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7 novembre 2023
Quando è esente da IVA il contributo erogato dall’ente locale all’ASD che gestisce un suo impianto sportivo?

Quando non è legato da nesso sinallagmatico ai servizi offerti all'utenza dall'associazione e costituisce una forma di sovvenzione gratuita per contribuire alle spese gestionali dell'impianto.

di La Redazione
La CTP accoglieva il ricorso presentato dal Comune Alfa contro l'atto notificatoli dall'Agenzia delle Entrate con cui li era stata contestata la mancata emissione di autofatture relativamente ad importi, assunti come assoggettati ad IVA, corrisposti ad associazioni sportive che gestivano un impianto sportivo comunale.
In secondo grado, la CTR respingeva il gravame del Fisco, rilevando che dai contratti e dai rapporti intercorsi tra le parti era emerso che Beta non perseguiva alcun obiettivo imprenditoriale finalizzato al conseguimento di un reddito; gli oneri a carico delle associazioni sportive e i contributi corrisposti dall'Ente locale, dunque, non costituivano attività commerciale soggetta ad IVA, cosicché era venuto meno anche l'obbligo di autofatturazione.
 
Avverso tale decisione, l'Agenzia delle Entrare presenta ricorso in Cassazione evidenziando l'omessa valutazione di fatti decisivi per il giudizio, e lamentando che il compenso ricevuto dal prestatore/cedente Comune costituirebbe il controvalore effettivo del servizio prestato, a fronte di precise e ben individuate prestazioni di servizio, assoggettabile come tale ad IVA.
 
Con ordinanza n. 26372 del 12 settembre 2023, la Corte Suprema rigetta il ricorso, ritenendo la decisione non incorrente in nessuna delle censure indicate.
 
Va innanzitutto ribadito l'indirizzo secondo cui, in materia di IVA, l'erogazione di un contributo in denaro da parte dell'ente locale in favore di una ASD - gestore di un impianto sportivo di proprietà del primo - non è sottoposto all'imposta qualora, in base alla convenzione stipulata tra le parti:
  • «non sia legato da nesso sinallagmatico con la prestazione dei servizi offerti all'utenza dall'associazione»;
  • «costituisca una forma di sovvenzione gratuita, per contribuire alle spese gestionali dell'impianto sportivo, in linea con la natura pubblicistica della concessione in uso di un bene del patrimonio indisponibile comunale».
 
Ciò presupposto, risulta che la decisione impugnata muova dall'analisi del tenore letterale dei contratti, con specifico richiamo di un disposizione di quello con l'ASD locale, riguardante l'erogazione di somme, accertando 
  • sia chele associazioni non erano gravate da un'obbligazione di fornitura di servizi, ma soltanto dal rispetto di oneri dedotti in concessione al fine di assicurare la fruibilità dei servizi, 
  • sia che le somme corrisposte da Beta costituivano meri contributi a fondo perduto, così come definiti dai contratti.
Con particolare riferimento a questo secondo profilo, la Corte di secondo grado ha evidenziato che le somme in questione integravano «un contributo in denaro alle ulteriori spese di gestione sostenute dalle associazioni»: spese che, quindi, erano solo parzialmente a carico del Comune, con conseguente esclusione di alcun sinallagma. In altre parole, l'Ente locale manteneva la titolarità dei servizi pubblici sportivo-ricreativi, erogandoli con il coinvolgimento delle associazioni, accordando loro contributi a fondo perduto a parziale copertura dei costi di gestione.
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