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8 maggio 2024 Persone, famiglie e minori
La trascrizione degli atti di nascita dei figli delle coppie omogenitoriali
Qual è la situazione dopo quasi un anno e mezzo dalla pronuncia della Suprema Corte, a Sezioni Unite, del 30 dicembre 2022?
di Avv. Mariapaola Rovetta Arici
La Trascrizione nel Registro dello Stato Civile degli atti di nascita è un diritto umano fondamentale ai sensi dell'art. 7 della Convenzione dell'ONU sui Diritti dell'Infanzia e rappresenta il riconoscimento ufficiale dell'esistenza legale di un bambino, in assenza della quale lo stesso si vedrebbe privato totalmente o parzialmente dei suoi diritti fondamentali, quali, tra tutti, il diritto alla salute e all'istruzione.

Il riconoscimento dello status filiationis ai minori nati tramite tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) è un tema delicato e complesso che ha suscitato grande interesse mediatico a seguito alla Circolare n. 3 del 19 gennaio 2023, con cui il Ministero dell'Interno, a seguito della sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 38162 del 30 dicembre 2022, ha vietato ai Sindaci la Trascrizione nel Registro dello Stato Civile dell'atto di nascita, regolarmente formato in un Paese estero, di bambini nati tramite la pratica della «surrogata o gestazione per altri». 

Quella delle Sezioni Unite rappresenta soltanto l'ultima di una serie di pronunce giurisprudenziali che si sono susseguite nel tempo - con orientamenti difformi - in soccorso di una legislazione mancante che riguarda le tecniche di PMA, cui ricorrono coppie sia eterosessuali che omosessuali al fine di eludere i divieti imposti dalla legge nazionale.

Infatti, la Legge n. 40/2004 si limita a disciplinare il ricorso alla procreazione medicalmente assistita in Italia, nulla prevedendo in merito alle sorti degli atti di nascita validamente formatisi all'estero per minori nati con tecniche di PMA vietate nel nostro Paese, ma va ricordata anche la Legge n. 76/2016 che si è limitata ad istituire le coppie di fatto e le unioni civili tra persone dello stesso sesso, senza nulla prevedere in merito alla possibilità per le coppie omosessuali di assumere la responsabilità genitoriale.

Le tecniche di PMA di cui si discute sono la c.d. fecondazione eterologa, tecnica che si ha quando la coppia eterosessuale o omosessuale, ricorre ad un soggetto estraneo, cd. donatore, per ricevere il seme maschile o l'ovulo femminile, e la gravidanza viene portata a termine dalla donna che compone la coppia, se si tratta di eterosessuali, o da una delle due donne in caso di omosessuali, ragion per cui la coppia di uomini è evidente che non può ricorrere all'eterologa, e la tecnica della c.d. maternità surrogata o gestazione per altri,  attraverso la quale la gravidanza viene portata a termine su incarico di una coppia, sia eterosessuale sia omosessuale, o anche di un single, da una donna estranea, con l'obbligo di consegna – all'esito – del bambino, rinunciando altresì a tutti i diritti sul bambino stesso. 

Mentre la fecondazione eterologa, dal 2014, è stata resa legittima per le coppie eterosessuali dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 162, ed è rimasta vietata solo per le coppie omosessuali, la maternità surrogata rimane a tutt'oggi vietata sia per le coppie omosessuali che eterosessuali, nonostante spesso vengano erroneamente indicati quali destinatari del divieto le sole coppie omogenitoriali. Ma ciò dipende solo dal fatto che, in caso di omosessuali, è più agevole l'accertamento dell'elusione del divieto da parte dell'Ufficiale di Stato Civile incaricato della trascrizione di un certificato di nascita estero.

Nel contesto giuridico appena illustrato, la giurisprudenza, al fine di sopperire al vuoto normativo in materia, ha elaborato principi interpretativi, bilanciando in concreto – caso per caso - i vari diritti fondamentali in gioco fino ad arrivare alla pronuncia della Cassazione del 30 dicembre 2022. La decisione ha ribadito l'illegittimità della trascrizione dell'atto di nascita formato all'estero con ricorso alla maternità surrogata, in quanto si tratta di una pratica che, a detta della pronuncia, «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane», individuando nell'istituto dell'adozione in casi particolari, ai sensi dell'art. 44, comma 1, lett. d), Legge n. 184/1983,  lo strumento utile per garantire adeguatamente la posizione giuridica del minore.

Di fatto, ciò che accade, al rientro in Italia dei genitori, è il riconoscimento legale del solo genitore che ha un legame biologico con il bambino. La questione non è risolta per il genitore cd. intenzionale, figura questa che è stata enucleata dalla Corte costituzionale la prima volta nel 2019 per giungere a riconoscere e tutelare la posizione del genitore, partner di una coppia omosessuale, che abbia condiviso il progetto genitoriale con l'altro partner, pur senza fornire il proprio apporto genetico alla procreazione. 

In conclusione, ad oggi, la giurisprudenza prevalente continua a ribadire che debba escludersi la trascrivibilità dell'originario atto di nascita che indichi quale genitore anche il padre o madre intenzionale, considerando che l'esigenza di garantire al bambino i diritti fondamentali è assicurata, appunto, attraverso la possibilità di ricorrere allo strumento dell'adozione in casi particolari, procedura che può però protrarsi anche per anni.

Pertanto, è evidente che vi è la necessità che il Legislatore intervenga. E, al riguardo, è stato lo stesso Presidente della Consulta, di recente, durante la sua Relazione annuale, ad aver invitato il Parlamento ad apportare leggi per il riconoscimento dei figli delle coppie omosessuali, sottolineando come il silenzio abbia portato ad una serie di decisioni contraddittorie e disordinate di Tribunali e Sindaci.
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