Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Con ricorso ex art. 700 cpc, depositato in data 20.9.2023, A. C. chiedeva disporsi in via di urgenza la sospensione degli effetti della delibera adottata in data 21.8.2023, con cui egli era stato escluso dalla Società Agricola V. C. C. di C. C. & C. sas con il voto unanime degli altri soci, ovvero i genitori C. C. e B. A. M. e i fratelli L. ed E. C..
Allegava che detta esclusione sarebbe stata adottata in forza dell’art. 8 dei vigenti patti sociali, che consente di deliberare l’esclusione del socio in caso di pignoramento della quota del socio.
Deduceva, inoltre, che i genitori gli avevano notificato pignoramento della partecipazione in Società Agricola V. C. sas e che il titolo esecutivo era costituito da un’ordinanza pronunciata ai sensi dell’art. 702 bis cpc, che lo aveva condannato a pagare in favore dei pignoranti l’importo di euro 160.753,00.=, oltre accessori e spese di lite; l’esecutività dell’ordinanza era stata sospesa dalla Corte di Appello di Venezia a seguito del gravame interposto e tale sospensiva avrebbe comportato la sopravvenuta illegittimità degli atti esecutivi compiuti.
Secondo il ricorrente la delibera di esclusione sarebbe illegittima per un secondo motivo, ossia per asserito abuso di maggioranza, in quanto da tempo egli sarebbe stato privato illecitamente del suo diritto di partecipare agli utili della società e sarebbe stato posto in condizione di non poter provvedere al pagamento di quanto portato nell’ordinanza di condanna, peraltro come detto sospesa, così provvedendo i genitori nella loro doppia qualità di creditori e soci, ad escluderlo in ragione del rammentato pignoramento, inevitabile per l’incapienza patrimoniale del ricorrente stesso e per l’indisponibilità di risorse finanziarie, dovute appunto al perdurante diniego della distribuzione dei consistenti utili sociali, non distribuiti nonostante sue plurime richieste, anche giudiziali.
Si era costituita la Società Agricola V. C. C. di C. C. & c. sas, la quale aveva eccepito la carenza del fumus boni iuris, essendo stato intrapresa la procedura espropriativa sulla partecipazione sociale di A. C., in forza di titolo giudiziale, la cui efficacia esecutiva è stata sospesa solo dopo la notifica del pignoramento.
Contestava che il ricorrente facesse affidamento per il suo sostentamento solo sulla sua partecipazione sociale, risultando documentato che egli ha altre fonti di reddito, derivanti dall’esercizio di attività imprenditoriale autonoma e che la sua situazione debitoria non è imputabile alla mancata percezione degli utili.
Evidenziava, altresì, che la società aveva dato corso a tutte le iniziative necessarie per reintegrarlo dopo la prima esclusione e pertanto difettava il periculum in mora.
Concludeva per l’inammissibilità e comunque per il rigetto del ricorso.
Con ordinanza di data 12.1.2024 veniva rigettato il ricorso, sia in ragione della perdurante legittimità del pignoramento, compiuto sulla base del titolo esecutivo costituito dall’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. del 7/4/2023, anteriormente alla sospensione della efficacia esecutiva dell’ordinanza medesima ai sensi dell’art. 283 c.p.c. da parte della Corte di Appello di Venezia nel procedimento di appello proposto da C. A., che non aveva comportato la sopravvenuta illegittimità degli atti esecutivi compiuti, ma imposto la sola sospensione, ai sensi dell'art. 623 c.p.c., della procedura iniziata sulla base di detto titolo, sia sul rilievo per cui il dedotto disegno abusivo fosse da escludere tenuto conto del fatto che il sostentamento del ricorrente non dipendeva unicamente dagli utili societari e, conseguentemente, in ragione dell’assenza di nesso di causa tra la situazione debitoria del medesimo e l’omessa distribuzione degli utili societari.
Con l’odierno ricorso cautelare in corso di causa, ai sensi degli artt. 2287 c.c., 669- quater e 669-septies c.p.c., A. C. esponeva che, in data 26.03.2024, la Corte d’Appello di Venezia aveva accolto l’appello da lui proposto contro l’ordinanza ex art. 702 bis cpc azionata dai genitori contro di lui, che quindi è stata revocata. L’annullamento del titolo esecutivo è un fatto nuovo sopravvenuto, non dedotto e non deducibile nemmeno durante il procedimento di reclamo.
La sentenza della Corte di Appello aveva determinato la totale caducazione del titolo esecutivo su cui si erano fondate l’espropriazione della quota di A. C. e la successiva esclusione dello stesso dalla compagine sociale, tanto che C. C. ed A. M. B. hanno dovuto rinunciare all’esecuzione e quindi al pignoramento della quota.
In punto periculum in mora, oltre a rappresentare l’irreparabile pregiudizio che gli deriva dal non poter esercitare i propri diritti sociali, evidenziava la sussistenza di un periculum specifico, connesso al fatto che l’esclusione dalla compagine comporta la perdita di legittimazione processuale nei giudizi, da lui instaurati, aventi ad oggetto l’impugnativa di delibere.
Altro motivo di periculum discende dal fatto che la società è stata posta in liquidazione e che C. C. ha avviato un’impresa individuale con identico oggetto, sicché preme al ricorrente in particolare verificare se ed eventualmente a quali condizioni economiche il liquidatore L. C., figlio del socio di maggioranza C. C., stia cedendo l’azienda alla nuova impresa individuale del predetto socio di maggioranza.
Si è costituita Società Agricola V. C. C. di C. C. & c, eccependo l’inammissibilità del ricorso:
-per difetto di strumentalità del ricorso rispetto ai fatti costitutivi, sottesi alla domanda di annullamento della decisione impugnata; il ricorrente ha chiesto nel giudizio di merito l’annullamento della delibera: (i) perché allora era stata sospesa l’esecuzione del titolo esecutivo fondante il pignoramento delle proprie quote; (ii) per asserito abuso di maggioranza;
nel presente procedimento chiede invece la sospensione della medesima decisione dei soci sulla base di motivi del tutto diversi, ovvero asserendo che sarebbe venuto meno il presupposto oggettivo della decisione di esclusione, in seguito all’asserito venir meno del titolo esecutivo fondante il pignoramento delle quote di titolarità di A. C.. Pertanto, il ricorrente avrebbe dovuto introdurre un separato giudizio per far valere questo nuovo motivo di opposizione all’esclusione;
-il Giudice, nel procedimento di opposizione all’esclusione ex art. 2287 C.C., non potrebbe esaminare, ai fini della decisione sulla validità della decisione di esclusione, fatti successivi a quelli per cui (e su cui) la decisione è stata assunta.
Il fumus non è venuto meno in quanto avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia è stato proposto ricorso per Cassazione e, stante la pendenza del giudizio per Cassazione, non è venuto meno il titolo giudiziale.
In punto periculum, evidenziava che non sussiste alcun disegno abusivo nei confronti del ricorrente, come più volte confermato da provvedimenti dell’intestato Tribunale e che A. C. non ha alcun diritto di controllo sull’andamento della liquidazione.
Il ricorso è fondato per i motivi che si espongono.
Va premesso che, ai sensi dell’art. 669 septies c.p.c., l’ordinanza di rigetto non preclude la riproposizione dell’istanza cautelare se si verificano, alternativamente, “mutamenti delle circostanze o vengono dedotti nuove ragioni di fatto o di diritto”.
Pertanto, il ricorrente non incorre nell’inammissibilità, quando fondi la nuova istanza su mutamenti dei profili strettamente fattuali o giuridici.
Le nuove ragioni di diritto vanno interpretate in senso non restrittivo ed abbracciano ogni argomentazione o prospettazione non esposta precedentemente in giudizio, la riqualificazione o il mutamento della domanda di merito cui è strumentale il provvedimento cautelare, anche se non sopravvenuti.
Trattandosi di procedimento cautelare proposto in corso di causa, correttamente assume parte resistente che il diritto all’annullamento della delibera sociale si atteggia pacificamente come diritto eterodeterminato, inscindibilmente legato al fatto costitutivo individuato dal socio nel giudizio di merito. Nel caso di specie, la nuova ragione in diritto fatta valere – la caducazione del titolo esecutivo, ragione che peraltro già in precedenza parte ricorrente aveva coltivato sul presupposto, ritenuto erroneo dal Tribunale sia nel primo cautelare che in sede di reclamo, che la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo comportasse la sopravvenuta illegittimità degli atti esecutivi compiuti – si basa su una circostanza sopravvenuta, la riforma in sede di appello dell’ordinanza 702 bis cpc, costituente una nuova ragione in diritto rilevante al fine del decidere e non deducibile neppure nella pregressa fase di reclamo dal ricorrente.
Non può dunque, ritenersi violato l’art 669 septies c.p.c., posto che l’ordinanza cautelare di rigetto non preclude la riproposizione dell’istanza cautelare se si verificano, anche alternativamente, mutamenti delle circostanze o vengono dedotti nuove ragioni di fatto o di diritto.
In un sistema come il nostro retto dal principio nulla executio sine titulo, il titolo esecutivo deve esistere nel momento in cui l’esecuzione inizia e perdurare per tutta la sua durata sino alla sua positiva conclusione.
Il venir meno del titolo comporta – salvo specifiche eccezioni – la caducazione degli atti esecutivi compiuti.
Il titolo esecutivo, in diversi termini, giustifica non soltanto il compimento, ma anche la permanenza in vita degli atti di esecuzione posti in essere.
Tanto premesso in linea generale, l’ordinanza ex art. 702 ter cod. proc. civ. del Tribunale di Venezia emessa in data 07.04.2023. è stata integralmente riformata con sentenza n. 601 del 2024 della Corte di Appello di Venezia (doc. 13 fasc. ricorrente) ed è venuta meno con effetti ex tunc.
In relazione ai titoli di formazione giudiziale, occorre ancora chiedersi quali siano gli effetti della sentenza di riforma integrale che intervenga, ad esecuzione ancora non conclusa, sul titolo che la prima sorregge.
La fattispecie è disciplinata dall’art. 336, comma 2, c.p.c. (c.d. effetto espansivo esterno) che recita «la riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata».
Il pignoramento, effettuato in forza della sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva, in quanto “atto” dipendente dalla sentenza integralmente riformata, viene caducato dalla data di pubblicazione della sentenza d’appello, in quanto il titolo esecutivo è come se non fosse mai esistito.
La formazione stessa del titolo giudiziale, nel caso di specie, è affetta da una causa di invalidità genetica che per tale ragione non potrà non riflettersi sulla validità degli atti che in forza di quel titolo siano stati compiuti.
Sostiene parte resistente che sono irrilevanti i fatti decisivi alla decisione impugnata, ma trascura di considerare che, nel caso di specie, il titolo esecutivo era affetto da una causa di invalidità genetica, sicché è come se lo stesso non fosse mai esistito, producendo la riforma dell’ordinanza ex art. 702 cpc effetti ex tunc. Pertanto, non è mai esistita l’ipotesi contemplata dall’art. 8 dello Statuto.
Come già osservato nell’ordinanza collegiale di data 21.3.2024 “la ratio sottesa alla clausola di cui all’art. 8 dei patti sociali, laddove statuisce l’esclusione “nei confronti del socio la cui quota di partecipazione sia stata pignorata”, va ravvisata nella volontà dei soci di tenere la società immune dal rischio che il creditore personale del socio possa aggredire la singola quota, il che nelle società di persone, comporterebbe l'inserimento nella compagine sociale di un nuovo soggetto prescindendo dalla volontà degli altri soci, (Cass., n. 15605/02, in motivazione), rischio che si verificherebbe anche nell’ipotesi di pignoramento parziale della quota di partecipazione”.
Quanto al periculum, “la permanenza medio tempore della efficacia della delibera di esclusione opposta appare di per sé idonea ad alterazioni degli equilibri sociali di difficile riparabilità ex post, sì che la richiesta sospensione appare rimedio necessario ad assicurare la valenza ex tunc della futura pronuncia di merito” (Tribunale Milano, ord. 8.4.2016), impedendo l’esercizio dei diritti sociali (id est, in via meramente esemplificativa, diritto di voto in assemblea, diritto di controllo ex art. 2320, u.c. cc, diritto di impugnativa delle delibere assembleari).
In particolare, nel caso di specie, il permanere dell’esclusione di A. C. dalla società Azienda Agricola V. C. C. comporterebbe a suo carico la perdita della legittimazione processuale nei numerosi giudizi che lo vedono contrapposto ai genitori e alla società.
Non è stato, invece, addotto alcun motivo per il quale l’accoglimento dell’istanza di sospensiva pregiudicherebbe gli interessi della società.
Pertanto, sul piano della comparazione degli interessi, il circostanziato pericolo dedotto da parte ricorrente a sostegno dell’istanza cautelare si configura ben più grave rispetto al pregiudizio che patirebbe la società in caso di accoglimento dell’istanza cautelare riferita alla propria deliberazione di esclusione.
Spese al merito.
P.Q.M.
sospende l’efficacia esecutiva della delibera di esclusione assunta in data 21 agosto 2023 dai soci della Società Agricola V. C. C. Di C. C. & C. S.a.s. nei confronti di A. C.;
spese al merito.