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30 luglio 2024 Deontologia forense
Il principio delle prove atipiche vale anche in sede disciplinare
Le risultanze probatorie formate in un procedimento diverso sono utilizzabili da parte del giudice disciplinare; ad esse non può essere negato ogni valore probatorio solo perché non “replicate” e “confermate”.
di La Redazione
Un avvocato presenta ricorso al CNF la sanzione della sospensione per cinque anni dall'esercizio della professione emessa nei suoi confronti del CDD per varie violazioni del Codice deontologico, fatti per i quali è stato anche promosso un procedimento penale.
 
Tra vari motivi, il professionista lamenta che la decisione impugnata sarebbe errata in quanto non è stata raggiunta la prova della sua responsabilità disciplinare nonché non sono state correttamente valutate o non sono state ammesse le prove da lui prodotte.
 
Il CNF, rigettando il ricorso con sentenza n. 129/2024, precisa che anche in sede disciplinare opera il principio di “acquisizione della prova”, secondo il quale un elemento probatorio legittimamente acquisito, una volta introdotto nel processo, è acquisito agli atti e, quindi, è utilizzabile da parte del giudice al fine della formazione del convincimento. 
 
Conseguentemente, le risultanze probatorie acquisite, pur se formate in un procedimento diverso ed anche tra diverse parti, sono utilizzabili da parte del giudice disciplinare, ferma la libertà di valutarne la rilevanza e la concludenza ai fini del decidere, senza che, tuttavia, si possa negare ad esse pregiudizialmente ogni valore probatorio solo perché non “replicate” e “confermate” in sede disciplinare. 
 
Ciò, peraltro, non incide in alcun modo sul diritto di difesa dell'incolpato il quale, nel corso del procedimento, può:
  1. produrre documenti;
  2. interrogare o far interrogare i testimoni indicati;
  3. rendere dichiarazioni e, ove lo chieda o vi acconsenta, sottoporsi all'esame della sezione competente per il dibattimento;
  4. avere la parola per ultimo, prima del proprio difensore.
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