
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1.1. (omissis) qualificandosi socio di minoranza di (omissis) (di seguito anche solo o ''la Società''), ha promosso ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c. o, in subordine, ex art. 670 n. 1 c.p.c. nei confronti di (omissis) e del socio di maggioranza lamentando essergli stato negato il valido esercizio del diritto di opzione derivante da una delibera di azzeramento del capitale per perdite e contestuale ricostituzione (impugnata dallo stesso ricorrente in altro giudizio di merito pendente dinanzi a questo tribunale), con conseguente mancato riconoscimento dello ''status'' di socio, sì che la quota di spettanza del signor(omissis) risulterebbe oggi illegittimamente intestata a soc1.eta' che detiene fiduciariamente la maggioranza del capitale per conto degli altri soci (omissis) e (omissis) che per effetto di quanto sopra figura allo stato, ''ancorché illegittimamente'', detenere l'intero capitale sociale di (omissis).
In punto di gravità e imminenza del pericolo ex art. 700 c.p.c., il ricorrente ha allegato che l'attuale ''situazione di (apparente) non pluralità di soci rischia di: a. causare la definitiva perdita da parte del ricorrente della titolarità della quota sottoscritta che potrebbe essere ceduta a terzi in buona fede (non potendo, peraltro, la proponenda domanda giudiziale essere oggetto di pubblicità mediante iscrizione a registro imprese); b. ledere in maniera altrettanto irreparabile l'esercizio del diritto di prelazione spettante al ricorrente in forza dello statuto sociale''.
Prospettato, quindi, che il '' (solo eventuale) giudizio di merito'' sarà ''finalizzato a ottenere l'accertamento del legittimo esercizio del diritto di opzione da parte del e la condanna della Società, in persona dell'amministratore unico, a compiere tutti gli atti idonei affinché il risulti titolare della quota di capitale sottoscritta'', il ricorrente ha domandato, in principalità, la concessione di un provvedimento ex art. 700 c.p.c. ''che anticipi già da ora gli effetti della sentenza (e/o del lodo) che sarà pronunciata ali 'esito del giudizio di merito'' e, pertanto:
a) ordini a (omissis) di iscrivere nel Registro delle Imprese l'avvenuto esercizio da parte del (omissis) del proprio diritto di sottoscrizione (così come previsto dalla delibera di aumento di capitale del 9.9.24, cfr. doc. 20); (ii) di iscrivere presso il Registro delle Imprese il conseguente aggiornamento dell'elenco soci (così come previsto dalla delibera di aumento di capitale del 9.9.24, cfr. doc. 20); (iii) di porre in essere in ogni caso tutte le comunicazioni e dichiarazioni previste dalla legge a seguito della sottoscrizione della Quota da parte del sig. ivi inclusa quella di cui ali 'art. 2470, comma 5, e.e. relativa alla ricostituzione della pluralità dei soci'';
b) ordini a (omissis) di consentire ad (omissis) l'esercizio dei diritti e delle prerogative allo stesso spettanti in qualità di socio;
c) stabilisca a carico della società, ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c., una penale non inferiore a€ (omissi) nella diversa misura ritenuta di giustizia), per ogni giorno di ritardo nell'attuazione del provvedimento.
In via subordinata, il ricorrente ha chiesto al tribunale di disporre ex art. 670 n. 1 c.p.c. il sequestro giudiziario della quota di nominali € della società in sua pretesa titolarità (pari allo 1/o del capitale della Società), nominando lo stesso ricorrente custode ai sensi dell'art. 676 c.p.c. e determinando, se del caso, la relativa cauzione.
1.2.- Fissata udienza di discussione, ricorso e decreto sono stati dal ricorrente ritualmente notificati alie resistenti e (omissis).
1.3.- Solo (omissis) si è costituita in giudizio, eccependo ''in principalità'' la ''carenza di legittimazione dell'istante'' e la conseguente ''improcedibilità e/o inammissibilità'' delle avversarie domande, da pronunciarsi secondo la ''ragione più liquida'', sul rilievo che il ricorrente non sarebbe ''più socio della resistente (come comprovato anche dalla visura qui prodotta come doc. J)''; in via subordinata, la resistente ha chiesto il rigetto del ricorso, di cui ha dedotto la ''inammissibilità e/o infondatezza per assenza dei presupposti legittimanti la tutela richiesta''. In via di ulteriore subordine, la difesa resistente ha chiesto la nomina a custode della quota dello % del capitale sociale di (omissis) di quale ''stimato operatore de/i mercato meritevole, come tale, di fiducia'' (cfr. memoria difensiva , pag. 34).
1.4.- All'esito della discussione, ove le parti hanno reciprocamente replicato alle deduzioni avversarie e insistito nelle proprie difese e conclusioni, il giudice si è riservato di decidere.
2.- Va, in primo luogo, respinta l'eccezione pregiudiziale di ''difetto di legittimazione attiva'' sollevata dalla difesa resistente in relazione alla dedotta perdita della qualità di socio in capo al ri• corrente.
2.1.- Come ben chiarito dalla giurisprudenza di legittimità (seppur nella diversa ipotesi di azioni di annullamento e di nullità della deliberazione assembleare adottata ex art. 2447 o 2482-ter e.e., ma il principio, quanto al tema della legittimazione attiva, è perfettamente applicabile al caso di specie), ''in tema di operazioni sul capitale sociale, la perdita della qualità di socio in capo a chi non abbia sottoscritto la propria quota di ricostituzione del capitale sociale non incide sulla legittimazione ad esperire le azioni di annullamento e di nullità della deliberazione assembleare adottata ex art. 2447 o 2482 e.e., che rimane inalterata, in quanto sarebbe logicamente incongruo, oltre che in contrasto con il principio di cui all'art. 24, comma 1, Cost., ritenere come causa del difetto di legittimazione proprio quel fatto che l'istante assume essere ''contra legem '' e di cui vorrebbe vedere eliminati gli effetti'' (Cass. n. 26773/2019).
Nel caso in esame, la perdita della qualità di socio invocata dalla società resistente deriva solo indirettamente e mediatamente dalla deliberazione di azzeramento e ricostituzione del capitale sociale, che in diverso giudizio di merito il ricorrente ha impugnato ritenendola illegittima, pur senza domandarne, in via cautelare, la sospensione, con la conseguenza che tale deliberazione è tuttora produttiva di effetti (sul punto si tornerà infra). Avendo, comunque, il ricorrente, successivamente alla suddetta delibera, dichiarato di esercitare il proprio diritto di opzione con la sottoscrizione della minor quota di nominali € , pari allo 1/o del capitale sociale di (omissis) (cfr. comunicazione del 23.10.2024 sub doc. 22 di parte ricorrente), tale facoltà gli è stata negata dalla Società che ha ritenuto non valido siffatto esercizio del diritto di sottoscrizione (cfr. (omissis)) con la presente iniziativa cautelare: anche nella fattispecie in esame, dunque, (come nel caso oggetto della richiamata giurisprudenza di legittimità), la ''perdita'' della qualità di socio, che in tesi della resistente farebbe venir meno la legittimazione ad agire del ricorrente, è l'effetto della stessa determinazione di cui l'istante lamenta l'illegittimità e contro la quale ha reagito.
Il principio a cui s'appella la resistente, in base al quale l'azione di annullamento di una delibera societaria presuppone, quale requisito di legittimazione, la sussistenza della qualità di socio dell'attore non solo al momento della proposizione della domanda, ma anche al momento della decisione della controversia, è dunque impropriamente invocato, facendo a detto principio (solo apparente) eccezione il caso, integrato dalla fattispecie in oggetto, in cui il venir meno della qualità di socio sia diretta conseguenza della deliberazione (o determinazione) la cui legittimità egli contesta (Cass. n. 26842/2008, conf. a Cass. n. 21889/2013).
La ratio del suddetto principio è che è lo status di socio ad attribuire il potere di interloquire sul modo di essere e di operare degli organi sociali, e perciò anche, attraverso l'annullamento di quella deliberazione, il potere d'incidere sugli effetti che essa ha prodotto (o è ancora in grado di produrre) nella sfera della società e di imporre eventualmente agli amministratori di adottare i conseguenti provvedimenti, sicché il venir meno, in corso di causa, del requisito di legittimazione consistente nell'essere l'attore socio della società convenuta impedisce al giudice di pronunciare l'eventuale
annullamento della deliberazione assembleare impugnata (cfr. Cass. n. 26842/2008, cit.).
E' , nondimeno, evidente che, se l'annullamento della deliberazione può condurre al ripristino della qualità di socio dell'attore, e ciò costituisce appunto una delle ragioni per le quali la deliberazione viene impugnata, sarebbe logicamente incongruo, e si porrebbe insanabilmente in contrasto con i principi enunciati dall'art. 24 Cost., comma 1, addurre come causa del difetto di legittimazione proprio quel fatto di cui, in quanto ritenuto contra legem, l'attore vorrebbe vedere eliminati gli effetti (ibidem).
2.2.- Né può condurre a diversa soluzione il rilievo che, nel caso in esame, avrebbe cessato di essere socio di non in conseguenza della deliberazione impugnata (della cui efficacia esecutiva non ha, del resto, chiesto la sospensione), bensì per un suo successivo e volontario comportamento, adottato all'esito dell'attuazione di quella stessa deliberazione in tesi invalida, con comportamento da reputarsi contrario al divieto di ''venire contra factum proprium'' e tale da rendere ulteriormente inammissibile la presente iniziativa, avendo il ricorrente omesso di domandare tutela cautelare tipica nella sede a ciò deputata.
L'eccezione si fonda sull'assunto (errato) che ''la presente lite'' sarebbe ''volta a contrastare l'esecuzione di una delibera assembleare'' (quella del 9.9.2024 di azzeramento e contestuale ricostituzione del capitale sociale) che il ricorrente ha impugnato senza azionare il contestuale rimedio cautelare tipico dell'inibitoria ex art. 2378, secondo comma, e.e., con l'effetto di precludersi iniziative succedanee volte a conseguire impropriamente i medesimi effetti della mancata sospensione.L'obiezione non coglie, tuttavia, nel segno.
Precisato che la deliberazione di azzeramento e contestuale ricostituzione del capitale sociale - diversamente da quanto opinato dalla resistente (cfr. nota 6 a piè di pagina 1O della memoria difensiva) - non è stata da impugnata in quanto ''assunta con violazione del diritto d'opzione'', bensì in quanto approvata sull'erroneo presupposto dell'esistenza della perdita del capitale sociale, come emergente dal bilancio approvato con deliberazione anch'essa impugnata dal ricorrente, deve osservarsi che proprio la mancata inibitoria dell'efficacia esecutiva della delibera impugnata ha fatto sì che a tale decisione, produttiva di effetti, sia stata data esecuzione, mediante
l'esercizio dei diritti di sottoscrizione da essa derivanti.
E' del resto noto che ''l'annullabilità di una delibera di aumento del capitale sociale, laddove non ne sia stata disposta la sospensione dell'esecuzione ai sensi dell'art. 2378, terzo comma, e.e., non incide - ancorché ne possa derivare una modifica della composizione della maggioranza allorquando non sia stata seguita dall'integrale esercizio del diritto di opzione da parte dei vecchi soci - sulla validità delle successive deliberazioni adottate con la nuova maggioranza, poiché l'omessa adozione del provvedimento di sospensione rende legittimi gli atti esecutivi della prima deliberazione, resistendo, peraltro, tale legittimità anche al sopravvenire del suo annullamento, la cui efficacia, sebbene in linea di principio retroattiva, è pur sempre regolata dalla legge ed operante nei soli limiti da essa sanciti, tanto rivelandosi affatto coerente con le esigenze di certezza e stabilità sottese alla disciplina delle società commerciali'' (cfr. Cass. n. 26842/2013).
Invero, l'esercizio del diritto di opzione da parte del ricorrente presuppone non già la validità, ma la mera efficacia della delibera di azzeramento e contestuale ricostituzione del capitale sociale, sicché la tutela di tale diritto invocata in questa sede non contraddice l'azione di impugnazione precedentemente promossa (e, dunque, non viola il principio ''nemo potest venire contra factum proprium'' come affermato dalla resistente: cfr. memoria difensiva , pag. 11) né può ritenersi preclusa dalla mancata richiesta di sospensione della delibera presupposta.
Del resto, la ragione per la quale il ricorrente ha voluto dare parziale attuazione a detta delibera, sottoscrivendo nella misura minima comunicata in data 23.9.2024 l'aumento di capitale di (omissis) pur nella convinzione ''della palese illegittimità della delibera assembleare del 9 settembre 2024'', è dallo stesso ricorrente coerentemente esplicitata nella comunicazione di esercizio parziale del diritto di opzione, ove ha dichiarato di voler sottoscrivere una quota pari a € del capitale sociale, ''in modo da conservare una partecipazione pari allo % del capitale'', ''al solo fine di evitare di subire l'ulteriore pregiudizio di una altrettanto illegittima, seppur temporanea, esclusione dalla società nelle more dell'accertamento giudiziale dell'invalidità di tale delibera'' (cfr. doc. 22).
Ben può, pertanto, il ricorrente dolersi della illegittimità della - successiva e ulteriore -, determinazione della società di non considerare validamente esercitato da parte sua il diritto di opzione con conseguente ''Sua esclusione dalla Società'' (cfr. comunicazione di del 31.10.2024), invocando la tutela cautelare di tale diritto e perseguendo un risultato che, a ben guardare, costituisce un minus rispetto a quello astrattamente conseguibile mediante l'inibitoria della delibera presupposta.
Va, del resto, considerato che, nelle operazioni di aumento di capitale, 1' effetto modificativo del contratto sociale non si produce automaticamente con la sola deliberazione, ma con il concorso delle volontà dell'ente e dei sottoscrittori del nuovo capitale deliberato e quindi in una fase successiva e diversa da quella meramente deliberativa. Pertanto, ai fini del perfezionamento dell'operazione di aumento di capitale, la deliberazione assembleare, con la quale è stato approvato l'incremento quantitativo del capitale, è sicuramente necessaria ma non sufficiente, in quanto è pur sempre necessaria la dichiarazione di adesione dei soci (cfr. Trib. Roma 3.1.2023).
Deve, pertanto, da un lato, riconoscersi la legittimazione ad agire del ricorrente e, d'altro lato, respingersi, sotto il profilo lamentato dalla resistente, 1' eccezione di difetto di residualità e/o di strumentalità della tutela invocata.
2.3.- Del tutto inconferente ai fini di un eventuale difetto di residualità è, poi, il richiamo della difesa resistente al ''procedimento speciale ex art. 2191 c.c.", quale ''rimedio tipico esperibile ... quando un soggetto voglia contestare un 'iscrizione ... presso il Registro delle Imprese'' (cfr. memoria difensiva pag. 13).
Non occorre, si crede, illustrare in questa sede la funzione e l'efficacia delle risultanze camerali e ricordare che l'eventuale intervento del giudice del registro in caso di iscrizione avvenuta in assenza delle condizioni legali ha natura meramente amministrativa e non è idoneo a pregiudicare o precludere la tutela dei diritti. Di qui l'infondatezza anche delle deduzioni in punto di definitiva ''stabilità delle Decisioni del 09.09.2024'' per non aver il ricorrente contestato ''l'intervenuta pubblicità costitutiva ex art. 2436 e.e.... presso il Registro delle Imprese, della titolarità in capo (omissis).
3.- Superate le obiezioni preliminari sollevate dalla resistente, il fumus del diritto invocato dal ricorrente non è scalfito dalle considerazioni spese alle pagine da 12 a 23 della memoria difensiva di(omissis), che attengono a questioni del tutto estranee ali' odierno thema decidendum, dal momento che entrano nel merito della (ritenuta) infondatezza delle azioni di annullamento delle deliberazioni di approvazione del bilancio e di azzeramento e contestuale ricostituzione del capitale sociale sopra menzionate.
La difesa resistente non prende, invece, posizione sulla determinazione assunta dalla propria assistita in data 31.1O.2024 di non riconoscere come valido 1' esercizio del diritto di opzione da parte del ricorrente, vale a dire sulla questione che propriamente costituisce il merito del presente procedimento; la legittimità o meno di tale determinazione andrà, pertanto, vagliata sulla base delle sole motivazioni spese dall' a.u. di nella comunicazione in oggetto.
Deve escludersi che dette motivazioni siano idonee a legittimare l'esclusione del socio, apparendo per contro correttamente esercitato, in conformità alla delibera del 9.9.2024, il diritto di opzione da parte di (omissis).
3.1.- In tale sede, come si è visto, l'assemblea straordinaria di (omissis), con il voto favorevole di (omissis) e quello contrario di (omissis), ha approvato la situazione patrimoniale ed economica della società al 31.5.2024 (cfr. doc. 18 di parte ricorrente) e il ripianamento delle perdite ivi rappresentate (pari a€ tramite azzeramento del capitale sociale e successivo aumento dello stesso. Contestualmente, i soci di maggioranza (e, per loro, la societa' hanno esercitato il proprio diritto proporzionale di opzione sottoscrivendo la quota pari a nominali € , liberata tramite compensazione con un precedente credito da finanziamento vantato nei confronti della Società, e sottoscrivendo anche ''la residua quota di aumento pari a complessivi euro spettante al socio di minoranza dissenziente'' (quota liberata anch'essa tramite compensazione con il finanziamento appena menzionato). A tal riguardo, si è stabilito che la sottoscrizione della quota di aumento spettante al socio fosse sottoposta alla condizione risolutiva retroattiva dell'esercizio, da parte del predetto socio, del diritto di sottoscrizione allo stesso spettante sulla propria quota da esercitarsi entro trenta giorni dalla comunicazione da parte dell'organo amministrativo. Da ultimo, l'assemblea ha deliberato di ridurre il capitale così aumentato al minimo legale(€ (cfr. doc. 20 di parte ricorrente). In data 25.9.2024 l'amministratore unico di ha provveduto a inviare al socio (omissis) comunicazione con la quale, oltre ad informarlo del fatto che l'assemblea straordinaria di in data 9.9.2024, aveva deliberato la ricostituzione del capitale sociale, azzerato per perdite, a € , lo ha avvertito che avrebbe potuto esercitare il proprio diritto di opzione ex art. 2481-bis, primo comma, e.e. '' entro trenta giorni dalla data di ricevimento di questo avviso'' (cfr. doc. 21 di parte ricorrente).
Ora, con comunicazione del 23.10.2024, ha tempestivamente dichiarato di voler esercitare parzialmente il proprio diritto di opzione, sottoscrivendo una quota pari a € del capitale sociale - come visto, in modo da conservare una partecipazione pari allo % del capitale - e provvedendo al contestuale versamento di complessivi € , di cui € pro quota per copertura delle presunte (ma contestate) perdite di € ed € per sottoscrizione del capitale ricostituito, mediante compensazione parziale con il credito dallo stesso vantato nei confronti della Società a titolo di finanziamento (cfr. doc. 22 di parte ricorrente).
3.2.- In assenza di qualsivoglia limitazione legale, statutaria o assembleare, siffatto esercizio del diritto di opzione appare pienamente conforme al deliberato, risultando, per contro, illegittimo il diniego espresso dalla Società di riconoscerne la validità.
Tale diniego si basa, infatti, unicamente sulla ritenuta inammissibilità della sottoscrizione parziale e muove dall'erroneo convincimento che, trattandosi di ricostituzione del capitale azzerato, ciascun socio dovesse necessariamente partecipare al ripianamento delle perdite in proporzione all'intera quota già detenuta. Così tuttavia non è.
Se sul piano etico/economico l'argomento può apparire comprensibile, muovendo dall'assunto che solo una proporzionata condivisione della perdita realizzata consenta di ripartire con il comune progetto, sul piano delle regole che disciplinano le società di capitali tale ragionamento si scontra con la (nota e ovvia) assenza di un obbligo che imponga al socio di minoranza di rispondere di perdite oltre alla quota corrispondente al capitale di rischio investito (quanto al €).
Le operazioni sul capitale sono state, nella specie, deliberate a norma dell'art. 2482-ter e.e., meccanismo che ha previsto l'azzeramento e contestuale ricostituzione del capitale sociale, in vista della sua successiva riduzione al minimo legale, al fine di coprire la perdita residua registrata nell'esercizio. Come evidenziato dallo stesso a.u. di nella comunicazione del 31.10.2024, ''la necessità di coprire integralmente il deliberato aumento di capitale sociale'' è stata assicurata dalla sottoscrizione, da parte del socio di maggioranza , ''contestualmente alla sottoscrizione e liberazione della'' quota di aumento di sua spettanza, ''altresì'' della ''residua quota di aumento pari a complessivi Euro ( ...) spettante al socio dissenziente signor ... mediante ulteriore compensazione parziale del credito che la stessa vanta nei confronti della società in forza del finanziamento in narrativo indicato dal Presidente'' (cfr. doc. 24 di parte ricorrente).
Poiché, dunque, nessuna norma di legge o di statuto, e nemmeno la delibera di aumento, impediva al socio di minoranza di sottoscrivere solo parzialmente l'aumento di capitale, partecipando al ripianamento della perdita registrata nei limiti del capitale di rischio inizialmente sottoscritto, e poiché per il socio di s.r.l. non vi è obbligo di rispondere per perdite eccedenti il capitale investito (in conformità ai più basilari principi della responsabilità limitata nelle società di capitali), il rifiuto di ritenere validamente esercitata l'opzione in misura parziale, con partecipazione alla ricostituzione del capitale in misura proporzionale, appare illegittimo.
Del resto, che il sacrificio inerente la ricostituzione sia stato dal proporzionalmente
sopportato appare evidente sul piano economico, avendo egli versato la maggior somma di € (di cui € destinati pro quota per copertura perdite) al fine di conseguire la nuova esigua quota di €
3.3.- La facoltà di esercizio parziale del diritto di opzione, pacificamente riconosciuta in giurisprudenza e dottrina, appare conforme allo stesso dettato dell'art. 2481-bis e.e. con cui il legislatore ha disciplinato l'aumento di capitale a pagamento nella società a responsabilità limitata.
Posto che il diritto di sottoscrizione consiste nella facoltà di aderire alla decisione di aumento di capitale, alle condizioni e nei termini stabiliti dalla decisione medesima (termini che non possono comunque essere inferiori ai trenta giorni stabiliti dalla norma), il secondo comma dell'articolo in commento contempla la possibilità che la deliberazione consenta che ''la parte dell'aumento di capitale non sottoscritto da uno o più soci sia sottoscritto dagli altri soci o da terzi''.
Nella duplice accezione in cui può essere intesa tale formulazione, è contenuta la possibilità che la quota proporzionale di aumento sia sottoscritta dal singolo socio solo in ''parte'' rispetto all'intera quota spettante, con conseguente facoltà per gli altri membri della compagine sociale di sottoscrivere l'inoptato e veder proporzionalmente crescere la propria partecipazione (almeno nella misura necessaria al raggiungimento del minimo legale).
E' quanto accaduto nel caso in esame, ove, come consentito dalla delibera, ha sottoscritto l'intero aumento di capitale, sottoponendo la sottoscrizione relativa alla quota di aumento spettante al socio alla condizione risolutiva dell'esercizio dell'opzione da parte dello stesso.
Impedire la sottoscrizione parziale significherebbe obbligare i soci a mantenere inalterata la misura della loro originaria partecipazione, e ciò anche quando la loro volontà fosse eventualmente diversa, vincolo che mal si concilierebbe con il principio di autonomia contrattuale, in assenza di un superiore interesse meritevole di tutela.
3.4.- Deve, dunque, concludersi che il diritto del socio riconosciuto dall'art. 2481-bis e.e. di sottoscrivere l'aumento di capitale in proporzione alla partecipazione dallo stesso posseduta comprenda anche la facoltà di sottoscrivere solo parzialmente la quota di aumento al medesimo riservata.
Tale diritto risulta leso dalla determinazione assunta dalla società in data 31.10.2024, con conseguente sussistenza delf umus della domanda di accertamento prospettata dal ricorrente.
4.- Venendo alle conseguenti richieste cautelari, ritiene il tribunale che, in riferimento ai provvedimenti ex art. 700 c.p.c. invocati dal ricorrente, difetti in concreto il requisito della residualità in rapporto alla misura del sequestro giudiziario, oggetto di domanda subordinata.
4.1.- Se astrattamente è lecito sostenere che il provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. consente di ottenere, nella materia in esame, ''qualcosa in più e di diverso'' dal sequestro giudiziario, giacché, mentre con la tutela anticipata degli effetti restitutori ex art. 700 c.p.c. ci si assicura la pronta disponibilità della partecipazione societaria e di conseguenza il pieno esercizio dei diritti connessi (patrimoniali ed economici), il sequestro giudiziario ex art. 670 c.p.c. assolve la funzione cautelare limitata alla mera conservazione statica del bene, con esercizio dei diritti connessi alla partecipazione da parte di un custode giudiziario, è altresì innegabile, in riferimento al caso concreto, che l'esiguità della quota di cui sussiste il fumus di titolarità in capo al ricorrente 1/o) non gli attribuirebbe, in ogni caso, diritti di natura patrimoniale e amministrativa in misura significativa, sì da considerare la consegna a sue mani migliorativa rispetto all'esercizio dei diritti di partecipazione da parte del custode.
Né i termini e il contenuto dell'ipotetico risultato migliorativo della piena disponibilità della quota rispetto alla custodia giudiziaria sono stati specificati dalla difesa ricorrente che, sul punto, si è limitata a offrire un argomento solo astrattamente suggestivo.
4.2.- Per le medesime ragioni appena evidenziate, in riferimento al provvedimento ex art. 700 c.p.c., dovrebbe altresì negarsi la sussistenza del periculum in mora rappresentato da un pregiudizio grave e imminente altrimenti inevitabile: se, infatti, esso consiste (come allegato dal ricorrente) nella possibilità che venga ceduta a terzi in buona fede la quota di partecipazione a lui spettante (o vengano su di essa costituiti diritti reali) ovvero che venga pregiudicata l'attuazione del diritto di prelazione ex art. 9.2 dello statuto sociale, la misura del sequestro appare mezzo idoneo a evitare tali pericoli.
4.3.- Quanto al possibile esercizio del diritto di controllo ex art. 2476, secondo comma, e.e. e dell'azione di responsabilità nei confronti dell'amministratore di , il pregiudizi o appare, allo stato, solo teorico, non avendo il ricorrente segnalato azioni od omissioni dell'organo amministrativo tali da integrare i presupposti di fatto per il possibile avvio delle suddette iniziative (comunque spettanti al custode).
5.- Respinta, pertanto, la richiesta di provvedimento ex art. 700 c.p.c., va accolta la domanda subordinata di sequestro, sussistendo, al riguardo, oltre al fumus boni iuris dell'esistenza di una controversia sulla proprietà della partecipazione contesa, altresì il periculum in mora, nell'accezione attenuata propria di tale misura, consistente, a tenore dell'art. 670 n. 1 c.p.c., nella opportunità di provvedere alla custodia o gestione temporanea del bene.
E' noto che il giudizio prognostico ex ante circa la possibilità di un danno derivante dalla situazione di contesa che rende ''opportuna'' la custodia temporanea del bene è inscindibilmente correlato alla valutazione del Jumus, secondo un rapporto che è stato definito di inversa proporzionalità, tale per cui, tanto più consistente è ilfumus della non coincidenza tra la situazione di fatto e quella di diritto, tanto minori dovrebbero essere le ragioni di resistenza alla concessione della cautela.
Fermo quanto sopra, nel caso in esame la possibilità che la quota contesa sia, nelle more del giudizio di merito, alienata a terzi dall'attuale formale titolare (nonché socio unico) appare sufficiente a integrare il periculum in mora richiesto dalla norma.
7.- Entrambe le parti hanno chiesto, nell'ipotesi di concessione del sequestro giudiziario, di essere nominate custodi della quota.
E' evidente che, sino alla definizione della causa di merito ove sarà accertato l'effettivo titolare della
quota, la nomina di un terzo professionista indipendente è soluzione da privilegiare al fine di non alterare il rapporto tra le diverse posizioni delle parti e garantire la finalità strettamente conservativa della cautela.
8.- Le spese del presente giudizio cautelare saranno liquidate all'esito del giudizio di merito, da instaurarsi nel termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione della presente ordinanza.
P.Q.M.
visti gli artt. 669-bis, 669-ter, 669-octies e 670 n. 1 e 676 c.p.c.,
respinte le ulteriori richieste cautelari, autorizza il sequestro giudiziario della quota di nominali € (omissis) della società (pari allo (omissis)% del capitale della stessa), nominando custode della partecipazione il dott. (omissis), con studio in (omissis), al quale attribuisce tutti i diritti anche di natura amministrativa inerenti la suddetta partecipazione.