L'Agenzia contestava alla società maggiori ricavi, calcolati su una stiva induttiva, e disconosceva la sua qualificazione come associazione sportiva dilettantistica, negandole così le agevolazioni...
Svolgimento del processo
-previo p.v.c. della Guardia di Finanza di Alghero nei confronti della Società Sportiva Dilettantistica l'Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento con il quale contesta va, per l'anno 2004, maggiori ricavi (rapportando quelli dei primi due mesi al intero anno in base ad una percentuale induttiva) ai fini Ires, Irap e Iva, disconoscendo la natura di associazione sportiva dilettantistica per accedere alle agevolazioni tributarie (ex fege n. 398 del 1991 e successive modificazioni) essendo emerso lo svolgimento di un'attività commerciale di gestione di una palestra acquisita con contratto di locazione d'azienda in una sostanziale prosecuzione dell'attività già svolta dalla locatrice
s.d.f. (poi trasformatasi in s.n.c.), con coincidenza dei soci della
s.d.f. con quelli deIla società contribuente;
-la Commissione tributaria provinciale di Sassari, con la sentenza n. 184/02/2011, accoglieva il ricorso della Sportiva Dilettantistica
-avverso la sentenza di primo grado, l'Agenzia delle entrate proponeva appello dinanzi aIla Commissione tributaria regionale della Sardegna, sezione staccata di Sassari, che, con sentenza n. 139/08/2021, depositata in data 9 marzo 2021, lo rigettava;
-in punto di diritto, il giudice di appello ha osservato che: 1) l'Ufficio aveva acriticamente trasfuso nell'avviso di accertamento gli elementi deI p. v.c. senza arricchirli e corredarli di ulteriori elementi di prova; 2) mancava la prova del carattere corrispettivo delle quote, non era stata documentata la presenza di estranei in palestra né poteva rilevare la sempiice circostanza ehe in tempi passati alcuni soci avessero esercitato un'attività commerciaie simile; 3)Ia verifica era stata chiusa il 16 marzo 2004 per cui il quantum accertato per tutto l'anno di esercizio era stato ottenuto mediante una semplice forfettizzaz ione matematica dei mesi mancanti; 4) in assenza di " prove certe e granitiche" a supporto delle contestazioni, l'appello dell'Ufficio non poteva trovare accoglimento;
-avverso la suddetta sentenza l'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi;
-è rimasta intimata la contribuente;
Motivi della decisione
1. Va preliminarmente osservato che in base all'orientamento maggioritario di questa Corte che questo Collegio condivide, deve ritenersi valida la notifica del ricorso per cassazione espletata dall'Agenzia delle entrate presso l'indirizzo di posta elettronica (PEC) dei procura tori domiciliatari in primo grado di parte contribuente, rimasta contumace in grado di appello. Invero, le Sezioni Unite con la sentenza n. 14916 del 20/07/2016, hanno affermato che, sebbene in tema di ricorso per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie regionali, si applichi, con riguardo aI luogo della sua notificazione, la disciplina dettata daIl'art. 330 c.p.c., tuttavia, in ragione deI principio di uItrattività dell'indicazione della residenza o della sede e dell'elezione di domicilio effettuate in primo grado, sancito dall'art. 17, comma 2, del d.lgs., 31/12/1992, n. 546, è valida la notificazione eseguita presso uno di tali luoghi, ai sensi del citato art. 330, comma 1, seconda ipotesi, cod. proc. civ., ove la parte non si sia costituita nel giudizio di appello, oppure, costituitasi, non abbia espresso al riguardo alcuna indicazione. A tali consolidati principi si è uniformata la giurisprudenza successiva, evidenziando che iI processo tributario ha un proprio regime di notificazione degli atti, disciplinato dagli artt. 16 e 17 del d.lgs. n. 546 del 1992, a tenore dei quali le notificazioni sono eseguite, saIva la consegna a mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata daIla parte all'atto della sua costituzione in giudizio e l'indicazione della residenza e del domicilio hanno effetto anche per i successivi gradi di giudizio.(cfr., Sez. 5, Sentenza n. 25117 del 07/12/2016, Rv. 641939-01). Ora, nel caso in esame, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello depositata in data 9.3.2021, risulta essere stato notificato tempestivamente (in data 11.10.2021) aIla parte contribuente presso l'indirizzo PEC dei procura tori domiciliatari in primo grado (dott. e dott. sicché, aIla luce dei principi appena esposti, la notifica è corretta con conseguente ammissibilità del ricorso (Cass. sez. 5, n. 11031 del 2021; v. anche, nello stesso senso, ex multisJ Cass. n. 26308 del 2020; Cass. 3984 del 2022).
2. Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell'art. 42 del D.R.P. n. 600/73 per avere la CTR ritenuto illegittimo l'avviso in quanto "l'Ufficio aveva acriticamente trasfuso nell'avviso di accertamento gli elementi del p.v.c. senza arricchirli e corredarli di ulteriori elementi di prova" sebbene il richiamo nell'avviso aI p. v.c. fosse meramente indicativo dell'adesione dell'Ufficio alle conclusioni della G.d.F. e lo stesso non fosse tenuto ad "arricchire e corredare" in alcun modo le risultanze della verifica, tanto più che l'onere della prova della sussistenza delle condizioni per fruire dell'agevolazione fiscale gravava sulla contribuente.
2.1. Il primo motivo è inammissibile in quanto non attinente al decisum, atteso che il giudice di appello, lungi daI ritenere illegittimo l'avviso impugnato per difetto di motivazione ai sensi dell'art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973, ha respinto l'appello dell'Agenzia in quanto quest'ultima, limitandosi acriticamente a trasferire nell'avviso di accertamento gli elementi del p.v.c., non aveva "arricchito e corredato [gli stessi] di ulteriori elementi di prova" circa l'assunta finalità di Lucro dell'attività esercitata dalla Società sportiva per cui in conclusione "in assenza di prove certe e granitiche a supporto de Ile contestazioni", non era dato considera re dimostrata la tesi del Ufficio in ordine aIla natura di ente commercia le della contribuente.
3. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 2697, 2700 e 2730 e segg. e.e. nonché dell'art. 39 del DPR n. 600/73, per avere la CTR ritenuto, in violazione del criterio distributivo dell'onere probatorio, l'Ufficio onerato della prova circa il carattere corrispettivo delle quote, la presenza di estranei in palestra ed altri elementi "granitici" sebbene ricadesse sulla contribuente l'onere di dimostra re la sussistenza dei requisiti per fruire del regime fiscale agevolato.
4. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione dell'art. 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. n. 546/92 per avere la CTR affermato apoditticamente che "non poteva rilevare fa semplice circostanza che in tempi passati alcuni soci avessero esercitato un'attività commerciale simile"; ciò, senza illustra re alcuna ragione di una simile svalutazione, peraltro con una affermazione non veritiera, avendo non "alcuni" ma "tutti" i componenti della precedente società intrapreso, in veste di ASD, la medesima attività dell'ente lucrativo preesistente daI quale aveva no locato l'azienda.
5.1 motivi secondo e terzo - da trattare congiunta mente per connessione - sono fondati per le ragioni di seguito indicate.
5.1. In proposito, questa Corte ha affermato che «Ai fini del riconoscimento deI regime agevolato di cui all'art. 1 della legge n. 398 del 1991, rileva la qualificazione dell'associazione sportiva dilettantistica quale organismo senza fine di lucro da intendersi, in aderenza aIla nozione eurounita ria, quello il cui atto costitutivo o statuto escluda, in caso di scioglimento, la devoluzione dei beni agli associati, trovando tale requisito preciso riscontro, ai fini IVA, nell'art. 4, comma 7, del d.P.R. n. 633 del 1972 e, per le imposte dirette, nell'art. 111, comma 4- quinquies (oggi art. 148, comma 8) del d.P.R. n. 917 del 1986. Alla formale conformità delle regole associative al dettato legislativo si aggiunge, poi, l'esigenza di una verifica in concreto sull'attività svolta aI fine di evitare che lo schema associativo (pur formalmente rispettoso degli ulteriori requisiti prescritti dalle lettere a), e), d), e) ed f) degli artt. 148, comma 8, del vigente D.P.R. n. 917 del 1986 e 4, comma 7, del D.P.R. n. 633 del 1972) sia di fatto impiegato quale schermo di un'attività commerciale svolta in forma associata» (cfr. Cass., 26 ottobre 2021, n. 30008). Nella sentenza appena richiamata (la n. 30008 del 2021), questa Corte ha precisato che se è vero che l'applicabilità della disposizione è subordinata, innanzitutto, ad un requisito formale e, cioè, aIl' affiliazione dell'associazione aIle federazioni sportive nazionali o a enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti, ai fin i deI riconoscimento deIle agevolazioni fiscali (con riguardo alle imposte sul valore aggiunto e sui redditi), tuttavia il possesso del requisito formale non è sufficiente, essendo necessaria la dimostrazione del presupposto sostanziale, costituito daIla effettiva sussistenza dei requisiti previsti dalla legge. In particolare, la Corte ha evidenziato che le esenzioni d'imposta a favore delle associazioni non lucrative - e, specifica mente, delle associazioni sportive dilettantistiche - dipendono non dalla veste giuridica assunta dal 'associa zione (o, quantomeno, non soltanto da quella), bensì dall’effettivo esercizio di un'attività senza fine di lucro, sicché l'agevolazione fiscale (ma anche quella contributiva) non spetta in base al solo dato formale (estrinseco e neutrale) dell'affiliazione aI CONI, bensì per l'effettivo svolgimento dell'attività considerata, il cui onere probatorio incombe sul contribuente (così anche Cass., 30 aprile 2018, n. 10393; Cass., 30 aprile 2019,
n. 11492; Cass., 11 novembre 2020, n. 25353; Cass., 24 dicembre 2020, n. 29500). Con specifico riferimento, poi, al dato formale, questa Corte ha affermato che gli enti di tipo associativo possono godere del trattamento agevolato previsto dall'art. 111 (oggi 148) del d.P.R. n. 917 del 1986, in materia di IRPEG, e dall'art. 4 del d.P.R. n. 633 del 1972, in materia di IVA - come modificati, con evidente finalità antielusiva, dall'art. 5, del decreto legislativo n. 460 del 1997 - a condizione non solo dell'inserimento, nei loro atti costitutivi e negli statuti, di tutte le eiausale dettagliata mente indicate nell'art. 5 del decreto legislativo n. 460 citato (art. 111, comma 4 quinquies), ma anche dell'accerta mento che va effettuato dal giudice di merito con congrua motivazione, che la loro attività si svolga, in concreto, nel pieno rispetto delle prescrizioni contenute nelle eiausale stesse (Cass. 30 maggio 2012, n. 8623).
Sotto lo specifico profilo dell'onere probatorio, questa Corte ha precisato che gli enti di tipo associativo non godono di una generale esenzione da ogni prelievo fiscale (come si evince dall'art. 111, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986), potendo anche le associazioni senza fini di lucro svolgere, di fatto, attività a carattere commerciale. Il citato art. 111 (oggi art. 148), comma 1, in forza del quale le attività a favore degli associati non sono considerate commerciali e le quote associative non concorrono a formare il reddito complessivo, costituisce deroga alla disciplina generale, fissata dagli artt. 86 e 87 del medesimo d.P.R., secondo cui l'IRPEG si applica a tutti i redditi, in denaro o in natura, posseduti da soggetti diversi dalle persone fisiche. Ne discende, pertanto, che l'onere di provare i presupposti di fatto che giustificano l'esenzione è a carico del soggetto che fa invoca, ossia l'associazione, secondo gli ordinari criteri stabiliti dall'art. 2697 cod. civ. (Cass., 12 febbraio 2013, n. 3360; Cass., 25 marzo 2015, n. 5931; Cass., 4 ottobre 2017, n. 23167; Cass. Sez. 5, n. 6361 del 2023). Dunque, non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, sebbene dietro pagamento di uno specifico corrispettivo, a favore dei propri associati, purché siano concretamente rispetta te quei le clausole statutarie che assicura no l'effettività del rapporto associativo, quali ad esempio il diritto di voto in relazione all'approvazione e modificazione dello statuto e dei regolamenti ed aIla nomina degli organi direttivi (Cass., Sez. 5, n. 4 315 deI 2015). Invece si deve escludere dai suddetti benefici quella compagine sportiva che, gestore di palestra, esiga dalle persone aventi la veste formale di associati un corrispettivo proporziona le a!l'attività erogata in loro favore e le escluda da tutte le scelte decisive per la vita dell'associazione, trattandosi di caratteristiche che equiparano in tutto la suddetta compagine ad un imprenditore commerciale (Cass., Sez. 5, n. 22578 del 2012; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16449 del 2016, tra le stesse parti, relativamente all'impugnativa di atti impostivi concernenti diverse annualità).
5.2. Nella sentenza impugnata, la CTR non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi in quanto - dopo avere premesso che "l'Ufficio aveva acriticamente trasfuso neff'avviso di accertamento gli elementi del p.v.c. senza arricchirli e corredarli di ulteriori elementi di prova così che non appariva sostenibile/ daffa lettura degli atti di causa/ fa tesi secondo fa quale fa società esercitava un'attività commercia/e" - da un lato, ha addossato in capo a!l'Ufficio l'onere di dimostrare - ritenendolo non assolto - il carattere corrispettivo delle quote e la presenza di estranei in palestra nonché di fornire prove "certe e granitiche" a supporto delle contestazioni ('Manca fa prova def carattere corrispettivo deffe quote/ non è stata documentata fa presenza di estranei in palestra... in assenza di prove certe e granitiche a supporto deffe contestazioni".. ), sebbene ricadesse sulla contribuente, invocante il regime agevolativo, l'onere di provare i presupposti sostanzia li per fruire dello stesso e, dall'altro, ha svalutato - con un'affermazione apodittica - la circostanza della riscontrata coincidenza (v. stralcio deI p.v.c. della G.d.F. pag. 7 del ricorso) dei soci fonda tori Deila contribuente con quelli deIla locatrice s.d.f. il complesso azienda le denominato ("Né può rilevare fa semplice circostanza che/ in tempi passati/ alcuni soci avessero esercitato una attività commercia/e simile") senza, peraltro, considera re tale circostanza unitamente agli altri elementi presuntivi del carattere commercia le dell'ente emersi in sede di verifica (stipula del contratto con cui s.d.f. concedeva alla contribuente il complesso aziendale denominato - mancato rinvenimento dell'atto costitutivo dell'associazione, del libro dei soci, del libro delle assemblee; mancata presentazione di istanze di ammissione a socio; mancata emissione di delibere di ammissione secondo le previsioni dello statuto; la mancanza di convocazioni assembleari etc. v. stralcio avviso di accertamento pag. 2-3 del ricorso).
6. Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell'art. 39, comma 2, del DPR n. 600/73 per avere la CTR affermato che il quantum accertato per tutto l'esercizio dell'anno era stato ottenuto mediante una semplice forfettizzazione matematica dei mesi mancanti il che contribuiva a delinea re l'assenza di "prove certe e granitiche", sebbene a vendo la società contribuente omesso la tenuta delle scritture contabili obbligatorie ed essendo stato effettuato un accertamento induttivo puro, fosse possibile la ricostruzione dei ricavi sulla base di elementi meramente indiziari (c.d. supersemplici) come il rapporto degli incassi dei mesi dell'anno non ancora trascorsi a quelli del periodo già trascorso.
6.1. L'accoglimento dei motivi secondo e terzo - declinati rispettiva mente per violazione di norme di diritto sostanzia li sull'onere e sul regime probatorio e per carenza motivazionale - rendono inutile la trattazione del quarto, con assorbimento dello stesso.
7. In conclusione, vanno accolti i motivi secondo e terzo, dichiarato inammissibile il primo, assorbito il quarto, con cassazione della sentenza impugnata - in relazione ai motivi accolti- e rinvio, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sardegna, in diversa composizione;
P.Q.M.
La Corte accoglie i motivi secondo e terzo di ricorso, dichiara inammissibile il primo, assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata- in relazione ai motivi accolti - e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, aIla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sardegna, in diversa composizione;