Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di Macerata, pronunciando in sede di rinvio, rigettava la richiesta di riesame proposta dalla ricorrente avverso il decreto di sequestro preventivo del profitto, derivante dall'illecito amministrativo di cui all'art. 24, d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231, in relazione ai delitti presupposto di indebita percezione di erogazioni, truffa ai danni dello Stato e frode nelle pubbliche forniture. Tale ordinanza veniva emessa dopo che la prima decisione del Tribunale del riesame era stata annullata, da Sez.6, n.40434 dell'11/7/2023, in quanto alla società indagata non era stato garantito il termine minimo di comparizione.
2. Nell'interesse della società ricorrente è stato formulato un unico motivo di impugnazione, con il quale si deduce violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza in re ipsa delle esigenze cautelari sottese al sequestro del profitto del reato.
Evidenzia il ricorrente che, pur essendo stata prodotta documentazione idonea a comprovare la capienza del patrimonio societario e l'insussistenza del rischio di sottrazione del profitto alla eventuale e futura confisca, li Tribunale del riesame aveva ritenuto assorbente il fatto che la confisca ex art. 19 d.lgs. n. 231 del 2001 ha natura obbligatoria, il che escluderebbe la necessità di vagliare il periculum in mora.
La difesa contesta tale affermazione richiamando i principi affermati da Sez.U, n. 36959 del 24/6/2021, Ellade, Rv. 281848, secondo cui il provvedimento dì sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, deve sempre contenere la motivazione in ordine alle esigenze cautelari che mira a tutelare. Né è ritenuto condivisibile l'isolato orientamento giurisprudenziale, superato da pronunce successive, secondo cui la motivazione non sarebbe richiesta nel caso di sequestro finalizzato ad ipotesi di confisca obbligatoria.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato.
2. Occorre premettere che l'ordinanza impugnata, nel valutare la sussistenza del periculum in mora si è limitata ad affermare che "l'attuale capienza del patrimonio non garantisce nulla sulla concreta possibilità che nelle more del giudizio lo stesso possa essere dissolto", aderendo espressamente all'indirizzo minoritario secondo cui, nei casi in cui è prevista un'ipotesi di confisca obbligatoria, il sequestro può essere legittimamente emesso sulla base del mero presupposto della confiscabilità del bene, senza alcuna ulteriore specificazione in ordine alle ragioni che rendono necessaria l'anticipazione dell'effetto ablativo rispetto alla definizione del giudizio (Sez.6, n. 12513 del 23/2/2022, Grandis, Rv.283054).
Tale pronuncia è rimasta isolata, posto che la giurisprudenza è concorde nel ritenere che il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca obbligatoria, deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare rispetto dei criteri di adeguatezza e proporzionalità della misura reale - alle ragioni che rendono necessaria l'anticipazione dell'effetto ablativo rispetto alla definizione del giudizio (tra le tante Sez.6, n. 32582 del 5/7/2022, Rv. 283619; Sez. 6, n. 20649 del 15/2/2023, Rv. 284757; Sez. 3, n. 4920 del 23/11/2022, dep.2023, Beni, Rv. 284313; Sez.6, n. 826 del 29/11/2022, Martorano, Rv. 284145; Sez. 3, n. 46245 del 18/10/2022, Marchetti, Rv. 283836; Sez.6, n. 32582 del 5/7/2022, Guarrera, Rv. 283619).
Si tratta di una conclusione fondata sui principi affermati da Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848, secondo cui «Nessun utile parametro può infatti essere rappresentato dalla qualificazione formale della confisca come obbligatoria (per la quale, secondo l'indirizzo ricordato, nessun obbligo motivazionale si porrebbe) o, invece, come facoltativa (per la quale sola, invece, il giudice sarebbe tenuto a motivare): e ciò non solo perché una tale distinzione appare riposare semplicemente sulla scelta normativa di qualificare in un senso o nell'altro le predette misure non in base alle loro caratteristiche, spesso coincidenti, in ambedue le ipotesi, nei presupposti e nella funzione, bensì in ragione della tipologia di reato cui collegare le stesse, ma soprattutto perché, appunto, non congruente rispetto al criterio di valutazione rappresentato dalla anticipata apprensione di un bene che, ove il giudizio si definisse favorevolmente, non potrebbe essere confiscato, in tale valutazione ben potendo rientrare anche cose definite dal legislatore come obbligatoriamente confiscabili».
2.1. Tale principio, affermato in relazione alle ipotesi del sequestro finalizzato alla confisca obbligatoria del profitto del reato, deve ritenersi ancor più necessitato lì dove, come nel caso di specie, il sequestro è stato emesso a carico di una società nei cui confronti si procede per la responsabilità amministrativa da reato.
Nel sottosistema punitivo disegnato dal d.lgs. n. 231 del 2001, la confisca è espressamente qualificata quale sanzione (ai sensi degli artt. 9, lett.c e 19), sicché il sequestro finalizzato alla confisca si traduce in una vera e propria anticipazione del trattamento sanzionatorio, prima ancora che si pervenga all'accertamento definitivo della responsabilità dell'ente.
A ben vedere, l'anticipazione dell'effetto sanzionatorio porrebbe il sequestro finalizzato alla confisca sullo stesso piano delle misure cautelari che determinano un'anticipazione della pena.
Tale aspetto era stato correttamente valorizzato da una risalente pronuncia secondo cui, per procedere al sequestro preventivo a fini di confisca del profitto del reato presupposto è necessario l'accertamento della sussistenza di gravi indizi di responsabilità dell'ente indagato (Sez.6, n. 34505 del 31/05/2012, Codelfa s.r.l., Rv. 252929).
Secondo tale impostazione, infatti, il sequestro ex art. 53, d.lgs. n. 231 del 2001, in quanto finalizzato ad anticipare una sanzione principale - qual è la confisca ex art.19 - richiederebbe una valutazione più approfondita rispetto alla "astratta configurabilità" del reato. In buona sostanza, si riteneva che il sequestro preventivo attui in via cautelare l'effetto della sanzione e, in quanto tale, dovrebbe applicarsi il medesimo parametro di giudizio previsto, nei confronti dell'imputato, per la sottoposizione a misure cautelari personali, cioè i gravi indizi di colpevolezza.
Deve darsi atto che tale soluzione non ha trovato conferma nella giurisprudenza successiva che, invece, si è attestata nel ritenere che per il sequestro preventivo dei beni di cui è obbligatoria la confisca, eventualmente anche per equivalente, e quindi, secondo il disposto dell'art. 19 del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, dei beni che costituiscono prezzo e profitto del reato, non occorre la prova della sussistenza degli indizi di colpevolezza, nè la loro gravità, nè il periculum richiesto per il sequestro preventivo di cui all'art. 321 cod. proc. pen., essendo sufficiente accertare la confiscabìtità dei beni una volta che sia astrattamente possibile sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato (Sez.2, n.34293 del 10/07/2018, Sunflower srl, Rv. 273516; Sez.4, n. 51806 del 18/11/2014, Calamai, Rv. 261571; Sez.2, n. 41435 del 16/9/2014, Ass.Integrazione Immigrati, Rv. 260043).
Tuttavia, il principio volto a valorizzare la peculiarità del sequestro finalizzato alla confisca ex art. 19 d.lgs. n. 231 del 2001 ben può essere recuperato, quanto meno in relazione al profilo della necessità di motivare le esigenze cautelari che, peraltro, è l'unico aspetto rilevante in questa sede.
La natura della confisca e gli effetti della sua anticipazione in fase di sequestro costituiscono elementi che rendono necessaria un'apposita motivazione in ordine alla sussistenza del periculum in mora, posto che tale requisito - già richiesto in linea generale a seguito della sentenza "Ellade" - è ancor più necessario nell'ambito del giudizio a carico degli enti.
È significativo che proprio la sentenza "Ellade", nell'illustrare le ragioni che Impongono di specificare le ragioni sottese al sequestro, ha precisato come l'onere motivazionale del provvedimento di sequestro preventivo a fini di confisca consente, da un lato, di evitare le possibili frizioni con il principio della presunzione di non colpevolezza (art. 27 Cost. art. 6, par. 2, CEDU) e, dall'altro, di assicurare il rispetto del principio di proporzionalità.
Una soluzione ermeneutica che vincoli il sequestro preventivo funzionale alla confisca ad una motivazione sul periculum in mora risulta coerente «con i criteri di proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura cautelare, evitando un'indebita compressione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti, quali il diritto di proprietà o la libertà di iniziativa economica, e la trasformazione della misura cautelare in uno strumento, in parte o in tutto, inutilmente vessatorio» (così in motivazione Sez.U. "Ellade").
2.2. Le Sezioni unite non hanno espressamente esaminato l'applicabilità dei principi affermati, in tema di onere motivazionale relativamente al pericufum, con riguardo al sequestro preventivo nel procedimento a carico degli enti. Tuttavia, i principi affermati, stante la loro valenza generale, devono necessariamente essere attuati anche nel contesto normativo disegnato dall'art. 53 d.lgs. fl.231 del 2001.
La necessità di subordinare il sequestro ex art. 53, cit., anche alla sussistenza del pericufum in mora, sulla base di un'adeguata motivazione, è ancor più pressante nel regime della responsabilità degli enti, nel quale la confisca, e quindi il sequestro ad essa finalizzato, possono assumere una tale incidenza da produrre effetti irreversibili rispetto alla sopravvivenza stessa dell'ente, come avviene nel caso in cui il vincolo cautelare venga apposto su risorse patrimoniali talmente ingenti da determinare la sostanziale impossibilità della prosecuzione dell'attività aziendale.
Analoghe considerazioni valgono nel caso in cui il sequestro finalizzato alla confisca ricada direttamente sul compendio aziendale, posto che in tali ipotesi si può pervenire alla anticipata sottrazione dei beni strumentali per la prosecuzione dell'impresa, con il rischio di pregiudicare definitivamente la continuità della stessa, il che realizzerebbe indirettamente il medesimo effetto riconosciuto alle ben più gravi misure cautelari interdittive.
In buona sostanza, l'incidenza del sequestro finalizzato alla confisca, proprio in considerazione della peculiarità della responsabilità ex d.lgs. n.231 del 2001 e della sua tendenziale applicazione rispetto ad attività imprenditoriali, è tale da richiedere garanzie rafforzate e non certo Inferiori rispetto a quanto previsto in general per il sequestro preventivo ex art. 321 cod. proc. pen.
Per tali ragioni, quindi, deve ritenersi che i principi affermati nella sentenza "Ellade", improntati alla salvaguardia del principio di proporzionalità delle misure cautelari ed alla tutela del diritto di proprietà, meritano sicuramente di trovare applicazione anche nel processo a carico degli enti.
È pur vero, infatti, che l'art. 53, d.lgs. n. 231 del 2001, nel disciplinare il sequestro preventivo finalizzato alla confisca si limita a stabilire che il giudice "può" disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca, ma tale dizione è esattamente corrispondente a quella contenuta all'art. 321, comma 2, cod. proc. pen., in relazione alla quale le Sezioni unite hanno ritenuto di richiedere la necessaria motivazione in merito alle esigenze cautelari, anche nel caso di confisca obbligatoria.
Deve concludersi, quindi, nel ritenere che la previsione speciale dettata all'art. 53, d.lgs. n. 231 del 2001 non si differenzia - quanto ai presupposti di applicabilità del sequestro - da quella generale disciplinante il sequestro finalizzato alla confisca ex art. 321, comma 2, cod. proc. pen. A ciò si aggiunga che, per le ragioni ampiamente esposte nella sentenza "Ellade", è la natura stessa delle misure cautelari che impone la ricorrenza del duplice requisito del fumus e del periculum, sicché non vi è ragione alcuna per ritenere che il decreto di sequestro, adottato ai sensi dell'art.53, d.lgs. n. 231 del 2001, non debba contenere la sia pur sintetica motivazione in ordine alle esigenze cautelari che il sequestro mira a tutelare.
Occorre aggiungere, infine, che il d.lgs. n.231 del 2001 è improntato alla salvaguardia della continuità imprenditoriale, posto che il sistema sanzionatorio contempla plurimi strumenti premiali che consentono, nel corso del procedimento, di adottare quelle forme di recupero della legalità a fronte del quale è previsto un trattamento sanzionatorio di assoluto favore.
Rispetto alla ratio che ispira il d.lgs. n.231 del 2001, non appare compatibile un'interpretazione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca che sia, potenzialmente, in grado di esautorare l'ente dall'utilizzo di gran parte del proprio patrimonio e della azienda, anticipando gli effetti della condanna e, di fatto, impedendo anche l'efficace adozione delle misure riparatorie, se non a fronte della rigorosa verifica dei presupposti, anche in ordine al periculum in mora.
2.3. Acclarata la necessità che il sequestro finalizzato alla confisca obbligatoria ex art. 19, d.lgs. n. 231 del 2001 richiede necessariamente un'adeguata motivazione in merito alle esigenze cautelari, deve precisarsi che queste ultime sono tendenzialmente da valutare con riguardo al rischio di dispersione della garanzia patrim0niale in merito all'eseguibilità della confisca.
Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca assume una funzione essenzialmente conservativa, tant'è che la stessa sentenza "Ellade" ha espressamente affermato che la ratio della misura cautelare in esame si pone in evidente parallelismo rispetto al sequestro conservativo di cui all'art. 316 cod. proc. pen. che, analogamente, e con riferimento alla necessità di garantire l'effettività delle statuizioni relative al "pagamento della pena pecuniaria", presenta le stesse caratteristiche di preservazione della operatività di dette statuizioni, anch'esse condizionate alla definitività della pronuncia cui accedono.
Quanto detto, tuttavia, non consente di estendere tout court al sequestro preventivo i medesimi presupposti applicativi elaborati con riferimento al sequestro conservativo, in relazione al quale la giurisprudenza ha chiarito che per ritenere sussistenti le esigenze cautelari è sufficiente che vi sia il fondato motivo per ritenere che manchino le garanzie del credito, ossia che il patrimonio del debitore sia attualmente insufficiente per l'adempimento delle obbligazioni di cui all'art. 316, commi 1 e 2, cod. proc. pen., non occorrendo invece che sia simultaneamente configurabile un futuro depauperamento del debitore (Sez. U, n. 51660 del 25/09/2014, Zambito Rv.261118). Tale affermazione, infatti, si giustifica a fronte della previsione normativa contenuta all'art. 316 cod. proc. pen. che contempla, quali presupposto per l'apposizione del vincolo, l'alternativa sussistenza del requisito della mancanza delle garanzie o del rischio della loro dispersione.
I suddetti requisiti, nonostante l'accertata similitudine di funzione riconosciuta tra il sequestro preventivo finalizzato alla confisca e quello conservativo, non sono richiamati nell'art. 321, comma 2, cod. proc. pen. e nell’art. 53, d.lgs. n.231 del 2001, in relazione ai quali, pertanto, deve ritenersi che la misura cautelare non possa essere applicata a fronte della mera sproporzione tra il profitto confiscabile e il patrimonio dell'ente, occorrendo in ogni caso - a differenza di quanto avviene nel caso del sequestro conservativo - un quid pluris che giustifichi l'effetto ablativo anticipato rispetto alla condanna che disponga la confisca.
Con una recente pronuncia, questa Corte ha già avuto modo di affermare tale principio, chiarendo che in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato, è illegittimo il provvedimento di applicazione della misura che non contenga una, sia pur concisa, motivazione circa la ritenuta sussistenza del periculum in mora, anche nel caso in cui il patrimonio del soggetto passibile di ablazione sia di consistenza inferiore alla somma sino alla cui concorrenza questa dovrebbe operare, non coincidendo il suo presupposto applicativo con quello della mancanza/insufficienza della garanzia patrimoniale, previsto per il sequestro conservativo (Sez.3, n.31025 del 6/4/2023, Benzoni, Rv285042; si veda anche Sez.3, n. 44874 dell'll/10/22, Fricano, Rv. 283769).
Tale decisione ha espressamente preso spunto dalle considerazioni svolte in motivazione dalle Sezioni unite nella sentenza "Ellade", precisando che lì dove si fa riferimento al "parallelismo" tra sequestro conservativo e sequestro preventivo finalizzato alla confisca, non si è inteso operare una equiparazione, essendosi esclusivamente sottolineata la necessità che la motivazione, per entrambe le tipologie di sequestro, non possa limitarsi al solo aspetto del fumus. Le Sezioni unite, con specifico riguardo alla funzione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca, hanno rilevato la necessità «che Il provvedimento si soffermi sulle ragioni per le quali Il bene potrebbe, nelle more del giudizio, essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato. Una esigenza, questa, rapportata appunto alla ratio della misura cautelare volta a preservare, anticipandone i tempi, gli effetti di una misura che, ove si attendesse l'esito del processo, potrebbero essere vanificati dal trascorrere del tempo».
Sulla base di tali indicazioni ermeneutiche, si ritiene, pertanto, di poter affermare il principio secondo cui il decreto di sequestro preventivo finalizzato richiede una specifica motivazione in ordine alle ragioni per le quali i beni suscettibili di apprensione potrebbero, nelle more del giudizio, essere modificati, dispersi, deteriorati, utilizzati o alienati, tenendo conto della tipologia dei beni presenti nel patrimonio del destinatario della confisca, senza, tuttavia, che le esigenze cautelari possano essere desunte esclusivamente dall'incapienza del patrimonio rispetto al presumibile ammontare della confisca.
3. Applicando tali principi al caso di specie, è agevole rilevare come l'ordinanza impugnata abbia reso una motivazione solo apparente in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, limitandosi ad affermare che "l'attuale capienza del patrimonio non garantisce nulla sulla concreta possibilità che nelle more del giudizio lo stesso possa essere dissolto''.
Si tratta di un'affermazione che, peraltro, sovrappone due diversi elementi, da un lato, infatti, sembrerebbe affermarsi che il patrimonio attuale della società risulterebbe incapiente e, al c0ntempo, si afferma che nelle more del giudizio il patrimonio potrebbe essere dissolto, sottintendendo l'esistenza di elementi sintomatici di un eventuale depauperamento della garanzia patrimoniale.
Tali affermazioni, tuttavia, slegate da qualsivoglia motivazione in ordine all'entità e alla composizione del patrimonio, non consentono di far ritenere rispettato l'obbligo di motivazione del sequestro.
Il Tribunale, pertanto, nel rivalutare il provvedimento impugnato dovrà stabilire l'entità della confisca e valutarla in correlazione al patrimonio della società, valutandone sinteticamente la consistenza e composizione, al fine di stabilire se, tenendo conto della tipologia dei beni, della destinazione o meno all'attività produttiva ed alla continuità della stessa, nonché all'agevole monetizzazione dei beni, diversi dal denaro, suscettibili di confisca, sussista un effettivo periculum in mora, essenzialmente In relazione alla possibilità di sottrazione dei beni in vista della futura confisca. In buona sostanza, si richiede una valutazione del periculum che tenga conto di tutti gli elementi rilevanti ai fini di stabilire il rischio di impossibilità di procedere alla confisca, all'esito del giudizio, in assenza di un'apprensione cautelare dei beni.
A tal riguardo, il mero dato della sproporzione tra l'entità del profitto confiscabile e il patrimonio dell'ente destinatario del sequestro non è un elemento di per sé dirimente e tale da non richiedere alcuna ulteriore valutazione, dovendosi pur sempre verificare la ricorrenza del periculum tenendo conto dello stato patrimoniale (presenza di beni immobili, beni produttivi, capacità di produrre reddito, liquidità agevolmente distraibile), nonché di indici dai quali desumere il rischio concreto di condotte elusive e di occultamento, dissipazione o deterioramento dei beni.
Nel compiere tale verifica, il giudice del rinvio dovrà altresì considerare che in tema di impugnazioni cautelari reali, non è consentito al tribunale del riesame integrare la motivazione del decreto di sequestro preventivo a fini di confisca in punto di periculum in mora, nel caso in cui essa sia del tutto mancante, in quanto tale carenza è causa di radicale nullità del provvedimento ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 309, comma 9, e 324, comma 7, cod. proc. pen. (Sez.3, n. 3038 del 14/11/2023, dep.2024, Emme Ci Tex s.r.l., Rv. 285747).
3. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento dell'ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale del riesame di Macerata che, nel nuovo giudizio, si atterrà ai principi indicati in motivazione.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Macerata competente ai sensi dell'art. 324, co.5, c.p.p.