing va interpretato in modo da non pregiudicare la responsabilità degli Stati membri di garantire la sicurezza nazionale, né il loro potere di tutelare i propri interessi essenziali di sicurezza, e ciò significa che occorre salvaguardare le singole normative di settore che non possono ritenersi incise né considerarsi recessive rispetto alle disposizioni in materia di whistleblowing, essendo la loro applicazione funzionale alla tutela, appunto, della difesa nazionale e di ordine e sicurezza pubblica, che fanno parte del più ampio genus della “sicurezza nazionale”.

Del resto, anche la Corte costituzionale si era espressa sul punto, rilevando che la regola generale è che, salvo la legge non disponga diversamente, ogni Forza di polizia o armata ha autonoma disciplina giuridica ed economica che non è comparabile con lo statuto del personale pubblico in genere.

Il parere dei Giudici è nei termini di cui sopra, restando salva la facoltà del Legislatore di migliorare la qualità della regolazione e di definire in termini più precisi il punto di equilibrio nel contemperamento tra i valori potenzialmente confliggenti e gli interessi in gioco in materia.

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