
Il TAR respinge il ricorso con cui il Codacons sollevava dubbi di legittimità costituzionale delle nuove disposizioni che regolano il primo incontro di mediazione.
Con sentenza n. 5489 del 17 marzo 2025, il TAR Lazio rigetta il ricorso con cui il Codacons contestava il
Nello specifico, il Codacons lamenta che «già all'atto del deposito della domanda di mediazione o dell'adesione, la parte, deve pagare, oltre alle spese vive documentate, un'indennità corrispondente sia alle spese di avvio del procedimento sia alle spese di mediazione per lo svolgimento del primo incontro».
Inoltre, secondo il ricorrente, il decreto gravato avrebbe previsto un sensibile incremento dei costi complessivi che le parti devono sostenere per la mediazione obbligatoria, oltre ad una più gravosa disciplina dell'istituto del gratuito patrocinio.
Per questo motivo, tali innovative previsioni sono state tacciate di illegittimità dall'esponente, siccome pregiudizievoli degli interessi dei cittadini e violative del diritto di accesso alla giustizia costituzionalmente garantito dall'
Secondo il TAR, «le misure adottate dal legislatore sono funzionali a rafforzare e rendere effettivo il tentativo di mediazione e sono in linea con una concezione seria dell'istituto che in passato troppo spesso è stato praticato come una vuota formalità».
Il fatto che l'istituto sia stato reso più efficace, prosegue il Tribunale, «lungi dall'atteggiarsi a ostacolo al diritto di difesa, disvela il giusto intento di rendere la mediazione non un mero (inutile) passaggio procedimentale, ma un momento dialettico serio e ponderato tra le parti contendenti, nell'ambito del quale queste ultime possono trovare un accordo, senza che sia preclusa la strada giudiziale».
In tale ottica la previsione della corresponsione delle spese di mediazione per lo svolgimento del primo incontro di mediazione persegue proprio il ridetto fine di assicurare l'effettività e l'utilità dell'istituto: il versamento del costo della mediazione responsabilizzale parti rispetto all'utilità dell'incontro e consente loro, in caso di esito positivo, di definire la controversia, non esponendosi al pagamento dei costi ben più alti che comporta l'instaurazione di un processo.
Inoltre, la proporzionalità della misura è assicurata dal fatto che le spese in rilievo sono parametrate al valore della controversia e sono diminuite quando la mediazione è condizione di procedibilità o è imposta dal giudice. In più, in presenza dei presupposti di cui all'art. 15-bis D.Lgs. n. 148/2010, viene assicurato il patrocinio a spese dello Stato per la parte non abbiente per l'assistenza dell'avvocato nel procedimento di mediazione.
Per questi motivi, il TAR intende disattendere le censura mosse dalla parte ricorrente relative alla gravosità dei costi di mediazione, con riveniente pregiudizio del principio di uguaglianza (tra cittadini con maggiori e minori capacità economiche) e del diritto di difesa.
TAR Lazio, sez. I, sentenza (ud. 8 gennaio 2025) 17 marzo 2025, n. 5489
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1.Parte ricorrente ha impugnato in parte qua il decreto del Ministero della Giustizia 24 ottobre 2023, n.150, con cui è stato approvato il regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell'elenco degli enti di formazione, nonché l'approvazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 e l'istituzione dell'elenco degli organismi ADR deputati a gestire le controversie nazionali e transfrontaliere, nonché il procedimento per l'iscrizione degli organismi ADR ai sensi dell'articolo 141-decies del d. lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (Codice del Consumo), a norma dell'articolo 7 della legge 29 luglio 2003 n.229.
In particolare, parte ricorrente ha contestato il decreto ministeriale nella parte in cui è stata introdotta la disciplina dei costi della mediazione gravanti sulle parti.
Parte istante assume, innovando rispetto al precedente sistema, che prevedeva una prima fase filtro della mediazione che, in caso di opt out ad opera anche di una sola delle parti, era totalmente gratuita (contestualmente soddisfacendo la condizione di procedibilità prevista dall’articolo 5 comma 2 bis del d.lgs.28/2010), il d.lgs. 149 N. 00364/2024 REG.RIC.
2022 (articolo 7) ha soppresso il consenso ad entrare in mediazione prevedendo l'operatività già nel corso del primo incontro dell'obbligo del mediatore di tentare il aggiungimento dell'accordo di conciliazione. Il Codacons lamenta che, già all'atto del deposito della domanda di mediazione o dell'adesione, la parte, col nuovo sistema, dovrà pagare, oltre alle spese vive documentate, un’indennità corrispondente sia alle spese di avvio del procedimento che alle spese di mediazione per lo svolgimento del primo incontro (prevedendosi, ex articolo 17 comma 4, che il regolamento dell’organismo possa contemplare ulteriori somme per il caso di conclusione dell’accordo di conciliazione o per gli incontri successivi).
Inoltre, lamenta l’associazione istante, il decreto gravato, integrando la disciplina precedente, avrebbe previsto un sensibile incremento dei costi complessivi che le parti devono sostenere per la mediazione obbligatoria, come dettagliatamente esposti in atti, oltre ad una più gravosa disciplina dell’istituto del gratuito patrocinio.
Tali innovative previsioni sono state tacciate di illegittimità dall’esponente, siccome pregiudizievoli degli interessi dei cittadini e violative del diritto di accesso alla giustizia costituzionalmente garantito dall'articolo 24 della Carta Costituzionale, nonché dalle norme sovranazionali indicate in ricorso. L’ente istante ha denunciato l’illegittimità costituzionale delle pertinenti disposizioni indicate in ricorso e, di risulta, l’illegittimità derivata del decreto ministeriale gravato, di cui ha chiesto l’annullamento, previo eventuale rinvio pregiudiziale alla CGUE nei sensi esposti nell’ultimo motivo di gravame.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero della Giustizia il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, ampiamente argomentando nel senso dell’infondatezza del gravame.
Sono intervenute in causa, sia ad opponendum sia ad adiuvandum, le altre parti nominate in epigrafe. L’affare è stato chiamato all’udienza pubblica dell’8 gennaio 2025 e ivi trattenuto in decisione.
2. Il ricorso non può essere accolto.
Rileva il Collegio come le previsioni normative contestate sia coerenti con lo spirito della riforma della mediazione ed immuni da vizi di incostituzionalità, siccome improntate ad un generale rafforzamento dell’istituto e, correlativamente, della professionalità dei mediatori.
Invero, già dall’articolo 1, comma 4, lett. l) della ridetta legge 206/2021 emerge la finalità della nuova disciplina, incentrata su una generale elevazione della formazione e del profilo culturale dei mediatori, in quanto strumenti divenuti indispensabili per fini deflativi e di buon funzionamento del “sistema giustizia”.
La legge delega contiene molti indici che confermano il doveroso rafforzamento della professionalità dei mediatori e del funzionamento dell’istituto, che, da inutile step procedimentale per accedere alla fase giudiziaria, deve divenire, nell’ottica del legislatore, effettivo strumento di composizione e ausilio delle controversie private.
Tra i detti indici, vanno annoverati la ribadita obbligatorietà della mediazione quale condizione per l’esperimento della domanda giudiziale e, contestualmente, il sensibile ampliamento dei casi obbligatori, tra cui figurano controversie di maggiore indubbia complessità rispetto al passato.
Si aggiunga il nuovo previsto collegamento tra l’attività istruttoria che si svolge davanti al mediatore e l’eventuale fase processuale (in caso di mancato raggiungimento dell’accordo), circostanza che impone una maggiore qualificazione del mediatore, in ragione dei riflessi che l’attività svolta dinanzi a lui può avere sulla fase giudiziale. Senza contare il cospicuo investimento di risorse pubbliche a sostegno della riforma che punta sulla qualità maggiore del servizio.
3. Ciò premesso, deve in primis, essere respinta la censura, con cui parte istante ha dedotto la violazione della direttiva 2008/52/CE e dell’articolo 47 della Carta di Nizza, posto che non risulta in alcun modo impedito alle parti processuali il diritto di accesso al sistema giudiziario. Il ricorso al giudice è sempre consentito per determinate tipologie di provvedimenti e la stessa mediazione si atteggia quale condizione di procedibilità condizionata alla conclusione del primo incontro di mediazione.
Il fatto che l’istituto sia stato reso più efficace, lungi dall’atteggiarsi a ostacolo al diritto di difesa, disvela il giusto intento di rendere la mediazione non un mero (inutile) passaggio procedimentale, ma un momento dialettico serio e ponderato tra le parti contendenti, nell’ambito del quale queste ultime possono trovare un accordo, senza che sia preclusa la strada giudiziale.
In tale ottica la previsione della corresponsione delle spese di mediazione per lo svolgimento del primo incontro di mediazione (in aggiunta al costo di avvio della procedura e indipendentemente dal raggiungimento dell’accordo) persegue proprio il ridetto fine di assicurare l’effettività e l’utilità dell’istituto.
Infatti, come dedotto in modo condivisibile dalla difesa erariale con osservazione plausibile sia dal punto di vista giuridico che dal punto di vista della logica comune, il versamento del costo della mediazione responsabilizza le parti rispetto all’utilità dell’incontro e consente loro, in caso di esito positivo, di definire la controversia, non esponendosi al pagamento dei costi ben più alti che comporta l’instaurazione di un processo.
Per altro la proporzionalità della misura è assicurata dal fatto che le spese in rilievo sono parametrate al valore della controversia e sono diminuite quando la mediazione è condizione di procedibilità o è imposta dal giudice. Parallelamente viene assicurato in ogni caso il patrocinio a spese dello Stato per la parte non abbiente per l’assistenza dell’avvocato nel procedimento di mediazione, in presenza dei presupposti di cui all’articolo 15-bis del d. lgs. n.148 del 2010.
Osserva il Collegio che la conformità alla richiamata normativa comunitaria deriva anche dal fatto che, nella sostanza, il d. lgs. 10 ottobre 2022 n.149 (attuativo della legge delega e in conformità al criterio di delega previsto dall’articolo 1, comma 4, lett.c della legge 26 novembre 2011 n.206, che domandava al delegato di estendere le materie della mediazione obbligatoria) ha conservato l’impianto complessivo del sistema della mediazione, come configurato dal d. lgs. n.28/2010. Solo che l’istituto è stato implementato, per mezzo dell’aumento delle tipologie di controversie, il rafforzamento professionale dei professionisti e, inoltre, considerando assolta la condizione di procedibilità con la conclusione del primo incontro senza accordo di conciliazione.
Si tratta di misure proporzionate ed in linea con una concezione seria dell’istituto, il quale, in passato, troppo spesso è stata una vuota formalità che le parti contendenti (senza alcuno stimolo conciliativo e senza che vi fosse alcuna utilità per la successiva fase giudiziale) erano costrette a percorrere.
4. Il Collegio reputa di disattendere anche la censura di illegittimità costituzionale dell’articolo 5 del d.lgs. n. 28/2010 (come sostituito dall’articolo 7, comma 1, lett. d, del d.lgs. n.149/2022), e di risulta di illegittimità derivata del decreto ministeriale gravato.
Parte ricorrente si duole della gravosità dei costi di mediazione, con riveniente
pregiudizio del principio di uguaglianza (tra cittadini con maggiori e minori capacità economiche) e del diritto di difesa.
Si osserva, a conferma della ragionevolezza della previsione de qua, che l’articolo 1, comma 4, lett. a) della legge n.206/2021 attribuiva espressamente al legislatore delegato il compito di riformare la disciplina delle spese di avvio della procedura di mediazione e delle indennità spettanti agli organismi di mediazione (come detto riqualificati nel senso di una maggiore professionalità della preparazione giuridica).
È stato così introdotto il nuovo testo dell’articolo 17 del d.lgs. n. 28/2010, il cui comma 5 prevede che con decreto del Ministro della Giustizia fossero determinati gli importi a titolo di indennità per le spese di avvio e per le spese di mediazione per il primo incontro.
Dunque, nell’ottica di rafforzare la qualità e l’effettività dell’istituto, è stato riformato il regime previgente, mediante la previsione del diritto degli organismi di percepire dalle parti un’indennità per le spese di avvio e per le spese del primo incontro.
Quest’ultimo non è più gratuito e meramente informativo, ma rappresenta un momento essenziale in cui le parti sono realmente in grado di definire le posizioni convergenti.
Conferma dell’importanza di tale step procedimentale è data dal fatto che i medesimi organismi hanno l’obbligo di porre a disposizione delle parti un mediatore che svolga le attività descritte dal comma 6 dell’articolo 8 del ridetto decreto legislativo.
È certo infatti, giova ribadire, che uno dei motivi per cui il vecchio istituto non funzionava e si risolveva in un passaggio meramente formale per l’accesso alla fase giudiziale, fosse proprio la gratuità del primo incontro e la natura, per così dire “anodina” e meramente formale della convocazione, in occasione della quale il mediatore semplicemente spiegava il funzionamento della procedura di giustizia consensuale, di regola senza entrare nel merito della conflitto esistente tra le parti contrapposte.
Ed allora la riforma delle spese di avvio della procedura si inserisce esattamente nelle ricordate finalità di implementazione dell’istituto in termini di effettività e di efficacia, specie quando il suo avvio è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Ne risulta che in modo del tutto coerente, coloro che, obbligatoriamente o volontariamente, accedono alla mediazione sono tenuti a versare all’organismo di mediazione l’indennità per i costi del primo incontro (voce composta da spese di avvio e spese di attività di mediazione).
Tanto consente di disattendere anche la censura con cui parte ricorrente denuncia la gravosità dei costi, che ostacolerebbe l’accesso alla giustizia negata limitazione obbligatoria.
Si aggiunga che l’articolo 20, commi 1, 2 e 3 del d.lgs. n. 28/2010 prevedono il riconoscimento, in favore delle parti, di un credito d’imposta commisurato all’entità dell’indennità corrisposta all’organismo di mediazione e, nei casi obbligatori, anche di un credito d’imposta per il compenso corrisposto all’avvocato. Inoltre, in caso di raggiungimento di un accordo di conciliazione, alla parte che lo ha versato, viene riconosciuto un ulteriore credito d’imposta commisurato all’importo del contributo unificato versato per la instaurazione del giudizio dichiarato estinto. Il D.M. 1° agosto 2023, in attuazione delle sopra citate norme primarie, ha disciplinato le modalità con cui le parti, mediante apposita piattaforma informatica, possono presentare la domanda di riconoscimento del beneficio fiscale.
La congruità dei costi introdotti dal nuovo sistema deve dunque essere vagliata alla luce di quanto sopra, per il tramite di una regolamentazione che compensa l’esborso affrontato per accedere alla procedura di mediazione. Il rimborso, sotto forma di credito d’imposta, è garantito da idonee coperture finanziarie, autorizzate dalla Ragioneria Generale dello Stato di concerto con il Ministero delle Finanze, tal ché il Ministero della Giustizia dispone, presso i Dipartimenti competenti, dei relativi stanziamenti (come risulta dalla legge di bilancio per il 2024).
Sempre sotto il profilo della proporzione della quantificazione dei costi, deve anche ricordarsi come i vecchi importi previsti dal precedente decreto ministeriale non erano mai stati aggiornati e che la quantificazione delle spese per la mediazione è proporzionate al valore della lite, prevedendosi tre scaglioni per consentire alle fasce di valore meno alto di avere costi più bassi.
La modulazione del pagamento dei costi di mediazione è infine assicurata dal fatto che, in caso di mancato raggiungimento dell’accordo, non è dovuto alcun altro importo a titolo di spese di mediazione, mentre, per converso, la previsione di un esborso per le spese di mediazione in caso di raggiungimento dell’accordo è in linea con il sistema previgente che, in virtù del consenso prestato dalle parti, prevedeva che venissero pagate (oltre a quelle del primo incontro) le attività necessarie per la conclusione dell’accordo. In caso poi di mediazione obbligatoria, l’articolo 28, comma 8 contempla una ulteriore riduzione dei costi.
La scelta del legislatore della riforma risulta dunque ragionevole e altrettànte considerazioni vanno fatte per il decreto gravato.
5. Con ulteriore censura, parte ricorrente ha dedotto l’illegittimità costituzionale dell’articolo 15-bis del d.lgs. n. 28/2010, come inserito dall’articolo 7, comma 1, lett.t) del d.lgs. 149/2022, nella parte in cui subordina il gratuito patrocinio alla condizione che sia raggiunto l’accordo di conciliazione. Anche tale doglianza deve essere respinta.
Deve ricordarsi come la disciplina del patrocinio a spese dello Stato è contenuta, per quanto riguarda l’istituto di cui si verte, negli articoli da 15-bis a 15-undecies Capo II del d.lgs. 4 marzo 2010 n.28. Tale disciplina speciale è coerente, per quanto concerne i requisiti reddituali necessari per accedere al beneficio, con il DPR 115/2002 in materia di spese di giustizia.
La disciplina per l’ammissione al gratuito patrocinio è invece diversa rispetto al ridetto Testo Unico, così come diversa è la regolamentazione della liquidazione del compenso all’avvocato o della scelta di usufruire del credito fiscale.
Sul punto si rileva come, nella materia in esame, l’assistenza legale obbligatoria nei casi in cui l’esperimento della mediazione è condizione di procedibilità discende dall’articolo 5, comma 1, del citato decreto. Tale scelta legislativa è stata confermata dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 10 del 2022), opportunamente richiamata dalla difesa erariale. Ne consegue che l’assistenza legale obbligatoria in mediazione è del tutto legittima, anche dopo la riforma, nei casi in cui l’esperimento della mediazione costituisca condizione di procedibilità della domanda e proprio in ragione dell’importanza della fase, che impone una dialettica informata e garantita dalla presenza dell’avvocato.
Al di là di tali ipotesi, le parti non sono vincolate e possono partecipare anche senza l’assistenza di un professionista alla procedura di risoluzione alternativa delle controversie.
La parte non abbiente è ammessa al patrocinio per svolgere la mediazione alle stesse condizioni delle quali si gioverebbe in caso di giudizio. Inoltre, deve anche precisarsi come l’accesso al beneficio non è condizionato al raggiungimento dell’accordo, in quanto tale esito è solo condizione per l’accesso, da parte dell’avvocato che ha prestato assistenza, alla speciale liquidazione o trasformazione in credito d’imposta come previsto dall’articolo 15 octies.
In ogni caso, il sistema consente sempre, in caso di mancato raggiungimento della conciliazione, una volta esperita la procedura di mediazione obbligatoria e dunque soddisfatto la condizione di procedibilità, che la parte interessata possa agire giudizialmente e, in quella sede, all’esito del giudizio, chiedere in via ordinaria la liquidazione dell’assistenza offerta dall’avvocato. Nei casi poi di mediazione demandata dal giudice, la parte non abbiente, in quanto parte del giudizio, già può usufruire del beneficio de quo in via ordinaria.
A riprova della ragionevolezza del sistema, va soggiunto che, nei casi di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda, ai sensi dell’articolo 15-septies comma 2, la medesima parte è esentata dal pagamento delle indennità previste dall’articolo 17, commi 3 e 4 del sopracitato decreto legislativo.
Ne risulta un sistema perfettamente coerente in nulla preclusivo dell’accesso alla giustizia, anche per i soggetti che non abbiano sufficienti capacità economiche, e, ancora una volta, ispirato ad una generale riconfigurazione dell’istituto in termini di efficacia e importanza.
6. Per quanto sopra esposto nessun dubbio di costituzionalità può essere rinvenuto nelle previsioni contestate ed alcuna illegittimità ricorre nel decreto ministeriale gravato.
Né vi è luogo per accedere alla richiesta di rinvio pregiudiziale alla CGUE, prospettata pure nel ricorso introduttivo, posto che la nuova conformazione dell’istituto risponde alle esigenze professate dalla normativa unionale, nella convinzione che esso possa fornire una soluzione conveniente e rapida per comporre le controversie in materia civile e commerciale.
7. In conclusione, il ricorso deve essere respinto perché infondato.
Sussistono, tuttavia, i presupposti di legge per compensare le spese di lite tra tutte le parti in causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate tra tutte le parti in causa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.