Contrasto interpretativo tra diritto nazionale e comunitario: grava sul trasportato la prova dell'inconsapevolezza della provenienza illecita del veicolo? Il Tribunale di Lodi ha chiesto l'intervento dell'Unione Europea per stabilirlo. Un chiarimento, quello sulla ripartizione dell'onus probandi, che assume un'importanza rilevante sia in relazione alla...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Oggetto del procedimento e fatti rilevanti.
Con atto di citazione dell'11.2.2022, AA ha convenuto in giudizio PA, erede di PP, e CC, quest'ultima nella sua qualità di impresa designata dal Fondo di garanzia delle vittime della strada (in breve, FGVS)(1), per ottenere il risarcimento del danno (quantificato in 233.076,00 EUR oltre interessi e rivalutazione) patito in conseguenza del sinistro stradale in cui era rimasta coinvolta il 6.1.2016.
AA ha dedotto che il 6.1.2016, a Lodi, era stata invitata a salire a bordo, come passeggera, di un'autovettura (una Ford Fiesta, con targa italiana (omissis)) di cui PP aveva la disponibilità.
Durante il tragitto, l'autovettura ha subito un incidente; la dinamica del sinistro è stata accertata mediante la relazione di incidente stradale della Polizia Locale di Lodi, prot. N. 5/2016/I (doc. 6 Allianz). Gli agenti della Polizia Locale, sentiti gli interessati e i testi oculari, hanno così descritto l'accaduto: il veicolo su cui circolavano PP (alla guida) e AA (trasportata) ha tamponato da tergo un'altra vettura (condotta da B.I., a bordo della quale vi erano anche due passeggeri) in prossimità del km 297,100 della SS9 in direzione Milano. A seguito della collisione, la Ford Fiesta su cui si trovavano AA e PP ha sbattuto contro il new jersey e si è ribaltata. AA e PP sono stati trasportati in ospedale.
Quanto al conducente, questi è risultato positivo alla cocaina, agli oppiacei e al tetraidrocannabinolo. Non si conoscono – e in ogni caso sono irrilevanti – gli esiti del sinistro sulle condizioni fisiche del conducente.
Con riferimento, invece, a AA, il medico legale incaricato, come consulente tecnico, dal Tribunale ha accertato che, in conseguenza dell'incidente, la donna ha riportato significative conseguenze sul pianto dell'integrità fisica.
Gli agenti della Polizia Locale intervenuti, nella loro relazione, hanno osservato che la Ford Fiesta risultava provento di furto, avendone il proprietario (tale PB) denunciato la sottrazione, a opera di ignoti, il 12.12.2015.
In conseguenza, PP e AA sono stati sottoposti a procedimento penale per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.); l'attrice è stata assolta per non avere commesso il fatto (sent. 250/21, Trib. Lodi, doc. 5 AA).
Nelle more, PP è deceduto.
Una volta instaurato il procedimento, si è costituita in giudizio CC (quale impresa designata dal FGVS), la quale ha rilevato che il risarcimento ex art. 283, d.lgs. 209/05 sarebbe dovuto soltanto in favore di terzi trasportati inconsapevoli della circolazione illegale dell'autovettura a bordo della quale si trovavano al momento del sinistro, richiamando l'orientamento della Suprema Corte (in particolare, Cassazione, sent. 12231/2019) per cui spetterebbe all'attore danneggiato la prova di aver ignorato senza colpa l'illegale circolazione del mezzo. In tal senso, ha eccepito l'irrilevanza della sentenza penale di assoluzione e, in ogni caso, l'impossibilità di invocarne, nei propri confronti, l'accertamento.
Con ordinanza del 24.6.2022, il giudice istruttore ha preso atto che anche RT, che era stato convenuto in giudizio come erede di PP, era deceduto prima dell'instaurazione della lite; l'attore, con le proprie note scritte sostitutive di udienza, aveva implicitamente dichiarato di rinunciare a ogni domanda nei confronti di qualsiasi successibile di RT.
La causa è stata istruita in via documentale e mediante la redazione della consulenza medico-legale; il consulente tecnico è comparso poi dinanzi al giudice e alle parti, all'udienza del 12.1.2024, per rendere alcuni chiarimenti richiesti dai consulenti delle parti.
La causa è stata quindi rinviata per discussione e decisione, al 13.3.2024, con sostituzione dell'udienza in forma di trattazione scritta ex art. 127-ter c.p.c.
Tuttavia, con ordinanza del 20.3.2024, questo giudice ha rimesso la causa sul ruolo e assegnato alle parti il termine del successivo 3.5.2024 per il deposito di una memoria scritta relativa alle questioni che seguono: 1) l'esistenza (o meno) di un contrasto tra il diritto interno (art. 283 cod. ass. priv., come interpretato dalla Suprema Corte) e sovranazionale (art. 13, direttiva 2009/103/CE); 2) la sussistenza (o meno) di presupposti per un rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di giustizia ex art. 267 TFUE.
La difesa di AA ha fatto pervenire una memoria autorizzata il successivo 22.3.2024.
La difesa di CC ha fatto pervenire una memoria autorizzata il successivo 3.5.2024.
2. La disciplina italiana rilevante e la relativa interpretazione giurisprudenziale. Le disposizioni rilevanti, nel diritto nazionale, ai fini dell'odierna fattispecie, sono le seguenti.
L'art. 283, co. 1, d.lgs. 209/2005 (codice delle assicurazioni private) prevede: “1. Il Fondo di garanzia per le vittime della strada, costituito presso la CONSAP, risarcisce i danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, nei casi in cui: […] d) il veicolo sia posto in circolazione contro la volontà del proprietario, dell'usufruttuario, dell'acquirente con patto di riservato dominio o del locatario in caso di locazione finanziaria”.
L'art. 283, co. 2, d.lgs. 209/2005, recita: “nel caso di cui al comma 1, lettera d), il risarcimento è dovuto, limitatamente ai terzi non trasportati e a coloro che sono trasportati contro la propria volontà ovvero che sono inconsapevoli della circolazione illegale”.
Tale disciplina è stata interpretata, sia dalla Suprema Corte (Cassazione, sent. 12231/2019; 15982/2023), sia dai giudici di merito (p.e., Corte d'Appello di Milano, sent. 1028/2020; Tribunale di Torino, sent. 4602/2021), nel senso che la prova della consapevolezza della provenienza illegale del mezzo graverebbe sul danneggiato- attore, in quanto fatto costitutivo della propria domanda risarcitoria.
Nella sentenza n. 15982/2023, richiamato testualmente il precedente del 2019, la Corte di Cassazione così argomenta: “[l]'onus probandi della consapevolezza del difetto di assicurazione, dovuto alla circolazione contro la volontà del proprietario, in quanto il veicolo era stato oggetto di furto, incombe, secondo la norma eurounitaria, in capo all'assicuratore. Questa Corte, già con la sentenza n. 12231 del 9 maggio 2019, ha esaustivamente chiarito che: ‹‹[l]a norma di cui all'art. 283, co. 2 del Codice delle Assicurazioni, anche nella versione precedente la novella del 2005, è sempre stata interpretata dalla giurisprudenza nel senso che la deroga alla non risarcibilità del danno del terzo trasportato da parte della compagnia di assicurazioni si giustifica a condizione che sussista la condizione dell'ignoranza dell'illegale circolazione. Questa lettura è del tutto coerente con la formulazione della norma che, come riferito, prevede ipotesi derogatorie al principio della non risarcibilità del danno, rispetto alla quale l'ignoranza dell'illegalità della circolazione non può che assumere natura di fatto costitutivo del diritto e non anche di fatto estintivo della pretesa. Né può sostenersi che l'interpretazione del giudice ordinario sia contraria al diritto comunitario in quanto, come desumibile da casi citati dallo stesso ricorrente, anche per il diritto comunitario vi è deroga al diritto al risarcimento del danno nel caso in cui i terzi trasportati fossero a conoscenza dell'illegale provenienza del veicolo››”.
Nella sentenza n. 12231/2019, testualmente, si legge: “[l]'unica differenza che può desumersi tra il testo comunitario e la norma interna consiste nel riparto dell'onere della prova laddove la normativa comunitaria pone tale onere a carico dell'assicuratore e quella interna non esprimendosi in modo chiaro lascia comunque intendere che la mancata conoscenza dell'illegalità sia un fatto costitutivo della pretesa, a carico del danneggiato. Il legislatore italiano nel dare attuazione alla normativa comunitaria e nel prevedere la copertura assicurativa a soggetti prima esclusi dal risarcimento, non ha potuto non occuparsi dei casi in cui il risarcimento del terzo trasportato contro la propria volontà o perché al corrente dell'illegalità della circolazione, non possa ottenere il risarcimento. L'aver posto a carico del danneggiato l'onere della prova della propria buona fede rientra, ad avviso di questa Corte, nella sfera di discrezionalità che residua allo Stato nell'attuare la direttiva, ferma restando l'identità del fine perseguito dal diritto comunitario e da quello interno, di non consentire il risarcimento a chi conosca la provenienza furtiva del mezzo”.
3. La disciplina sovranazionale.
Il parametro normativo di riferimento applicabile ratione temporis, nel diritto derivato dell'Unione europea, è costituito dalla direttiva 2009/103/CE del 16.9.2009 (in GUUE, L 263, p. 11).
L'art. 13 di tale direttiva prevede:
- al par. 2, co. 1, che “2. Nel caso di veicoli rubati o ottenuti con la violenza, gli Stati membri possono prevedere che l'organismo di cui all'articolo 10, paragrafo 1, intervenga in luogo e vece dell'assicuratore, alle condizioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo”;
- al par. 1, co. 1, che “sia reputata senza effetto, per quanto riguarda il ricorso dei terzi vittime di un sinistro, qualsiasi disposizione legale o clausola contrattuale contenuta in un contratto di assicurazione rilasciato conforme mente all'articolo 3 che escluda dall'assicurazione l'utilizzo o la guida di autoveicoli da parte: a) di persone non aventi l'autorizzazione esplicita o implicita; b) di persone non titolari di una patente di guida che consenta loro di guidare l'autoveicolo in questione; c) di persone che non si sono conformate agli obblighi di legge di ordine tecnico concernenti le condizioni e la sicurezza del veicolo in questione”;
- al par. 1, co. 2, che “la clausola di cui al primo comma, lettera a), può essere opposta alle persone che di loro spontanea volontà hanno preso posto nel veicolo che ha causato il danno se l'assicuratore può provare che esse erano a conoscenza del fatto che il veicolo era rubato”.
Non constano, a questo Giudice, sentenze della Corte di giustizia specificamente volte a interpretare l'art. 13, direttiva 2009/103/CE.
Tuttavia, nella giurisprudenza della Corte di giustizia, pur maturata con riferimento alla precedente disciplina in materia (le c.d. seconda, terza e quarta direttiva in materia, risalenti, rispettivamente, al 1984, al 1990 e al 2000), è ricorrente l'affermazione per cui le disposizioni legislative o le clausole contrattuali che abbiano per effetto quello di escludere l'operatività di una polizza assicurativa possono essere opposte alle vittime di un incidente soltanto ove “l'assicuratore sia in grado di dimostrare che le persone che avevano preso posto in piena consapevolezza nel veicolo che ha causato il danno erano a conoscenza del fatto che fosse stato rubato” (Corte giust., 30.6.2005, C- 537/03, Candolin, punto 23; cfr. anche Corte giust., 1.12.2011, C 442/10, Churchill, punto 35).
4. Le memorie delle parti e i relativi argomenti.
Come anticipato, con ordinanza del 20.3.2024, questo giudice ha invitato le parti a depositare, entro il termine del 3.5.2024, una memoria scritta relativa alle questioni che seguono: 1) l'esistenza (o meno) di un contrasto tra il diritto interno (art. 283 cod. ass. priv., come interpretato dalla Suprema Corte) e sovranazionale (art. 13, direttiva 2009/103/CE); 2) la sussistenza (o meno) di presupposti per un rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di giustizia ex art. 267 TFUE.
La difesa di AA ha fatto pervenire una memoria autorizzata il successivo 22.3.2024 e ha sostenuto che l'art. 13, direttiva 2009/103/CE sarebbe già sufficientemente chiaro nel senso di imporre l'obbligo della prova in capo al FGVS. Inoltre, ha sollecitato la disapplicazione della disposizione interna in caso di ritenuto contrasto tra il diritto dell'Unione europea e quello nazionale.
La difesa di CC ha fatto pervenire una memoria autorizzata il successivo 3.5.2024, in cui ha richiamato la giurisprudenza nazionale, di merito e di legittimità, secondo cui l'onere della prova della provenienza furtiva della vettura insisterebbe sull'attore/danneggiato. In proposito, la difesa di CC ha evidenziato che mai la Corte di Cassazione, nelle ipotesi in cui si è pronunciata sull'applicazione della norma nazionale, ha ritenuto – pur essendovi, in tesi, obbligata ex art. 267 TFUE – di proporre essa stessa un rinvio pregiudiziale, sul presupposto che l'interpretazione fornita non si sarebbe posta in contrasto con la direttiva 2009/103/CE.
5. I motivi del rinvio pregiudiziale e il punto di vista del giudice del rinvio. Questo Giudice ritiene opportuno sollecitare, di ufficio, un intervento interpretativo da parte della Corte di giustizia in ordine all'art. 13, direttiva 2009/103/CE.
Pur nella consapevolezza che spetta all'autorità giudiziaria nazionale “interpretare il diritto nazionale per quanto possibile alla luce del testo e dello scopo della direttiva onde conseguire il risultato perseguito da quest'ultima” (così, testualmente e tra le tante, Corte giust., 5.10.2004, cause riunite da C-397/01 a C-403/01, Pfeiffer, punto 113 e ulteriori precedenti ivi citati), si stima necessario che la Corte di giustizia, istituzione cui spetta fornire l'esatta esegesi del dato normativo sovranazionale, si pronunci sulla disposizione innanzi citata, al fine di evitare che la giurisprudenza nazionale possa consolidarsi nel solco dell'orientamento già richiamato e che potrebbe risultare non coerente con la disciplina sovranazionale.
L'art. 13, direttiva 2009/103/CE, consente – “possono prevedere” – agli Stati membri di prevedere (senza, quindi, alcuna imposizione) che l'organismo di cui all'art. 10, par. 1, intervenga per risarcire la vittima di un sinistro cagionato da un'automobile rubata; nulla, tuttavia, dice espressamente – né l'art. 13, né il richiamato art. 10, direttiva 2009/103/CE – in ordine al fatto che, anche qualora il legislatore abbia previsto l'intervento dell'organismo preposto, gravi su quest'ultimo (o sul danneggiato-attore) l'onus probandi in merito alla conoscenza, per il danneggiato, della illiceità della circolazione. L'art. 13, par. 1, co. 2, direttiva 2009/103/CE si riferisce, infatti, soltanto al precipuo caso della domanda svolta nei confronti dell'impresa assicuratrice.
Ad avviso di questo Giudice, è quindi opportuno chiarire se, nel caso in cui il legislatore nazionale (come accaduto in Italia) abbia deciso di prevedere l'intervento dell'organismo di cui all'art. 10, par. 1, direttiva 2009/103/CE, si possa poi affermare – senza che sorga contrasto con il diritto dell'Unione europea – un regime probatorio che addossi al danneggiato l'onere di provare l'ignoranza della furtività del veicolo o se, invece, dal complessivo tenore della direttiva 2009/103/CE debba desumersi il contrario.
La pronuncia sollecitata assume manifesto rilievo nel procedimento in esame, poiché dalla distribuzione dell'onere della prova in ordine alla consapevolezza (o meno) della provenienza delittuosa del bene discendono conseguenze determinanti in ordine alla possibilità (o meno) di accoglimento della domanda e della conseguente liquidazione del ristoro richiesto. Né il requisito della rilevanza viene meno per il mero fatto (su cui reiteratamente ha insistito la difesa di AA) che la signora sia stata assolta dal reato di ricettazione, in quanto un soggetto ben può avere conoscenza della provenienza illecita di un bene senza aver concorso nel menzionato delitto. È quindi evidente che la ripartizione dell'onus probandi assume, in questo giudizio come in ogni altra fattispecie analoga che si dovesse in futuro presentare, manifesta importanza.
Questo Giudice – al quale le raccomandazioni relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale consentono di offrire un proprio (sintetico) punto di vista – ritiene che una lettura congiunta delle disposizioni della direttiva suggerisca di porre a carico dell'organismo di cui all'art. 10, par. 1, direttiva 2009/103/CE (in Italia, il FGVS) l'onere di provare la condizione della provenienza furtiva dell'automobile.
In tal senso, oltre alla formulazione dell'art. 13, direttiva 2009/103/CE, depongono:
(i) la lettura, in chiave sistematica, dell'art. 10, par. 2, co. 2, direttiva 2009/103/CE, secondo cui – in caso di circolazione di veicoli non assicurati – la circostanza della conoscenza della carenza di assicurazione in capo al danneggiato dev'essere provata dall'organismo al fine di escludere il pagamento dell'indennizzo. Sicché, sembrerebbe evidente l'intento del legislatore sovranazionale di gravare l'organismo – e non il danneggiato – dell'obbligo di fornire la prova di una qualsiasi circostanza che impedisca il risarcimento, anche nei confronti di questo specifico soggetto (e non solo, quindi, quando la controparte sia un'impresa assicuratrice);
(ii) il testuale rinvio dell'art. 13, par. 2, co. 1, direttiva 2009/103/CE, al par. 1 della medesima disposizione (“intervenga in luogo e vece dell'assicuratore, alle condizioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo”);
(iii) il principio generale per cui vulneratus ante omnia reficiendus, che innerva l'intero corpo normativo sovranazionale in tema di assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli e che, con frequenza, la Corte di giustizia ha posto a fondamento delle proprie decisioni in materia (cfr., per tutte, Corte giust., 1.12.2011, C 442/10, Churchill). Perciò, se la ratio legis è quella di consentire al danneggiato incolpevole di avere accesso a un giusto ristoro, non si vede come possa essere quest'ultimo gravato dell'obbligo di provare una circostanza (peraltro, di carattere negativo, ossia “di non sapere”) la cui dimostrazione è pressoché impossibile;
(iv) il principio di effettività del diritto dell'Unione europea – quale consueto limite dell'autonomia procedurale degli Stati membri – secondo cui le modalità di tutela dei diritti di fonte sovranazionale non devono essere rese impossibili o eccessivamente difficili dall'ordinamento processuale nazionale (cfr., tra le storiche pronunzie sul punto, Corte giust., 14.12.1995, C-312/93, Peterbroeck e 19.11.1991, C-6/90 e C-9/90, Francovich). Nella fattispecie in esame, l'esercizio diritto accordato al danneggiato, di espressa derivazione sovranazionale, potrebbe essere gravemente compromesso dall'obbligo di fornire la prova di una circostanza negativa e, soprattutto, il cui accertamento è pressoché impossibile da parte del soggetto che reclama l'indennizzo.
In quest'ottica, l'orientamento formatosi nella giurisprudenza nazionale non soltanto non è, per questo Tribunale, vincolante, ma neppure appare del tutto persuasivo: anzi, proprio le motivazioni delle sentenze della Suprema Corte invitano a procedere al rinvio pregiudiziale.
Nelle pronunce richiamate, specie in quella n. 12231/2019, la Corte di Cassazione assume per presupposto un conflitto tra il dato normativo sovranazionale e quello interno, per poi, però, ritenere che la discrasia sia (legittimamente) riconducibile al margine di discrezionalità del legislatore in sede di trasposizione della direttiva.
Tuttavia, le due affermazioni non paiono poter coesistere: o si afferma che vi è un contrasto tra la disciplina di fonte europea e quella nazionale e si perviene alla soluzione dell'antinomia con i criteri a tal fine preposti (primo fra tutti, l'interpretazione conforme al diritto sovranazionale, con necessità di rivolgersi alla Corte di giustizia ove ricorra un dubbio esegetico), oppure si sostiene che il legislatore nazionale non era vincolato quanto alle modalità di trasposizione. In questo secondo caso, tuttavia, non è neppure corretto ravvisare un conflitto tra le norme: se si afferma che la direttiva non vincola il legislatore (e il giudice) quanto al riparto dell'onus probandi, allora lo Stato membro conserverebbe intatta la propria sfera di autonomia nel disciplinare i presupposti delle domande risarcitorie e i relativi oneri probatori, senza che neppure si profili un contrasto.
La breve sintesi di questi argomenti induce a ritenere la necessità che sia la Corte di giustizia a pronunciarsi sulla corretta interpretazione della disciplina sovranazionale, segnatamente gli artt. 13 e 10, direttiva 2009/103/CE, in modo tale che sia chiarito se, in caso di domande risarcitorie promosse agli organismi preposti all'indennizzo delle c.d. vittime della strada, gravi sul richiedente – o sull'organismo – l'onere di provare la conoscenza della provenienza furtiva del mezzo.
6. I quesiti
I quesiti sui quali si intende sollecitare l'intervento della Corte di giustizia sono così formulati:
“se l'art. 13, direttiva 2009/103/CE debba essere interpretato nel senso che, nel caso di un incidente stradale che abbia coinvolto una persona trasportata a bordo di un veicolo di provenienza furtiva, spetti all'organismo incaricato del risarcimento ai sensi dell'art. 10 direttiva 2009/103/CE provare che il danneggiato era a conoscenza della provenienza furtiva dell'automobile”;
“se, in caso affermativo, tale disposizione, così interpretata, osti, o meno, a una disciplina, quale quella italiana, interpretata ed applicata nel senso che l'onere della prova grava sulla persona trasportata e danneggiata”.
PQM
7. Dispositivo
Per i motivi che precedono, il Tribunale di Lodi, in composizione monocratica, in persona del Giudice istruttore dott. Matteo Aranci:
(A) Dispone, ex art. 267 TFUE, che siano sottoposte alla Corte di giustizia dell'Unione europea le questioni pregiudiziali interpretative che seguono:
1. “se l'art. 13, direttiva 2009/103/CE debba essere interpretato nel senso che, nel caso di un incidente stradale che abbia coinvolto una persona trasportata a bordo di un veicolo di provenienza furtiva, spetti all'organismo incaricato del risarcimento ai sensi dell'art. 10, direttiva 2009/103/CE provare che il danneggiato era a conoscenza della provenienza furtiva dell'automobile”;
2. “se, in caso affermativo, tale disposizione, così interpretata, osti a una disciplina, quale quella italiana, interpretata ed applicata nel senso che l'onere della prova grava sulla persona trasportata e danneggiata”;
(B) Manda alla cancelleria per la trasmissione, preferibilmente con modalità telematiche, di questa ordinanza alla Corte di giustizia, insieme a tutti gli atti e ai documenti di causa e a una copia anonimizzata di questa ordinanza, specificando i recapiti telefonici, di fax e di posta elettronica della cancelleria ai fini delle comunicazioni che la Corte dovesse effettuare nei confronti del giudice titolare del procedimento;
(C) Sospende il procedimento sino alla comunicazione della decisione della Corte di giustizia.