Avverso tale decisione il Fisco ricorre in Cassazione.
Corte di Cassazione, sez. Tributaria, ordinanza (ud. 3 dicembre 2024) 12 dicembre 2024, n. 32041
Svolgimento del processo
1. La Commissione tributaria regionale ha parzialmente accolto l’appello proposto da N.I. avverso la sentenza di primo grado che aveva parzialmente accolto il ricorso introduttivo del giudizio con riferimento al ruolo n. 250553/2016 e alla connessa cartella 071/2016/00311781/02 e lo aveva respinto avuto riguardo ai restanti ruoli nn. 818473/2018, 550273/2019 e 250946/2019.
2. I giudici di secondo grado hanno rigettato l’appello proposto con riguardo all’avviso di accertamento n. (OMISSIS) relativo al ruolo 818473/2018 e lo hanno accolto con riferimento al ruolo n. 550273/2019 e alla cartella n. 071/2019/00703746/14 e al ruolo n. 250946 e alla cartella 071/2019/00937086/17, ritenendo nullo l’atto di riscossione recapitato nella casella di posta elettronica del contribuente da un indirizzo pec difforme da quello presente sull’indice nazionale degli indirizzi della Pubblica Amministrazione – IPA, rilevando che il documento attestante la prova dell’avvenuta notifica era indisponibile perché non si apriva e, quindi, era come se non fosse stato prodotto.
3. L'Agenzia delle Entrate-Riscossione propone ricorso per cassazione con atto affidato ad un unico motivo.
4. N.I. resiste con controricorso.
5. L’Agenzia delle Entrate non ha svolto difese.
Motivi della decisione
1. Il primo ed unico motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., con riferimento alla validità della notifica PEC della cartella di pagamento proveniente da un indirizzo univocamente riconducibile all’Agente della riscossione. Il tenore letterale della norma indicata era univoco nel prevedere che la necessaria inclusione nel pubblico registro INI-PEC fosse riferita al solo indirizzo del destinatario e non anche a quello del mittente; la riconducibilità del documento al mittente era comprovata, oltre che dagli elementi propri della cartella di pagamento, anche dai dati di certificazione comunque contenuti nelle buste di trasporto e nelle varie ricevute emesse e firmate dallo stesso Gestore, nonché dal dominio di posta elettronica dal quale il messaggio era stato inviato; ciascun dominio PEC era attribuibile dal Gestore unicamente ad un soggetto e quello assegnato all’Agenzie delle Entrate- Riscossione e prima ad Equitalia recava esattamente la denominazione del mittente, come riscontrabile dall’Anagrafe dei domini internet.
1.1 Il motivo è fondato.
1.2 Le Sezioni Unite di questa Corte hanno recentemente affermato che, in tema di notificazione a mezzo PEC, la notifica avvenuta utilizzando un indirizzo di posta elettronica istituzionale, non risultante nei pubblici elenchi, non è nulla, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all'oggetto, tenuto conto che la maggiore rigidità del sistema delle notifiche digitali, imponendo la notifica esattamente agli indirizzi oggetto di elencazione accessibile e registrata, realizza il principio di elettività della domiciliazione per chi ne sia destinatario, cioè soggetto passivo, associando tale esclusività ad ogni onere di tenuta diligente del proprio casellario, laddove nessuna incertezza si pone invece ove sia il mittente a promuovere la notifica da proprio valido indirizzo PEC e che la costituzione del destinatario della notificazione, che abbia dimostrato di essere in grado di svolgere compiutamente le proprie difese sottrae rilevanza all’ipotizzata irregolarità, avendo pienamente la notifica raggiunto lo scopo senza alcuna incertezza in ordine alla sua provenienza e all’oggetto dell’impugnazione (Cass., Sez. U., 18 maggio 2022, n. 15979; Cass., 28 settembre 2018, n. 23620).
1.3 Più di recente questa Corte ha precisato che «In relazione alle modalità di notificazione a mezzo di posta elettronica delle cartelle esattoriali, la giurisprudenza elaborata da questa Corte prende le mosse dalla previsione di cui all’art. 3-bis della l. 21 gennaio 1994, n. 53, che consente tale forma di notificazione degli «atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali» e contiene previsioni specifiche concernenti il mittente e il destinatario dell’atto. Il primo comma della disposizione in parola, in particolare, stabilisce che «la notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all'indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi». Come questa Corte ha poi recentemente osservato (cfr. Cass. n. 2460/2021), sulla scorta delle indicazioni provenienti dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 23620/2018, l’entrata in vigore dall'art. 66, comma 5, del D. Lgs. n. 217 del 2017, ha previsto che, a decorrere dal 15.12.2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale, si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 6-bis, 6- quater e 62 del D. Lgs. n. 82 del 2005, nonché dall'articolo 16, comma 12, dello stesso decreto, dall'articolo 16, comma 6, del D. L. n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009, nonché il Re.G.Ind.E, registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della Giustizia» (cfr. Cass. , 3 luglio 2023, n. 18684, in motivazione).
1.4 Sicché tale essendo il tessuto normativo di riferimento, l’obbligo di utilizzo di un indirizzo presente nel registro INI-Pec appare testualmente riferito al destinatario della notifica, mentre con riguardo al notificante è previsto unicamente l’utilizzo «di un indirizzo di posta elettronica certificata […] risultante da pubblici elenchi», con il conseguente corollario che «la norma speciale prevista per le notifiche in ambito tributario degli atti dell’Agente della riscossione differisce dalla previsione generale di cui al citato articolo 3 bis della legge n. 53/1994 solo con riferimento al soggetto che riceve la notificazione e siffatta diversità di trattamento normativo, non configura alcuna disparità di trattamento; le prescrizioni che ineriscono all’indirizzo del mittente non vanno, infatti, assoggettate alle stesse regole previste per il destinatario dell’atto, con riguardo al quale va fatta applicazione della disciplina propria dell’elezione di domicilio, cui dev’essere equiparato l’indirizzo di p.e.c. inserito, diversamente da quanto accade per il mittente» (cfr. Cass. , 3 luglio 2023, n. 18684, citata, in motivazione).
1.5 Ciò è, peraltro, coerente con le pronunce di legittimità secondo cui la possibilità di denuncia di vizi dell’attività del giudice fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione, ovvero il diritto al rispetto delle regole del processo è riconosciuto nella misura in cui la violazione di dette regole comporti un concreto pregiudizio alla sfera giuridica dell’interessato (Cass., 20 febbraio 2023 n. 523; Cass., 14 febbraio 2023, n. 4576; Cass., 24 gennaio 2023, n. 2130).
1.6 Dai principi esposti, ne deriva che la previsione della notifica delle cartelle di pagamento a mezzo PEC tutela il diritto di ciascun contribuente a ricevere la notificazione di atti impositivi a indirizzi PEC sicuramente a lui riconducibili, risultanti dal registro INI-PEC, in modo che possa essergli garantita la piena conoscenza dell'atto, diversamente dall'indirizzo dell'ente emittente, in assenza di norme specifiche che prevedano la nullità della notificazione da parte dell'Amministrazione finanziaria in quanto proveniente da indirizzo PEC non risultante dai pubblici registri.
1.7 La sentenza impugnata non è conforme ai principi suesposti.
2. Per le ragioni di cui sopra, il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese di legittimità.