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«E' abnorme, in quanto emesso in difetto di potere, il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari non consenta, per ragioni estranee ad esigenze di accertamento dei fatti per i quali è procedimento, all'indagato detenuto in custodia cautelare in carcere di essere visitato a proprie spese da un medico di sua fiducia». |
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza (ud. 8 maggio 2024) 29 luglio 2024, n. 30970
Svolgimento del processo
1. Il difensore di C. B., detenuto in custodia cautelare presso la Casa Circondariale di (omissis), chiedeva al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze di autorizzare l'accesso presso l'Istituto di un medico chirurgo specialista in psichiatria, psichiatria forense e psicoterapeuta, «al fine di sottoporre a visita specialistica il signor C. B., quanto prima», di somministrare allo stesso test diagnostici, nonché al fine di farlo conferire con i sanitari in servizio presso l'istituto e di fargli prendere visione del fascicolo sanitario del detenuto.
Con l'ordinanza qui impugnata il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze, limitandosi a fare proprio il parere neqativo del pubblico ministero (che aveva rilevato che l'istanza «non documenta le ragioni per le quali sarebbe necessario il ricorso ad una visita specialistica di un professionista esterno», ed è, dunque «meramente esplorativa»; che il detenuto può essere sottoposto ad un periodo di osservazione psichiatrica all'interno dell'istituto, come previsto dall'art. 112 d.P.R. n. 230 del 2000; che eventuali accertamenti sulla capacità di intendere e di volere del detenuto devono essere svolti nella forma della perizia in incidente probatorio), rigettava la richiesta.
2. Il difensore di fiducia del B., Avv. F. R. L., ha presentato ricorso per cassazione avverso l'indicata ordinanza, articolando due motivi con i quali denuncia la mancanza ovvero la illogicità della motivazione e la violazione degli artt. 3 e 32 Cost, e dell'art. ll, comma 12, ord. pen., norma che espressamente prevede, a tutela del diritto alla salute dei detenuti, che gli stessi «possono richiedere di essere visitati a proprie spese da un esercente la professione sanitaria di loro fiducia», senzél che sia consentito al giudice di sindacarne le ragioni o i motivi.
3. Il Procuratore Generale ha chiesto annullarsi con rinvio il provvedimento impugnato, poiché il diritto del detenuto - riferibile all'art. 32 Cost. - a ricevere in carcere, a proprie spese, la visita e la cura cli medici di sua fiducia può essere frustrato solo in ragione di «specifiche e ineludibili esigenze cautelari, da individuarsi in concreto, non indicate nella fattispecie de qua».
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato.
2. Occorre premettere, quanto alla possibilità di impugnare il provvedimento, che il ricorso, seppur articolando motivi che deducono violazioni di alcune puntuali disposizioni di legge, prospetta la possibilità di apprezzare nell'ordinanza del giudice fiorentino i tratti propri del provvedimento abnorme, perché emesso in difetto di potere e perché capace di interferire con un diritto costituzionalmente riconosciuto all'indagato detenuto: il ricorrente non ha espressamente evocato la categoria dell'abnormità, ma ha implicitamente ad essa fatto riferimento nel prospettare i vizi del provvedimento, laddove ha denunciato che esso ha di fatto comportato una inammissibile estensione dell'autorizzazione a casi non contemplati dalla legge, evocando «riferimenti normativi che fuoriescono dal perimetro di verifica demandato»: la prospettazione dei caratteri dell'abnormità fa sì che anche un provvedimento ordinariamente inoppugnabile - quale potrebbe essere quello cli specie – possa essere soggetto al sindacato di legittimità, ponendosi la categoria dell'abnormità come deroga al regime di tassatività oggettiva dei rimedi impugnatori.
3. Ciò posto, si deve osservare che l'art. 11, comma 12, ord. pen., nella vigente formulazione, introdotta dall'art. 1 d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 123, prevede che «I detenuti e gli internati possono richiedere di essere visitati a proprie spese da un esercente di una professione sanitaria di loro fiducia. L'autorizzazione per gli imputati è data dal giudice che procede, e per gli imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, per i condannati e gli internati è data dal direttore dell'istituto. Con le medesime forme possono essere autorizzati trattamenti medici, chirurgici e terapeutici da effettuarsi a spese degli interessati da parte di sanitari e tecnici di fiducia nelle infermerie o nei reparti clinici e chirurgici all'interno degli istituti, previ accordi con l'azienda sanitaria competente e nel rispetto delle indicazioni orç;ranizzative fornite dalla stessa».
Pronunciandosi in un caso del tutto sovrapponibile a quello di specie, questa Corte (Sez. 4, n. 27499 del 23/05/2019, Mandolesi, n.m.; cfr., peraltro, negli stessi, e condivisibili, termini, Sez. 1, n. 58489 del 10/10/2018, Monterisi, Rv. 276153 - 01, e Sez. 3, n. 49808 del 14/11/2019, Mandolesi, n.m.) ha già avuto modo di osservare che la norma contenuta nell'art. 11, comma 12, orci. pen. affonda le sue radici nel diritto alla salute del detenuto, riflesso del diritto sancito dall'art. 32 Cost., sicché deve essere letta ed interpretata alla luce di questo diritto fondamentale dell'individuo.
Si evince dal tenore letterale della nonna che i detenuti e gli internati possono chiedere di essere visitati a proprie spese da un medico di fiducia senza che ricorrano limiti o condizioni, se non la necessità di curarsi; soltanto per gli imputati, ovverosia per i detenuti per i quali pende il processo - ed anche per gli indagati, in forza della disposizione estensiva di cui all'art. 61, comma 2, cod. proc. pen. - la norma richiede l'autorizzazione del giudice che procede (peraltro soltanto fino alla sentenza di primo grado), e questo all'evidente finalità - non già di sindacare in qualche modo l'iniziativa individuale di sottoporsi a visita e cura, ma - di verificare se ed in quali termini l'iniziativa possa avere incidenza negativa sugli accertamenti processuali in corso.
Ne consegue che il provvedimento impu9nato ha violato la normativa di riferimento, non solo perché ha opinato l'esigenza - in realtà non prevista dalle norme di riferimento - di sindacare le ragioni della effettiva necessità della visita medica, finendo per frustrare immotivatamente quello che costituisce un vero e proprio diritto, costituzionalmente garantito, del richiedente, ma anche e soprattutto, a monte, perché ha esercitato un potere non riconosciuto dall'ordinamento, sindacando le modalità di esercizio di un diritto in relazione al quale il legislatore non ha previsto alcun preventivo vaglio dell'autorità giudiziaria, se non quello, nel caso in esame: non esercitato, dell'apprezzamento di possibili pregiudizi per l'accertamento in corso.
Deve, dunque, essere affermato il seguente principio di diritto: «E' abnorme, in quanto emesso in difetto di potere, il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari non consenta, per ragioni estranee ad esigenze di accertamento dei fatti per i quali è procedimento, all'indagato detenuto in custodia cautelare in carcere di essere visitato a proprie spese da un medico di sua fiducia».
5. Il provvedimento impugnato deve pertanto essere annullato, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altro giudi'ce per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze, non solo per la eccentricità del contenuto decisorio ma, ancor prima, perché lo stesso è stato adottato in difetto di potere, trattandosi di provvedimento non consentito dalla legge.
Si dispone che, ai sensi dell'art. 52 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, la cancelleria rediga, in calce o a margine del pi-esente provvedimento, opportuna annotazione recante la prescrizione che, in caso di sua diffusione, siano obliterati nella riproduzione le generalità e i dati identificativi del ricorrente, in quanto imposto dalla legge.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Firenze ufficio gip.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d.lgs 196/03 in quanto imposto dalla legge.