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Svolgimento del processo
1. – Nel 2018 B. Credit Management s.c.p.a. (di seguito B.) – quale mandataria di B. Banca s.p.a., già Banca P. soc.coop., che aveva incorporato M. s.p.a. – insinuò al passivo del Fallimento Casa di Cura M. A. s.p.a. (di seguito Fallimento) i seguenti crediti, oltre interessi ex artt. 2855 c.c. e 54 l.fall.: (a) € 8.481.236,40 a titolo di finanziamento fondiario accordato alla società fallita il 9.8.2002; (b) € 3.673.607,55 a titolo di mutuo ipotecario accordato il 9.8.2002 a S. P., di cui la fallita si era accollata l’onere, allegando le ulteriori garanzie ipotecarie concesse dalla fallita con successivo accordo dell’1.12.2004 di riscadenzamento dei predetti finanziamenti.
1.1. – Il giudice delegato accolse l’eccezione di nullità del finanziamento fondiario per superamento del limite di cui all’art. 38 t.u.b., respinse l’eccezione di nullità dell’accollo del mutuo per usurarietà sopravvenuta, dichiarò la nullità dell’atto di riscadenzamento e concessione di ulteriori garanzie dell’1.12.2004 per mancata indicazione dell’indicatore sintetico di costo (ISC), accolse la domanda di revocatoria ordinaria in via breve ex artt. 2901 c.c. e 66 l.fall. delle ulteriori ipoteche concesse con l’accordo dell’1.12.2004 ed ammise perciò al passivo il credito sub (a) in chirografo per € 3.962.861,97 – a titolo di ripetizione di indebito per superamento del limite di finanziabilità – ed il credito sub (b) per € 1.161.900,00 con l’originaria garanzia pignoratizia sulle azioni di R. s.p.a. (il cui capitale sociale era detenuto al 79,95% dalla fallita) ed € 2.511.707,55 al chirografo.
1.2. – Con il decreto indicato in epigrafe il Tribunale di Cagliari, in parziale accoglimento dell’opposizione ex art. 98 l.fall., ha ammesso al passivo B. per ulteriori € 1.527.346,90 al chirografo, quanto al credito sub (a) – escludendo la possibilità di conversione del contratto nullo per superamento del limite di finanziabilità – e ha confermato la revocatoria breve per il credito sub (b), sul rilievo che, al momento della concessione delle ulteriori garanzie, la fallita si trovava in una situazione di pesante squilibrio patrimoniale.
1.3. – In particolare, il tribunale ha osservato che: i) sussistevano eventus damni e scientia damni, poiché il patrimonio netto positivo di € 7.861.202,00 indicato nel bilancio al 31.12.2003 della fallita derivava per lo più dal valore della sua partecipazione (al 79,95%) nella R. s.p.a., però indicato in misura pari al costo storico (€ 24.296.000,00) e non alla corrispondente frazione del patrimonio netto della partecipata (€ 3.974.623,00), che infatti nella relazione integrativa veniva indicato in € 5.165.203,00, senza che fossero ivi esplicitate le ragioni di questa scelta, ai sensi dell’art. 2426 c.c., sicché la falsità del bilancio era “eclatante”, in quanto per essere veritiero avrebbe dovuto esporre un patrimonio netto negativo di € 12.460.175,00; ii) dal bilancio 2002 della partecipata R. s.p.a. emergeva una situazione di squilibrio finanziario, ampiamente descritta dall’organo amministrativo – il medesimo della fallita – mentre i segni di miglioramento emergenti nel successivo bilancio 2003 derivavano dalla rinuncia della controllante a un credito verso la controllata; iii) l’originaria beneficiaria della garanzia, M., era perfettamente al corrente di tutto ciò, anche perché titolare di un ingente credito verso la partecipata; iv) la situazione di grave squilibrio patrimoniale era stata aggravata dalla concessione di ulteriore garanzia ipotecaria, con gravissimo pregiudizio per gli altri creditori, poiché il patrimonio della fallita era divenuto incapiente.
2. – Avverso detta decisione B. ha proposto ricorso per cassazione in nove mezzi, cui il Fallimento ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
3. – Con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 38 t.u.b. e 1418 c.c., con riguardo alla nullità del contratto di mutuo fondiario per superamento del limite di finanziabilità, con richiesta di eventuale rimessione della relativa questione alle sezioni Unite, come non era stato fatto da Cass. 17352/2017, allorquando aveva sovvertito il precedente orientamento contrario alla nullità (Cass. 26672/2013, 27380/2013, 22446/2015, 4471/2016, 13164/2016).
3.1. – Il motivo è fondato e va accolto, come ammette in memoria lo stesso Fallimento controricorrente.
3.2. – Le sezioni unite di questa Corte (C. n. 33719/2022) sono infatti intervenute medio tempore a risolvere il contrasto, affermando i seguenti principi di diritto, dai quali non v’è ragione di discostarsi:
- “in tema di mutuo fondiario, il limite di finanziabilità di cui all’articolo 38, secondo comma, del d.lgs. n. 385 del 1993, non è elemento essenziale del contenuto del contratto, non trattandosi di norma determinativa del contenuto del contratto o posta a presidio della validità dello stesso, ma di un elemento meramente specificativo o integrativo dell’oggetto del contratto; non integra norma imperativa la disposizione – qual è quella con la quale il legislatore ha demandato all’Autorità di vigilanza sul sistema bancario di fissare il limite di finanziabilità nell’ambito della «vigilanza prudenziale» (cfr. articoli 51 ss. e 53 t.u.b.) – la cui violazione, se posta a fondamento della nullità (e del travolgimento) del contratto (nella specie, del mutuo ormai erogato cui dovrebbe conseguire anche il venir meno della connessa garanzia ipotecaria), potrebbe condurrebbe al risultato di pregiudicare proprio l’interesse che la norma intendeva proteggere, che è quello alla stabilità patrimoniale della banca e al contenimento dei rischi nella concessione del credito”;
- “qualora i contraenti abbiano inteso stipulare un mutuo fondiario corrispondente al modello legale (finanziamento a medio o lungo termine concesso da una banca garantito da ipoteca di primo grado su immobili), essendo la loro volontà comune in tal senso incontestata (o, quando contestata, accertata dal giudice di merito), non è consentito al giudice riqualificare d’ufficio il contratto, al fine di neutralizzarne gli effetti legali propri del tipo o sottotipo negoziale validamente prescelto dai contraenti per ricondurlo al tipo generale di appartenenza (mutuo ordinario) o a tipi contrattuali diversi, pure in presenza di una contestazione della validità sotto il profilo del superamento del limite di finanziabilità, la quale implicitamente postula la corretta qualificazione del contratto in termini di mutuo fondiario”.
3.3. – Di conseguenza, il decreto impugnato va cassato laddove ha ritenuto nullo il contratto di mutuo fondiario de quo agitur.
4. – L’accoglimento del primo mezzo comporta l’assorbimento dei successivi sei, con i quali si denuncia: la violazione dell’art. 38 t.u.b. con riguardo alla valutazione del rispetto del limite di finanziabilità in base al “valore cauzionale” dell’immobile (secondo motivo); la violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. e 115 c.p.c. in relazione alla ritenuta inosservanza del limite di finanziabilità nel caso di specie (terzo motivo); la violazione dell’art. 1414 c.c. in relazione alla diniego della conversione a causa della ritenuta conoscenza di un elemento in fatto che non esaurisce gli elementi costitutivi della nullità del contratto di mutuo fondiario per violazione del limite di finanziabilità (quarto motivo); violazione degli artt. 2697, 2727, 2729 c.c. e 115 c.p.c. sulla ritenuta a conoscenza della causa di nullità (quinto motivo); violazione degli artt. 1424 c.c. e 115 c.p.c. in relazione al diniego della conversione a causa della ritenuta assenza di volontà di perseguire con un mutuo ordinario lo stesso scopo pratico (sesto motivo); violazione dell'art. 1414 secondo comma c.c. in relazione alla omessa dichiarazione di simulazione relativa del mutuo fondiario ed ammissione al passivo del credito per il contratto dissimulato di mutuo ipotecario ordinario (settimo motivo).
5. – Con l’ottavo mezzo si denuncia la violazione degli artt. 2426, comma 1, e 2901 c.c., per avere il tribunale affermato l’insufficienza patrimoniale della società poi fallita, in conseguenza dell’atto di concessione dell’ipoteca volontaria dell’1.12.2004 oggetto di revocatoria ordinaria in via breve, in relazione sia all’eventus damni che alla scientia damni, sulla base dell’iscrizione del valore delle partecipazioni nella R. s.p.a. al costo storico, che però era pienamente legittima, senza che fosse necessaria, contrariamente a quanto opinato, l’esplicitazione delle ragioni di questa scelta nella nota integrativa al bilancio.
6. – Con il nono motivo si lamenta un errore di percezione, con violazione dell’art. 115 c.p.c., associato all’errore di diritto denunziato con il mezzo precedente, sempre in relazione alla insufficienza patrimoniale rilevante ai fini dell’eventus damni e della scientia damni nella revocatoria ordinaria in via breve ex artt. 2901 c.c. e 66 l.fall., per avere il tribunale ritenuto che i segni del miglioramento finanziario rilevabili dal bilancio 2003 della partecipata R. s.p.a. derivassero dalla rinuncia al credito della partecipante poi fallita, quando invece si era trattato di un versamento a fondo perduto effettuato dalla stessa partecipante poi fallita.
7. – L’ottavo e il nono motivo, da esaminare congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili, poiché non colgono la ratio decidendi ed attingono in modo generico a valutazioni di merito.
8. – In primo luogo non sussiste il vizio di violazione di legge denunziato con l’ottavo motivo.
8.1. – Non è qui in discussione la discrezionalità che compete al redattore del bilancio di società nell’operare le scelte alternative previste nell’ambito dei criteri di valutazione dettati dall’art. 2426 c.c., ivi compresa, quanto alle immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate, l’opzione tra il criterio del “costo di acquisto” e quello del “patrimonio netto” (Cass. 10096/2020, 21494/2020; cfr. Cass. 15087/2022).
8.2. – Ciò non toglie, però, che vanno comunque rispettati, ai sensi dell’art. 2423, comma 2, c.c., sia il principio di veridicità del bilancio di società, sia i precetti di chiarezza, correttezza e precisione che devono governarne la redazione (Cass. 1211/1992, 4874/2006), poiché obbiettivo fondamentale del legislatore è garantire non solo la veridicità e correttezza dei risultati contabili, ma anche la più ampia trasparenza dei dati di bilancio che a quei risultati conducono, in un sistema d'informazione che postula l'idoneità del bilancio a rendere effettivamente fruibili, per i soci e per i terzi, tutte le informazioni che la legge impone di fornire loro (Cass. 8204/2004).
8.3. – In particolare, il requisito della chiarezza riguarda il contenuto informativo del bilancio, anche mediante le spiegazioni fornite nella relazione degli amministratori, mentre i requisiti di correttezza e veridicità del bilancio attengono al risultato economico, ed impongono l'iscrizione di componenti positive del reddito non meramente ipotetiche (Cass. 16388/2007).
8.4. – Ciò premesso, la lettura delle disposizioni di riferimento contenute nell’art. 2426, comma 1, nn. 1) - 4), c.c., nella versione vigente ratione temporis, testimonia come le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate possono essere iscritte al valore del «costo di acquisto» di cui al n. 1) ovvero per «l’importo pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio delle imprese medesime» di cui al n. 4).
Tuttavia, qualora risultino iscritte per un valore superiore a quello derivante dall’applicazione del criterio del “patrimonio netto” (se non vi sia l’obbligo di redigere il bilancio consolidato), «la differenza dovrà essere motivata nella nota integrativa», come impone la seconda parte del n. 3) della norma citata.
Analogamente, la seconda parte del n. 4) dispone che «quando la partecipazione è iscritta per la prima volta in base al metodo del patrimonio netto, il costo di acquisto superiore al valore corrispondente del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio dell'impresa controllata o collegata può essere iscritto nell'attivo, purché ne siano indicate le ragioni nella nota integrativa».
8.5. – Nel caso in esame è pacifico che nel bilancio della società fallita al 31.12.2003 il valore delle partecipazioni nella R. s.p.a. era stato indicato in misura corrispondente al costo di acquisto (€ 24.296.000,00), nonostante esso fosse notevolmente superiore al valore della corrispondente frazione del patrimonio netto della partecipata (€ 3.974.623,00), senza che la nota integrativa contenesse giustificazione o motivazione alcuna della scelta operata, che però aveva comportato l’eclatante indicazione di un patrimonio netto positivo di € 7.861.202,00 in luogo di un patrimonio netto negativo di € 12.460.175,00.
Appare allora corretto il rilievo del tribunale, che su questo profilo di merito ha fondato la valorizzazione dei requisiti dell’eventus damni e della scientia damni.
8.6. – Va affermato il seguente principio di diritto:
“L’art. 2426, primo comma, c.c., pur contemplando la discrezionalità della scelta di iscrivere in bilancio le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate secondo il criterio del «costo di acquisto» (n. 1) ovvero per «l’importo pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio delle imprese medesime» (n. 4), prevede – in funzione del principio di veridicità del bilancio di società e dei precetti di chiarezza, correttezza e precisione che devono governarne la redazione, ai sensi dell’art. 2423, comma 2, c.c. – che, qualora dette immobilizzazioni risultino iscritte per un valore superiore a quello derivante dall’applicazione del criterio del cd. patrimonio netto (in assenza di obbligo di redazione del bilancio consolidato), la differenza deve essere motivata nella nota integrativa (n. 3, terzo periodo); per le stesse ragioni, qualora la partecipazione sia iscritta per la prima volta in base al metodo del patrimonio netto, il costo di acquisto che sia superiore al valore corrispondente (riferito alla data di acquisizione, o risultante dall'ultimo bilancio dell'impresa controllata o collegata) può essere iscritto nell’attivo solo a condizione che ne siano indicate le ragioni nella nota integrativa (n. 4, secondo periodo).
9. – Alla luce di quanto precede, perde rilevanza anche il vizio di percezione denunziato con il nono motivo, non risultando affatto decisivo, come somM.mente asserito, che il miglioramento della situazione finanziaria della società partecipata a partire dal bilancio del 2003 dipendesse da una rinuncia al credito della società poi fallita ovvero da un suo versamento a fondo perduto.
10. – Segue la cassazione del decreto impugnato con rinvio, anche per la statuizione sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbiti il secondo, il terzo, il quarto, il quinto, il sesto ed il settimo motivo, dichiara inammissibili l’ottavo e il nono motivo, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Cagliari, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.