Home
Network ALL-IN
Quotidiano
Specializzazioni
Rubriche
Strumenti
Fonti
10 ottobre 2023
I contratti a termine nella riforma del lavoro: arrivano le indicazioni del Ministero

Con la circolare in commento, il Ministero del Lavoro fornisce delle prime indicazioni sulle innovazioni più significative apportate dal c.d. Decreto Lavoro, ai fini di un'applicazione uniforme delle nuove disposizioni.

La Redazione

Con la circolare n. 9 del 9 ottobre 2023, il Ministero del Lavoro è intervenuto a fornire delle indicazioni precise in vista dell'uniforme applicazione delle nuove disposizioni sui contratti di lavoro a termine frutto della riforma operata con il D.L. n. 48/2023, convertito con modificazioni in L. n. 85/2023 (c.d. Decreto Lavoro).

Innanzitutto, il Ministero precisa che la riforma non ha interferito con il limite massimo di durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato che possono intercorrere tra il datore di lavoro e il lavoratore, termine che resta pari a 24 mesi, fatte salve le diverse previsioni contenute nei contratti collettivi e la possibilità di ulteriore stipula di un contratto a termine della durata massima di 12 mesi presso la sede territoriale dell'INL.
Nessuna variazione nemmeno sul numero massimo di proroghe consentite, che rimangono 4 nell'arco di 24 mesi, né sul regime delle interruzioni tra un contratto e l'altro (c.d. stop and go).

Al contrario, oggetto di modifiche sono state le specifiche condizioni legittimanti l'apposizione del termine al contratto di lavoro, essendo state soppresse le condizioni in precedenza riferite alle esigenze temporanee ed oggettive estranee all'attività ordinaria e alle esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili della stessa (art. 19, comma 1, D. Lgs. n. 81/2015).
Con le nuove lettere a) e b), la riforma ha inteso valorizzare il ruolo della contrattazione collettiva in tal senso, prevedendo la possibilità di apporre un termine superiore a 12 ma non eccedente i 24 mesi. Nello specifico:

precisazione

  • La nuova lettera a) riafferma la possibilità per la contrattazione collettiva di individuare i casi che consentono l'apposizione di un termine al contratto di lavoro purché ciò avvenga ad opera di contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati dalle associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nonché di contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle associazioni suddette ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria;
  • La nuova lettera b), invece, dispone che in assenza delle condizioni di cui alla precedente lettera, esse possono essere individuate dai contratti collettivi applicati in azienda, rispettando quanto stabilito dall'art. 51 D. Lgs. n. 81/2015. Inoltre, viene introdotta la possibilità di individuare esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva tali da giustificare l'apposizione di un termine al contratto che superi i 12 mesi, evidenziando che le parti potranno avvalersi di tale soluzione solo in via temporanea, ovvero fino al 30 aprile 2024 (intesa quale data riferita alla stipula del contratto di lavoro).

Qualora nel contratto collettivo sia presente un mero rinvio alle fattispecie legali oggetto del D.L. n. 87/2018, esse devono ritenersi superate dalla nuova disciplina, con possibilità di ricorrere alle soluzioni sopra illustrate. Nel caso in cui, invece, nei contratti collettivi sia presente una causale introdotta in attuazione del regime previgente di cui all'art. 19, comma 1, lett. b-bis), vista l'identità sostanziale con la disposizione contenuta nel nuovo art. 19, comma 1, lett. a), tali condizioni potranno continuare ad essere utilizzate. Lo stesso vale per le causali introdotte a qualsiasi livello dalla contrattazione collettiva, a patto che non si limitino a un mero rinvio alla previgente disciplina che, come detto sopra, è ormai superata.
La nuova lettera b-bis), infine, riafferma la facoltà per il datore di ricorrere al contratto di lavoro a termine laddove abbia la necessità di sostituire altri lavoratori, mantenendo fermo l'onere di precisare nel contratto le ragioni concrete ed effettive della sostituzione. Resta comunque vietata la sostituzione per i lavoratori che esercitano il diritto di sciopero.

Altre novità riguardano il regime delle proroghe e dei rinnovi dei contratti, i quali per i primi 12 mesi possono intervenire adesso liberamente. La specificazione di una condizione è invece necessaria laddove la proroga o il rinnovo riguardi periodi successivi ai 12 mesi.
Resta confermata la trasformazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato in caso di violazione di quanto previsto dalla nuova normativa.

Con il comma 1-ter aggiunto in sede di conversione, poi, è stata introdotta la possibilità di consentire ulteriori contratti di lavoro a termine privi di causale per la durata massima di 12 mesi a prescindere da eventuali rapporti intercorsi tra datore e lavoratore prima dell'entrata in vigore del Decreto Lavoro.
Tale disposizione prevede, nello specifico, che per il raggiungimento del limite massimo di 12 mesi, deve tenersi conto solo dei contratti di lavoro stipulati a partire dal 5 maggio 2023, dunque eventuali rapporti stipulati prima di tale data non concorrono al raggiungimento del termine di 12 mesi.
Di conseguenza, a partire dal 5 maggio 2023 i datori di lavoro possono fare liberamente ricorso al contratto a termine per un ulteriore periodo massimo di 12 mesi senza la necessità di ricorrere a specifiche condizioni, indipendentemente da eventuali rapporti di lavoro già intercorsi tra le parti prima di tale data, e ferma restando la durata massima prevista dalla legge o dalla contrattazione collettiva.

In relazione alla somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, il Decreto Lavoro consente adesso che, ai fini del rispetto del limite del 20%, non rilevano i lavoratori somministrati assunti dall'agenzia di somministrazione con contratto di apprendistato. Inoltre, è stata esclusa l'applicabilità di limiti quantitativi per la somministrazione a tempo indeterminato di alcune categorie di lavoratori tassativamente indicati che includono, tra gli altri, i lavoratori svantaggiati, dei quali il Ministero precisa le condizioni in presenza delle quali un soggetto può definirsi tale ai sensi del D.M. 17 ottobre 2017, e i lavoratori molto svantaggiati.

In conclusione, il Ministero ricorda che continuano a trovare applicazione per le parti non incompatibili con le nuove disposizioni le indicazioni fornite con la circolare n. 17 del 31 ottobre 2018.

Documenti correlati