Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Con atto di citazione regolarmente notificato il Fallimento On E. spa conveniva in giudizio T. A., Presidente del Cda dal 9.5.2013 al 30.6.2014, S. E., consigliere di amministrazione dal 9.5.2013 al 30.6.2014, O. C. Amministratore Unico dal 30.6.2014 alla data del fallimento e P. F., P. C. e I. G. componenti del Collegio Sindacale dal 9.5.2013 al fallimento.
La società era stata costituita nel 2008 ed operava nel settore fotovoltaico.
Nel 2013 veniva modificato sia l’assetto societario (l’intero capitale O. srl, socio unico di On E. viene ceduto da L. spa a Il C. srl), nonché la composizione degli organi societari ed entravano a far parte del Cda e del Collegio sindacale i convenuti nelle date sopra indicate.
Vi era sostanziale identità dei soggetti che partecipavano al Cda e al Collegio Sindacale delle tre società Il C. srl, O. spa e On E..
Il C. era riconducibile alla famiglia P. e in particolare P. S. era amministratore del C. e P. E. di On E. dal 21.12.2013 al 16.9.2013.
La stessa convenuta T. sarebbe stata persona di fiducia della famiglia P..
Esponeva che l’ultimo bilancio regolarmente approvato era quello riferito all’esercizio chiuso al 31.12.2013 e che, a partire dal 2014 non era più stata tenuta la contabilità.
In data 10.4.2015 veniva presentato al Tribunale di Vicenza un ricorso per l’ammissione al concordato cd in bianco, che tuttavia non poteva essere utilmente coltivato e con sentenza n. 199 del 2.10.2015 del Tribunale di Vicenza veniva dichiarato il fallimento della società.
Assumeva che dal 2014 gli amministratori non avevano aggiornato la contabilità e predisposto la documentazione fiscale obbligatoria, mentre i Sindaci, tardivamente, solo a far data da maggio 2014 avevano denunciato la mancata contabilizzazione della cassa e l’omessa tenuta della contabilità.
Da giugno 2014 A.U. delle società ON E. (nonché di O. e de Il C.) diventa C. O., che assume il ruolo di “testa di legno”, non avendo le competenze richieste per l’esercizio della carica.
Quanto ai Sindaci, nella verbale della riunione del 25.7.2014 ribadiscono la omessa tenuta della contabilità e la necessità che la società nomini un consulente contabile, e in seguito fino alla data di Fallimento si limitano al compimento di un unico atto, la presentazione di un esposto presso la Procura della Repubblica di Vicenza in data 19.6.2015.
Deduceva che la mancata tenuta della contabilità mascherava il depauperamento dell’attivo sociale, tanto che la Curatrice non rinveniva né il magazzino, valorizzato nell’importo di € 357.276,00 nell’ultimo bilancio approvato, né la disponibilità di cassa, pari ad € 111.795 al 31.12.2013, ma solo il minor importo di € 5.560,00.
In ragione dell’insuperabile difficoltà di ricostituire la situazione economico-finanziaria della società, il Fallimento nella quantificazione del danno faceva ricorso al criterio della differenza tra attivo (€ 549.497) e passivo fallimentare (6.501.657,84), chiedendo la condanna dei convenuti, in solido tra loro, al risarcimento dei danni, quantificati nell’importo di € 5.952.160,84.
Si costituiva il convenuto S., il quale deduceva di essere totalmente estraneo alla società, di non aver svolto alcuna attività gestoria e di non essere neppure a conoscenza dell’avvenuta nomina come amministratore.
Concludeva per il rigetto della domanda.
Si costituiva la convenuta T. A., chiedendo il rigetto delle domande attoree perché infondate.
Assumeva di aver ricoperto la carica di Presidente del C.d.A. dal 16.09.2013 al 30.06.2014 (quindi per poco più di otto mesi), di aver regolarmente tenuto, nel periodo del proprio incarico, la contabilità e di aver depositato nei termini previsti il bilancio 2013.
Si costituiva O. C., il quale deduceva come non fosse in alcun modo desumibile come, dalle condotte che gli sono imputate, sia derivato un danno economico alla società fallita.
Ed invero, il Fallimento non aveva contestato nei suoi confronti condotte distrattive, ma solo l’omessa tenuta della contabilità di per sé non foriera di danno.
Negava che gli fosse addebitabile ritardo nella presentazione di istanza di Fallimento.
Si costituivano altresì con un’unica comparsa di costituzione e risposta i Sindaci, dando conto dell’attività svolta come documentata dai verbali delle riunioni trimestrali del 23.10.2023, del 21.5.2014 e del 25.7.2014, dal verbale di conformità del 20.3.2014 e dalla Relazione del Collegio Sindacale al bilancio 2013.
Esponevano che a causa della confusione contabile del 2014 non erano in grado di percepire atti di erosione del patrimonio sociale.
Segnalavano di aver proposto in data 19.6.2015 un esposto alla Procura della Repubblica nei confronti del convenuto O. e concludevano per il rigetto delle domande attoree. Le domande di parte attrice sono parzialmente meritevoli di accoglimento per i motivi che si espongono.
La causa è stata istruita a mezzo testi.
Nella prospettazione principale del fallimento attore, il danno sopportato dalla società e dai creditori sociali dovrebbe essere determinato secondo il criterio dello sbilancio fallimentare e sarebbe pari ad € 5.952.160,84; tale criterio di determinazione del relativo credito risarcitorio è consentito in forza dell’art. 2486 cc, in ragione del difetto ed inattendibilità della documentazione contabile reperita dal curatore.
Ed invero, dopo l’approvazione del bilancio relativo all’esercizio 2013 avvenuto con delibera assembleare del 31.3.2014 (doc. 14 fasc. fall.) non è stata più tenuta la contabilità. Nel verbale di verifica trimestrale del 21.05.2014 il Collegio Sindacale svolgeva i primi rilievi critici: la cassa non veniva consegnata al Collegio perché non risulta contabilizzata e non erano stati girati i saldi del 2013; rilevava altresì il non aggiornamento del libro giornale, del libro inventari, del libro verbali C.D.A. e concludeva il verbale con il rilievo che la tenuta della contabilità non rispetta i canoni previsti dal codice civile.
Le circostanze trovano conferma anche nella deposizione testimoniale della sig.ra Elisabetta Stevan, la quale è stata incaricata di un professionista per conto dell’amministratore O. di aggiornare la contabilità. Ella ha dichiarato di aver registrato documenti e di aver impiegato qualche settimana per l’espletamento dell’attività e di aver richiesto via mail i documenti mancanti ad O., che non ha mai conosciuto personalmente.
Senonché, in adesione alla giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. Un. n. 9100/2015), applicabile in ogni caso ai fatti gestori anteriori alla ultima novellazione dell’articolo 2486 c.c., affinché possa affermarsi una responsabilità risarcitoria di tal fatta, non è sufficiente affermare il difetto della regolare tenuta della contabilità, non essendo detto inadempimento gestorio in sé foriero di pregiudizio patrimoniale per la società, essendo invece necessario che l'attore abbia allegato un inadempimento dell'amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato.
Invero, la mancanza di scritture contabili, ovvero la sommarietà di redazione di esse o la loro inintelligibilità non è di per sé sufficiente a giustificare la condanna dell’amministratore in conseguenza dell’impedimento frapposto alla prova occorrente ai fini del nesso di causalità rispetto ai fatti causativi del dissesto.
Essa presuppone, invece, per essere valorizzata in chiave risarcitoria nel contesto di una liquidazione equitativa, che sia comunque previamente assolto l’onere della prova, e prima ancora dell’allegazione, circa la l’esistenza di condotte per lo meno astrattamente causative di un danno patrimoniale.
In quest’ottica il criterio del deficit fallimentare resta sì applicabile, ma soltanto come criterio equitativo per l’ipotesi di impossibilità di quantificare esattamente il danno in conseguenza dell’affermazione di esistenza della prova almeno presuntiva di condotte tali da generare lo sbilancio fra attivo e passivo (cfr., ex multis, Cass. n. 15245/2022).
Le scritture contabili, infatti, hanno la funzione di rappresentare dei fatti di gestione e la loro mancanza o la loro irregolare tenuta sono illeciti meramente formali che certamente sono suscettibili di essere valorizzati ad es. ai fini della revoca dell’amministratore o della denuncia al Tribunale ai sensi dell’art. 2409 c.c. ma che, ai fini della responsabilità dello stesso amministratore, non hanno di per sé soli una rilevanza tale da consentire di addebitare allo stesso sic et simpliciter la perdita.
Sul piano del nesso causale, infatti, il risultato negativo di esercizio non è conseguenza immediata e diretta della mancata o dell’irregolare tenuta delle scritture contabili ma del compimento da parte dell’amministratore di un atto di gestione contrario ai doveri di diligenza, prudenza, ragionevolezza e corretta gestione.
L’amministratore deve sì dare conto di tale atto di gestione nelle scritture contabili, ma laddove ometta tale rilevazione non è necessariamente detto che sussista una perdita di gestione né che quest’ultima, laddove esistente, dipenda dall’irregolarità della tenuta dei registri contabili e della documentazione che l’impresa ha l’obbligo di conservare.
In quest’ottica, è onere di colui che afferma l’esistenza di una responsabilità dell’amministratore allegare specificamente l’atto o gli atti contrari ai doveri gravanti sull’amministratore, dimostrare l’esistenza di tale atto e del danno al patrimonio sociale.
Soltanto una volta soddisfatti tali oneri, la mancanza delle scritture contabili rileverà quale presupposto per l’utilizzo dei criteri equitativi “differenziali”.
Sul piano dei principi generali, d’altronde, il potere del giudice di liquidare equitativamente il danno ai sensi dell’art. 1226 c.c. presuppone pur sempre che vi sia la prova dell’esistenza del medesimo e del nesso di causalità ma che la quantificazione del danno non sia agevole; il potere, invece, non può essere esercitato né invocato dal danneggiato quale modalità per aggirare l’onere della prova relativamente agli elementi costitutivi dell’illecito.
Tanto premesso, esclusa l’applicazione nel caso di specie del criterio della differenza tra attivo e passivo fallimentare in difetto di allegazioni di fatti gestori agli amministratori in forza dei quali possa essere loro imputato l’intero disavanzo fallimentare, occorre valutare la sussistenza della responsabilità, con conseguente danno sopportato dalla società e dai creditori, in riferimento alle singole condotte gestorie di natura distrattiva, chiaramente individuate dalla curatela.
Il Fallimento addebita agli amministratori convenuti la distrazione del magazzino, in quanto le rimanenze di magazzino alla dichiarazione del fallimento risultavano pressoché inesistenti (essendo stato rinvenuto solo materiale estraneo all’attività sociale), a fronte del valore di Euro 357.276 risultante dal bilancio 2013.
Orbene, l’assenza delle scritture contabili non consente di ricostruire l’esatta composizione numerica e qualitativa del magazzino relativo all’esercizio 2013 e ciò rende già per questo non verificabile la valorizzazione attribuita da On E. in bilancio e non quantificabile il danno.
In secondo luogo, la consistenza di cassa rinvenuta dal Curatore è pari a Euro 5.560 a fronte di una disponibilità liquida indicata nel bilancio 2013 di Euro 111.795.
Osserva il Tribunale che, con riguardo alla responsabilità dell’amministratore per la violazione degli obblighi inerenti la conservazione dell’integrità del patrimonio sociale, la quale sia stata compromessa da prelievi di cassa o pagamenti in favore di terzi in assenza di causa, deve ritenersi dimostrata per presunzioni la distrazione del denaro sociale da parte dell’amministratore ove questi non provi la riferibilità alla società delle spese o la destinazione dei pagamenti all’estinzione di debiti sociali.
Il mancato reperimento della cassa non risulta sorretto da alcuna giustificazione.
Per tale addebito rispondono in solido A. T. e C. O.; la prima è stata componente del C.d.A. dal 09.05.2013 e Presidente del C.d.A. dal 16.09.2013 al 30.06.2014; il Collegio Sindacale, già con il verbale del 21.5.2014, segnalava la sparizione della cassa, che invece risultava appostata nel bilancio 2013 approvato il 31.3.2014.
Il secondo amministratore unico dal 30.06.2014 al 02.10.2015 (data del fallimento) non si è attivato per il recupero delle somme distratte.
Va esente invece da ogni responsabilità S. E., che formalmente figura come componente del C.d.A. dal 16.09.2013 al 30.06.2014. Egli ha sostenuto di non aver mai ricoperto alcuna carica gestoria nella Società e di essere stato fraudolentemente fatto figurare, da terzi, quale amministratore della stessa, nella sua più totale e completa inconsapevolezza.
Parte attrice ha prodotto, con la propria memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c., sub documento n. 10 la copia fotostatica di un presunto verbale del C.d.A. del 02.12.2013, che risulterebbe sottoscritto dal signor S..
Il convenuto ha disconosciuto nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c. la sottoscrizione ivi apposta, negando che gli appartenga, ad ogni effetto.
Lo stesso documento è stato, poi, prodotto dal Fallimento sub documento 11) all’interno di un estratto del Libro dei Verbali del C.d.A. nella memoria ex art. 183, comma 6 n.2 c.p.c.).
Il S. ha ribadito nella terza memoria ex art. 183, 6° comma c.p.c. il disconoscimento della sottoscrizione a lui riferibile, osservando altresì che il verbale del 02.12.2013 differisce significativamente dai precedenti, non essendo bollato e vidimato e non provvisto di numerazione progressiva e che, a differenza dei verbali precedenti, è sprovvisto dell’allegato foglio presenze.
La stessa Curatela nelle note di trattazione scritta di data 15.10.2020 ha precisato che la firma della T. appare in originale, mentre quella del S. appare in copia, chiedendo l’esibizione dell’originale del suddetto verbale, o quantomeno di un verbale con firma autografa del S., che potrebbe essere allegato all’atto del notaio Dr. M. P. di Cesena (rep. 3538) di cessione della proprietà superficiaria di impianto fotovoltaico, autorizzata con delibera del Cda del 2.12.2013.
La Curatela non ha, in ogni caso, proposto istanza di verificazione, e l’ordine di esibizione richiesto con le suddette note di trattazione è tardivo, in quanto la parte attrice avrebbe ben potuto formulare l’ordine di esibizione nella terza memoria, a fronte del disconoscimento espresso dal convenuto nella propria seconda memoria.
Il convenuto S. ha poi sostenuto che, nel periodo in cui avrebbe ricoperto la carica di amministratore di On E. s.p.a., in realtà si trovava alle dipendenze della società svizzera G. S.A., fino a dicembre 2013 e della società I. s.r.l., per il periodo successivo, fatto che fisicamente gli impediva di essere presso la sede della società fallita e ha dimesso sub doc. 2 le relative buste paga.
Anche la sig.ra Stevan, escussa come teste, ha dichiarato di aver conosciuto la signora A. T. che è subentrata al posto suo nel Cda della società, ma ha dichiarato di non aver mai sentito nominare E. S..
Ritiene pertanto il Collegio che le risultanze istruttorie siano convergenti nel dimostrare che il S. non ha mai effettivamente assunto il ruolo di componente del Cda di On E., non essendo alcuna prova del compimento di atti gestori.
Della distrazione della cassa rispondono anche i Sindaci.
Nel verbale di verifica trimestrale del 21.05.2014 si rinvengono i primi rilievi critici nei confronti della gestione della società (in particolare, con riguardo alla consistenza di cassa, si legge che “non viene consegnata al collegio perché non risulta contabilizzata e non sono stati girati i saldi del 2013”), con la considerazione conclusiva che la tenuta della contabilità non rispetta i canoni previsti dal codice civile e con il successivo verbale del 25.07.2014 (l’ultimo verbale presente a libro), hanno invitato l’amministratore unico O. a rivolgersi a consulenti esterni per adempiere agli obblighi fiscali e contabili previsti dalla legge.
Successivamente sono rimasti inerti per quasi un anno, senza esprimersi in ordine al deposito dell’infondato concordato in bianco dell’aprile 2015; solo in data 19.06.2015 hanno depositato un esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vicenza contro l’amministratore unico O. (in carica da un anno), denunciando gravi irregolarità nella gestione della società.
Dalla ricostruzione dei fatti e dalla documentazione prodotta appare evidente che, se l’organo di controllo avesse esercitato tempestivamente i poteri di segnalazione che gli competono (ovvero dal 2014), si sarebbero potute evitare o almeno contenere la dispersione del patrimonio aziendale e le operazioni di depauperamento.
Conclusivamente i convenuti T., O., P. F. e P. C., I. G. devono essere condannati, in solido tra loro, al pagamento in favore del Fallimento della somma di € 106.415,00, oltre rivalutazione ed interessi compensativi, sulla somma anno per anno rivalutata come da Cass. civ. S.U. 1712 del 1995, dalla cessazione della carica da parte di ciascuno.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo sulla base del valore effettivo della causa, con maggiorazione in favore del Fallimento, essendosi difeso nei confronti di più soggetti.
P.Q.M.
Il Tribunale di Venezia, definitivamente decidendo nella causa iscritta al n. 1105/2019 R.G., ogni diversa eccezione, domanda ed istanza disattesa:
- dichiara tenuti e condanna, in solido tra loro, i convenuti T., O., P. F. e P. C., I. G. al pagamento in favore del Fallimento On E. dell’importo di € 106.415,00, oltre rivalutazione ed interessi compensativi, dalla cessazione della carica da parte di ciascuno;
- condanna i convenuti T., O., P. F. e P. C., I. G., in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite in favore dell’attore, che liquida in € 18.500,00 per compenso professionale, € 1036,00 per anticipazioni, oltre spese generali, Cpa ed Iva come per legge;
- condanna il Fallimento attore al pagamento delle spese di lite in favore del convenuto S., che liquida in € 14.103,00 per compenso professionale, oltre spese generali, Cpa ed Iva come per legge.