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30 agosto 2024
Il detenuto in custodia cautelare può chiedere la visita del medico di fiducia?
Sì, e non è necessaria l'autorizzazione del giudice, trattandosi di un vero e proprio diritto del richiedente costituzionalmente garantito.
di La Redazione
Tizio, detenuto in custodia cautelare, ha chiesto di ottenere l'accesso presso l'istituto di un medico chirurgo specialista in psichiatria, al fine di essere sottoposto a visita specialistica. Il GIP, limitandosi a fare proprio il parere negativo del PM, ha rigettato la richiesta.
 
Il detenuto ricorre così in Cassazione, lamentando la violazione dell'art. 11, comma 12, ord. pen., norma che espressamente prevede, a tutela del diritto alla salute dei detenuti, che gli stessi «possono richiedere di essere visitati a proprie spese da un esercente la professione sanitaria di loro fiducia», senza che sia consentito al giudice di sindacarne le ragioni o i motivi.
 
Con sentenza n. 30970 del 29 luglio, la Suprema Corte dichiara il ricorso fondato.
 
Dal tenore letterale dal norma emerge che i detenuti e gli internati possono chiedere di essere vistati a proprie spese da un medico di fiducia senza che ricorrano limiti e condizioni, se non la necessità di curarsi; soltanto per gli imputati, ovverosia per i detenuti per i quali pende il processo, la norma chiede l'autorizzazione del giudice che procede.
 
Va da sé che può essere enunciato un nuovo principio di diritto:

giurisprudenza

«E' abnorme, in quanto emesso in difetto di potere, il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari non consenta, per ragioni estranee ad esigenze di accertamento dei fatti per i quali è procedimento, all'indagato detenuto in custodia cautelare in carcere di essere visitato a proprie spese da un medico di sua fiducia».

Presupposto ciò, il provvedimento impugnato nel caso di specie ha evidentemente violato la normativa di riferimento, non solo perché ha opinato l'esigenza di sindacare le ragioni dell'effettiva necessità della visita medica, finendo per frustrare immotivatamente quello che costituisce un vero e proprio diritto, costituzionalmente garantito, del richiedente, ma anche soprattutto perché ha esercitato un potere non riconosciuto dall'ordinamento, sindacando le modalità di esercizio di un diritto in relazione al quale il legislatore non ha previsto alcun preventivo vaglio dell'autorità giudiziaria, se non quello, nel caso in esame: non esercitato, dell'apprezzamento di possibili pregiudizi per l'accertamento in corso.
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