Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. La società I.F. S. Italia S.r.l. (d’ora in poi per brevità “I.F.”) ha ottenuto l’emissione, da parte del Tribunale di Padova, del decreto ingiuntivo n. 2321/2022 del 16.09.2022 notificato in pari data, con il quale alla società L.N. Società Consortile Agricola S.r.l. (d’ora in poi per brevità “L.N.”) è stato ingiunto di pagare la somma di € 210.378,24 oltre a interessi, spese e accessori.
2. I.F. ha allegato al proprio ricorso monitorio numerose fatture rimaste insolute (docc. 1 – 62 I.F.) relative alla fornitura a L.N., tra il gennaio del 2021 e il giugno del 2022, di imballaggi per la commercializzazione di prodotti ortofrutticoli, per un credito complessivo di € 210.378,24, già decurtato di una serie di pagamenti effettuati dalla società ingiunta a saldo parziale delle fatture azionate. L’ingiungente ha altresì allegato l’estratto autentico notarile delle proprie scritture contabili, contenenti l’annotazione delle fatture emesse (doc. 63 I.F.).
3. Con atto di citazione ritualmente notificato in termini, L.N. ha proposto opposizione al predetto decreto ingiuntivo, contestando per diverse ragioni l’esistenza e la prova del credito preteso.
4. Sotto un primo profilo, L.N. ha disconosciuto le fatture azionate e le scritture contabili allegate da I.F., le quali non risulterebbero bollate, numerate e conservate secondo i prescritti criteri di legge. Sotto un secondo profilo, L.N. ha contestato la mancata prova dell’avvenuta consegna della merce cui le fatture sono riferite, giacché l’ingiungente non ha allegato al proprio ricorso monitoro i relativi Documenti di Trasporto (DDT) contenenti la firma per ricezione dell’opponente.
5. L.N. ha infine dichiarato di avere eseguito nel tempo alcuni pagamenti in favore di I.F., in esecuzione del rapporto contrattuale con essa concluso: al contrario di quanto sostenuto dalla società ingiungente, tali pagamenti sarebbero però pienamente satisfattivi delle obbligazioni assunte dall’opponente, cosicché null’altro sarebbe dovuto a I.F. in ragione del rapporto commerciale intercorso.6. Si è costituita in giudizio I.F., resistendo all’opposizione.
7. Quanto alla prova del credito, in primo luogo la società opposta ha rilevato come L.N. non abbia negato l’esistenza di un rapporto contrattuale con I.F.; in secondo luogo, la convenuta ha affermato la veridicità e la regolarità delle fatture e dell’estratto autentico notarile del libro giornale (doc. 63 I.F.) allegati al ricorso monitorio.
8. Sul punto, I.F. ha altresì sostenuto che nell’agosto del 2021 L.N. avrebbe riconosciuto il debito per cui è causa e ne avrebbe promesso il pagamento (doc. 65 I.F.). In quell’occasione, a fronte di una prima diffida di pagamento da parte di I.F. della somma complessiva di € 379.039,45 oltre interessi e spese (doc. 64 I.F.), le parti sarebbero addivenute a un accordo per il rientro rateale del debito, con rate di € 50.000 l’una e decadenza della società debitrice dal beneficio del termine in caso di mancato pagamento anche di una sola rata. L.N. avrebbe quindi dato parziale esecuzione a tale promessa di pagamento, saldando solo alcune delle rate – tra l’altro senza puntualità e suddividendole a loro volta in più tranches - e così portando la propria esposizione debitoria a € 210.378,24 oltre interessi: cifra che corrisponde alla somma ingiunta (docc. 66 – 67).
9. Sotto il diverso profilo della titolarità del debito, la società opposta ha poi rilevato che il 20.10.2022 - data successiva alla notificazione del decreto ingiuntivo e di poco precedente alla relativa opposizione - L.N., alcuni suoi soci e una società terza riconducibile agli stessi soci di L.N. hanno costituito la nuova società O.V. S.r.l. (d’ora in poi per brevità solo “O.V.”), con cessione da parte della società ingiunta del proprio ramo d’azienda a titolo di conferimento sociale (docc. da 68 a 71 I.F.). Secondo I.F., la creazione di O.V. avrebbe avuto lo scopo di frodare i creditori e in particolare la società ingiungente.
10. Da un lato, infatti, il conferimento di ramo d’azienda ad opera di L.N. sarebbe stato funzionale allo svuotamento della garanzia patrimoniale della società opponente. Dall’altro, la mancata menzione, nella perizia di stima del ramo d’azienda conferito, del debito con I.F. – già cristallizzato nel decreto ingiuntivo al momento del conferimento e della stessa perizia – rifletterebbe la mancata annotazione del debito nelle scritture contabili di L.N., avente a sua volta lo scopo di escludere la responsabilità solidale di O.V. per il debito ingiunto ai sensi dell’art. 2560/II comma c.c.
11. Secondo la prospettazione dell’ingiungente, i soci di O.V. – tra cui la stessa L.N. - non potevano non essere a conoscenza del debito ingiunto al momento della costituzione della nuova società, in ragione dei loro stretti legami professionali e patrimoniali con L.N.: I.F. ha pertanto concluso chiedendo, secondo un’interpretazione elastica dell’art. 2560/II comma c.c. che tenga conto del particolare contesto in cui è avvenuta la cessione d’azienda, di essere autorizzato a chiamare in giudizio O.V. al fine di vederne riconosciuta la responsabilità solidale per il debito ingiunto.
12. Con provvedimento del 4.01.2023, il Tribunale ha autorizzato la chiamata in causa di O.V., dichiarandone poi la contumacia all’udienza del 20.04.2023.
13. Con successiva ordinanza del 4.07.2023, su istanza di I.F., il Tribunale ha munito di provvisoria esecutività il decreto ingiuntivo opposto e ha al contempo pronunciato ingiunzione di pagamento provvisoriamente esecutiva nei confronti di O.V. ai sensi dell’art. 186ter c.p.c. per la medesima voce di debito.
14. Successivamente alla notificazione dell’ordinanza-ingiunzione si è costituita in giudizio O.V., sostenendo, da un lato, che il conferimento di ramo d’azienda da parte di L.N. non avrebbe avuto il risultato di far venir meno la garanzia patrimoniale della società opponente; dall’altro, che la nuova società costituita non sarebbe tenuta a rispondere del debito per cui è causa ex art. 2560 c.c., giacché esso non risulta tra i debiti ascrivibili al ramo d’azienda ceduto secondo la relativa perizia di stima.
15. Sentite le conclusioni delle parti come precisate all’udienza dell’1.02.2024, la causa passa ora in decisione sulla base di un corredo istruttorio meramente documentale.
I. Sulla prova del credito di I.F.
16. Vale partire anzitutto dalla questione relativa alla prova del credito preteso da I.F. nei confronti di L.N..
17. Dalla documentazione prodotta dalla convenuta opposta emerge chiaramente che il 4.08.2021 L.N. si è riconosciuta debitrice per la somma di € 379.039,45, promettendone il pagamento in rate di € 50.000 l’una (doc. 65 I.F.). Risulta altresì che nei mesi successivi L.N. ha effettuato alcuni pagamenti di € 25.000 l’uno, motivandoli (nelle causali di bonifico e nelle mail di invio a I.F. delle distinte dei bonifici effettuati) come esecuzione della citata promessa di pagamento (docc. 66 – 67 I.F.), con suddivisione in più tranches delle rate di € 50.000 inizialmente assicurate e pagamenti in ritardo rispetto alla scadenza di queste ultime.
18. Va quindi ricordato che secondo I.F. la somma ingiunta (€ 210.378,24) è il frutto dello scomputo, dalla cifra di € 379.039,45 oggetto della menzionata promessa in pagamento, dei pagamenti effettuati dall’opponente nei mesi successivi a parziale esecuzione della stessa.
19. Ebbene, alla luce di tali allegazioni e del disposto dell’art. 1988 c.c., che esprime il principio di c.d. astrazione processuale, a fini liberatori incombe sul debitore l’onere di provare in giudizio l’inesistenza o l’invalidità del rapporto a fondamento del debito promesso in pagamento, ovvero in alternativa la sua estinzione anche per mezzo del suo esatto adempimento (sul punto si vedano tra l’altro Cass. 15/05/2018, n.11766 e Cass. 13/10/2016, n. 20689).
20. Ebbene, quanto all’an dell’obbligazione, in primo luogo L.N. non ha fornito alcuna prova dell’inesistenza o dell’invalidità del rapporto fondamentale ad essa sotteso. In secondo luogo, nelle proprie difese l’opponente ha di fatto affermato l’esistenza del rapporto all’origine del debito riconosciuto e promesso in pagamento: pur con intento liberatorio – sostenendo, cioè, che null’altro sarebbe dovuto alla società convenuta in esecuzione del contratto - l’attrice ha esplicitamente ricollegato il credito ingiunto al rapporto contrattuale concluso con I.F. (si vedano in particolare pag. 5 dell’atto di citazione in opposizione e pag. 6 della memoria conclusionale).
21. Con riferimento al quantum dovuto, invece, sotto un primo profilo L.N. si è limitata a contestare la cifra ingiunta, senza fornire prova di aver effettuato alcun pagamento per il quale il debito riconosciuto e quindi ricalcolato da I.F. possa dirsi integralmente adempiuto ovvero ridotto nel suo ammontare. Sotto un secondo profilo, in maniera apparentemente contraddittoria l’opponente ha riferito che I.F. ha “esattamente quantificato” i pagamenti effettuati da L.N. in esecuzione del rapporto contrattuale intercorso (si vedano in particolare pag. 4 dell’atto di citazione in opposizione e pag. 5 della memoria conclusionale), di riflesso riconoscendo la bontà del conteggio operato da I.F. nello scomputo dei versamenti di L.N. dal proprio credito iniziale e dunque l’esattezza della somma ingiunta.
22. Per tali ragioni, alla luce dei principi probatori sopra richiamati, il credito di € 210.378,24 preteso da I.F. nei confronti di L.N. e già oggetto del decreto ingiuntivo n.2321/2022 del 16.09.2022 deve intendersi integralmente provato.
II. Sulla posizione di O.V.
23. Quanto alla posizione della terza chiamata in causa, costituendosi tardivamente O.V. ha dedotto la propria estraneità al rapporto obbligatorio dalla mancata menzione del presunto debito con I.F. nella perizia di stima del ramo d’azienda conferito da L.N.: ciò sul presupposto implicito della mancata iscrizione di tale posizione debitoria nelle scritture contabili della società conferente
- circostanza allegata da I.F. e non oggetto di specifica contestazione ad opera delle altre parti costituite - alla luce del disposto dell’art. 2560/II comma c.c., per il quale “nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti (…) anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori”.
24. Ebbene, rammentato in primo luogo il principio per cui “quando è conferita in società un'azienda, il conferimento equivale - con riferimento ai debiti della stessa risultanti dai libri contabili - ad una cessione d'azienda in favore della società conferitaria” (Cass. 16/05/1997, n. 4351), con conseguente applicazione del citato art. 2560/II comma c.c., va rilevato che con recenti pronunce la Corte di Cassazione ha proposto una lettura meno formalistica della citata disposizione in tema di esclusione della responsabilità per i debiti ceduti. In particolare, riconoscendo quale ratio legis della norma non una tutela aprioristica dell’affidamento dell’acquirente quanto la tutela del terzo creditore, la Suprema Corte ha statuito che “in tema di cessione di azienda, il principio di solidarietà fra cedente e cessionario, fissato dall’art. 2560/II comma c.c. con riferimento ai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, principio condizionato al fatto che essi risultino dai libri contabili obbligatori, deve essere applicato tenendo conto della “finalità di protezione” della disposizione, finalità che consente all’interprete di far prevalere il principio generale della responsabilità solidale del cessionario ove venga riscontrato, da una parte, un utilizzo della norma volto a perseguire fini diversi da quelli per i quali essa è stata introdotta, e, dall’altra, un quadro probatorio che, ricondotto alle regole generali fondate anche sul valore delle presunzioni, consenta di fornire una tutela effettiva al creditore che deve essere salvaguardato” (Cass. 10/12/2019, n.32134 e in senso analogo Cass. 6.7.2020, n. 13903).
25. Ciò chiarito, nella valutazione del caso di specie va tenuto conto anzitutto del tempismo del conferimento di ramo d’azienda da parte di L.N.: la costituzione di O.V. è avvenuta il 20.10.2022 (doc. 71 I.F.), a poche settimane dalla notificazione a mezzo PEC alla società cedente del decreto ingiuntivo (16.09.2022) e pochi giorni prima che quest’ultimo fosse oggetto di opposizione. A tal riguardo, va considerato che il precedente della Suprema Corte pocanzi richiamato (Cass. 10/12/2019, n.32134) è relativo proprio a un caso, del tutto analogo, in cui una società destinataria di un decreto ingiuntivo aveva ceduto il proprio ramo d’azienda a una società neocostituita nelle more dell’opposizione.
26. Va poi considerato, sotto un secondo profilo, che la compagine sociale della cessionaria O.V. è pacificamente riconducibile alla stessa compagine sociale della cedente L.N., ed in particolare alla famiglia D.. Tra i soci fondatori della nuova società vi sono infatti la stessa L.N., alcuni componenti della famiglia D. già soci di L.N. (i signori *) e A.P. S.r.l., società detenuta dal sig. R. D., già socio di L.N., e dalla sig.ra Addolorata Sauro, già amministratrice unica di L.N. nonché coniuge del sig. P. D. (si vedano al riguardo l’atto di costituzione di O.V. e le visure societarie di cui ai docc. da 68 a 71 I.F.). La stessa terza chiamata ha dichiarato, nelle proprie difese, che O.V. è stata costituita dalla famiglia D., unitamente considerato come “gruppo familiare”, in un’operazione di ristrutturazione della comune attività imprenditoriale, e che tutte le società conferenti sono riconducibili alla famiglia D. (comparsa costituzione, pag. 2).
27. In tale contesto, non appare sostenibile che i soci di O.V. non avessero contezza, al momento del conferimento di ramo d’azienda da parte di L.N., del debito con I.F., il cui pagamento L.N. si era vista ingiungere solo poche settimane prima. Sul punto va rilevato che la Suprema Corte ha di recente affermato, sulla scorta dell’interpretazione evolutiva dell’art. 2560/II c.c. già richiamata, che “la regola per cui il cessionario di azienda risponde insieme al cedente dei debiti anteriori alla cessione a condizione che si tratti di debiti risultanti dai libri contabili obbligatori non si applica nei casi in cui il cessionario non è soggetto effettivamente diverso dal cedente” (Cass. 13/09/2023, n. 26450): in tale occasione, la Suprema Corte ha riconosciuto la responsabilità del cessionario per i debiti anteriori alla cessione a prescindere dalla loro risultanza nei libri contabili, dal momento che la cessionaria dell'azienda era una società partecipata dagli stessi soci della società cedente, come nel caso di specie.
28. Occorre infine considerare che nelle proprie difese tanto l’opponente quanto la terza chiamata in causa hanno giustificato la creazione di O.V. da un lato con le difficoltà economiche patite nel periodo antecedente, dall’altro con la necessità di far fuoriuscire dal patrimonio di L.N. alcuni beni già gravati da ipoteche di terzi. Appare quindi del tutto plausibile che la creazione di
O.V. abbia avuto quale scopo anche la sottrazione della garanzia patrimoniale di L.N. a discapito del creditore I.F., finalità cui non può essere riconosciuta protezione normativa.
29. Alla luce di tali considerazioni, la circostanza che dalla perizia di stima ex art. 2465 c.c. del ramo d’azienda conferito da L.N., relativa alla situazione patrimoniale al 30.09.2022 (doc. 71 I.F.), non risulti il debito per cui è causa – già allora cristallizzato in un decreto ingiuntivo notificato due settimane addietro alla società conferente (16.09.2022) - non è dirimente per l’esclusione della responsabilità solidale di O.V. ex art 2560/II c.c. per tale debito, cosicché tale responsabilità va senz’altro riconosciuta.
III. Sulla moratoria ex art. 20 della legge n. 44 del 1999
30. Occorre ora soffermarsi sull’eccezione relativa alla moratoria di cui all’art. 20 della legge n. 44 del 1999, relativa alla sospensione di termini, pagamenti e atti esecutivi per le imprese vittime di estorsione e usura. Tale eccezione è stata sollevata dalle due società debitrici nelle loro difese successive all’ordinanza del 4.07.2023 dell’intestato Tribunale, che ha concesso la provvisoria esecutività al decreto ingiuntivo opposto e ingiunto a O.V. il pagamento in solido del debito per cui è causa, con provvedimento ex art. 186ter c.p.c. immediatamente esecutivo.
31. Tanto L.N. quanto O.V. hanno riferito che in data 6.07.2023 la Procura D.D.A. presso la Corte di Appello di Bari ha ammesso il sig. P. D. e la sig.ra A. S., e di riflesso le società della famiglia D., alla moratoria di cui all’art. 20 della legge n. 44 del 1999, a seguito di istanza presentata il 17.04.2023 in conseguenza delle condotte estorsive subite dalla famiglia D. a partire dal 2019, già oggetto di procedimento penale.
32. O.V. ha altresì riferito (senza tuttavia allegare in giudizio la documentazione comprovante tale circostanza) che con provvedimento dell’11.12.2023 la Procura D.D.A. presso la Corte di Appello di Bari ha espresso parere favorevole all’estensione degli effetti della moratoria al pignoramento eseguito medio tempore da I.F. sui beni delle debitrici in esecuzione della già menzionata ordinanza del 4.07.2023, sospendendo così la relativa procedura esecutiva frattanto opposta.
33. Entrambe le debitrici hanno chiesto all’intestato Tribunale di valutare tali circostanze ai fini da un lato della revoca della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo concessa ex art. 648 c.p.c., dall’altro della revoca dell’ordinanza-ingiunzione ex art. 186ter c.p.c. emessa nei confronti di O.V..
34. Ora, tralasciando ogni considerazione in ordine alla carenza documentale che accompagna parte dell’eccezione sollevata, va evidenziato che l’eccezione in questione attiene al processo di esecuzione, e non impedisce al giudice della cognizione di riconoscere l’esistenza del diritto del creditore, tanto nei suoi presupposti quanto nella sua esatta quantificazione, anche alla luce dei criteri di cui all’art. 648 c.p.c. e dell’art. 186ter c.p.c., che della bontà delle ragioni creditorie sono condensazione.
35. L’art. 20/VIIbis della legge in questione contempla infatti il coinvolgimento del solo giudice dell’esecuzione, laddove dispone la trasmissione a quest’ultimo del provvedimento da parte del Pubblico Ministero competente. Inoltre, alla sola attività del giudice dell’esecuzione fanno riferimento le statuizioni delle Sezioni Unite nella sentenza n. 21854 del 2017 - ultimo rilevante approdo interpretativo della normativa in questione e dei suoi meccanismi applicativi - demandandogli tra l’altro l’accertamento dei processi esecutivi pendenti dinnanzi al proprio ufficio effettivamente interessanti dal provvedimento, nonché la definizione concreta delle esatte tempistiche di sospensione dei termini esecutivi in relazione a tali procedimenti.
36. Per tali ragioni, il parere favorevole del 6.07.2023 della Procura D.D.A. presso la Corte di Appello di Bari, reso ex art. 20/VII comma della legge n. 44 del 1999, non può impedire all’intestato Tribunale di riconoscere oggi nel merito e in sede di cognizione l’esistenza del credito di I.F. nei confronti di L.N. e dunque la conferma del decreto ingiuntivo opposto, né la responsabilità solidale di O.V. per il relativo debito; responsabilità che viene ora fissata nella presente sentenza a conferma e assorbimento della precedente ordinanza ex art. 186ter c.p.c. (sul rapporto tra l’ordinanza 186ter c.p.c. e la sentenza di definizione del giudizio si veda in particolare Cass. SSUU 29/01/2007, n.1820).
IV. Sulla condanna ex art. 96 c.p.c.
37. Quanto, infine, alla richiesta di condanna avanzata dalla convenuta opposta nei confronti di
L.N. e O.V. per la temerarietà della loro iniziativa processuale, risulta nel caso di specie applicabile l’art. 96/III comma c.p.c., per il quale “in ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata”, con condanna in solido delle due società debitrici.
38. Nell’interpretare la disposizione in questione, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno chiarito che “la condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c. è volta a salvaguardare finalità pubblicistiche, correlate all'esigenza di una sollecita ed efficace definizione dei giudizi, nonché interessi della parte vittoriosa ed a sanzionare la violazione dei doveri di lealtà e probità sanciti dall'art. 88 c.p.c., realizzata attraverso un vero e proprio abuso della "potestas agendi" con un'utilizzazione del potere di promuovere la lite, di per sé legittimo, per fini diversi da quelli ai quali esso è preordinato, con conseguente produzione di effetti pregiudizievoli per la controparte. Ne consegue che la condanna, al pagamento della somma equitativamente determinata, non richiede né la domanda di parte né la prova del danno, essendo tuttavia necessario l'accertamento, in capo alla parte soccombente, della mala fede (consapevolezza dell'infondatezza della domanda) o della colpa grave (per carenza dell'ordinaria diligenza volta all'acquisizione di detta consapevolezza), venendo in considerazione, a titolo esemplificativo, la pretestuosità dell'iniziativa giudiziaria per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza consolidata, la manifesta inconsistenza giuridica delle censure in sede di gravame ovvero la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione” (Cass. SSUU 13/09/2018, n.22405).
39. Ebbene, nel caso di specie l’opposizione a decreto ingiuntivo deve considerarsi temeraria e pretestuosa sotto due profili, che coinvolgono colpevolmente tanto L.N. quanto O.V..
40. Innanzitutto, le difese di L.N. e di O.V. in ordine alla debenza della somma ingiunta sono apparse defatigatorie e di taglio meramente formale, mancando di indicare elementi concreti che potessero mettere in discussione nella sostanza il credito preteso.
41. In secondo luogo, mentre L.N. avviava l’opposizione con intento meramente defatigatorio,
O.V. si è resa disponibile all’acquisizione del compendio aziendale con le modalità già descritte, aggravando di conseguenza l’iter processuale: I.F. si è infatti vista costretta a coinvolgere nel giudizio anche la cessionaria.
42. Venendo alla quantificazione della somma risarcitoria, la Suprema Corte ha chiarito che essa può essere ancorata al valore delle spese di lite ovvero al valore della controversia: “in tema di responsabilità processuale aggravata, l’art. 96, comma 3, c.p.c., nel disporre che il soccombente può essere condannato a pagare alla controparte una “somma equitativamente determinata”, non fissa alcun limite quantitativo per la condanna alle spese della parte soccombente, sicché il giudice, nel rispetto del criterio equitativo e del principio di ragionevolezza, può quantificare detta somma sulla base dell’importo delle spese processuali (o di un loro multiplo) o anche del valore della controversia” (Cass. 20 novembre 2020, n. 26435). Nel caso di specie detto valore può essere individuato nella somma liquidata per la rifusione delle spese processuali.
43. Dall’art. 96/comma IV c.p.c. discende altresì la condanna di L.N. e O.V., in solido, al pagamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che si liquida al valore minimo pari a € 500 per ciascuna parte.
V. Conclusioni
44. In conclusione, l’opposizione di L.N. al decreto ingiuntivo n. 2321/2022 del 16.09.2022 risulta infondata, cosicché ne va disposto il rigetto con conseguente conferma del decreto ingiuntivo opposto.
45. Va altresì disposta la condanna di O.V., in solido con L.N., al pagamento in favore di I.F. del medesimo debito oggetto del decreto ingiuntivo, a conferma e assorbimento dell’ordinanza- ingiunzione ex art. 186ter c.p.c. del 4.07.2023.
46. Dalla soccombenza discende la condanna dell’opponente e della terza chiamata in causa alla rifusione delle spese legali sostenute da parte opposta, liquidate come in dispositivo giusta parametri di cui al dm 55/2014 per i giudizi di cognizione avanti al Tribunale, di valore fino ad € 260.000; vanno riconosciute all’opposta quattro fasi di attività, di cui la terza a valori quasi minimi atteso che non vi è stata attività istruttoria dopo il deposito delle memorie, e le altre a valori medi. Va infine riconosciuta la maggiorazione del 20% per la difesa nei confronti di una pluralità di parti.
47. Ai sensi dell’art. 96/comma III c.p.c., L.N. e O.V. vanno condannate in solido al pagamento in favore di I.F. della somma equitativamente determinata pari alle spese di lite.
48. Ai sensi dell’art. 96/comma IV c.p.c., va disposta la condanna di L.N. e O.V. al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di € 500 ciascuno.
49. Dall’art. 282 c.p.c. discende la provvisoria esecutività della presente decisione.
P.Q.M.
Il Tribunale di Padova, II sezione civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe indicata (r.g. n. 6680/2022), disattesa ogni diversa istanza, domanda ed eccezione, così provvede:
- rigetta l’opposizione e conferma il decreto ingiuntivo n. 2321/2022 del 16.09.2022 nei confronti di L.N. Società Consortile Agricola S.r.l;
- condanna O.V. S.r.l. al pagamento, in favore di I.F. S. Italia S.r.l, della somma di € 210.378,24, oltre interessi ex art. 5 d.lgs n. 231/2002 dal 9.1.2023 al saldo;
- condanna l’opponente e la terza chiamata in solido al rimborso delle spese di lite in favore di I.F. S. Italia S.r.l, che si liquidano in € 14.000 per compensi, oltre a spese generali pari al 15% dei compensi come liquidati, IVA e CPA come per legge;
- condanna L.N. Società Consortile Agricola S.r.l. e O.V. S.r.l., in solido, al pagamento in favore di I.F. S. Italia S.r.l. della somma equitativamente determinata pari a € 14.000, ai sensi dell’art. 96/III comma c.p.c.;
- condanna L.N. Società Consortile Agricola S.r.l. e O.V. S.r.l. al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di € 500 ciascuna.