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7 febbraio 2025
Società di capitali “ristretta”: legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili
Resta salva la facoltà del contribuente di provare che i maggiori redditi accertati non sono stati distribuiti ma accantonati o reinvestiti dalla società.
di La Redazione
La Guardia di Finanza notificava a una società di capitali un processo verbale di constatazione cui faceva seguito la notifica di quattro avvisi di accertamento con i quali ne veniva rideterminato il maggior reddito per il quadriennio 2014-2017; avvisi che non venivano impugnati e diventavano così definitivi. Successivamente, il Fisco notificava ai due soci, titolari ciascuno del 50% delle quote sociali, due distinti avvisi di accertamento con cui venivano ripresi a tassazione i maggiori redditi di capitale, corrispondenti ai maggiori ricavi accertati in capo alla società e costituenti tutti distribuzione di utili extra-bilancio data la ristretta base azionaria.
 
I soci promuovevano separati ricorsi lamentando la violazione del divieto di doppia presunzione, ma la CTP, previa riunione dei gravami, li rigettava per mancata deduzione della prova contraria a loro spettante. Proposta impugnazione dai due contribuenti, la CTR riformava la sentenza di prime cure per non aver l'Amministrazione finanziaria fornito una prova rafforzata a supporto della presunta distribuzione degli utili extra-bilancio.
 
La questione giunge così davanti alla Corte di Cassazione. In tale sede, il Fisco critica la sentenza impugnata per aver la CTR aderito ad un orientamento di legittimità minoritario in materia, peraltro richiamando delle pronunce non pertinenti al caso di specie.

Con ordinanza n. 2464/2025, la Suprema Corte dichiara fondato il motivo di ricorso, aderendo all'orientamento maggioritario di legittimità secondo cui:

giurisprudenza

«nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova contraria del fatto che i maggiori redditi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti, giacché la ristrettezza della compagine societaria implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale, che fa ritenere plausibile in tutti la conoscenza degli affari sociali e la consapevolezza della esistenza di utili extra-bilancio, alla cui distribuzione è ragionevole ritenere che tutti i soci abbiano partecipato in misura conforme al loro apporto sociale».

Venendo alla fattispecie in esame, applicando il principio di cui sopra non risultano sufficienti le allegazioni difensive presentate dai contribuenti ai fini del loro onere probatorio, in quanto poggianti sugli acquisti e costi sopportati dalla società per l'intervenuto acquisto di immobili, assunti a dimostrazione della mancata distribuzione degli utili in ragione della loro mancata maturazione.
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