
Svolgimento del processo
1. L’Agenzia delle entrate-Direzione provinciale di Roma, con avviso di liquidazione emesso nei confronti di R.B., recuperava, ai sensi dell’art. 1, nota II-bis, punto 4, della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986, maggiore Iva oltre interessi e sanzioni, in revoca dell’agevolazione c.d. prima casa (Iva al 4%) fruita per l’acquisto, con atto per notar Fiumara del 1° giugno 2006, in comunione pro-indiviso con il figlio M.B. (con titolarità di quote rispettivamente dell’1% in capo a R.B. e del 99% in capo a M.B.), di un fabbricato sito in Roma, Via (omissis), poi rivenduto in data 8 aprile 2008, entro un quinquennio senza riacquisto entro l’anno dall'alienazione dell'immobile acquistato con i benefici fiscali, di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.
2. Avverso il suddetto avviso, la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma, che, con sentenza n. 7752/47/2014, lo accoglieva parzialmente ritenendo che “la pretesa tributaria dovesse essere limitata alla quota parte relativa all’equivalente dell’1% dell’acquisto”.
3. Avverso la sentenza di primo grado, l’Agenzia delle entrate proponeva appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio che, con sentenza n. 743/38/2016, lo accoglieva.
4. In punto di diritto, per quanto di interesse, il giudice di appello ha osservato che: 1) l’acquisto in comunione pro-indiviso aveva consentito che i due acquirenti potessero fruire dell’agevolazione fiscale per acquisto prima casa posto che l’irrisorietà della quota interna riferita alla R.B. avrebbe precluso la stessa, trattandosi di porzione “particolarmente esigua”, inidonea a fare disporre dell’immobile come abitazione propria; 2) sotto il profilo civilistico, l’acquisto in comunione pro indiviso aveva determinato l’insorgere a carico dei comproprietari comunisti di obbligazioni solidali passive correlate all’acquisto stesso, anche di tipo restitutorio (come quella che conseguiva all’alienazione infraquinquennale del bene senza riacquisto entro l’anno), rilevando l’eventuale disparità delle quote ideali in titolarità dei comunisti soltanto a segnare, nel rapporto interno, la proporzione dei reciproci diritti in caso di adempimento da parte di uno di essi; 3) sotto il profilo della normativa fiscale, in caso di sopravvenuta decadenza dal beneficio, l’Ufficio era tenuto ad effettuare il recupero dell’agevolazione fiscale “nei confronti degli acquirenti” che avevano fruito congiuntamente del beneficio senza considerare le singole quote ideali, rilevanti soltanto nel rapporto interno; diversamente il recupero fiscale, nonostante riferito ad un bene in comproprietà indivisa, sarebbe stato impossibile ove uno dei due comunisti fosse divenuto medio tempore del tutto insolvibile.
5. Avverso la suddetta sentenza, la contribuente propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
6. Resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 1102 c.c. e dell’art. 1, nota II-bis, punto 4, della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986, per avere la CTR fondato la declaratoria di solidarietà passiva tra i comunisti nel pagamento della maggiore imposta sull’erroneo assunto secondo cui la contribuente aveva potuto usufruire dell’agevolazione fiscale per avere acquistato la propria quota dell’1% della comunione immobiliare unitamente al contestuale perfezionamento dell’acquisto da parte del figlio della residua quota del 99%; diversamente, ad avviso della ricorrente, l’art. 1102 c.c. avrebbe legittimato la contribuente ad attribuire all’immobile la destinazione di abitazione propria anche nel caso di acquisto della sola quota dell’1% della comunione e l’art. 1, nota II-bis, punto 4, della Tariffa, parte prima, allegata al TUIR, non avrebbe impedito all’acquirente di una sola quota pro indiviso della comunione di fruire parzialmente dei detti benefici fiscali.
2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione al combinato disposto degli artt. 1100 e segg. c.c. e 1294 c.c. per avere la CTR ritenuto l’insorgenza in capo alla contribuente, quale comproprietaria comunista, di obbligazioni solidali passive tra cui quelle restitutorie (del tipo di quella che consegue all’alienazione infraquinquennale del bene senza riacquisto entro l’anno) sebbene, ai sensi degli artt. 1100 e 1294 c.c., la solidarietà passiva dei comunisti potesse riferirsi alle sole obbligazioni direttamente riconducibili alla contitolarità della proprietà del bene (ad es. gli oneri condominiali, i pesi fondiari, i gravami propter rem) tra cui non erano contemplati i controversi crediti vantati dall’Amministrazione che si assumevano relativi a sanzioni contro trasferimenti di ricchezza contra legem, qualificabili, invero, come “tributi indiretti”, imputabili distintamente in capo ai singoli comproprietari in proporzione alla consistenza delle quote rispettivamente dismesse.
3. Con il terzo motivo si denuncia la violazione dell’art. 5 del d.lgs. n. 472/97 per avere la CTR ritenuto legittimo il recupero della maggiore imposta nei confronti della contribuente sebbene l’adozione di ogni meccanismo sanzionatorio in materia tributaria fosse subordinata alla imputabilità soggettiva dell’illecito contestato; in particolare, ad avviso della ricorrente, essendo la contribuente titolare di una quota ideale, pari all’1% della comunione della prima casa, e non avendo avuto alcun potere dispositivo sulla residua quota del 99% e/o sul corrispettivo conseguito dal comproprietario per la relativa cessione, alcuna decadenza e/o sanzione avrebbe potuto essere adottata in dipendenza della rivendita infraquinquennale della quota non appartenuta alla medesima.
4. Con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, nota II-bis, punto 4, della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986, per avere la CTR ritenuto la contribuente, quale acquirente pro indiviso dell’immobile poi rivenduto entro un quinquennio, solidamente responsabile dell’adempimento delle obbligazioni conseguenti alla decadenza delle agevolazioni tributarie sebbene i singoli comproprietari - procedenti congiuntamente al perfezionamento di atti di acquisto o di dismissione – dovessero essere assoggettati ai relativi effetti tributari in maniera indistinta e autonoma, in proporzione alle rispettive quote pro indiviso.
5. I motivi- da trattare congiuntamente per connessione- sono infondati.
5.1. La controversia in questione involge la questione se - a fronte dell’acquisto, con atto per notar Fiumara del 1°giugno 2006, in comune e pro-indiviso di immobile, adibito ad abitazione non di lusso, da parte della contribuente e del figlio (rispettivamente con titolarità delle rispettive quote all’1% e al 99%) e della fruizione dell’agevolazione fiscale dell’Iva al 4% - l’avvenuta decadenza del beneficio per incontestata rivendita dell’immobile infraquinquennale e mancato riacquisto, nel termine di un anno dall’alienazione, di altro immobile da adibire a propria abitazione principale, potesse produrre effetti - come sostenuto dalla ricorrente - limitatamente alla quota di comproprietà in capo alla contribuente dell’immobile agevolato, legittimando la pretesa fiscale soltanto entro tali termini, ovvero se il recupero della maggiore imposta (oltre interessi e sanzioni), potesse essere preteso – come avvenuto in forza dell’avviso in questione la cui legittimità è stata affermata nella sentenza impugnata - per intero nei confronti della contribuente, quale obbligata in via solidale.
5.2. L'art. 16, secondo comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nella formulazione vigente ratione temporis, prevede che sia pari al 4% l'aliquota dell'i.v.a. dovuta per le operazioni che hanno per oggetto i beni e i servizi elencati nell'allegata Tabella A del decreti medesimo, tra cui sono menzionate anche, alla parte II, n. 21, le case di abitazione non di lusso, in presenza delle condizioni di cui alla nota II-bis) all'art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. L'art. 1, nota II bis, primo comma, della parte prima della richiamata Tariffa individuava tali condizioni, previste per l'applicazione dell'aliquota ridotta dell'imposta di registro dovuta per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e per gli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione relativi alle stesse, nelle seguenti circostanze: che l'immobile fosse ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente aveva o avrebbe stabilito entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l'acquirente svolgeva la propria attività ovvero, se trasferito all'estero per ragioni di lavoro, in quello in cui aveva sede o esercitava l'attività il soggetto da cui dipendeva ovvero, nel caso in cui l'acquirente fosse cittadino italiano emigrato all'estero, che l'immobile fosse acquisito come prima casa sul territorio italiano (lett. a); che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiarasse di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui era situato l'immobile da acquistare (lett. b); che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiarasse di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con agevolazioni fiscali (lett. c).
5.3. Il quarto comma della richiamata nota II bis prevedeva la perdita dell'agevolazione - con obbligo del contribuente di versare le imposte non assolte nella misura ordinaria, nonché la relativa sovrattassa - (anche) in caso di trasferimento dell'immobile acquistato prima del decorso del termine di cinque anni dalla data di acquisto, a meno che, entro un anno dall'alienazione, il contribuente avesse proceduto all'acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.
5.4. Tale ultima disposizione delinea una fattispecie del tutto diversa da quella dell'accesso alle agevolazioni, stabilendo la regola della decadenza dai benefici prevista dal primo periodo dello stesso comma in presenza di determinate circostanze e, al tempo stesso, introducendo un'eccezione a tale regola nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione, proceda all’acquisto di un altro immobile da adibire a propria abitazione principale. Al fine di consentire al contribuente di evitare la decadenza dalle suddette agevolazioni sono, dunque, previste, con riferimento all'acquisto del secondo immobile, condizioni diverse rispetto a quelle stabilite, per la concessione delle agevolazioni medesime per l'acquisto del primo immobile.
In particolare, mentre il riconoscimento del beneficio è subordinato - oltre al fatto di non essere titolare di diritti di proprietà (o di diritti a tal fine assimilati) su altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare e di non essere titolare di diritti di proprietà (o diritti, assimilati) su altra abitazione acquistata con agevolazioni fiscali cd. «prima casa» - al trasferimento della residenza del contribuente nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato, il mantenimento dello stesso in caso di alienazione dell'immobile acquistato è subordinato alla più restrittiva condizione dell'acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.
5.5. Siffatta differenza di disciplina - ritenuta non irragionevole dalla Corte costituzionale (cfr. ord. del 13 febbraio 2009, n. 46) - trova giustificazione nell'intenzione del legislatore di favorire l'acquisto della casa di proprietà, tutelato anche a livello costituzionale (vedi, art. 47, secondo comma, della Cost.), anche a coloro i quali siano costretti a ripetuti trasferimenti di residenza, per le contingenti necessità della vita e, al contempo, di evitare che l'agevolazione possa assecondare intenti speculativi agevolati in virtù della semplice integrazione dei requisiti necessari a godere della agevolazione in riferimento al primo acquisto (cfr. Cass. 28 giugno 5 2016, n. 13343; Cass., ord., 30 aprile 2015, n. 8847; Cass. n. 17148 del 2018).
5.6. Questa Corte ha affermato che, in tema di agevolazioni tributarie per l’acquisto della "prima casa", la condizione che il contribuente, entro un anno dal trasferimento del bene, prima del decorso del termine di cinque anni dalla data dell'acquisto con i benefici, provveda "all'acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale" (art. 1, nota II bis, della parte prima della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131) può essere soddisfatta anche dall'acquisto non dell'intero, ma di una quota dell'immobile stesso, purché la quota sia significativa della concreta possibilità di disporre del bene per adibirlo a propria abitazione, alla stregua dei limiti all'uso della cosa comune, previsti nell'art. 1102 cod. civ.; pertanto, l'acquisto di una quota particolarmente esigua di un immobile, non comportando il potere di disporne come abitazione propria ai sensi della disposizione richiamata, rende legittima la revoca dei benefici. (Nella specie, il contribuente aveva alienato il bene entro cinque anni e riacquistato una quota pari a quattro millesimi di altro immobile, asseritamente da destinarsi a prima casa) (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13291 del 17/06/2011).
5.7. Nella specie - posto che come si evince dalla sentenza impugnata e dagli atti difensivi costituisce circostanza pacifica il fatto che la contribuente abbia fruito per intero dell’agevolazione fiscale c.d. prima casa (Iva al 4%) in relazione all’acquisto nel 2006 dell’immobile in comunione pro indiviso con il sig. M.B. (“l’immobile è stato acquistato insieme, in comunione e pro indiviso” pag. 2 della sentenza) e, ciò in applicazione del principio di diritto secondo cui “la contitolarità indivisa dei diritti sui beni tra soggetti tra loro estranei, […] è compatibile con le agevolazioni suddette, atteso che la facoltà di usare il bene comune, che non impedisca a ciascuno degli altri comunisti di "farne parimenti uso" ai sensi dell'art. 1102 cod. civ., non consente di destinare la casa comune ad abitazione di uno solo dei comproprietari, per cui la titolarità della quota è simile a quella di un immobile inidoneo a soddisfare le esigenze abitative (ex multis, Cass. sez. 6-5, n. 27001 del 2022; Cass. n. 27088 del 2022) - ai sensi dell’art. 1, nota II-bis, punto 4, della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986, “in caso […] di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici di cui al presente articolo prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, […]. Se si tratta di cessioni soggette all'imposta sul valore aggiunto, l'ufficio dell'Agenzia delle entrate presso cui sono stati registrati i relativi atti deve recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l'imposta calcolata in base all'aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall'applicazione dell'aliquota agevolata, nonche' irrogare la sanzione amministrativa, pari al 30 per cento della differenza medesima”. Con ciò il legislatore ha previsto, in caso di decadenza dell’agevolazione fiscale, un recupero della maggiore imposta risultata dovuta (oltre sanzioni) solidalmente nei confronti di ognuno degli acquirenti in comunione pro indiviso dell’immobile adito ad abitazione non di lusso e poi rivenduto entro un quinquennio senza riacquisto, entro l’anno, di altro immobile da adibire a propria abitazione principale. In particolare, in tema di benefici per l’acquisto della prima casa, la revoca dei medesimi - in caso di rivendita infraquinquennale del bene immobile acquistato con i detti benefici - comporta la responsabilità solidale dell'obbligazione tributaria ai sensi dell’art. 57, comma 1, D.P.R. n. 131 del 1986 (“sono solidalmente obbligati al pagamento dell'imposta le parti contraenti”…) in capo ad entrambi gli acquirenti in comunione pro indiviso dell’immobile (che avevano fruito, in forza di tale acquisto, per intero dell’agevolazione in questione) avendo- pacificamente (v. sentenza pag.2 e ricorso pag. 1-2)- proceduto congiuntamente alla rivendita dello stesso in data 8 aprile 2008 senza provvedere al riacquisto entro un anno di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.
5.8. Ne consegue l’enunciazione del seguente principio di diritto: « In tema di benefici per l’acquisto della prima casa, in caso di acquisto dell’immobile adibito ad abitazione non di lusso, in comunione e pro indiviso da parte di più soggetti, la decadenza dell’agevolazione ai sensi dell’art. nota II- bis, punto 4, della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986, in caso di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito dell’ immobile acquistato con i detti benefici prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del suo acquisto, comporta in capo agli acquirenti la responsabilità solidale dell'obbligazione tributaria ai sensi dell’ art. 57, comma 1, D.P.R. n. 131 del 1986, rimanendo la rilevanza delle quote ideali in capo ai comunisti soltanto sul piano del rapporto interno».
5.9. Nella sentenza impugnata la CTR si è attenuta ai suddetti principi nel ritenere che- premesso che proprio l’acquisto in comunione e pro-indiviso dell’immobile aveva consentito ai due acquirenti (la contribuente e suo figlio) di fruire dell’agevolazione fiscale per l’acquisto c.d. prima casa atteso che l’irrisorietà della quota interna riferita alla R.B. (dell’1%) avrebbe precluso il detto beneficio, trattandosi di porzione “particolarmente esigua” inidonea a fare disporre dell’immobile come abitazione propria - : 1) dal punto di vista strettamente civilistico, l’acquisto in comunione pro indiviso aveva determinato l’insorgere a carico dei comproprietari comunisti di obbligazioni solidali passive correlate all’acquisto stesso, posto l’identità delle prestazioni cui erano tenuti gli acquirenti e della fonte di obbligazioni anche restitutorie (come quella che conseguiva all’alienazione infraquinquennale del bene senza riacquisto entro l’anno ), non esclusa dalla eventuale disparità di quote ideali in capo ai comunisti, avente rilievo soltanto nel rapporto interno tra gli stessi;2) l’art. 1, nota II-bis, punto 4, della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986, in caso di sopravvenuta decadenza dal beneficio, imponeva all’Ufficio di effettuare il recupero dell’agevolazione “nei confronti degli acquirenti” che avevano fruito congiuntamente del beneficio senza dovere prestare rilievo alcuno alle singole quote solo ideali facenti parti soltanto del rapporto giuridico interno tra i due; “diversamente il recupero fiscale, nonostante riferito ad un bene in comproprietà indivisa, sarebbe destinato a restare impossibile ove uno dei due comunisti…fosse divenuto medio tempore del tutto insolvibile”.
6. In conclusione, il ricorso va rigettato.
7. La peculiarità della fattispecie e il consolidarsi della giurisprudenza di legittimità in materia successivamente alla proposizione del ricorso giustificano, ad avviso del Collegio, la compensazione delle spese del giudizio di legittimità tra le parti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità;
Dà atto, ai sensi dell'art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.