La pensione di anzianità spetta al coniuge superstite anche quando il dante causa non ne abbia fatto richiesta in vita pur avendo maturato i requisiti. Il diritto alla prestazione, infatti, era già insorto, mentre è al diritto alla corresponsione che si lega la domanda dell'interessato.
La Corte d'Appello di Milano riformava la pronuncia di primo grado ed accertava il diritto della richiedente a percepire la pensione di reversibilità del trattamento di anzianità già maturato dal marito, ritenendo che ai sensi dell'
Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Milano in riforma della sentenza del Tribunale della stessa città ha accertato il diritto di -- a percepire, a decorrere dal 1 giugno 2008, la pensione di reversibilità del trattamento di anzianità già maturato dal marito, ed ha condannato -- pagamento dei ratei maturati della prestazione e delle conseguenti differenze tra i ratei percepiti a tale data a titolo di pensione di reversibilità della pensione di invalidità del coniuge ed i ratei spettanti per la reversibilità della pensione di anzianità, oltre agli accessori dal dovuto al saldo.
1.1. Il giudice di appello ha ritenuto che a norma dell'art. 7 della legge n. 6 del 3 gennaio 1981 la pensione di reversibilità spetta al superstite anche quando il dante causa non l'aveva ancora chiesta osservando che la domanda amministrativa non è atto presupposto alla maturazione del diritto ma svolge la mera funzione di rendere possibile l'avvio del procedimento amministrativo.
1.2. Per l'effetto - avendo accertato che il marito della ricorrente era deceduto il 10.5.2008 quando aveva già maturato i requisiti per la pensione di anzianità (il 28.2.2008) - ha ritenuto che la ricorrente fosse legittimata a chiedere la prestazione di reversibilità che le poteva essere riconosciuta. Ha escluso che il mancato esercizio, in vita, dell'opzione in favore della pensione di anzianità in luogo di quella di invalidità in godimento fosse di ostacolo al diritto della ricorrente a beneficiare della prestazione più favorevole.
2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso -- affidato ad un unico articolato motivo al quale ha resistito con controricorso la signora –
Fissata per la decisione all'adunanza camerale del 28 settembre 2023, in vista della quale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative, la decisione è stata differita alla pubblica udienza odierna per la quale, di nuovo, entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione
3. Con il ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3, S e 7 della legge n. 6 del 3 gennaio 1981 e degli artt. 26, 28 e 30 dello Statuto (ante 2012) in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 c.p.c.. Inoltre, con lo stesso motivo è denunciato l'omesso esame di fatto decisivo ai sensi dell'art. 360 primo comma n. S c.p.c..
3.1. La ricorrente sostiene che, diversamente da quanto ritenuto dal giudice di appello, in giudizio era stato contestato che il coniuge della - alla data del decesso avesse raggiunto i requisiti per la pensione di anzianità e si era evidenziato che alla data del decesso dell'iscritto non era stato ancora ultimato il pagamento delle rate del riscatto degli anni di laurea. Per l'effetto il requisito dei trentacinque anni di anzianità contributiva, previsto dall'art. 26 dello Statuto per il riconoscimento della pensione di anzianità, sarebbe maturato solo dopo il decesso dell'iscritto occorso il 10 maggio 2008, nel momento in cui la moglie dell'assicurato aveva versato, il 26 agosto 2008, l'ultima rata del riscatto.
3.2. Deduce inoltre che il -- titolare di pensione di invalidità che aveva proseguito nell'esercizio dell'attività professionale - e, al compimento dell'età utile per il conseguimento della pensione di anzianità, non aveva presentato la relativa domanda amministrativa come invece avrebbe dovuto in base al disposto dell'art. 5 della legge n. 6 del 1981. Al contrario aveva accettato il ricalcolo della pensione di invalidità in godimento.
3.3. In tale complessiva situazione di fatto la Cassa ricorrente ritiene che non sarebbe possibile ritenere che alla data del decesso il diritto alla pensione di anzianità fosse già entrato nel patrimonio del-. Rammenta che, come affermato dalle sezioni unite della Cassazione con la sentenza n. 8433 del 04/05/2004, nell'ordinamento previdenziale non sarebbe configurabile un principio di immutabilità della prestazione ma neppure un diritto al suo mutamento. Conseguentemente, il -aveva sì la facoltà di chiedere il mutamento della prestazione di invalidità in prestazione di anzianità ma non l'aveva esercitata. Al contrario, nell'accettare la ricostruzione contributiva della pensione di invalidità e aderire al piano di riscatto degli anni di laurea, aveva trascurato di dedurre alcunché.
3.4. Ad avviso della ricorrente il riferimento contenuto nell'art. 7 della legge n. 6 del 1981 al trattamento "che sarebbe spettato" diverrebbe privo di rilievo nella fattispecie atteso che il de cuius nulla aveva chiesto e la moglie, erede, non poteva avanzare la domanda di pensione di anzianità in suo luogo. Erroneamente la Corte di merito, basandosi su precedenti non pertinenti (Cass. n. 2255 del 1994 e n. 22501 del 2008) avrebbe riconosciuto il diritto dell'erede alla reversibilità della pensione di anzianità in presenza di un dato letterale dell'art. 7 della legge n. 6 del 1981 che non consentirebbe al coniuge superstite, che beneficia del trattamento di reversibilità della pensione di invalidità, di agire per ottenere la diversa prestazione.
4. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
4.1. La questione sottoposta all'attenzione del Collegio è se a norma degli artt. 7 della legge n. 6 del 1981, e dell'art. 30 dello Statuto dell'- (vigente nel periodo antecedente il 2012) agli eredi dell'iscritto alla Cassa spetti il trattamento di cui, maturati i requisiti, non sia stato chiesto il riconoscimento dal de cuius con facoltà per gli eredi di avanzare la relativa domanda ed ottenerne così il riconoscimento.
4.2. È utile ricostruire il quadro normativo applicabile alla fattispecie.
4.2.1. Ai sensi dell'art. 1 della legge n. 6 del 1981 le prestazioni previste dalla norma (pensioni di vecchiaia, anzianità, inabilità e invalidità e ai superstiti di reversibilità o indirette) sono corrisposte a domanda degli a venti diritto e decorrono dal primo giorno del mese successivo alla data della sua presentazione con eccezione di quelle di vecchiaia e reversibilità che decorrono dal primo giorno del mese successivo al verificarsi dell'evento da cui nasce il diritto.
4.2.2. L'art. 5 della citata legge regola poi la pensione di invalidità (il trattamento di cui beneficiava in vita il dante causa dell'odierna parte controricorrente che è pari al 70% di quella di inabilità regolata dall'art. 4 comma 2 della stessa legge) e prevede che il pensionato che abbia proseguito l'esercizio della professione e maturato il diritto alla pensione di vecchiaia o di anzianità possa chiederne la liquidazione, ai sensi dell'art. 2, in sostituzione della pensione di invalidità.
4.2.3. Per il conseguimento della pensione di anzianità è necessario il compimento di almeno 35 anni di effettiva iscrizione e di contribuzione alla Cassa. Inoltre, per la corresponsione della prestazione è necessario che l'interessato si sia cancellato dall'albo professionale o da altro elenco di lavoratori autonomi trattandosi di prestazione incompatibile con l'iscrizione in albi o elenchi e con qualsiasi attività di lavoro dipendente tanto che la prestazione concessa è revocata al verificarsi della causa di incompatibilità ( art. 5 della legge n. 6 del 1981).
4.2.4. L'art. 7 della stessa legge detta poi le regole per la reversibilità ai superstiti delle pensioni di vecchiaia a e anzianità (i cui requisiti sono indicati agli artt. 2 e 3 ) sia con riguardo agli importi (lett. a), sia con riguardo ai soggetti (lett. b) e così anche per le pensioni di inabilità e di invalidità di cui agli articoli 4 e 5. Lo stesso art. 7 disciplina poi al comma 4 la pensione indiretta che è quella che spetta ai coniugi ed ai figli dell'iscritto defunto senza diritto a pensione, sempre che quest'ultimo abbia maturato dieci anni di iscrizione e contribuzione alla Cassa.
4.2.5. Al comma 5 del citato art. 7 si prevede che la pensione di reversibilità ed indiretta spetta solo ai superstiti di ehi sia stato iscritto alla Cassa con carattere di continuità a partire da data anteriore al compimento del quarantesimo anno di età, anche se la iscrizione era cessata al momento del decesso. Inoltre, al comma 6 si chiarisce che ai figli minori sono equiparati i figli che seguono corsi di studio, sino al compimento della durata minima legale del corso di studio seguito e comunque, nel caso di studi universitari, non oltre il compimento del ventiseiesimo anno di età.
4.3. In estrema sintesi, pertanto, la pensione di anzianità spetta all'assicurato che abbia versato 35 anni di contributi alla cassa. È un trattamento reversibile ai superstiti. È corrisposto a domanda dell' avente diritto e decorre dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda mentre la sua reversibilità decorre dal primo giorno del mese successivo al verificarsi dell'evento da cui nasce il diritto.
4.4. Occorre allora distinguere due momenti: quello dell'insorgenza del diritto alla prestazione; quello dell'insorgenza del diritto alla sua corresponsione.
4.5. È per la corresponsione della prestazione che occorre la domanda amministrativa dell'interessato. Nulla esclude però che prima della domanda sia maturato il diritto alla prestazione che pure non è stata ancora chiesta.
5. Orbene, nel caso in esame ciò di cui si discute è il diritto della signora- vedova dell'ingegnere - a conseguire la reversibilità del trattamento di anzianità spettante al coniuge che, tuttavia, pur avendone maturato i requisiti non lo aveva ancora chiesto.
5.1. A tale ultimo proposito va infatti ricordato che l'iscritto alla cassa proprio per poter raggiungere il requisito contributivo per conseguire la prestazione aveva chiesto ed ottenuto di riscattare gli anni universitari ed è incontestato che si era provveduto al pagamento delle rate (l'ultima in scadenza al tempo del decesso e pagata materialmente dalla vedova).
5.2. Ciò posto appare corretta la lettura data alle disposizioni applicabili dalla Corte territoriale.
5.3. Premesso che quello alla reversibilità è diritto proprio del coniuge superstite che lo esercita nel momento in cui se ne verificano le condizioni, va rilevato che la disposizione che ne disciplina la misura (l'art. 7 della legge n. 6 del 1981) ha quale riferimento non solo la prestazione già in godimento da parte del defunto ma anche a quella "che sarebbe spettata al medesimo". Con tale espressione deve intendersi perciò anche quel trattamento del quale l'assicurato avesse maturato i requisiti al momento del decesso pur non avendo presentato la relativa domanda (cfr. Cass. n.3745 del 2002 e n. 3247 del 1992).
6. Quanto all'omesso esame di fatto decisivo, ravvisato nel godimento da parte del- della pensione di invalidità, e con riguardo alla pretesa violazione dell'art. 5 della legge n. 6 del 1981e dell'art. 28 dello Statuto dell’ -- ante 2012 va rilevato in primo luogo che la Corte non ha affatto omesso l'esame della circostanza ed anzi ha chiarito che si tratta di fatto che non è di ostacolo al conseguimento, nel ricorso dei requisiti di legge, della reversibilità su pensione di anzianità più favorevole della quale con accertamento di fatto a lei riservato ha verificato che sussistevano i presupposti contributivi per ottenerla .
6.1. Né si può sostenere che la percezione da parte del de cuius di una prestazione ( nella specie quella di invalidità) sia d'ostacolo al diritto a conseguirne una più favorevole nel ricorso dei requisiti di legge (e dunque per l'erede di pretendere la reversibilità ditale prestazione). Diversamente non si comprenderebbe come e perché si sia potuto autorizzare il riscatto degli anni universitari proprio per il conseguimento del più elevato requisito contributivo necessario per il riconoscimento della più favorevole pensione di anzianità.
6.2. Si aggiunga poi che - ritenuta corretta è l'affermazione della Corte che ha escluso rilievo, ai fini dell'art.7 comma 2 della legge n.6 del 1981, alla domanda amministrativa del defunto - resta da esaminare il profilo attinente all'art. 5 comma 5 della stessa legge.
6.3. Con tale norma si dispone che: "Il pensionato per invalidità che abbia proseguito l'esercizio della professione e maturato il diritto alla pensione di vecchiaia o di anzianità può chiedere la liquidazione di quest'ultima ai sensi dell'articolo 2; in sostituzione della pensione di invalidità."
6.4. Anche in tale caso si deve ritenere che maturato il diritto questo entra nel patrimonio dell'assicurato e la presentazione della domanda di sostituzione costituisce esercizio della facoltà di un diritto già maturato nel patrimonio del de cuius per effetto del raggiungimento dei requisiti anagrafici e contributivi con riguardo al quale ben può il superstite - titolare iure proprio della pensione di reversibilità costituita da una quota della pensione liquidata al defunto, se era già pensionato, o della pensione che sarebbe spettata al lavoratore defunto – chiedere la liquidazione.
6.5. Va rilevato che, da un punto di vista sistematico, tale conclusione è sorretta dalla considerazione che nell'ipotesi, analoga, di conversione del trattamento di invalidità in pensione di vecchiaia, l'art.1 comma 10 della legge n.222 del 1984 dispone la trasformazione per effetto della sola maturazione dei requisiti anagrafici e di anzianità contributiva e assicurativa. I presupposti di fatto della sostituzione dei trattamenti sono i medesimi e appare al Collegio distonica ed ingiustificata sotto un profilo sistematico una differenziazione tra le due fattispecie tale da rendere la presentazione della domanda requisito costitutivo del diritto alla prestazione (come Cass. n. 7146 del 2008) e non piuttosto atto di impulso del procedimento per il suo riconoscimento (cfr. Cass. n.3745 del 2002 e n.2255 del 1994 in motivazione).
7. In conclusione la sentenza deve essere confermata. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in € 4.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.