TAR Liguria, sez. I, sentenza (ud. 19 luglio 2024) 5 dicembre 2024, n. 843
Svolgimento del processo
1. In data 7 marzo 2023 la ricorrente, JE s.r.l. (“JE”), società di edizione musicale e di produzione e realizzazione di eventi e opere di carattere musicale, ha trasmesso al Comune di Sanremo una manifestazione di interesse “ad acquisire la titolarità dei diritti di sfruttamento economico e commerciale del Festival di Sanremo (compreso il Red Carpet) e del relativo Marchio […] al fine di curare l’organizzazione e lo svolgimento del Festival di Sanremo e del relativo Red Carpet e le attività di promozione e diffusione allo stesso direttamente o indirettamente connesse” (“Manifestazione di interesse”); ciò in vista della scadenza (in data 31 dicembre 2023) della convenzione stipulata dal Comune di Sanremo con RAI - Radiotelevisione Italiana S.p.A. (“RAI”) per l’organizzazione e la realizzazione della 72ª e della 73ª edizione del “Festival della Canzone Italiana” e sul presupposto che il Comune avrebbe dovuto avviare una procedura di evidenza pubblica, cui JE era interessata a partecipare, concernente la 74ª edizione del Festival (che avrebbe avuto luogo nel 2024).
Alla Manifestazione di interesse il Comune non ha fornito riscontro. Pertanto, a seguito di un incontro tra rappresentanti dell’odierna ricorrente e del suddetto ente – incontro nel corso del quale il Comune avrebbe riferito che nessun affidamento era intervenuto in favore di RAI con riferimento alle future edizioni del Festival –, con ricorso depositato in data 18 ottobre 2023 e iscritto al R.G. n. 627/2023 JE ha impugnato il provvedimento, non conosciuto, con cui il Comune di Sanremo avrebbe affidato a RAI la concessione dell’uso in esclusiva del marchio “Festival della Canzone Italiana” (“Marchio”), di cui è titolare il Comune medesimo (che lo ha registrato nel 2000), e lo svolgimento della 74ª edizione del Festival, nonché di eventuali successive edizioni (oltre ai seguenti atti, parimenti non conosciuti, di cui la ricorrente ha chiesto disporsi l’acquisizione in via istruttoria: il provvedimento con cui il Comune ha eventualmente prorogato o rinnovato la convenzione o autorizzato la stipula di una nuova convenzione; la convenzione avente ad oggetto la 74ª edizione del Festival).
Con il ricorso, articolato in cinque motivi (essenzialmente volti a denunciare, sotto diversi profili, plurime ipotesi di violazione di legge e di eccesso di potere conseguenti all’omesso avvio di una procedura di evidenza pubblica avente ad oggetto la concessione dell’uso in esclusiva del Marchio e l’organizzazione del Festival) e corredato da istanza cautelare volta a conseguire la sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati, è stata altresì formulata domanda di risarcimento del danno da perdita di chance per l’ipotesi in cui l’auspicato accoglimento fosse intervenuto successivamente allo svolgimento della 74ª edizione del Festival.
2. Si sono costituiti in giudizio RAI e il Comune di Sanremo, i quali hanno chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, in quanto (tra l’altro): (a) la convenzione impugnata (non prorogata, né rinnovata), stipulata in data 16 dicembre 2021, e gli atti ad essa relativi (anch’essi impugnati; tra essi, la delibera della Giunta comunale n. 310 del 3 dicembre 2021, che ha approvato la bozza di convenzione relativa alla 72ª e alla 73ª edizione) non riguardano la 74ª edizione del Festival (da svolgersi nel 2024), ma soltanto la 72ª e la 73ª edizione, che avevano entrambe già avuto luogo al momento del deposito del ricorso; (b) gli ulteriori atti impugnati (relativi alla 74ª edizione del Festival) non erano ancora stati adottati al momento del deposito del ricorso.
3. Con ordinanza n. 905 del 6 novembre 2023 è stata respinta l’istanza istruttoria formulata con il ricorso ed è stata fissata, ai sensi dell’art. 55, co. 10 cod. proc. amm., l’udienza per la trattazione della causa nel merito.
4. Con motivi aggiunti depositati in data 20 dicembre 2023 (“Primi motivi aggiunti”), anch’essi corredati da istanza cautelare, JE ha impugnato (oltre ai medesimi atti già impugnati con il ricorso principale): (a) la delibera della Giunta comunale n. 314 del 21 novembre 2023 che ha approvato la bozza di convenzione (meglio descritta alla lett. b) trasmessa da RAI in data 7 novembre 2023; (b) la convenzione, stipulata con RAI, per la concessione dell’uso in esclusiva del marchio “Festival della Canzone Italiana” e per lo svolgimento della 74ª e della 75ª edizione del “Festival della Canzone Italiana” per gli anni 2024 e 2025 (“Convenzione RAI”), della quale è stata chiesta, in alternativa all’annullamento, la declaratoria di inefficacia; (c) la determina con cui sono state accertate le entrate e impegnate le spese inerenti alla Convenzione RAI; (d) la nota del 23 novembre 2023 con cui il Comune di Sanremo ha comunicato alla ricorrente che, a seguito dell’adozione della suddetta delibera n. 314, la Manifestazione di interesse è divenuta improcedibile.
I medesimi atti sono stati impugnati altresì con identico ricorso autonomo, iscritto al R.G. n. 801/2023.
Dei singoli motivi in cui sono articolati i Primi motivi aggiunti (e i successivi ricorsi in aggiunzione), che comprendono le censure formulate con il ricorso principale e ne aggiungono di ulteriori, si darà conto nella parte in diritto della motivazione.
5. Sia il Comune sia RAI hanno eccepito l’inammissibilità dei Primi motivi aggiunti per difetto di legittimazione ed interesse ad agire, in conseguenza della asserita mancanza, in capo a JE: (a) dei requisiti soggettivi (ossia della qualifica di operatore televisivo, essendo JE priva della prescritta autorizzazione per lo svolgimento dell’attività di operatore di rete); mancanza, quest’ultima, posta a fondamento del provvedimento, sopra menzionato, che ha dichiarato improcedibile la Manifestazione di interesse e non oggetto di specifica doglianza da parte dell’odierna ricorrente sotto questo profilo; (b) dei requisiti minimi di capacità economico - finanziaria e tecnico - professionale necessari per l’organizzazione di un evento quale il Festival di Sanremo.
6. Alla camera di consiglio del 12 gennaio 2024 la ricorrente ha rinunciato alla domanda cautelare, limitatamente alla parte della stessa concernente l’imminente 74ª edizione del Festival (che si sarebbe svolta nel mese di febbraio 2024) e ha chiesto fissarsi con sollecitudine l’udienza per la decisione del ricorso nel merito ai sensi dell’art. 55, co. 10 cod. proc. amm. (udienza fissata al 5 aprile 2024).
7. Con ulteriori motivi aggiunti (articolati in due distinti motivi, deducenti il primo vizi propri – in particolare, l’inadeguatezza del corrispettivo previsto a carico di RAI Pubblicità e in favore del Comune, il quale anzi assumerebbe degli oneri – e il secondo vizi derivati) ad entrambi i ricorsi indicati in epigrafe, depositati in data 19 gennaio 2024 (“Secondi motivi aggiunti”) e corredati da istanza cautelare, la ricorrente ha impugnato: (a) la delibera della Giunta comunale n. 345 del 4 dicembre 2023, che ha approvato la bozza di convenzione con RAI Pubblicità S.p.A. (“RAI Pubblicità”); (b) la convenzione con RAI Pubblicità per lo sfruttamento commerciale degli eventi collaterali e/o connessi con le edizioni 2024 e 2025 del Festival della Canzone Italiana (“Convenzione RAI Pubblicità”), della quale è stata chiesta, alternativamente, la declaratoria di inefficacia in conseguenza dell’annullamento della delibera n. 345 da ultimo menzionata; (c) la determina con cui sono state accertate le entrate e impegnate le relative spese.
Si è costituita in giudizio RAI Pubblicità che, per quanto concerne i vizi derivati, si è associata alle difese svolte in precedenza da RAI, con riguardo tanto ai profili di rito (cui si aggiunge l’eccezione di irricevibilità dei Secondi motivi aggiunti per tardività) quanto ai profili di merito; per quanto concerne i vizi autonomi, RAI Pubblicità ha argomentato (al pari di RAI) nel senso dell’infondatezza delle relative censure, evidenziando (con riguardo al primo motivo dei Secondi motivi aggiunti) la previsione di entrate in favore del Comune di Sanremo e (con riguardo al secondo motivo) che RAI non può affidare l’attività di raccolta pubblicitaria a soggetti diversi da RAI Pubblicità, che ne è concessionaria in via esclusiva, con la conseguenza che lo sfruttamento degli eventi collaterali e connessi al Festival sarebbe privo di qualsivoglia autonomia rispetto all’affidamento disposto in favore di RAI.
8. Alla camera di consiglio del 26 gennaio 2024 la ricorrente, con l’accordo delle altre parti, ha chiesto l’abbinamento dell’istanza cautelare al merito alla già fissata udienza pubblica del 5 aprile 2024.
9. Ulteriori motivi aggiunti ad entrambi i ricorsi (“Terzi motivi aggiunti”), non aventi ad oggetto atti ulteriori rispetto a quelli già impugnati né deducenti vizi ulteriori, tanto da indurre il Collegio a qualificarli come memoria con cui vengono introdotte ulteriori argomentazioni a sostegno delle censure già mosse con riferimento agli atti impugnati in precedenza (conseguentemente, devono ritenersi inaccoglibili le eccezioni di inammissibilità e di irricevibilità dei Terzi motivi aggiunti formulate dal Comune di Sanremo con memoria depositata in data 20 marzo 2024), sono stati depositati dalla ricorrente in data 2 febbraio 2024. Con i Terzi motivi aggiunti JE ha ripercorso la storia dell’organizzazione del Festival (con riguardo tanto alla fase precedente al 1991, allorché RAI si limitava a trasmettere il Festival senza contribuire all’organizzazione dello stesso, quanto a quella successiva), sviluppando ulteriormente le argomentazioni, già introdotte in precedenza, concernenti la progressiva crescita del potere contrattuale di RAI rispetto a quello del Comune (ricostruzione che tutte le controparti hanno contestato con memorie depositate in data 20 marzo 2024).
10. Con istanza formulata ai sensi dell’art. 116, co. 2 cod. proc. amm. e depositata in data 2 febbraio 2024 la ricorrente ha chiesto la condanna del Comune di Sanremo all’esibizione dei numerosi documenti richiesti con un’istanza di accesso agli atti presentata in data 30 novembre 2023.
Con ordinanza n. 213 del 27 marzo 2024 il Collegio ha disposto (oltre alla riunione dei ricorsi in decisione) l’acquisizione, in via riservata, dei testi della Convenzione RAI e della Convenzione RAI Pubblicità (cumulativamente, “Convenzioni”).
A seguito dell’esame, in via riservata, delle Convenzioni trasmesse dal Comune di Sanremo in ottemperanza all’ordinanza da ultimo menzionata, con ordinanza n. 266 dell’11 aprile 2024 il Collegio ha disposto l’acquisizione agli atti del processo del testo integrale delle Convenzioni, dichiarando cessata la materia del contendere con riguardo alla Convenzione RAI e, per il resto, dichiarando in parte inammissibile e in parte improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse e in parte respingendo nel merito l’istanza formulata da JE ai sensi dell’art. 116, co. 2 cod. proc. amm.
11. A seguito del deposito, da parte del Comune, dei documenti di cui è stata disposta l’acquisizione in via istruttoria, la ricorrente ha presentato, in data 13 maggio 2024, un ulteriore ricorso in aggiunzione (“Quarti motivi aggiunti”), con il quale si deduce un (unico) ulteriore motivo, incentrato sulla sproporzione tra le entrate riconosciute in favore del Comune – peraltro non determinabili in base a criteri predefiniti – e i ricavi conseguiti da RAI e da RAI Pubblicità.
12. A seguito dello scambio di ulteriori memorie e memorie di replica, all’udienza del 19 luglio 2024, all’esito della discussione, i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.
Motivi della decisione
1. In estrema sintesi (e prescindendo dalla concreta articolazione del giudizio, sul piano formale, in due distinti ricorsi e nei relativi motivi aggiunti), in virtù dell’impugnazione, da parte di JE, di alcuni atti del Comune di Sanremo, il Collegio è chiamato a decidere in ordine alla legittimità (tra l’altro): (a) della delibera della Giunta comunale che, nell’approvare la relativa bozza di Convenzione RAI, ha concesso (direttamente) a RAI l’uso in esclusiva del Marchio (Festival della Canzone Italiana) – dallo stesso Comune registrato nell’anno 2000 – per lo svolgimento della 74ª e della 75ª edizione del Festival di Sanremo; (b) della delibera che, conseguentemente, ha dichiarato improcedibile la Manifestazione di interesse presentata in precedenza da JE al fine di partecipare ad una procedura di evidenza pubblica avente ad oggetto detta concessione; procedura che non ha avuto luogo, in quanto il Comune ha deciso (al pari di quanto avvenuto in occasione delle edizioni precedenti) di concedere nuovamente l’uso in esclusiva del Marchio a RAI, senza interpellare il mercato.
Si tratta, in particolare, di stabilire: (a) se sussistesse l’obbligo, per il Comune di Sanremo, di indire una procedura di evidenza pubblica avente ad oggetto la concessione dell’uso in esclusiva del Marchio; (b) in caso di sussistenza di detto obbligo e, dunque, di illegittimità della delibera della Giunta comunale che ha disposto detto affidamento diretto a RAI, quale sia la sorte della Convenzione RAI che accede alla delibera (in attuazione della quale la Convenzione RAI regola i rapporti tra il Comune e RAI con riferimento alla 74ª e alla 75ª edizione del Festival); convenzione di cui JE ha chiesto l’annullamento (o, in alternativa, la dichiarazione di inefficacia).
Analoghe questioni si pongono con riferimento alla Convenzione RAI Pubblicità e alla relativa delibera di approvazione.
2. In via preliminare, deve essere scrutinata l’eccezione di inammissibilità dei ricorsi (e dei relativi motivi aggiunti agli stessi) per difetto di legittimazione o di interesse formulata dal Comune di Sanremo, da RAI e da RAI Pubblicità in ragione della ritenuta mancanza, in capo a JE (società che realizza un fatturato relativamente modesto e che occupa tredici dipendenti), dei requisiti di capacità economico - finanziaria e tecnico - professionale richiesti per l’organizzazione di un evento di portata, complessità e rilevanza notevoli, quale il Festival di Sanremo.
Detta eccezione è infondata.
2.1. In base all’orientamento consolidato della giurisprudenza (e ribadito in tre distinte occasioni dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato: Cons. St., Ad. Plen., 7 aprile 2011, n. 4; 25 febbraio 2014, n. 9; 26 aprile 2018, n. 4), nelle controversie in materia di affidamento di contratti pubblici la legittimazione al ricorso deve, di regola, essere correlata ad una situazione differenziata, in modo certo, per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione. Detta regola conosce tre note eccezioni, relative alla legittimazione del soggetto che, alternativamente: (a) contesta, in radice, la scelta della stazione appaltante di indire la procedura; (b) contesta un affidamento diretto o senza gara; (c) impugna una clausola del bando escludente.
Fermo restando che anche nelle suddette tre ipotesi deve essere accertata la sussistenza della legittimazione al ricorso, con riguardo ai casi (quale quello di specie) di affidamento diretto o senza gara (ipotesi sub b) – con riferimento ai quali il criterio della partecipazione alla procedura è evidentemente inutilizzabile, dal momento che non è stata espletata alcuna procedura di evidenza pubblica – si impone il riconoscimento di una legittimazione più ampia, che “si spiega agevolmente alla luce del giudizio di assoluto disvalore manifestato dal diritto comunitario nei confronti di atti contrastanti con il principio essenziale della concorrenza” (Cons. St., Ad. Plen., n. 4/2011). In siffatte ipotesi, la legittimazione è riconosciuta all’operatore economico “di settore” (C.G.A.R.S., sez. giur., 16 febbraio 2021, n. 116: “[h]a un astratto titolo a impugnare l’affidamento non preceduto da gara colui che è operatore del settore di mercato cui afferisce l’oggetto del contratto”), qualità che deve essere accertata in base all’oggetto sociale risultante dallo statuto.
Dall’esame dello statuto di JE si desume che la ricorrente svolge (tra le altre) le attività di produzione e realizzazione di eventi di carattere musicale, quale indubitabilmente è il Festival di Sanremo. Ne consegue la sussistenza della legittimazione al ricorso, trattandosi di impresa operante nel settore oggetto dell’affidamento contestato.
2.2. L’importo del fatturato realizzato dalla ricorrente e il numero di dipendenti dalla stessa impiegati – circostanze su cui si fondano le eccezioni di inammissibilità formulate dall’Amministrazione resistente e dalle controinteressate – sono irrilevanti ai fini dell’accertamento della legittimazione al ricorso, in quanto afferiscono a requisiti la cui sussistenza non può che essere apprezzata in base alla lex specialis di gara che li stabilisca con riferimento all’oggetto dell’affidamento. Nel caso di specie manca un atto di tale natura e non è dunque possibile stabilire a priori i requisiti richiesti per la partecipazione ad una procedura di evidenza pubblica che non ha avuto luogo, né – conseguentemente – è possibile affermarne l’insussistenza in capo alla ricorrente. In altri termini, non si può pretendere che un’impresa del settore (per ciò solo legittimata al ricorso, in base all’orientamento univoco della giurisprudenza richiamato al par. 2.1) costituisca un raggruppamento temporaneo di imprese, o si avvalga di altri strumenti che consentano la partecipazione alla gara insieme ad altri operatori, o stipuli con altre imprese un contratto di avvalimento, al solo fine di precostituirsi la legittimazione al ricorso.
Ritenere il contrario non soltanto condurrebbe ad esiti sproporzionati (in quanto gli strumenti sopra menzionati verrebbero utilizzati allo scopo non di partecipare effettivamente ad una procedura di evidenza pubblica – che, in ipotesi, non è stata bandita –, bensì di precostituirsi una legittimazione sul piano processuale), ma, soprattutto, produrrebbe conseguenze incompatibili con la natura e le caratteristiche degli strumenti in questione, posto che il cumulo o il prestito dei requisiti – che i suddetti strumenti consentono – presuppongono che i requisiti medesimi siano prestabiliti dalla lex specialis di gara (il che non può accadere nel caso di specie, in cui una procedura di evidenza pubblica non è stata indetta).
3. Ciò premesso, il ricorso principale originariamente iscritto al R.G. n. 627/2023 (il ricorso iscritto al R.G. n. 801/2023, identico ai Primi motivi aggiunti, e i motivi aggiunti allo stesso danno luogo ad un’ipotesi di litispendenza e saranno esaminati infra, cfr. par. 9) è inammissibile, in parte per inesistenza dei provvedimenti impugnati e in parte per difetto di interesse.
Con il suddetto ricorso, infatti, JE ha chiesto l’annullamento (ancorché non conosciuti dalla ricorrente medesima): (a) del provvedimento con cui il Comune avrebbe concesso a RAI l’uso in esclusiva del Marchio e lo svolgimento della 74ª edizione (e di eventuali edizioni successive) del Festival; (b) del provvedimento con cui il Comune avrebbe eventualmente prorogato l’efficacia della convenzione in scadenza il 31 dicembre 2023 avente ad oggetto la 72ª e la 73ª edizione del Festival; (c) del provvedimento con cui il Comune avrebbe autorizzato o approvato la stipula di una nuova convenzione concernente la 74ª edizione del Festival; (d) della convenzione in scadenza il 31 dicembre 2023.
Come già rilevato con ordinanza n. 905 del 6 novembre 2023, da un lato, è pacifico che i provvedimenti sub (a), (b) e (c) non esistessero al momento della notifica (9 ottobre 2023) e del deposito (18 ottobre 2023) del ricorso, in quanto le trattative che hanno portato alla stipula delle Convenzioni erano ancora in corso, con la conseguenza che i relativi provvedimenti sono stati adottati in epoca successiva (la delibera che ha approvato la bozza della Convenzione RAI – impugnata con i Primi motivi aggiunti e con identico ricorso autonomo iscritto al R.G. n. 801/2023 – è stata adottata in data 21 novembre 2023). Dall’altro, la convenzione sub (d), in scadenza il 31 dicembre 2023, riguardava la 72ª e la 73ª edizione del Festival, che si erano già concluse al momento della presentazione del ricorso e in ordine alle quali non sussiste alcun interesse di JE; l’interesse di quest’ultima, infatti, si incentra sulla asserita necessità di svolgere una procedura di evidenza pubblica in relazione alle edizioni del Festival che avrebbero avuto luogo successivamente alla presentazione del ricorso.
4. Procedendo all’esame dei Primi motivi aggiunti, il Collegio ritiene di esaminare con priorità il secondo dei motivi in cui il suddetto ricorso in aggiunzione è articolato. Infatti, l’eventuale fondatezza del secondo motivo comporterebbe l’annullamento dei provvedimenti impugnati per ragioni assorbenti, che renderebbero inutile l’esame dei motivi ulteriori (salvo quanto sarà precisato al par. 6 in ordine al primo motivo).
4.1. Con il secondo motivo si deducono la violazione di legge (artt. 4 e 17, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50; artt. 1, 2, 3 e 13, d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36; art. 3, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440; art. 37, r.d. 23 maggio 2024, n. 827; art. 1, legge 7 agosto 1990, n. 241; art. 97 Cost.; art. 56 TFUE; art. 12, direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno) e l’eccesso di potere (per violazione dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza e pubblicità) per avere il Comune omesso di bandire una procedura di evidenza pubblica, imposta dal diritto europeo e dalla normativa nazionale in materia di contratti pubblici (in particolare, dai principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità e pubblicità) anche per l’aggiudicazione di contratti attivi quale quello di specie, che ha ad oggetto un’utilitas (il Marchio) di cui è titolare un soggetto pubblico (il Comune di Sanremo) ed è suscettibile di sfruttamento economico, costituendo quindi un’opportunità di guadagno; procedura che sarebbe disciplinata dalla legge di contabilità generale dello Stato e dal relativo regolamento di attuazione.
4.2. La valutazione circa la fondatezza delle censure mosse con il secondo motivo presuppone la ricostruzione dei rapporti intercorrenti tra il Comune di Sanremo, da un lato, e RAI e RAI Pubblicità, dall’altro, in base alle Convenzioni di cui è stata disposta l’acquisizione, in via istruttoria, con ordinanza n. 266 dell’11 aprile 2024.
4.2.1. La Convenzione RAI stabilisce (art. 1) che all’organizzazione e alla realizzazione della 74ª e della 75ª edizione del Festival provvede RAI, con oneri economici e tecnici a suo completo carico e in piena autonomia (ideativa, autorale, organizzativa ed editoriale; in particolare, le caratteristiche editoriali del Festival sono stabilite da RAI), salve soltanto le spese che sono espressamente poste a carico del Comune ai sensi delle Convenzioni. L’organizzazione e la realizzazione del Festival avviene sulla base di un regolamento e di un c.d. “progetto - programma” redatti da RAI per ciascuna edizione e presentati al Comune con congruo anticipo, al fine di consentire al Comune stesso di formulare eventuali osservazioni, limitatamente ad eventuali evidenti “violazioni dell’identità del Marchio” (osservazioni che RAI si impegna a prendere in considerazione). Ciò a differenza di quanto previsto in passato, allorché il Comune doveva approvare il progetto - programma e poteva altresì svolgere “controlli, anche sulla qualità e sul livello tecnico artistico, sugli aspetti organizzativi e pubblicitari delle edizioni del Festival e delle manifestazioni collaterali” (cfr. delibera del Consiglio comunale n. 4 del 26 gennaio 1995; doc. n. 9.d delle produzioni del Comune di Sanremo).
RAI è titolare esclusiva di ogni diritto di utilizzazione economica e sfruttamento commerciale del Festival (in particolare, l’art. 1, par. 4 riconosce a RAI il diritto di riprendere e diffondere/comunicare al pubblico le immagini realizzate da RAI).
A fronte del corrispettivo di cui all’art. 6, il Comune: (a) concede a RAI il diritto di utilizzare in via esclusiva il Marchio e di sfruttarlo sul piano commerciale, anche tramite la realizzazione e commercializzazione di prodotti di merchandising e al fine di promuovere o pubblicizzare prodotti o servizi commerciali diversi dal Festival (art. 1, par. 5); (b) si obbliga a mettere a disposizione di RAI, per un periodo di ottanta giorni nel corso di ciascuno dei due anni di efficacia della Convenzione RAI, con oneri e spese a carico del Comune stesso ed entro i limiti di spesa stabiliti dalla Convenzione, alcuni locali di proprietà di soggetti privati (tra i quali i locali del teatro “Ariston”, di proprietà di ARISTON s.r.l.) o del Comune stesso (alcune sale del casinò municipale e del Palafiori, anche quest’ultimo di proprietà comunale, sebbene la gestione sia stata affidata a terzi) (art. 2); (c) si obbliga, entro i limiti di spesa stabiliti dalla Convenzione, a fornire gli addobbi floreali e la dotazione di premi al primo classificato di ogni categoria del Festival e del Premio Città di Sanremo, nonché ad eseguire ulteriori prestazioni meglio specificate all’art. 3 della Convenzione; (d) si obbliga (nei confronti di RAI) a stipulare la Convenzione RAI Pubblicità (art. 4), che deve prevedere (tra l’altro) il rilascio, in favore di RAI Pubblicità, dei titoli abilitativi necessari per lo svolgimento delle attività di competenza di quest’ultima (incluse le concessioni per l’occupazione di suolo pubblico con riferimento a talune piazze cittadine utilizzate da RAI Pubblicità per la realizzazione di eventi collaterali al Festival) e l’accollo, entro limiti di importo stabiliti dalla Convenzione RAI Pubblicità, dei relativi tributi (o la rinuncia agli stessi, ove di pertinenza comunale).
Ulteriori entrate per il Comune sono costituite da percentuali prestabilite dei ricavi conseguiti da RAI mediante lo sfruttamento dei diritti multimediali e del Marchio.
A fronte del corrispettivo pattuito (in parte, come detto, destinato all’acquisizione di prestazioni da parte di terzi), pertanto, il Comune si obbliga ad eseguire una pluralità di prestazioni eterogenee (messa a disposizione di locali propri o, previa stipulazione di un contratto di locazione il cui canone è a carico del Comune, di locali di proprietà o comunque nella disponibilità di soggetti privati; acquisto di beni), che vanno ben oltre la mera concessione dell’uso in esclusiva del Marchio (cui soltanto si riferisce l’intestazione della Convenzione). D’altra parte, anche le entrate conseguite dal Comune non sono limitate al corrispettivo determinato dalla Convenzione in valore assoluto per ciascuna edizione del Festival, ma includono anche percentuali prestabilite di ricavi conseguiti da RAI.
4.2.2. Non vi è dubbio, pertanto, che la Convenzione RAI sia un contratto attivo che offre un’opportunità di guadagno a RAI. La riconduzione di questo contratto o di singole componenti dello stesso – sul piano civilistico – ad un tipo contrattuale (o ad una pluralità di tipi) o l’eventuale qualificazione – sul piano del diritto amministrativo – del rapporto instauratosi tra il Comune e RAI (e RAI Pubblicità) in termini di concessione di bene (in tal senso si è pronunciato Cons. St., sez. IV, 4 febbraio 2015, n. 552 con riferimento alla concessione dell’attività di sfruttamento commerciale di un marchio da parte di un organismo di diritto pubblico: “la concessione dell’attività di “sfruttamento commerciale del marchio” costituisce concessione di bene pubblico (immateriale), a pieno titolo rientrante, ai sensi dell’art. 133, co. 1, lett. b), nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo”) o di contratto attivo di natura non concessoria, non è rilevante ai fini della decisione sulla sussistenza o meno dell’obbligo di indire una procedura di evidenza pubblica: ciò che conta è che al Comune, a fronte (tra l’altro) della concessione dell’uso del Marchio, venga erogato un corrispettivo (ancorché, in parte, destinato dal Comune stesso al pagamento di prestazioni acquisite da terzi proprio al fine di consentire la realizzazione del Festival) e che a RAI venga concessa un’opportunità di guadagno, rappresentata dalla possibilità di organizzare il Festival e di trarre profitto, sotto una molteplicità di profili, da tale organizzazione (circostanze, quelle appena menzionate, che sono evidenti e comunque non contestate da alcuna delle parti).
Trattandosi di un contratto attivo (abbia o meno detto contratto attivo natura di concessione di bene), l’affidamento dello stesso non è disciplinato dal d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (“Codice”; con riferimento alla fattispecie oggetto del giudizio troverebbe applicazione, ratione temporis, il Codice, e non il previgente d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, in quanto con i ricorsi e i motivi aggiunti ritenuti ammissibili si impugnano provvedimenti adottati successivamente al 1° luglio 2023, in assenza di pubblicazione di un bando o di un avviso o di inviti a presentare offerte), il quale esclude espressamente i contratti attivi dal proprio ambito di applicazione (art. 13, co. 2 del Codice).
Tuttavia, ancorché escluso dall’ambito di applicazione del Codice, l’affidamento di un contratto attivo che offra un’opportunità di guadagno alla controparte dell’Amministrazione deve avvenire (in base a quanto stabilito dall’art. 13, co. 5 del Codice) nel rispetto (oltre che dei principi del risultato e della fiducia, stabiliti rispettivamente dall’art. 1 e dall’art. 2 del Codice) dei principi di concorrenza, imparzialità, non discriminazione, pubblicità, trasparenza e proporzionalità (art. 3 del Codice, richiamato espressamente dall’art. 13, co. 5). Vale a dire, mediante l’interpello del mercato e il confronto di offerte concorrenti, nel rispetto della disciplina di cui alla legge di contabilità generale dello Stato (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440) e del relativo regolamento di attuazione (r.d. 23 maggio 1924, n. 827). Tanto risulta non soltanto dal chiaro tenore letterale delle disposizioni sopra menzionate, ma altresì dalla consolidata elaborazione giurisprudenziale in materia (Cons. St., comm. spec., parere del 10 maggio 2018, n. 1241; Cons. St., sez. V, 29 gennaio 2020, n. 720; T.A.R. Lombardia (Milano), sez. II, 10 ottobre 2024, n. 2628).
Detti principi sono stati – con ogni evidenza – violati nel caso di specie, in quanto il Comune, reiterando la prassi finora seguita, ha stipulato la Convenzione RAI in assenza di una procedura di evidenza pubblica, che sola consente di rispettare i principi sopra richiamati. Ciò è avvenuto, peraltro, nonostante la presentazione, da parte di JE, di una specifica Manifestazione di interesse, circostanza che rendeva palese la concreta possibilità di coinvolgere altri operatori e, dunque, di conseguire offerte migliori.
4.3. Evidente essendo l’assoggettamento della Convenzione RAI, in quanto contratto attivo, ai principi sopra menzionati, nel prosieguo saranno esaminate nel dettaglio le articolate (e non coincidenti) argomentazioni svolte dall’Amministrazione resistente e dalle controinteressate, per verificare se vi siano ragioni, di natura giuridica o logica, che, nel caso di specie, consentano (o impongano) di prescindere dall’espletamento di una procedura di evidenza pubblica.
4.3.1. RAI sostiene di essere l’unico soggetto a trovarsi nel possesso legittimo del format, ossia dello schema della manifestazione, che sarebbe compendiabile nelle seguenti caratteristiche: brani inediti in lingua italiana; location definita (il Comune di Sanremo); cadenza annuale; struttura specifica: cinque serate consecutive nel corso di una settimana, nel periodo compreso tra fine gennaio e inizio marzo, con l’ultima serata di sabato dedicata alla decretazione del vincitore; due giurie, una popolare e una di esperti; cantanti - concorrenti divisi in due categorie (“campioni” e “nuove proposte”); un conduttore principale, coincidente con il direttore artistico, il quale è affiancato da più co-conduttori; sequenza ben definita nella presentazione dei concorrenti: nome della canzone, nome dei compositori della parte musicale, nome degli autori del testo, nome del direttore d’orchestra designato dalla casa discografica e nome dell’artista interprete; conferimento di un premio principale alla canzone più votata dalle giurie, consegnato dal conduttore e dal Sindaco nella giornata conclusiva di sabato, e di altri premi accessori (miglior testo in gara, miglior composizione musicale, miglior arrangiamento, migliore interpretazione e premio all’artista più votato durante la serata speciale); scenografia, che prevede un’iconica scala che conduce artisti, conduttori ed ospiti al palco, nei pressi del quale è collocata l’imponente orchestra, dotata di almeno cinquanta elementi e comprensiva delle seguenti sezioni: ritmica, tastiere, fiati, archi e coro.
Poiché RAI ha sostenuto tutti i costi creativi e produttivi e ha ideato e organizzato il Festival per decenni, la stessa sarebbe titolare esclusiva del diritto d’autore sull’opera dell’ingegno (il format), ai sensi dell’art. 167, legge 22 aprile 1941, n. 633 (che riconosce i diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno anche in capo al possessore legittimo dei diritti medesimi).
I diritti di utilizzazione economica del format, pertanto, sarebbero nella titolarità esclusiva di RAI e non discenderebbero dalla concessione del Marchio da parte del Comune. La combinazione del format (di cui sarebbe titolare RAI) e del Marchio (di cui è titolare il Comune di Sanremo e che non rappresenterebbe nient’altro che il titolo della manifestazione, ossia una componente del format) darebbe vita ad una comunione del diritto di proprietà sul format (in questi termini si esprime la memoria depositata da RAI in data 31 ottobre 2023). Dunque, il Festival (che rappresenterebbe “il concorso canoro risultante dalla associazione tra il Marchio del Comune e il Format ideato da RAI”; cfr. memoria depositata in data 10 gennaio 2024) non potrebbe essere oggetto di sfruttamento economico in difetto del consenso congiunto dei due condomini. Ne conseguirebbe l’impossibilità di associare il Marchio ad un format diverso da quello ideato e prodotto da RAI (ad esempio, ad un format alternativo prodotto da JE) e, pertanto, l’impossibilità (logica, prima ancora che giuridica) di espletare una procedura di evidenza pubblica avente ad oggetto la concessione dell’uso del Marchio. Ciò in quanto il Marchio non potrebbe che essere associato al format di RAI, costituendone anzi parte integrante (in quanto ne rappresenterebbe il titolo, ossia una componente essenziale del format stesso), e mai ad un format diverso.
Le argomentazioni di RAI non possono essere condivise, per le ragioni qui di seguito illustrate.
4.3.1.1. In primo luogo, la tesi proposta muove da un presupposto non più attuale, rappresentato dalla assimilazione (sulle orme dell’orientamento tradizionale) della tutela delle situazioni giuridiche derivanti dalle opere dell’ingegno (tra le quali è annoverabile il format) – e, più in generale, dall’attività creativa di un soggetto – a quella garantita dalla proprietà (e dagli altri diritti reali). Al contrario, secondo l’orientamento da tempo prevalente, la suddetta tutela è riconducibile non agli schemi dei diritti reali (i quali, allorché tuttora utilizzati dalla dottrina o dalla disciplina vigente, lo sono a fini meramente descrittivi), ma a quelli propri dei diritti della personalità o, comunque, di diritti non assimilabili ai diritti reali.
4.3.1.2. In secondo luogo, l’ipotizzata (da parte di RAI) contitolarità di un diritto reale (il diritto di proprietà) avente ad oggetto due porzioni distinte (il Marchio, quale titolo della manifestazione e componente del format, da un lato; la “restante parte del format”, dall’altro) di uno stesso “bene” (il format), ciascuna delle quali (in base a quanto riconosce la stessa RAI) è di proprietà esclusiva di un soggetto diverso (RAI per quanto concerne le componenti del format diverse dal titolo; il Comune per quanto concerne il Marchio, ossia il titolo), contrasta con la disciplina della comunione ordinaria. Quest’ultima (artt. 1100 ss. cod. civ.) è una comunione per quote: ogni condomino è titolare di una quota ideale del bene in comunione e non della proprietà esclusiva di una o più porzioni materiali (o, come nel caso di specie, immateriali ma comunque distinguibili l’una dalle altre) che compongono il bene in comunione.
Né, d’altra parte, si comprende in che termini potrebbero convivere una comunione ordinaria sul format (bene immateriale che costituirebbe oggetto di un diritto reale di cui sarebbero contitolari RAI e il Comune) e un diritto di autore che (in base alla prospettazione della stessa RAI) non spetterebbe ad entrambi i condomini (come pure sarebbe astrattamente possibile, laddove sussistano i presupposti dell’indistinguibilità e inscindibilità dei contributi, in base all’art. 10, r.d. n. 633/1941), ma soltanto a RAI.
4.3.1.3. In terzo luogo, e a prescindere dalle considerazioni che precedono, è evidente dall’esame del contenuto della Convenzione che il corrispettivo è riconosciuto da RAI al Comune in relazione non (come, secondo RAI, sosterrebbe, erroneamente, JE) al diritto di utilizzazione economica del format (rispetto al quale la concessione dell’uso o dello sfruttamento del Marchio è evidentemente irrilevante, proprio perché né JE né il Comune contestano, in questa sede, che del format sia titolare RAI), bensì (tra l’altro) al diritto di sfruttamento del Marchio (ed è questo che effettivamente sostiene JE). In altri termini, contrariamente a quanto ribadito da RAI (da ultimo, con la memoria depositata in data 20 marzo 2024), l’intento di JE non è quello di sfruttare economicamente il format di RAI (è pacifico che, se, come nessuno contesta in questa sede, del format attualmente utilizzato è titolare RAI, è soltanto RAI a poterlo sfruttare economicamente), bensì quello di conseguire la concessione dell’uso in esclusiva del Marchio e di associare il Marchio ad un proprio format (diverso da quello di RAI), sfruttando economicamente entrambi.
Marchio di cui è incontestato titolare il Comune di Sanremo, per averlo registrato (dopo quasi mezzo secolo di esistenza del Festival) senza opposizione alcuna, in particolare da parte di RAI. Quest’ultima, infatti, ben avrebbe potuto agire per ottenere la declaratoria di nullità del Marchio, ad esempio facendo valere (entro il termine quinquennale di cui all’art. 28, d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30) la titolarità del diritto all’uso esclusivo del Marchio in virtù del preuso dello stesso, che comporterebbe il venir meno del requisito della novità del marchio registrato dal Comune. Tuttavia, non solo RAI non ha mai contestato la registrazione del Marchio da parte del Comune, ma non ne contesta la titolarità (che, anzi, riconosce espressamente) nemmeno in questa sede. Del resto, la circostanza che RAI paghi un corrispettivo annuale per poter sfruttare il Marchio implica evidente riconoscimento della titolarità del Marchio da parte del Comune di Sanremo.
4.3.1.4. Né, d’altra parte, e al di fuori dello schema della comunione (o della contitolarità) delineato da RAI in una prima fase del giudizio, si rinvengono ragioni ulteriori per cui il Marchio, da RAI qualificato come “titolo” della manifestazione canora, sarebbe “inscindibilmente legato allo schema di manifestazione che contrassegna”, ossia al format di RAI (come quest’ultima ha costantemente ribadito in tutte le memorie depositate e, da ultimo, in sede di discussione), con conseguenti impossibilità di associarlo ad altri format (quale quello che potrebbe essere proposto da un concorrente) e inapplicabilità dei principi in materia di evidenza pubblica.
RAI sostiene, in altri termini, che l’inscindibile legame esistente tra il Marchio e il format di RAI impedirebbe al Comune di concedere l’uso in esclusiva del Marchio a soggetti che abbiano elaborato un format alternativo a quello di RAI. Non potrebbe, quindi, avere luogo una procedura di evidenza pubblica per l’individuazione di un operatore cui concedere l’uso in esclusiva del Marchio, perché detto operatore non potrebbe che essere la stessa RAI.
Siffatta tesi non può essere condivisa.
Il marchio, per definizione, è il segno distintivo dei prodotti o dei servizi dell’impresa, ossia è un segno che identifica un prodotto o un servizio al fine di differenziarlo da altri prodotti o servizi (simili) offerti dai concorrenti. Identificare, come propone RAI, il Marchio con il mero titolo di un format di cui, per tutte le componenti diverse dal titolo, sarebbe titolare RAI (format dal quale il Marchio non potrebbe, pertanto, essere dissociato, nella prospettiva di RAI) è fuorviante, per due ordini di ragioni.
In primo luogo, in quanto non si comprende per quale ragione a registrare (in ipotesi, legittimamente) un marchio che identificherebbe il format di RAI avrebbe provveduto un soggetto (il Comune) diverso dal titolare (RAI) del(la restante parte del) format.
In secondo luogo, in quanto il Marchio, essendo esso stesso il titolo della manifestazione (è il titolo, cioè il nome con cui viene ufficialmente identificata la manifestazione, ad essere stato registrato come marchio), non può identificare (nel senso di distinguere da altri, in correlazione con la funzione distintiva che è propria del marchio) il titolo (altrimenti il Marchio identificherebbe, per così dire, se stesso), ma semmai (ed è ciò che sostiene il Comune, in ciò differenziandosi la posizione di quest’ultimo da quella di RAI) la manifestazione stessa. Ne consegue che di quest’ultima non potrebbe che essere titolare il Comune di Sanremo (che infatti l’ha organizzata autonomamente, ancorché non sempre direttamente, dal 1951 al 1991, epoca in cui RAI, estranea – allora – all’organizzazione e alla realizzazione della manifestazione, si limitava a curarne la diffusione, dapprima per via radiofonica e poi, dal 1955, anche televisiva). In tale prospettiva (che, si ribadisce, è quella che nel presente giudizio emerge dalle memorie del Comune), detta manifestazione potrebbe, dunque, essere organizzata da soggetti diversi da RAI, anche sulla base di format elaborati autonomamente.
Opinare diversamente, aderendo alle argomentazioni di RAI, renderebbe inutile la registrazione del Marchio da parte del Comune. Se, come sostiene RAI, il Marchio non potesse che essere associato al format di RAI, nell’ipotesi in cui RAI dovesse, per qualsivoglia ragione, decidere di non organizzare più il Festival di Sanremo o, comunque, di non rendere più disponibile il proprio format al fine della realizzazione della manifestazione in questione, il Comune si ritroverebbe nell’impossibilità di sfruttare economicamente il Marchio (con conseguente perdita di entrate più o meno ingenti, in base al valore riconosciuto alla concessione dell’uso esclusivo del Marchio dalla Convenzione RAI in vigore e da quelle che l’hanno preceduta). Trattasi di una conseguenza evidentemente paradossale, che dimostra (ulteriormente) l’erroneità della premessa, costituita dalla asserita “inscindibilità” del legame tra il Marchio e il format di RAI. Del resto, la stessa RAI, nel ricostruire (nella memoria depositata in data 20 marzo 2024) l’evoluzione dei rapporti tra il Comune e RAI dal 1995 in poi, afferma che il Comune avrebbe preso atto “della possibilità solo teorica che altro operatore [possa] utilizzare lecitamente il Marchio del Comune con un proprio e diverso format televisivo”. La scindibilità del legame tra Marchio e format di RAI, dunque, è riconosciuta expressis verbis (ancorché in via “solo teorica”) tanto dal Comune, quanto da RAI.
4.3.1.5. Ma vi è di più. L’infondatezza della tesi dell’indissolubilità del legame tra il Marchio e il format di RAI è dimostrata dalla stessa evoluzione del Festival di Sanremo; evoluzione caratterizzata (anche successivamente alla registrazione del Marchio, avvenuta, come detto, nel 2000) da frequenti mutamenti del format che, tuttavia, non hanno impedito di mantenere l’associazione tra il Marchio e il (di volta in volta mutato) format.
Sotto questo profilo risulta emblematica (ancorché eccezionale) l’edizione del 2021, svoltasi senza la presenza del pubblico all’interno del teatro (per le note esigenze connesse alla prevenzione del contagio da SARS-CoV-2). Più in generale, nel corso degli ultimi venti anni si sono registrati ulteriori cambiamenti che hanno comportato una modifica (più o meno stabile, isolata nel tempo o ricorrente) di alcune di quelle che la stessa RAI (cfr. supra, par. 4.3.1) qualifica come caratteristiche del format: la non coincidenza del direttore artistico con il conduttore (edizione 2004), qualifiche che (a partire dall’edizione 1994) sono normalmente cumulate dallo stesso soggetto; l’introduzione (nel 2004) del televoto da parte del pubblico; la soluzione di continuità tra le cinque serate (normalmente consecutive), verificatasi nel 2006 (allorché il Festival si è svolto dal 27 febbraio, lunedì, al 4 marzo, sabato, con l’interruzione del 1° marzo, mercoledì) e nel 2008 (allorché il Festival si è svolto dal 25 febbraio, lunedì, al 1° marzo, sabato, con l’interruzione del 27 febbraio, mercoledì); l’alternanza di edizioni caratterizzate dalla suddivisione dei partecipanti in categorie o sezioni (ad esempio, “Campioni” e “Giovani”) e edizioni (ad esempio, 2004 e 2019) in cui tutti i brani in gara concorrevano tra loro, senza essere suddivisi in due categorie autonome; la previsione, in alcune edizioni, della fase di eliminazione, talora limitata ad alcune categorie o sezioni delle canzoni in gara, altre volte estesa a tutte; la previsione (nel 2013) dell’interpretazione, da parte degli artisti compresi nella sezione “Campioni”, di due canzoni ciascuno (anziché di una sola), con successiva scelta della canzone che, tra le due, sarebbe rimasta in competizione.
A ben vedere, dunque, il Marchio è già stato associato a format diversi, ossia a schemi della manifestazione che presentano caratteristiche (considerate dalla stessa RAI come determinanti per l’identificazione del format) mutevoli nel tempo. Non si comprende per quale ragione debba ritenersi ammissibile l’associazione del Marchio a format diversi (tutti) riconducibili alla titolarità di RAI e, al contrario, non ammissibile l’associazione del Marchio ad un format alternativo elaborato da un soggetto diverso da RAI.
4.3.2. Non può, infine, essere condivisa la tesi sostenuta da RAI (specie nella memoria depositata in data 20 marzo 2024), in base alla quale il Comune non potrebbe (pena la violazione delle norme in materia di proprietà intellettuale) associare il Marchio ad un format diverso da quello di RAI (in caso di acquisizione, da parte del Comune, di un format diverso da quello di RAI, dovrebbe essere utilizzato – sostiene RAI – un nuovo e diverso marchio).
Il Comune è titolare del Marchio ed è, pertanto, libero di associarlo (previa procedura di evidenza pubblica) a format diversi da quelli da RAI. Se così non fosse, d’altra parte, non si comprenderebbe a quale scopo il Comune abbia registrato il Marchio. La condivisione della tesi (già richiamata supra) dell’inscindibile associazione tra Marchio e format di RAI, costantemente ribadita da quest’ultima nel corso delle sue difese, comporterebbe, infatti, che, laddove RAI non fosse disposta a riconoscere al Comune alcun corrispettivo a fronte della concessione dell’uso in esclusiva del Marchio, il Comune sarebbe costretto, alternativamente, a non concedere l’uso del Marchio (né a RAI né ad altri, poiché il presupposto della tesi è l’inscindibilità del Marchio rispetto al format di RAI) o a concederlo a RAI gratuitamente.
In entrambi i casi, perderebbe ragion d’essere la registrazione del Marchio, che è appunto costituita dalla possibilità di sfruttarlo economicamente. E ciò in base ad una decisione unilaterale di RAI (quella di non corrispondere alcunché a fronte della possibilità di utilizzare il Marchio), che del Marchio non è (pacificamente) titolare e dunque non può pretendere che sia associato al proprio format o, più precisamente, che non sia associato a format diversi dal proprio. Infatti, al di là delle argomentazioni spese nel presente giudizio, sul piano contrattuale RAI non formula alcuna pretesa in tal senso: l’art. 3, co. 6 della Convenzione RAI prevede il divieto per il Comune di “organizzare, in Italia e/o all’estero, manifestazioni identiche e/o analoghe al Festival […] per tutta la durata della Convenzione”; ne consegue che il divieto viene meno alla scadenza della Convenzione. Ciò dimostra, per tabulas, l’insussistenza della asserita inscindibilità tra il Marchio e il format di RAI.
D’altra parte, nella Convenzione RAI non si fa alcun riferimento al format di RAI (vi sono riferimenti soltanto: al regolamento e al “progetto - programma” realizzati da RAI con riguardo a ciascuna edizione del Festival; al Marchio; all’organizzazione del Festival; all’obbligo per RAI di riprendere e trasmettere il Festival) e la stessa delibera n. 314 fonda la decisione di approvare la bozza di Convenzione RAI (ossia di concedere l’uso del Marchio a RAI) sulla soddisfazione maturata per il livello qualitativo raggiunto dalla manifestazione negli anni precedenti. Ciò sul presupposto (implicito, ma evidente) che – come sarà illustrato più nel dettaglio infra (par. 4.3.3.1) – “scelte organizzative” diverse potrebbero essere adottate laddove il grado di soddisfazione si riducesse; sicché (almeno dal punto di vista del Comune) “scelte organizzative” diverse (ossia, l’associazione del Marchio ad un diverso format) sono ammissibili (come dimostrato, peraltro, dall’avvio, in passato, di trattative con soggetti diversi da RAI e dal pregresso utilizzo, da parte di quest’ultima, di format differenti).
Esulano evidentemente dall’oggetto del presente giudizio (oltre che dallo stesso ambito della giurisdizione del giudice amministrativo), in quanto non aventi carattere pregiudiziale, le questioni, sollevate da RAI, circa la possibilità che l’associazione del Marchio ad un format completamente diverso dal proprio comporti la perdita della capacità distintiva del Marchio medesimo.
4.3.3. Il Comune di Sanremo sostiene che il presupposto argomentativo su cui si fondano le censure mosse da JE, ossia quello per cui il Comune sarebbe tenuto ad “intervenire sull’organizzazione consolidata” del Festival di Sanremo “al solo fine di garantire non meglio precisate esigenze di evidenza pubblica”, è errato. Ciò in quanto il Comune sarebbe libero di “mantenere, nell’ambito di operazioni (relative all’organizzazione di una manifestazione canora) escluse dall’ambito di applicazione della disciplina in materia di contratti pubblici o, al più, di operazioni coinvolgenti contratti esclusi, una scelta organizzativa basata […] sulla volontà di rivolgersi, per l’organizzazione della manifestazione, a un operatore televisivo (e non a un produttore di eventi) e, nell’ambito, di tale categoria, al soggetto titolare del servizio pubblico, direttamente in grado di soddisfare gli obblighi specifici previsti per gli eventi di rilevanza nazionale, storicamente incaricato delle riprese televisive dell’evento e con cui, dal 1991, ha, altresì, sviluppato una cooperazione diretta alla creazione di un format ormai consolidato e di successo” (cfr. memoria depositata dal Comune in data 10 gennaio 2024).
Il Comune, pertanto, muove da un presupposto diverso da quello su cui RAI fonda le proprie argomentazioni: il Comune sarebbe titolare non soltanto del Marchio (titolarità che, come detto, RAI non soltanto non ha mai contestato, ma riconosce), ma (diversamente da quanto sostiene RAI, che, come detto, pur non sostenendo di essere titolare del Festival o del Marchio, ritiene di essere titolare del diritto d’autore sul format che, combinandosi con il Marchio, darebbe vita al Festival) della manifestazione stessa. RAI, invece, fin dalla prima edizione e senza soluzione di continuità, avrebbe provveduto (soltanto) alla diffusione (prima radiofonica, poi televisiva), dell’evento, “generando nel pubblico la percezione di un legame con il servizio pubblico radio-televisivo che rappresenta uno dei punti di forza dell’iniziativa” (ibidem).
Fino al 1991, l’organizzazione della manifestazione (incluso lo sviluppo del relativo format, peraltro variato in più occasioni) si sarebbe connotata per un’alternanza tra forme di gestione diretta da parte del Comune (tramite il casinò, di proprietà comunale) e “modelli di collaborazione con soggetti qualificati nel settore” (produttori musicali o produttori/autori televisivi estranei a RAI), mentre il ruolo di RAI sarebbe stato limitato alla ripresa e alla radio o telediffusione del programma, con la possibilità di esprimere un “gradimento” sul soggetto che affiancava il Comune nell’organizzazione del Festival e di proporre mere modifiche del programma. A partire dal 1991, invece, a RAI è stata affidata anche l’organizzazione e la realizzazione delle edizioni del Festival (cfr. delibera n. 168 del 30 dicembre 1991, doc. n. 9.c delle produzioni del Comune, che in dispositivo statuisce l’affidamento a RAI dell’“organizzazione” e della “realizzazione delle edizioni del Festival della Canzone Italiana 1992/1994 con possibilità di rinnovo per altri tre anni”), con conseguente coincidenza tra il soggetto organizzatore del Festival e l’operatore televisivo titolare dei diritti di ripresa. Secondo il Comune, ne deriverebbe la dichiarazione di improcedibilità della Manifestazione di interesse, non essendo JE un operatore televisivo e non potendo, pertanto, essa formulare un’offerta conforme alle scelte organizzative effettuate dal Comune, per assenza di un requisito soggettivo.
In ogni caso, il Comune non affiderebbe alcun contratto pubblico, ma si limiterebbe a stipulare, “nell’esercizio delle proprie prerogative di diritto privato, una convenzione che disciplina l’organizzazione di una manifestazione culturale canora, che si sviluppa attraverso un format di programma delineato nel corso di questi anni in cooperazione con la RAI e ormai consolidato” (ibidem). Anche a voler qualificare la Convenzione RAI come un contratto, l’acquisto di un programma (e, a maggior ragione, la cooperazione al suo sviluppo) rientrerebbe tra i contratti esclusi ai sensi dell’art. 56, co. 1, lett. f) del Codice e dell’art. 2, co. 1, lett. m) del relativo Allegato I.1. e la ratio posta alla base di detta esclusione (“considerazioni di rilievo culturale e sociale che rendono inappropriata l’applicazione delle norme di aggiudicazione degli appalti” e “delle concessioni”, come previsto dai pertinenti “Considerando” delle direttive nn. 2014/24/UE e 2014/23/UE) giustificherebbe (rectius, imporrebbe) altresì il mancato assoggettamento della Convenzione ai principi generali.
4.3.3.1. Le argomentazioni del Comune non possono essere condivise.
Il Comune muove dal presupposto che su di esso non graverebbe alcun obbligo di modificare le “scelte organizzative” finora adottate (e sempre confermate, dando vita ad una collaborazione ultrasettantennale e ad una consolidata prassi negoziale). Un obbligo di bandire una procedura di evidenza pubblica potrebbe insorgere soltanto laddove il Comune si determinasse liberamente nel senso di mutare dette scelte organizzative. Questo presupposto (condiviso in parte dalla stessa RAI nella memoria depositata in data 10 gennaio 2024, laddove si evidenzia come l’iniziativa giudiziale di JE dissimulerebbe “il tentativo di contestare (non l’affidamento in sé ma) la scelta organizzativa presupposta alla scelta del Comune di rivolgersi a RAI”, che apparterrebbe “al merito delle scelte riservate necessariamente all’Amministrazione e quindi sottratte al sindacato del G.A.”; posizione, quest’ultima, ripresa e ulteriormente elaborata nelle memorie successive), tuttavia, è evidentemente infondato.
Non si comprende, infatti, per quale ragione la prassi finora seguita dovrebbe consentire, di per sé, e ancorché (in ipotesi) illegittima, il perpetuarsi della scelta di affidare direttamente l’organizzazione del Festival a RAI per un tempo indefinito, fino a quando il Comune deciderà (insindacabilmente, secondo la tesi dello stesso Comune) di mutare le suddette “scelte organizzative”. È evidente, infatti, che ciò che il Collegio è chiamato a sindacare è la legittimità dei provvedimenti impugnati in questa sede e che il relativo sindacato non può che avere ad oggetto la conformità alla legge degli stessi, a prescindere dal fatto che provvedimenti di analoga natura e con analoghi effetti (peraltro esauriti e, dunque, irrilevanti rispetto ai provvedimenti in questa sede gravati) siano stati adottati nei decenni precedenti. Detta prassi (per quanto radicata e non contestata in passato), infatti, non acquista alcuna rilevanza ai fini del sindacato di legittimità attivato dal ricorso in decisione, non potendo ricavarsi la legittimità di un provvedimento (o escludersi l’illegittimità dello stesso) dalla reiterazione di provvedimenti analoghi i quali avrebbero ingenerato nel Comune “soddisfazione” per il mantenimento e l’incremento del “livello tecnico qualitativo del Festival” (in questi termini si esprime la motivazione della delibera n. 314 del 21 novembre 2023). Per non menzionare il fatto che l’eventuale indizione di una procedura di evidenza pubblica e la conseguente possibilità per altri operatori di formulare le proprie offerte ben potrebbero, in futuro, consentire di elevare ulteriormente il “livello tecnico qualitativo” finora riscontrato dall’Amministrazione comunale.
4.3.3.2. Né la ricostruzione del Comune può rinvenire un fondamento nella qualifica di concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo rivestita da RAI, in quanto: (a) né l’organizzazione o la realizzazione del Festival, né la ripresa e la diffusione radiotelevisiva dello stesso rientrano tra gli obblighi di servizio pubblico gravanti su RAI; (b) lo stesso Comune, nel subordinare (secondo la ricostruzione proposta dal Comune stesso) l’insorgenza di un obbligo di gara alla libera decisione dell’Amministrazione di mutare le “scelte organizzative” maturate fino ad ora, presuppone la possibilità di affidare l’organizzazione e la realizzazione del Festival ad un soggetto diverso da RAI, riconoscendo così la possibilità di disporre l’affidamento ad un soggetto diverso dal concessionario del servizio pubblico radiotelevisivo.
4.3.3.3. D’altra parte, la circostanza che JE non sia un operatore televisivo non è sufficiente a giustificare la declaratoria di improcedibilità della Manifestazione di interesse (come non è rilevante rispetto alla eccepita inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione), per due ordini di ragioni.
In primo luogo, in quanto la motivazione circa la “scelta organizzativa” adottata, consistente nel far coincidere il soggetto organizzatore del Festival e l’operatore televisivo titolare dei diritti di ripresa (“alla luce dei risultati conseguiti a partire dal 1991, l’Amministrazione ritiene di confermare la scelta di organizzare le prossime due edizioni del Festival tramite l’operatore televisivo cui sono affidati i diritti di ripresa, sulla base del programma sviluppato e acquisito con successo nel corso dell’ultimo trentennio”) – “scelta organizzativa” che, pur rientrando nell’ampia discrezionalità di cui è titolare l’Amministrazione, non è in assoluto insindacabile –, è generica, mancando l’esplicitazione delle ragioni per cui risultati analoghi (o superiori) non potrebbero essere conseguiti suddividendo l’attività (come peraltro accaduto in passato, fino al 1991, in base alla ricostruzione storica fornita dallo stesso Comune) o per cui la separazione suddetta sarebbe di ostacolo alla riuscita dell’evento.
In secondo luogo, in quanto JE ha espressamente indicato, nella Manifestazione di interesse, la possibilità di costituire un raggruppamento con altri soggetti, tra cui un operatore radiotelevisivo (“ai fini delle predette attività e del migliore espletamento delle stesse, la JE SRL sta attualmente valutando la costituzione di una Joint Venture con altri soggetti qualificati e attivi nel settore musicale, editoriale, radiotelevisivo e cinematografico”), e non si può certo pretendere che un raggruppamento di tale natura venga appositamente costituito e formalizzato prima ancora che sia conosciuto l’oggetto di un’eventuale e futura procedura di evidenza pubblica (mai avviata dal Comune di Sanremo).
Quanto sopra, evidentemente, non comporta che, allorché fosse indetta una procedura di evidenza pubblica, il Comune sarebbe obbligato a mutare detta “scelta organizzativa”, ma semplicemente che dovrebbe giustificarla alla luce di una motivazione adeguata. A detta scelta, d’altronde, gli operatori interessati, conseguentemente, si adeguerebbero.
4.4. Da ultimo, il Collegio ritiene di precisare che le considerazioni svolte supra, concernenti questioni (quali, ad esempio: l’esistenza di un format; l’individuazione degli elementi che compongono il format medesimo; la titolarità del format, del Marchio o del Festival) che evidentemente esulano dall’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo, sono svolte (in quanto inerenti a questioni pregiudiziali ai sensi dell’art. 8, co. 1 cod. proc. amm.) al solo fine di escludere che nel caso di specie non trovino applicazione i principi generali in materia di evidenza pubblica.
4.5. In definitiva, dalle ragioni sopra esposte emerge che la Convenzione rappresenta, quantomeno nella parte in cui ha ad oggetto la concessione del Marchio, una concessione di beni o, comunque, un contratto attivo, ossia un contratto con cui il Comune di Sanremo dispone di una propria utilitas, che rappresenta un’opportunità di guadagno (in quanto è sfruttabile economicamente), in favore di un soggetto – RAI – privato (ai fini che in questa sede rilevano), il quale corrisponde al Comune un corrispettivo. Trattandosi di un contratto attivo, per le ragioni sopra esposte lo stesso deve essere aggiudicato all’esito di una procedura di evidenza pubblica, come prescritto dall’art. 13, co. 2 e 5 del Codice, sulla base dei principi (tra gli altri) di concorrenza, imparzialità, non discriminazione, pubblicità e trasparenza, proporzionalità (art. 3), in modo da consentire al Comune di trarre l’utilità più elevata possibile dalla concessione dell’uso del Marchio.
4.5.1. Le pronunce del T.A.R. Lazio (sez. IV, 10 marzo 2023, n. 4170; sez. III-ter, 16 giugno 2010, n. 18291; sez. III-ter, 30 gennaio 2012, n. 955) relative ad alcuni aspetti del Festival di Sanremo e richiamate dal Comune (nella memoria depositata in data 10 gennaio 2024) al fine di sostenere l’inapplicabilità delle regole in materia di evidenza pubblica non sono pertinenti, in quanto il T.A.R. Lazio si è pronunciato (rispettivamente) con riguardo alle previsioni del regolamento del Festival circa la composizione delle giurie, alla disciplina della selezione delle canzoni e ai requisiti di partecipazione alla selezione dei giovani artisti; profili, quelli sopra menzionati, che riguardano lo svolgimento della manifestazione o di fasi preliminari ad essa alla luce delle regole interne alla manifestazione medesima e, pertanto, sono del tutto eterogenei rispetto all’oggetto dell’affidamento disposto dal Comune di Sanremo in favore di RAI nel caso di specie.
Contrariamente a quanto sostenuto dal Comune, la natura privatistica della Convenzione RAI (che peraltro accede ad un provvedimento amministrativo – la delibera n. 314 della Giunta comunale – e, dunque, non è, né potrebbe essere, equiparata ad un contratto stipulato da un soggetto privato), non esclude (anzi, impone) l’applicazione dei principi generali stabiliti dal Codice con riguardo (tra l’altro) ai contratti attivi e ai contratti esclusi; d’altra parte, anche i contratti di appalto (di lavori, servizi e forniture) e di concessione (di lavori e di servizi) che rientrano nell’ambito di applicazione del Codice sono contratti di diritto privato (ancorché assoggettati ad una disciplina speciale in ragione dell’interesse pubblico al cui perseguimento sono finalizzati) e, ciononostante, sono sottoposti alla puntuale disciplina ivi stabilita.
4.5.2. Contrariamente a quanto dedotto dal Comune e da RAI, l’esclusione degli appalti “concernenti […] la fornitura di programmi aggiudicati ai fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici” dall’ambito di applicazione del Codice (art. 56, co. 1, lett. f) del Codice) non implica la sottrazione di tale categoria di contratti (categoria cui sarebbe riconducibile la Convenzione RAI) (anche) all’applicazione dei principi generali. Detta implicazione – dedotta sia dal Comune sia da RAI con riguardo al motivo di ricorso in esame, al fine di escludere la possibilità di mettere a gara la concessione del Marchio in conseguenza della (o in correlazione con la) ritenuta impossibilità di affidare all’esito di una procedura di evidenza pubblica la realizzazione del Festival – è priva di fondamento, in quanto: (a) non è pertinente con la contestazione mossa con il secondo motivo di ricorso, che ha ad oggetto la concessione a RAI dell’uso in esclusiva del Marchio e non l’affidamento della realizzazione o della ripresa/diffusione radiotelevisiva del Festival; né si comprende per quale ragione il fatto che la Convenzione abbia un oggetto articolato (e non limitato alla concessione dell’uso in esclusiva del Marchio) comporterebbe (come sostiene RAI) che le limitazioni alla concorrenza (asseritamente) ammesse rispetto alla realizzazione del Festival e/o alla ripresa/diffusione radiotelevisiva dello stesso si estenderebbero anche alla concessione dell’uso in esclusiva del Marchio; (b) contrasta con il chiaro dettato normativo dell’art. 13, co. 5 del Codice, disposizione in base alla quale l’affidamento dei contratti di cui al co. 2 (tra i quali sono annoverati i contratti esclusi, quali quelli di cui all’art. 56 del Codice) che offrono opportunità di guadagno economico, anche indiretto, avviene tenendo conto dei principi di cui agli artt. 1, 2 e 3 del Codice.
Del resto, laddove il legislatore ha inteso sottrarre determinate categorie di contratti esclusi anche all’applicazione dei suddetti principi, lo ha fatto espressamente: è il caso, ad esempio, dei contratti conclusi proprio da RAI (e da società interamente partecipate da RAI) aventi per oggetto l’acquisto, lo sviluppo, la produzione o la coproduzione e la commercializzazione di programmi radiotelevisivi e di opere audiovisive, che l’art. 65, co. 1, d.lgs. n. 208/2021 esclude anche “dall’applicazione della disciplina del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui agli articoli 4 e 17 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”, ossia dall’applicazione dei principi generali (il riferimento all’art. 4 del codice previgente dovendo intendersi sostituito con il rinvio all’art. 13, co. 5 del Codice e alle disposizioni da quest’ultimo richiamate). Se ne desume, a contrario, che, laddove i contratti esclusi siano conclusi (come nel caso di specie) da un’Amministrazione per cui non sono previste regole speciali, i principi generali trovano piena applicazione.
5. La fondatezza del secondo motivo comporta l’assorbimento di tutte le restanti censure formulate con i Primi motivi aggiunti (ad eccezione del primo motivo; cfr. infra, par. 6), per le ragioni che sono di seguito illustrate.
In ragione dell’inscindibilità, in relazione ai singoli oggetti o alle singole parti della Convenzione RAI, dell’effetto demolitorio conseguente alla fondatezza del secondo motivo e dell’assenza di ulteriori utilità per la ricorrente derivanti dall’eventuale loro fondatezza sono assorbiti: il terzo motivo, con sui si deducono la violazione, tra l’altro, dell’art. 56 TFUE e della delibera AGCom n. 131/12/CONS, oltre all’eccesso di potere, per avere il Comune affidato direttamente a RAI il diritto di trasmettere la manifestazione attraverso le proprie reti audio e televisive, con conseguente compromissione della libertà di prestazione dei servizi; l’ottavo motivo, con cui si deducono la violazione di legge (artt. 54, 13, co. 5, 1, 2 e 3 del Codice) e l’eccesso di potere nella parte in cui i provvedimenti impugnati e le Convenzioni avrebbero affidato direttamente a RAI alcuni servizi televisivi il cui obiettivo consisterebbe nella promozione presso il pubblico del territorio sanremese; il quarto motivo, con cui si deduce la violazione di legge conseguente all’affidamento diretto a RAI dell’organizzazione e della trasmissione del Festival di Sanremo (affidamento diretto che, nella prospettiva attorea, integrerebbe una misura contraria alle norme dei trattati (in particolare, agli artt. 56, 101, 106 e 107 TFUE) e che non potrebbe essere giustificata, ai sensi dell’art. 106, par. 2 TFUE, dalla necessità di non compromettere la specifica missione di concessionaria del servizio pubblico). Resta peraltro impregiudicata, come stabilito supra (par. 4.3.3.3), sussistendone i presupposti e sulla base di adeguata motivazione, la facoltà del Comune di Sanremo di svolgere una procedura di evidenza pubblica che abbia ad oggetto, al contempo, la concessione dell’uso del Marchio, l’organizzazione del Festival e l’affidamento dei relativi diritti di trasmissione allo stesso soggetto contraente.
Parimenti assorbiti sono il quinto motivo di ricorso, incentrato sull’inadeguatezza del corrispettivo riconosciuto in favore del Comune, e i Quarti motivi aggiunti, con cui si deducono, sotto una molteplicità di profili, l’eccesso di potere e la violazione di legge conseguenti alla sproporzione tra i ricavi che RAI consegue dallo sfruttamento commerciale del Festival e la percentuale riconosciuta in favore del Comune.
Il sesto e il settimo motivo (con i quali si deducono l’insussistenza dei presupposti per procedere alla concessione dell’uso in esclusiva del Marchio mediante una procedura negoziata senza bando ai sensi dell’art. 76 o dell’art. 182, co. 6 del Codice) sono assorbiti in quanto il mancato assoggettamento del contratto in questione (in quanto concessione di bene o, comunque, contratto attivo) alle disposizioni da ultimo menzionate esclude che queste ultime possano venire in rilievo per regolare la fattispecie. Quanto al nono e al decimo motivo (con cui si deducono, sotto plurimi profili, la violazione di legge e l’eccesso di potere, rispettivamente per avere il Comune di Sanremo rimesso a RAI il compito di predisporre il testo della Convenzione e per non avere il Comune pubblicato un bando a seguito della trasmissione della Manifestazione di interesse), l’assorbimento è determinato dal fatto che l’eventuale fondatezza degli stessi, con riferimento all’effetto demolitorio, non attribuirebbe alcuna utilità ulteriore alla ricorrente, e, con riferimento all’effetto conformativo, non muterebbe alcunché in ordine alla predisposizione dei documenti di gara, di cui sarebbe evidentemente onerato il Comune.
6. In relazione all’effetto conformativo spiegato dal giudicato con riferimento a future procedure di evidenza pubblica, il Collegio ritiene di esaminare comunque il primo motivo, con cui si deducono la violazione di legge (artt. 1, 2, 7-bis e 115, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42; d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50; d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36; art. 1, legge 7 agosto 1990, n. 241; art. 97 Cost.) e l’eccesso di potere (difetto di presupposti; violazione dei principi di imparzialità, buon andamento, efficacia, economicità, trasparenza e par condicio, concorrenza, pubblicità; contraddittorietà e perplessità dell’azione amministrativa).
Sul presupposto della qualificazione del Marchio e di ogni altro diritto connesso al Festival di Sanremo (ai sensi dell’art. 2, co. 2, d.lgs. n. 42/2004) come bene culturale (immateriale) appartenente al patrimonio culturale del Comune di Sanremo, JE sostiene che il Comune, avendo scelto di procedere alla gestione dell’attività di valorizzazione di detto bene culturale in forma indiretta (peraltro in assenza della “valutazione comparativa in termini di sostenibilità economico-finanziaria e di efficacia, sulla base di obbiettivi previamente definiti” prescritta dall’art. 115, co. 4, d.lgs. n. 42/2004 al fine di scegliere tra la forma di gestione diretta e quella indiretta), avrebbe dovuto attuare la gestione indiretta “tramite concessione a terzi oppure mediante l’affidamento di appalti pubblici di servizi, […] mediante procedure di evidenza pubblica, sulla base della valutazione comparativa di specifici progetti (art. 115, co. 3 d.lgs. n. 42/2004). L’affidamento diretto a RAI – la cui reiterazione, per anni, avrebbe comportato la soggezione del Comune al potere contrattuale di RAI, con conseguente progressiva riduzione del corrispettivo stabilito in favore del Comune – sarebbe quindi illegittimo. Il provvedimento sarebbe peraltro contraddittorio, in quanto non si comprenderebbe se è il Comune ad organizzare e riprendere il Festival “avvalendosi di RAI o collaborando con RAI, in una sorta di gestione ibrida diretta-indiretta (tuttavia non prevista dal Legislatore), o è RAI a fare tutto questo “in esclusiva””.
Il motivo è infondato.
L’art. 2, co. 2, d.lgs. n. 42/2004 stabilisce che sono beni culturali: (a) le cose immobili e mobili che, ai sensi degli artt. 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico; (b) le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà.
Né il Festival, né (come ritiene la ricorrente) il Marchio, né il format, né altri diritti connessi al Festival possono essere qualificati come beni culturali ai sensi, e per gli effetti, del d.lgs. n. 42/2004, in quanto: (a) non sono cose immobili o mobili, trattandosi (semmai) di beni immateriali; (b) non sono “cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà”, in quanto il riferimento alle “cose” (da intendersi quali porzioni materiali della realtà sensibile) implica che si debba trattare di beni materiali; (c) non rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 7-bis, d.lgs. n. 42/2004, che sancisce l’assoggettabilità alle disposizioni del d.lgs. n. 42/2004 delle “espressioni di identità culturale collettiva” contemplate dalle Convenzioni UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale e per la protezione e la promozione delle diversità culturali, adottate a Parigi, rispettivamente, il 3 novembre 2003 ed il 20 ottobre 2005, in quanto: (i) detta assoggettabilità è sancita limitatamente ai casi in cui le suddette espressioni di identità culturale collettiva “siano rappresentate da testimonianze materiali” (il che non accade nel caso di specie, tanto che la stessa ricorrente non indica quale testimonianza materiale rappresenterebbe il Festival di Sanremo); (ii) il Festival di Sanremo non rientra né nella definizione generale di patrimonio culturale immateriale di cui all’art. 2, par. 1 della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, né nelle specifiche manifestazioni dello stesso elencate, in via esemplificativa, dall’art. 2, par. 2 della Convenzione da ultimo citata. Il Festival, infatti, è un singolo evento, ossia una manifestazione ben delimitata nel tempo e nello spazio che ha luogo con cadenza annuale, e non un’arte dello spettacolo (trattasi semmai di una specifica manifestazione in cui si esprimono alcune arti dello spettacolo), né una consuetudine sociale (in quanto il Festival si svolge annualmente per l’iniziativa di soggetti, pubblici e privati, ben individuati), né un evento rituale o festivo; (iii) il Festival di Sanremo non è contemplato (a differenza, ad esempio, della pratica del canto lirico in Italia o dell’opera dei pupi siciliani) né dalla Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità (art. 16), né dalla Lista del patrimonio culturale immateriale che necessita di essere urgentemente salvaguardato (art. 17).
7. Si procede ora all’esame dei Secondi motivi aggiunti.
Con un primo motivo si deducono la violazione di legge (d.lgs. n. 50/2016; d.lgs. n. 36/2023; violazione dei principi di imparzialità, buon andamento, efficacia, economicità, trasparenza e par condicio, concorrenza, pubblicità; artt. 56, 101, 106 e 107 TFUE) e l’eccesso di potere (difetto di presupposti e di motivazione; irragionevolezza e illogicità), per avere il Comune affidato direttamente a RAI Pubblicità il diritto di sfruttamento degli “eventi collaterali e/o connessi” al Festival, peraltro in assenza di corrispettivo e, anzi, assumendo degli oneri economici. Il motivo è subordinato all’accertamento che lo sfruttamento degli eventi collaterali costituisca utilità ulteriore rispetto ai diritti di sfruttamento economico del Festival concessi a RAI.
Con un secondo motivo si deducono le medesime censure con riguardo all’ipotesi in cui, invece, l’affidamento a RAI Pubblicità riguardi utilità già concesse a RAI, con conseguente invalidità derivata (per effetto dell’illegittimità della delibera di approvazione della Convenzione RAI conseguente ai medesimi vizi dedotti con i Primi motivi aggiunti) della delibera di approvazione della Convenzione RAI Pubblicità.
7.1. Deve preliminarmente essere scrutinata l’eccezione di irricevibilità dei Secondi motivi aggiunti formulata da RAI Pubblicità. La delibera n. 314 del 21 novembre 2023 avrebbe consentito di comprendere, fin dal momento della pubblicazione della stessa, che non vi sarebbe stata alcuna procedura competitiva per l’organizzazione di eventi collaterali relativi alle edizioni del Festival cui detta delibera si riferiva. I motivi aggiunti avverso la delibera n. 345, dunque, sarebbero irricevibili in quanto tardivi.
L’eccezione è infondata, in quanto la delibera n. 314 si riferisce esclusivamente all’organizzazione del Festival e la circostanza che RAI Pubblicità sia concessionaria esclusiva per RAI della raccolta pubblicitaria (con la conseguenza che fin dalla delibera n. 314 si sarebbe potuto intuire che gli eventi collaterali sarebbero stati affidati a RAI Pubblicità) è irrilevante, in quanto: (a) presuppone una conoscenza specifica dei concreti rapporti intercorrenti tra RAI e RAI Pubblicità che non può certo pretendersi in capo ad un operatore, ancorché del settore; (b) comporterebbe la decorrenza del termine di impugnazione in un momento antecedente allo stesso affidamento. Peraltro, la delibera n. 314 non contiene alcun riferimento alla raccolta pubblicitaria, né specifici riferimenti agli eventi collaterali.
I Secondi motivi aggiunti, pertanto, sono ricevibili.
Né risulta fondata l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse formulata dai RAI Pubblicità (e argomentata nella memoria depositata in data 3 luglio 2024), sul presupposto che JE avrebbe potuto organizzare autonomamente eventi collaterali al Festival, al pari di quanto hanno fatto altri operatori non collegati al gruppo RAI.
L’interesse di JE, infatti, si appunta non su qualsivoglia evento collaterale autonomamente organizzato, ma sugli eventi collaterali affidati a RAI Pubblicità (eventi collaterali in senso proprio) – sul presupposto dell’affidamento dell’organizzazione del Festival alla stessa JE –, rispetto ai quali la tesi (proposta da RAI Pubblicità) dell’inscindibilità degli stessi dal Festival non può che seguire la medesima sorte delle eccezioni di inammissibilità del ricorso principale e dei Primi motivi aggiunti per difetto di legittimazione e/o di interesse al ricorso (ritenute infondate per le ragioni sopra esposte).
7.2. Nel merito, risulta fondato il secondo motivo dei Secondi motivi aggiunti.
L’invalidità della delibera n. 314, per le ragioni sopra già esposte, non può che inficiare, in via derivata, la delibera n. 345, dal momento che l’affidamento dell’organizzazione degli eventi collaterali a RAI Pubblicità è avvenuto in quanto quest’ultima è concessionaria esclusiva di RAI (la stessa RAI Pubblicità evidenzia la sussistenza di un rapporto di interconnessione tra le Convenzioni e, conseguentemente, tra le due delibere). In altri termini, venuto meno l’affidamento a RAI, non può che derivarne l’invalidità (e la conseguente caducazione) della delibera relativa al rapporto con RAI Pubblicità, che rinviene nell’affidamento a RAI un presupposto imprescindibile.
Ne consegue l’assorbimento del primo motivo dei Secondi motivi aggiunti.
8. La fondatezza del secondo motivo dei Primi motivi aggiunti comporta l’accoglimento degli stessi e l’annullamento della delibera della Giunta comunale n. 314 del 21 novembre 2023 che ha approvato la bozza di Convenzione RAI, nonché della nota del 23 novembre 2023 con cui il Comune di Sanremo ha comunicato alla ricorrente che, a seguito dell’adozione della delibera n. 314, la Manifestazione di interesse è divenuta improcedibile.
La fondatezza del secondo motivo dei Secondi motivi aggiunti comporta l’accoglimento degli stessi e l’annullamento della delibera della Giunta comunale n. 345 del 4 dicembre 2023, che ha approvato la bozza di Convenzione RAI Pubblicità.
Gli atti di accertamento delle entrate e di impegno delle spese non costituiscono atti impugnabili; sotto questo profilo, pertanto, i Primi e i Secondi motivi aggiunti sono inammissibili.
9. I Primi motivi aggiunti sono stati iscritti, come ricorso autonomo, anche al R.G. n. 801/2023. Detto ultimo ricorso e i relativi motivi aggiunti, proposti prudenzialmente in via autonoma rispetto all’originario ricorso iscritto al R.G. n. 627/2023, hanno ad oggetto i medesimi atti impugnati con i Primi (e i successivi) motivi aggiunti al ricorso iscritto al R.G. n. 627/2023 e sono identici a questi ultimi nel contenuto. Pertanto, sussistendo litispendenza (ai sensi dell’art. 39, co. 1 cod. proc. civ.), il ricorso iscritto al R.G. n. 801/2023 e i motivi aggiunti allo stesso sono inammissibili, in quanto rappresentano mere duplicazioni di identiche domande formulate in precedenza (e iscritte al R.G. n. 627/2023, giudizio cui il ricorso iscritto al R.G. n. 801/2023 è stato riunito con la menzionata ordinanza n. 213 del 27 marzo 2024).
10. All’annullamento delle delibere di approvazione delle Convenzioni dovrebbe conseguire la caducazione delle Convenzioni medesime, in quanto – come detto (cfr. supra, par. 1 e par. 4.2.2) – trattasi di contratti che accedono ad una concessione di bene pubblico e sono, pertanto, privi di sostanziale autonomia rispetto a quest’ultima; ne consegue che detti contratti sarebbero destinati ad essere travolti automaticamente per effetto dell’annullamento dei provvedimenti di concessione (e ciò a prescindere dalla formulazione – comunque avvenuta – di un’espressa domanda in tal senso da parte della ricorrente), come riconosciuto dalla costante giurisprudenza (Cons. St., sez. VI, 15 marzo 2021, n. 2207: “[…] il momento civilistico non avrebbe vita autonoma senza la definizione della fase pubblicistica e, anzi, è strettamente condizionato dalla validità ed efficacia delle scelte effettuate dall’amministrazione concedente nella fase autoritativa di individuazione del concessionario. Infatti la concessione demaniale integra una fattispecie complessa (a portata dicotomica), alla cui formazione concorrono il potere discrezionale dell’amministrazione e la volontà del privato di accettare le condizioni negoziali di disciplina del rapporto (regime di utilizzo, durata, assetto economico dei rapporti, cause di decadenza per inadempimento, condizioni economiche per lo sfruttamento e la gestione del bene, ecc.). Nell’operazione di rilascio della concessione di beni coesistono, pertanto, un atto amministrativo unilaterale, con il quale l’amministrazione dispone di un proprio bene in via autoritativa e una convenzione attuativa, avente ad oggetto la regolamentazione degli aspetti patrimoniali, nonché dei diritti e obblighi delle parti connessi all’utilizzo di detto bene, elementi, questi, entrambi necessari ai fini della costituzione del rapporto concessorio. Nello stesso tempo, però, i due momenti, quello pubblicistico e quello consensuale, integrano l’atto complesso costituito dalla concessione-contratto. […] una volta accertata l’illegittimità del provvedimento concessorio e una volta che si è proceduto al suo annullamento (in sede giudiziale o in sede amministrativa tramite lo strumento dell’autotutela), l’effetto patologico di tale illegittimità pervade il contratto e quindi provoca la decadenza dal beneficio ottenuto indebitamente”; Cons. St., Ad. Plen., 30 luglio 2008, n. 9 che, nell’esaminare – in base alla disciplina vigente prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53 – le conseguenze dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto di appalto, ha accolto la tesi – oggi superata limitatamente ai contratti assoggettati al Codice – della caducazione, argomentando, tra l’altro, alla luce di quanto avviene “nel caso di annullamento di una graduatoria di un pubblico concorso che comporta la caducazione degli effetti del contratto di lavoro su di essa fondato, ovvero di annullamento di una concessione di un bene o di un servizio pubblico che comporta la caducazione degli effetti dell’accordo accessivo”; T.A.R. Lazio (Latina), sez. I, 8 febbraio 2011, n. 106).
Né vi sono dubbi in ordine alla sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla sorte delle Convenzioni: la qualificazione della delibera n. 314 in termini di concessione di bene pubblico (rappresentato dal Marchio) – in conformità a quanto stabilito da Cons. St., n. 552/2015, cit. (cfr. supra, par. 4.2.2) –, infatti, comporta la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in relazione al rapporto concessorio (ai sensi dell’art. 133, co. 1, lett. b) cod. proc. amm.), ivi inclusa la sorte del contratto che di tale rapporto (unitamente, ancorché tramite la mediazione del contratto, ai provvedimenti amministrativi a monte) è fonte. Del resto, la circostanza che né il Comune, né le controinteressate abbiano eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alle domande di annullamento (o, in alternativa, di declaratoria di inefficacia) delle Convenzioni formulate da JE corrobora ulteriormente detta conclusione.
È chiaro, pertanto, che all’effetto demolitorio discendente dalla presente pronuncia con riferimento alle delibere della Giunta comunale dovrebbe conseguire la caducazione delle relative Convenzioni.
10.1. Il Collegio, tuttavia, rileva che l’organizzazione della 75ª edizione del Festival è in stato avanzato (sono già stati individuati il direttore artistico e conduttore e almeno uno dei co-conduttori; è stato adottato il relativo regolamento; è stato stabilito il calendario delle cinque serate). È evidente, del resto, che l’attività di preparazione e organizzazione di un evento della portata del Festival prende avvio molto tempo prima dello svolgimento della manifestazione, fin dalle settimane successive al termine dell’edizione precedente (il nome del direttore artistico e conduttore, ad esempio, è stato reso noto nel maggio 2024) – lo ha riconosciuto nel corso del giudizio la stessa JE –, e che molteplici e complessi rapporti contrattuali e amministrativi vengano instaurati, in vista dell’edizione successiva, molti mesi prima dello svolgimento della stessa.
La caducazione delle Convenzioni conseguente all’annullamento delle relative delibere di approvazione, dunque, comporterebbe, oltre al venir meno dei presupposti degli atti adottati e dei rapporti instaurati con riferimento alla 74ª edizione – atti e rapporti i cui effetti si sono per lo più esauriti –, effetti dirompenti e del tutto sproporzionati con riferimento alla 75ª edizione (che si svolgerà nel febbraio 2025). È evidente, infatti, che l’intervallo di tempo necessario per la predisposizione degli atti di gara e per lo svolgimento della stessa, in conformità a quanto stabilito con la presente sentenza, nonché per l’organizzazione del Festival e degli eventi collaterali da parte del concessionario del Marchio individuato all’esito della procedura di evidenza pubblica, è del tutto incompatibile con lo svolgimento della manifestazione nel mese di febbraio 2025. Né, d’altra parte, alla luce dell’attuale stato di avanzamento dell’organizzazione è seriamente ipotizzabile il differimento ad altro mese del 2025 del Festival al solo fine di tutelare l’interesse di JE a partecipare (previa, eventualmente, aggregazione con altri soggetti, allo stato ignoti) ad una procedura di gara (di cui potrebbe non risultare vincitrice).
10.2. Il Collegio, dunque, ritiene di limitare l’effetto caducatorio determinato dalla presente pronuncia alle delibere di approvazione delle Convenzioni e al provvedimento che ha dichiarato improcedibile la Manifestazione di interesse, ferma restando l’efficacia delle Convenzioni (e salvo il diritto di JE al risarcimento del danno da perdita di chance – oggetto di specifica domanda –, ove ne sussistano i presupposti; cfr. infra, par. 11).
Ciò in adesione all’orientamento del Consiglio di Stato (inaugurato da Cons. St., sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2755) che ha riconosciuto la possibilità, per il giudice amministrativo, di modulare gli effetti delle sue decisioni (argomentando dagli artt. 21-novies, legge n. 241/1990 e 34, co. 1, lett. a) cod. proc. amm. ed evidenziando l’assenza di una previsione normativa circa l’inevitabilità della retroattività degli effetti dell’annullamento di un atto, rispettivamente, in sede amministrativa e giurisdizionale), financo derogando alla regola della retroattività degli effetti dell’annullamento dell’atto impugnato e, in particolare (e alternativamente): (a) limitando parzialmente la retroattività di detti effetti; (b) stabilendone una decorrenza ex nunc; (c) escludendone del tutto la produzione. Modulazione, quella sopra descritta, che è ammessa allorché l’applicazione della regola della retroattività degli effetti dell’annullamento risulti, alternativamente, “incongrua e manifestamente ingiusta” (ed è il caso di specie; cfr. infra, par. 10.3), oppure “in contrasto col principio di effettività della tutela giurisdizionale” (Cons. St., n. 2755/2011, cit.).
Il ricorso alla tecnica della graduazione nel tempo degli effetti della sentenza, peraltro, è stato legittimato (seppure in ambito del tutto diverso) anche dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Cons. St., Ad. Plen., 22 dicembre 2017, n. 13, che, in adesione alla teoria del prospective overruling elaborata negli ordinamenti di common law, ha limitato al futuro l’applicazione del principio di diritto ivi affermato in contrasto con l’orientamento prevalente in passato), sulla base (oltre che delle argomentazioni già utilizzate da Cons. St., n. 2755/2011): (a) dell’analogo potere (espressamente) riconosciuto alla Corte di giustizia, proprio con riguardo alla giurisdizione di annullamento, dall’art. 264, par. 2 TFUE, trasferibile nell’ordinamento nazionale in virtù dell’art. 1 cod. proc. amm. (“[l]a giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo”); (b) dell’analoga tecnica cui, da tempo, fa ricorso anche la Corte costituzionale (tra le pronunce più significative al riguardo: Corte cost., 11 febbraio 2015, n. 10; 17 marzo 2021, n. 41); (c) di quanto espressamente stabilito dagli artt. 121 e 122 cod. proc. amm. con riguardo alla possibilità per il giudice amministrativo di non dichiarare l’inefficacia del contratto o di stabilire la decorrenza di detta inefficacia. Ulteriore applicazione dei principi sopra menzionati, ancorché a fattispecie non coincidente (trattasi del differimento dell’operatività della disapplicazione di norme nazionali incompatibili con norme europee ad effetto diretto), si rinviene nelle decisioni dell’Adunanza Plenaria nn. 17 e 18 del 9 novembre 2021.
Da ultimo, il Consiglio di Stato, nell’esaminare ex professo il tema delle tecniche di governo dell’efficacia delle pronunce giurisdizionali, ne ha confermato l’utilizzabilità, precisando (rispetto alla graduazione degli effetti demolitori delle sentenze di annullamento; nel caso di specie, alcune associazioni ambientaliste avevano impugnato un piano di prevenzione degli incendi boschivi), tra l’altro, nel replicare ai rilievi mossi sul punto dalla dottrina, che: (a) la disponibilità, da parte del giudice, degli effetti demolitori (ritenuta da alcuni incompatibile con la natura costitutiva della sentenza di annullamento), si giustifica alla luce dell’atipicità dell’apparato rimediale configurato dal Codice del processo amministrativo; a detta atipicità, infatti, deve riconoscersi altresì “una declinazione di tipo contenutistico, nella misura in cui la decisione del giudice esprime una sintesi degli interessi in conflitto non astrattamente predeterminabile dal legislatore. Ed in specie, l’estensione dell’oggetto della cognizione al rapporto giuridico controverso, al di là dei confini imposti dal mero scrutinio di legittimità dell’atto impugnato, può giustificare il riconoscimento di poteri valutativi in ordine alla perduranza degli effetti dell’atto illegittimo, nell’ottica del bilanciamento fra le esigenze di tutela fatte valere dalla parte ricorrente ed i controinteressi generali e particolari rilevanti nel caso concreto. Il governo degli effetti delle sentenze costitutive di annullamento appare dunque ammissibile nel quadro di atipicità rimediale e contenutistica che permea la moderna struttura del processo amministrativo” (Cons. St., sez. I, parere del 30 giugno 2020, n. 1233); (b) non è riscontrabile alcuna violazione della riserva di legge stabilita dall’articolo 113, co. 3 Cost., nella parte in cui affida all’intermediazione legislativa la determinazione (dei casi e) degli effetti dell’annullamento giurisdizionale, in quanto “il vigente assetto processuale, oltre a rimettere al giudice la valutazione circa la necessità dell’annullamento dell’atto illegittimo (articolo 34, comma 3, c.p.a.), accentua il carattere conformativo delle decisioni adottabili” (ibidem); (c) non si ravvisa alcuna violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 cod. proc. civ.), in quanto l’oggetto della domanda di annullamento comprende, indefettibilmente, la domanda di accertamento circa l’illegittimità dell’atto impugnato; (d) l’ammissibilità del ricorso alla tecnica in questione è ulteriormente confermata dall’espressa previsione normativa di deroghe alla retroattività dell’annullamento del contratto a tutela dell’incapace (art. 1443 cod. civ.) e dei terzi acquirenti in buona fede a titolo oneroso (art. 1445 cod. civ.), “così confermando che gli effetti possono essere calibrati in ragione degli interessi coinvolti” (ibidem).
10.3. I principi giuridici che sono alla base degli istituti sopra descritti (e degli orientamenti giurisprudenziali che ne hanno sancito l’ammissibilità) inducono, pertanto, il Collegio ad escludere la caducazione delle Convenzioni.
Nel caso di specie, a determinare in tal senso l’esito del presente giudizio è il più generale principio di proporzionalità che, nel guidare il Tribunale nel governo in concreto degli effetti della presente sentenza, impone di far prevalere l’interesse dell’Amministrazione e delle controinteressate al mantenimento delle Convenzioni sull’evanescente interesse della ricorrente al travolgimento delle stesse. Ciò in quanto la ricorrente non ha fornito alcuna indicazione in ordine alla prospettata aggregazione con altri soggetti che sola consentirebbe alla stessa (eventualmente) di aggiudicarsi la gara per la concessione del Marchio e di organizzare il Festival.
Risulterebbe evidentemente sproporzionato e irragionevole incidere sull’edizione del Festival già svolta e sull’edizione che si svolgerà tra pochi mesi, a fronte di un interesse della ricorrente che, in base a quanto dalla stessa rappresentato nel corso del giudizio (ove non ha dedotto – comprensibilmente – alcunché in ordine ad attività preparatorie svolte in vista della partecipazione ad un’eventuale procedura di evidenza pubblica), non può che appuntarsi sull’effetto conformativo della presente sentenza.
L’effetto demolitorio, pertanto, è limitato ai provvedimenti sopra indicati, fermi restando: (a) l’efficacia delle Convenzioni con riferimento ad ogni profilo inerente alla 74ª e alla 75ª edizione del Festival; (b) l’effetto conformativo della presente sentenza con riferimento alle edizioni del Festival successive alla 75ª; effetto tutelabile, sussistendone i presupposti, anche in sede di ottemperanza.
Ne consegue l’improcedibilità delle domande di annullamento (o, in alternativa, di declaratoria di inefficacia) delle Convenzioni, in quanto l’esclusione – per le ragioni sopra esposte – della caducazione di queste ultime costituisce ragione ostativa (ai sensi dell’art. 35, co. 1, lett. c) cod. proc. amm.) alla pronuncia sul merito delle domande suddette.
11. La domanda di risarcimento del danno da perdita di chance non può essere accolta, per difetto della prova della chance medesima.
Innanzitutto, in caso di svolgimento di una procedura di evidenza pubblica, non è affatto escluso (anzi, è da ritenersi probabile) che altre imprese (oltre a RAI e a JE) avrebbero partecipato alla stessa (ancorché non abbiano, a differenza di JE, presentato una manifestazione di interesse). In ogni caso, in assenza di concrete indicazioni sull’aggregazione cui JE avrebbe potuto dare vita ai fini della partecipazione alla gara, non è possibile apprezzare la chance rispetto al conseguimento dell’aggiudicazione. Chance che, laddove a partecipare fosse stata (oltre a RAI) la sola JE (non aggregata ad altri soggetti), sarebbe insussistente, in ragione delle dimensioni dell’impresa ricorrente e della natura delle attività che la stessa è abilitata a svolgere.
12. Le spese di lite possono essere compensate, in ragione della soccombenza reciproca, da un lato, e della novità e particolare complessità delle questioni trattate, dall’altro.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sui ricorsi e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti e riuniti con ordinanza n. 213 del 27 marzo 2024, così provvede:
- dichiara inammissibile il ricorso principale iscritto al R.G. n. 627/2023;
- accoglie, nei limiti di cui in motivazione, i motivi aggiunti al ricorso iscritto al R.G. n. 627/2023 e depositati in data 20 dicembre 2023 e, per l’effetto, annulla: (a) la delibera della Giunta comunale n. 314 del 21 novembre 2023 che ha approvato la bozza di convenzione con RAI - Radiotelevisione Italiana S.p.A.; (b) la nota del 23 novembre 2023 con cui il Comune di Sanremo ha comunicato alla ricorrente che la manifestazione di interesse dalla stessa presentata in data 7 marzo 2023 è divenuta improcedibile;
- accoglie, nei limiti di cui in motivazione, i motivi aggiunti al ricorso iscritto al R.G. n. 627/2023 e depositati in data 19 gennaio 2024 e, per l’effetto, annulla la delibera della Giunta comunale n. 345 del 4 dicembre 2023 che ha approvato la bozza di convenzione con RAI Pubblicità S.p.A.;
- dichiara improcedibili, sussistendo le ragioni ostative ad una pronuncia sul merito indicate in motivazione, le domande di annullamento e di declaratoria di inefficacia della convenzione, stipulata dal Comune di Sanremo con RAI - Radiotelevisione Italiana S.p.A., per la concessione dell’uso in esclusiva del marchio “Festival della Canzone Italiana” e per lo svolgimento della 74ª e della 75ª edizione del “Festival della Canzone Italiana” per gli anni 2024 e 2025;
- dichiara improcedibili, sussistendo le ragioni ostative ad una pronuncia sul merito indicate in motivazione, le domande di annullamento e di declaratoria di inefficacia della convenzione, stipulata dal Comune di Sanremo con RAI Pubblicità S.p.A., per lo sfruttamento commerciale degli eventi collaterali e/o connessi con le edizioni 2024 e 2025 del “Festival della Canzone Italiana”;
- dichiara inammissibili i motivi aggiunti al ricorso iscritto al R.G. n. 627/2023 e depositati in data 20 dicembre 2023 e in data 19 gennaio 2024 nella parte in cui hanno ad oggetto gli atti di accertamento delle entrate e di impegno delle spese;
- rigetta la domanda di risarcimento del danno;
- dichiara inammissibili il ricorso principale iscritto al R.G. n. 801/2023 e i motivi aggiunti allo stesso;
- compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.