
Motivi della decisione
D. M. otteneva decreto ingiuntivo di questo ufficio (r.g. 16566/2023) per il pagamento della somma di € 136.000,00, oltre le spese liquidate in euro 2242,00 per compensi, 406,50 per esborsi, oltre IVA e C.P.A. e successive occorrende. Il decreto porta anche menzione degli “interessi come da domanda”, ma nelle richieste monitorie non è incluso debito per interessi.
Tanto prospettando il ricorrente di avere stipulato con B. s.r.l. un contratto di cessione di ramo d'azienda con riserva di proprietà, convenendo il pagamento rateale del prezzi, di euro 150.000,00, giusta atto notaio F. N. di (omissis), repertorio 4805, raccolta 3739, del 16/03/2022. Dal doc. 1, il contratto, si individua l’azienda nell'esercizio commerciale già corrente sotto l'insegna "B." corrente in (omissis) in (omissis) n. 4944.
Rappresentava la parte ricorrente che i termini di dilazione non erano stati rispettati e che alla data del ricorso nel ricorso, depositato il 10/11/2023, la cessionaria aveva corrisposto unicamente la somma di euro “14.00,00” (da intendersi 14.000 alla luce del doc. 2, estratto conto bancario che mostra la percezione di euro 14.000) e invocava la decadenza dal beneficio del termine.
Le rate erano state convenute come segue:
- Euro 15.000,00 pagabili in 12 rate mensili di pari importo, da pagarsi entro il giorno 15 di ogni mese dal 16/3/2022 in poi;
- Euro 54.000,00 pagabili in 36 rate mensili di pari importo, da pagarsi entro il giorno 15 di ogni mese, dal 15 marzo 2023 in poi;
- Euro 81.000,00 pagabili in unica soluzione entro il mese di marzo 2026.
Opponeva il debitore non contestando la fonte del credito e il debito residuo, ma contestando la sussistenza dei presupposti per la decadenza del beneficio del termine, e che fosse stato dimostrato lo stato di insolvenza o il venir delle garanzie da parte del debitore; e affermava, sulla scorta della visura camerale, essere la debitrice società sana senza problemi di liquidità o di bilancio, e che essa non aveva subito medio tempore mutamenti di compagine, onde non vi sarebbe né insolvenza né pericolo per le garanzie.
Nella prima memoria istruttoria allegava poi l’opponente che le parti avevano convenuto delle dilazioni di pagamento, dovuta all’impossibilita’ oggettiva ad esercitare l’attività commerciale a fronte di impedimenti non riconducibili alla volontà della debitrice ma a cause di forza maggiore quali il rifacimento di condutture da parte del Comune, nonché le ristrutturazioni resesi necessarie in esito ad allagamenti per fenomeni di acqua alta, che avevano di fatto impedito l’apertura e l’avvio del locale fin dal 2022; tanto che il 19/9/2022 era stata chiesta al Comune la sospensione volontaria della licenza. Produceva un testo di accordo per dilazioni dichiarando di aderirvi in questa sede.
Successivamente al deposito di tutte le memorie istruttorie, all’udienza parte opposta dichiarava che nulla più era stato pagato; previa riserva all’udienza, era concessa esecutorietà provvisoria del decreto ingiuntivo ex art. 648 c.p.c., era mutato il rito in semplificato, non erano ammesse le prove ed era fissata udienza di discussione ex art. 281 sexies c.p.c., con assegnazione di termine per note.
La parte opposta ha introdotto mediazione e depositato verbale di suo esito negativo, ed essa sola ha depositato una breve nota.
All’udienza parte opposta ha dichiarato che null’altro è stato pagato nelle more Il decreto ingiuntivo va confermato e dichiarato definitivamente esecutivo.
La uniche difese tempestivamente svolte da parte opponente attengono alla insussistenza dei presupposti per la decadenza dal beneficio del termine e alla impossibilità oggettiva di pagamento.
Sono dunque tardive e inammissibili le nuove difese fondate sulla pretesa modifica dei termini di pagamento un accordo di dilazione (peraltro non sottoscritto da controparte e quindi non passibile di efficace adesione, e non contenente neppure precisazione delle dilazioni (“i termini slitteranno”).
La insolvenza di cui all’art. 1186 c.c. non coincide con l’insolvenza quale prevista dalla disciplina della liquidazione giudiziale (art. 2 d.l.vo 14/2019) ma è riferibile a ogni situazione, anche temporanea e non irreversibile, che non consenta al debitore di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, anche in conseguenza di una semplice situazione di difficoltà economica e patrimoniale idonea ad alterare in senso peggiorativo le garanzie patrimoniali generiche da lui offerte (2740 c.c.).
Nel presente caso già la irregolarità dei pagamenti - eseguiti per somme variabili, senza completare, alla data del ricorso, e quindi dopo quasi 20 mesi dal rogito, neppure la prima tranche di pagamenti, di complessivi euro 15.000, che avrebbe dovuto essere soddisfatta già, come prevede il contratto, entro il 15/3/2023 - mostra la incapacità del debitore di soddisfare regolarmente i propri impegni economici. Del resto la impossibilità è direttamente ammessa, e deriva da difficoltà economiche, peraltro derivanti, per quanto allegato, dalla mancata apertura della attività, e quindi della mancata percezione di introiti. Premesso che la difficoltà economica non costituisce impossibilità oggettiva (Cass. 9645/2004), la mancata apertura dell’attività, solo fattore da cui, stando alle prospettazioni, la debitrice si riprometteva di trarre le risorse per pagare l’azienda, fu determinata, per quanto allegato, da ragioni contingenti non collocate nel tempo e possibilmente quindi già note anteriormente (lavori pubblici in zona, fenomeni di acqua alta). Complessivamente le giustificazioni della debitrice sono generiche e il tempo trascorso dalla stipula all’ingiunzione (20 mesi) rappresenta comunque un tempo di adeguata attesa da parte del creditore, anche in una prospettiva di buona fede.
Pertanto, nulla essendo allegato circa successivi pagamenti, residua dovuto l’ammontare di euro 136.000 capitali.
Segue pronuncia, anche quanto alle spese della causa, che si contengono stante la semplicità e la mancata ammissione di prove, e la cessazione di ogni difesa della opponente nella fase decisoria. Tale desistenza di fatto comprova la temerarietà della opposizione, che si sanziona ex art. 96 comma 3 e 4 c.c. come in dispositivo.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando,
1) Conferma il decreto ingiuntivo, che dichiara definitivamente esecutivo;
2) Pone a carico dell’ opponente le spese di lite dell’opposta per euro 9.000,00 in compensi, oltre 15% spese generali, oltre iva e cpa;
3) Condanna l’opponente a versare all’opposta ex art. 96 comma 3 c.p.c. la somma di euro 1.000,00, e a favore della Cassa delle Ammende di una somma di euro 500,00.