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25 giugno 2025
Collegato Lavoro e dimissioni per fatti concludenti: la prima pronuncia dal Tribunale di Trento
Arriva la prima pronuncia sulla nuova fattispecie delle dimissioni per fatti concludenti introdotta dal c.d. Collegato Lavoro (L. n. 203/2024), in vigore dal 12 gennaio 2025. Si tratta di una sentenza del Tribunale di Trento, destinata a far discutere, in particolare, per l'interpretazione data al termine di assenza ingiustificata ai fini del perfezionamento della fattispecie.
di La Redazione

È destinata a far discutere una recente pronuncia del Tribunale di Trento, la prima in assoluto ad esprimersi sulla nuova fattispecie delle dimissioni di fatto, introdotta dall'art. 19 L. n. 203/2024, ossia il c.d. Collegato Lavoro.
Come risaputo, la norma prevede che in caso di assenza ingiustificata protrattasi oltre il termine previsto dal CCNL applicato ovvero, in mancanza, per oltre 15 giorni, il rapporto di lavoro (dopo le opportune verifiche) si intende risolto per volontà del lavoratore.

Preso atto di ciò, si passa all'analisi del caso che riguarda una lavoratrice che, dopo aver ricevuto comunicazione dall'azienda circa la cessazione dello svolgimento dell'attività di lavoro in modalità smart working a decorrere dal 2025, aveva chiesto di avere un colloquio con il responsabile finalizzato a trovare un accordo condiviso che tenesse conto delle sue esigenze personali e familiari. Non avendo ricevuto risposta, la donna non si presentava sul posto di lavoro e riceveva in data 14 gennaio 2025 una PEC dalla quale acquisiva conoscenza dell'avvenuta risoluzione del contratto per fatti concludenti attribuibili ad ella medesima a partire dal 7 gennaio 2025, ossia dalla data di inizio dell'assenza ingiustificata, considerato che sulla base del CCNL applicato, la nuova fattispecie può dirsi perfezionata una volta decorsi oltre tre giorni nell'anno solare. Quindi, nel caso di specie il datore di lavoro aveva contato, ai fini del perfezionamento della nuova fattispecie, anche le giornate che andavano dal 7 al 10 gennaio e poi l'11 gennaio 2025, precedenti all'entrata in vigore della riforma.
La donna impugna il recesso/licenziamento rivolgendosi al Tribunale di Trento, chiamato ad esprimersi per la prima volta sui risvolti operativi della nuova disposizione.

Con la sentenza n. 87 del 5 giugno 2025, il Tribunale di Trento dichiara illegittima la procedura, disponendo la reintegrazione della lavoratrice per tre ragioni che di seguito vanno ad esaminarsi.

 1. Anzitutto, rilevante è l'ambito temporale di applicazione della norma. Il Collegato Lavoro è infatti in vigore dal 12 gennaio 2025, per cui, sulla base del principio tempus regit actum e dell'art. 11 delle Preleggi, il Tribunale ha escluso che le assenze iniziate prima di tale data possano concorrere al raggiungimento della soglia prevista per far scattare le dimissioni automatiche, e nel caso di specie il datore di lavoro aveva iniziato a contare dette giornate dal 7 gennaio 2025. Le condotte precedenti possono avere quindi solo una rilevanza sotto il profilo disciplinare, ma si esclude l'attribuzione di un effetto estintivo del rapporto;

2. La seconda ragione, quella destinata a far discutere, riguarda invece l'interpretazione del rinvio della nuova norma ai termini previsti dal contratto collettivo nazionale applicato. Dunque, il CCNL applicato nel caso in esame è quello del Terziario che prevede una soglia di 4 giorni nell'anno solare di assenza ingiustificata per far scattare la giusta causa del recesso. L'art. 19 Collegato Lavoro prevede invece che, in assenza di un termine indicato nella contrattazione collettiva, conta il passaggio di 15 giorni di assenza ingiustificata. Il Tribunale ha considerato rilevante ai fini del superamento della soglia il termine indicato dal CCNL, ossia il quarto giorno, e non il quindicesimo, ponendosi tuttavia in contrasto con la Circolare n. 6/2025 con la quale il Ministero del Lavoro ha chiaramente affermato che

attenzione

«Nel caso in cui il CCNL applicato preveda, invece, un termine diverso da quello contemplato dalla norma in esame, lo stesso troverà senz'altro applicazione ove siasuperiore a quello legale, in ossequio al già richiamato principio generale per cui l'autonomia contrattuale può derogare solo in melius le disposizioni di legge. Se, viceversa, sia previsto un termine inferiore, per il medesimo principio, dovrà farsi riferimento al termine legale».

3. L'ultimo passaggio riguarda gli effetti della comunicazione datoriale priva di fondamento, come avvenuto nel caso in esame, posto che non è stata superata la soglia oltre la quale può dirsi perfezionata la fattispecie delle dimissioni per fatti concludenti per i motivi di cui al punto 1. Ebbene, il Giudice ha ritenuto che, avendo la lavoratrice manifestato la sua volontà dirimanere a disposizione dell'azienda per riprendere l'attivitàdi lavoro, quella del datore di lavoro può dirsi a questo punto una condotta che integra il rifiuto della prestazione lavorativa, visto che non si è perfezionata la nuova fattispecie di dimissioni. Quindi, la vicenda si sussume in una fattispecie di licenziamento con tutte le conseguenze che ne derivano.

Dette conseguenze nel caso in esame sono:

  • La reintegrazione della lavoratrice nel posto di lavoro;
  • Il versamento di un'indennità risarcitoria alla medesima, commisurata in 5 mensilità dell'ultima retribuzione, cui si aggiungono gli interessi legali;
  • Il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione;
  • La rifusione delle spese di giudizio a carico della società.
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