Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di sorveglianza di L'Aquila, con ordinanza del 17 settembre 2019 depositata il successivo 7 ottobre, ha dichiarato l'inammissibilità della richiesta di liberazione condizionale proposta da (omissis) (omissis) (omissis) – in espiazione della pena dell'ergastolo con isolamento diurno per anni uno, con decorrenza dal 23 novembre 1999 -.
Con precedente ordinanza del 6 novembre 2018 il Tribunale aveva dichiarato l'inammissibilità della richiesta di declaratoria di impossibilità della collaborazione in relazione alla richiesta di fruizione di un permesso premio, a causa del fatto che l'interessato non aveva addotto alcun elemento di novità utile al superamento di un giudicato già formatosi per precedenti conformi ·decisioni su analoghe richieste.
Con l'ordinanza impugnata il Tribunale ha osservato che ove, come nel caso in esame, il titolo esecutivo sia riferibile a delitti assolutamente ostativi ex art. 4 ord. pen., la liberazione condizionale può essere concessa a condizione che si accerti la collaborazione o l'impossibilità/inesigibilità della stessa. Ha quindi rilevato che sull'assenza di collaborazione, e di un accertamento della impossibilità o inesigibilità della stessa, si è formato il cd. giudicato esecutivo. In mancanza di nuovi elementi, che non possono essere individuati nei recenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità e di quella sovranazionale, la richiesta non può essere esaminata nel merito, per la preclusione derivante dalle precedenti statuizioni in punto di assenza del requisito della collaborazione.
2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore di (omissis) (omissis) e ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione. Il provvedimento impugnato è illegittimo, dato che il giudice ha omesso di pronunciarsi nel merito, in forza di una asserita preclusione, invero del tutto infondata. Non ha tenuto conto delle sopravvenute indicazioni della giurisprudenza sovranazionale, secondo cui il difetto di collaborazione non può essere elevato ad indice invincibile di pericolosità sociale.
Ha poi ignorato che la liberazione condizionale, a differenza delle misure alternative alla detenzione, è causa estintiva della pena che opera al decorso del termine prescritto e che è in stretta correlazione con la finalità rieducativa: dalla natura sostanziale della diposizione in punto di liberazione condizionale discende la non applicabilità della disciplina in punto di collaborazione.
Ha quindi trascurato che la giurisprudenza sovranazionale ha sancito l'illegittimità della pena perpetua in assenza di una concreta possibilità di liberazione, affermando l'incompatibilità dell'ergastolo ostativo con le disposizioni convenzionali; e, nel dichiarare la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, ha omesso di dar corso ad una lettura costituzionalmente orientata della normativa denunciata, che è, pertanto, contraria agli articoli 14 e 6 della Convenzione Edu e agli articoli 3 e 111 della Costituzione.
3. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
4. La Corte di cassazione, con ordinanza del 3 giugno 2020, ritenuto che la preclusione alla concessione dei benefici penitenziari derivante dall'assenza di collaborazione non fosse compatibile con le previsioni costituzionali e convenzionali, ha rimesso alla Corte costituzionale la questione della legittimità degli articoli 4-bis e 58-ter della legge n. 354 del 1975.
5. La Corte costituzionale, con ordinanza n. 97 del 2021, dopo aver illustrato le ragioni di incompatibilità della normativa denunciata con i principi costituzionali, ha disposto il rinvio del giudizio con la precisazione che l'accoglimento immediato delle questioni proposte avrebbe comportato effetti disarmonici sulla complessiva disciplina dell'accesso ai benefici penitenziari dei condannati per delitti cd. ostativi non collaboranti. Ha quindi fissato una nuova udienza di discussione, dando al Parlamento un congruo tempo per una revisione organica della materia.
6. Successivamente, e comunque prima di altra e nuova udienza di discussi1le dinnanzi alla Corte costituzionale, è intervenuto il legislatore con decreto normativo di urgenza, dettando una disciplina di accesso ai benefici penitenziari per i detenuti per reati ostativi non collaboranti.
Il decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162 (Misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia...), poi convertito con modificazioni dalla I. n. 199 del 2022, ha apportato modifiche alla disciplina prevista dall'art. 4-bis I. n. 354 del 1975, ravvisando i presupposti di straordinaria necessità e urgenza nei «moniti rivolti dalla Corte costituzionale al legislatore per l'adozione di una nuova regolamentazione dell'istituto al fine di ricondurlo a conformità con la Costituzione».
Ha così inciso proprio sulle disposizioni sottoposte a scrutinio di costituzionalità, specificamente sostituendo integralmente il comma 1-bis dell'art. 4-bis ordin. penit., a cui ha pure aggiunto due nuovi commi (1-bis.1 e 1-bis.2).
Il principale portato della nuova disciplina si rinviene nella trasformazione da assoluta in relativa della presunzione di pericolosità ostativa alla concessione dei benefici e delle misure alternative in favore dei detenuti non collaboranti. Costoro, infatti, sono ora ammessi alla possibilità di proporre richiesta, che può essere accolta in presenza di stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati per i quali è intervenuta condanna.
7. La Corte costituzionale, con sentenza n. 227 dell'8-10 novembre 2022, ha restituito gli atti alla Corte di cassazione, giudice rimettente, in considerazione del fatto che la nuova normativa ha inciso significativamente sul nucleo centrale delle questioni sollevate dall'ordinanza di rimessione. Ha ritenuto pertanto che spetti al giudice rimettente la verifica delle ricadute della normativa sopravvenuta sulla rilevanza delle questioni sollevate e la riconsiderazione della loro non manifesta infondatezza. In buona sostanza, ha affidato al giudice rimettente il compito di "valutare la portata applicativa dello ius superveniens nel giudizio a quo".
8. Pervenuti gli atti in Corte di cassazione, è stata fissata udienza per la trattazione del ricorso al 25 gennaio 2023. In quella data, preso atto che l'avviso di fissazione dell'udienza non era stato comunicato al Procuratore generale, si è disposto il rinvio all'odierna udienza.
9. Il difensore del ricorrente, in vista dell'udienza del 25 gennaio 2023, ha depositato memoria con cui ha sollecitato la rimessione alla Corte costituzionale delle questioni di legittimità della nuova normativa, ritenuta in contrasto con i principi della Carta in plurimi punti.
10. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha invece chiesto l'annullamento dell'ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di L'Aquila, sul presupposto che il "novum normativo imponga una riedizione dell'esercizio del potere valutativo di merito sulla sussistenza dei requisiti per l'accesso alla liberazione condizionale, richiesta dal ricorrente".
Motivi della decisione
1. L'ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza, in forza delle considerazioni che di seguito si espongono.
2. Il Tribunale, ed è stata questa la doglianza principale del ricorso, non ha preso in esame, con l'ordinanza oggetto di impugnazione, il merito della richiesta e ciò in ragione, da un lato, della preclusione derivante dalle disposizioni di legge che, in assenza di collaborazione con la giustizia, non consentivano di valutare la ricorrenza dei presupposti per la concedibilità della liberazione condizionale in favore dei condannati per reati rientranti nel catalogo di cui all'art. 4-bis, comma 1, I. n. 354 del 1975; dall'altro, in forza di precedenti decisioni di inammissibilità dell'istanza di accertamento dell'impossibilità/inesigibilità della collaborazione.
Ciò ha fatto, e ha potuto fare, sulla premessa che l'assenza di collaborazione e il mancato accertamento di una collaborazione impossibile rendevano del tutto inutile, ai fini della decisione sulla domanda di liberazione condizionale, un approfondimento della vicenda carceraria dell'interessato. La preclusione all'accesso era tale che ogni altra considerazione, foss'anche di segno positivo quanto a ravvedimento e progressi trattamentali, sarebbe stata superflua.
3. Il quadro normativo è significativamente mutato. Come rilevato dalla Corte costituzionale, la nuova disciplina ha fatto della mancanza di collaborazione con la giustizia una preclusione soltanto relativa e ha previsto la possibilità di accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative alla detenzione anche per i detenuti non collaboranti, ovviamente condannati per reati ostativi, seppure in presenza di "stringenti e concomitanti condizioni" (ord. n. 227 del 2022).
Nell'ambito del nuovo contesto di regole va esaminato il ricorso, atteso che la restituzione degli atti ad opera della Corte costituzionale ha risposto alla precisa e dichiarata esigenza di valutazione della portata applicativa dello ius superveniens nel giudizio in cui è stata sollevata la questione di costituzionalità, avente ad oggetto, come è ovvio, altra disciplina.
Quel che pertanto occorre ora verificare è se i dubbi di costituzionalità della sostanziale preclusione, per via della mancanza di collaborazione con la giustizia, all'accesso ai benefici e misure alternative, in specie alla liberazione condizionale, che connotava il precedente assetto normativo, abbiano ancora ragione di essere, e quindi se la novella sia servita a ricondurre, dall'angolo visuale del rimettente, la legge ordinaria ad un rapporto di compatibilità con la Costituzione.
Ciò va fatto, come sollecitato dalla Corte costituzionale, sul duplice piano della rilevanza e della non manifesta infondatezza delle questioni (ord. n. 227 del 2022).
4. Come già indicato nell'ordinanza di rimessione del 3 giugno 2020 alla Corte costituzionale della questione di legittimità degli articoli 4-bis e 58-ter della legge n. 354 del 1975, (omissis) (omissis) sta espiando la pena dell'ergastolo con isolamento diurno per anni uno, in forza di un provvedimento di cumulo in cui sono comprese tre sentenze di condanna, una delle quali - sentenza del 24 giugno 2005 della Corte di assise di Palermo, divenuta irrevocabile il 9 febbraio 2007 - ha irrogato la pena dell'ergastolo con isolamento diurno per anni uno, per il delitto di omicidio aggravato ai sensi dell'art. 7 I. n. 203 del 1991 e per reati concernenti la violazione delle disposizioni sulle armi.
Il reato oggetto di tale ultima condanna rientra nel catalogo dei reati di cui all'art. 4-bis, commi 1 (richiamati dal comma 1-bis), I. n. 354 del 1975, in relazione ai quali si stabilisce ora che, anche in assenza di collaborazione con la giustizia, ai detenuti possono essere concessi i benefici penitenziari a condizione che:
- dimostrino l'adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l'assoluta impossibilità di adempimento;
- alleghino elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione, che consentano di escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di altra informazione disponibile;
- il giudice accerti la sussistenza di iniziative dell'interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustizia riparativa.
Si consideri poi che, secondo quanto ora previsto dall'articolo 2 del decreto legge n. 152 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 203 del 1991, i condannati per i delitti ostativi di cui ai commi 1, (1-ter e 1-quater) dell'articolo 4-bis delle I. n. 354 del 1975, possono essere ammessi alla liberazione condizionale soltanto in presenza delle condizioni indicate dallo stesso art. 4-bis per la concessione dei benefici.
E ancora, altra condizione limitatrice, i condannati alla pena dell'ergastolo, come è il ricorrente, possono essere ammessi alla liberazione condizionale se hanno scontato trenta anni di pena e non più ventisei anni, come da previsione della precedente normativa.
5. Una volta che si accerti la ricorrenza delle menzionate condizioni, il Tribunale è chiamato a una complessa attività istruttoria, consistente nell'acquisizione di dettagliate informazioni, anche a conferma degli elementi offerti dal richiedente, in ordine:
- al perdurare dell'operatività del sodalizio criminale di appartenenza o del contesto criminale in cui il delitto fu commesso;
- al profilo criminale del detenuto;
- alla sua posizione all'interno dell'associazione;
- alle eventuali nuove imputazioni o misure cautelari o di prevenzione sopravvenute e, ove significative,
- alle infrazioni disciplinari commesse in corso di detenzione.
Il Tribunale, ancora, deve richiedere il parere del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado o, se si tratta di condanne per i delitti di cui agli artt. 51 comma 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen., del pubblico ministero preso il Tribunale del capoluogo del distretto ove à stata pronunciata la sentenza di primo grado, e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo; deve, quindi, acquisire informazioni dalla Direzione dell'Istituto di detenzione e deve disporre accertamenti sulle condizioni reddituali e patrimoniali, sul tenore di vita, sulle attività economiche e sulla pendenza o definitività di misure di prevenzione personali o patrimoniali del detenuto, degli appartenenti al suo nucleo familiare o delle persone comunque a lui collegate.
6. Se si fa eccezione per il periodo di pena già espiata, dell'eventuale sussistenza, nella vicenda in esame, di tutte le altre condizioni di ammissibilità può in concreto dirsi soltanto per mezzo dell'esercizio di poteri di merito, di cui il giudice di legittimità non dispone.
È appena il caso di osservare che, dalla lettura dell'ordinanza del 3 giugno 2020 di rimessione della questione di legittimità costituzionale, più volte richiamata, si trae che (omissis) (omissis) sta scontando la pena dell'ergastolo dal 23 novembre 1999 e che al momento di proposizione della richiesta di liberazione condizionale aveva già ottenuto la liberazione anticipata per complessivi giorni 2655. La conseguenza è che, al momento di emissione dell'ordinanza impugnata, e quindi al 17 settembre 2019, il ricorrente aveva espiato 19 anni, 9 mesi e 26 giorni di reclusione, con in più, ai fini del computo del periodo di pena espiata, ben 2655 giorni di liberazione anticipata. Aveva dunque maturato un complessivo periodo di espiazione di oltre ventisette anni di pena detentiva. È allora agevole rilevare che, al momento dell'entrata in vigore della nuova normativa - il decreto-legge n. 162 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 31 ottobre 2022 -, il ricorrente aveva di certo espiato un periodo di pena pari e superiore ai trent'anni, ora richiesti come condizione di accesso alla liberazione condizionale.
Il dato impedisce così di prendere in esame i profili di rilievo costituzionale di una normativa che, nulla prevedendo in relazione alla sua applicazione nel tempo, restringe, con possibile frizione con il principio costituzionale del divieto di retroattività della norma penale di sfavore, l'accesso alla liberazione condizionale che, al pari delle altre misure alternative, costituisce, per usare le espressioni della sentenza n. 32 del 2020 della Corte costituzionale, una vera e propria pena alternativa alla detenzione con accentuata vocazione rieducativa.
7. In riferimento alle altre condizioni richieste ora dalla legge, siccome la decisione fu assunta sotto la vigenza di un sistema normativo incentrato sulla preclusione assoluta in assenza di collaborazione, non si rinviene nell'ordinanza alcun elemento per affermarne la sussistenza o meno.
Eppure, tale verifica è passaggio preliminare per poter valutare la rilevanza della questione in ordine alla disposizione normativa che quella condizione ha posto, per la semplice ragione che, ove nella situazione in cui versa il ricorrente le condizioni limitatrici di nuova previsione non siano in grado di incidere in senso svantaggioso, gli eventuali dubbi di costituzionalità non avrebbero modo di essere affidati al vaglio della Corte costituzionale.
Il controllo di rilevanza, infatti, mira a stabilire se l'eventuale accoglimento della questione e la conseguente pronuncia di incostituzionalità gioverebbero all'accoglimento della domanda del ricorrente nel giudizio a quo.
La Corte di cassazione, data la non percorribilità di una verifica ex actis, non è in grado di valutare, quale giudice rimettente, la persistenza o meno della rilevanza della questione.
Se, vigente la pregressa normativa, la rilevanza è stata affermata in forza della considerazione che la dichiarazione di inammissibilità della richiesta di liberazione condizionale era stata diretta conseguenza dell'applicazione dell'art. 2 d. I. n. 152 del 1991, conv. con modif. con la I. n. 203 del 1991, che impediva l'apprezzamento di quanto nel merito dedotto dal ricorrente, nel mutato contesto normativo la rilevanza va apprezzata verificando se sussistano o meno in concreto, per il ricorrente, le condizioni limitatrici dell'accesso alla liberazione condizionale che sono oggetto delle nuove previsioni della cui compatibilità costituzionale potrebbe in astratto dubitarsi.
Si prospetta allora la necessità della mediazione valutativa del giudice del merito, affinché accerti, alla luce della nuova normativa, l'ammissibilità e fondatezza della pretesa fatta valere dal ricorrente o, di contro, l'assenza di tali qualità della sua domanda in ragione delle disposizioni limitatrici della nuova disciplina che agiscano in concreto con funzione impeditiva, con conseguente, per tale via, persistente rilevanza della questione incentrata sulla contrarietà ai principi di cui agli articoli 3, 27 e 117 Cost. di un complesso di regole che finisce con l'escludere il condannato all'ergastolo cd. ostativo dall'accesso alla liberazione condizionale in violazione del principio di ragionevolezza, del principio della finalità rieducativa e risocializzante della pena e degli obblighi convenzionali assunti dallo Stato quanto al trattamento dei condannati alla cd. pena perpetua.
8. L'ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di L'Aquila.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di L'Aquila.