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17 marzo 2025
Lo smart working dall’Italia esclude la retribuzione convenzionale per i lavoratori all’estero
Il regime agevolativo previsto dall'art. 51, c. 8-bis del TUIR non si applica ai lavoratori dipendenti che svolgono la propria attività in smart working dall'Italia. Secondo la CGT, il lavoro a distanza modifica il luogo e le modalità della prestazione, facendo venir meno i requisiti di continuità ed esclusività richiesti dalla norma. Di conseguenza, non è possibile equipararlo a un periodo di ferie ai fini del beneficio fiscale.
di La Redazione

precisazione

La questione riguarda un dirigente che ha chiesto il rimborso dell'IRPEF su compensi percepiti mentre lavorava per una società britannica. 

La richiesta si basa sull'articolo 51, c. 8-bis del TUIR, che consente una tassazione agevolata per chi lavora all'estero in modo continuativo ed esclusivo.
Nello specifico, il dirigente sostiene di aver lavorato stabilmente a Londra fino a marzo 2020, quando è tornato in Italia per via della pandemia e delle restrizioni sui viaggi. 
Da quel momento ha lavorato in smart working dall'Italia, ma ritiene che il periodo passato nel suo Paese d'origine non debba escluderlo dal beneficio fiscale, perché il rientro era stato forzato dalla pandemia. Secondo lui, il periodo di lavoro a distanza dovrebbe essere considerato come le ferie o i giorni festivi, che la normativa permette di includere nel conteggio dei 183 giorni richiesti per l'agevolazione.
 
L'Amministrazione finanziaria ha però respinto la richiesta, affermando che il beneficio si applica solo se il lavoro è svolto all'estero in modo continuativo ed esclusivo. Per il Fisco, il fatto che il dirigente abbia lavorato dall'Italia in smart working significa che la sua prestazione non è più stata svolta all'estero in via esclusiva. Inoltre, ritiene che il ricorrente non può invocare la forza maggiore, perché quando ha lasciato Londra a marzo 2020 sapeva che rientrare sarebbe stato complicato, e comunque da giugno 2020 le restrizioni ai viaggi erano state allentate.
 

attenzione

La CGT di I° grado di Roma, con sentenza n. 2214/2025 ha stabilito che il regime agevolativo previsto dall'art. 51, c. 8-bis del TUIR non si applica a chi svolge la propria attività lavorativa in smart working dall'Italia, anche se il rientro nel Paese è stato causato dalle restrizioni per la pandemia da Covid-19.

Difatti, secondo i giudici, il beneficio fiscale è riservato ai lavoratori dipendenti che prestano la loro attività all'estero in modo continuativo ed esclusivo. Lavorare a distanza dall'Italia significa modificare il luogo e le modalità della prestazione, rendendo l'abitazione del dipendente una sede alternativa a quella estera e facendo così venire meno il requisito dell'esclusività.
Inoltre, la CGT ha anche respinto la tesi del contribuente secondo cui il periodo trascorso in Italia forzatamente avrebbe dovuto essere equiparato alle ferie. Per i giudici, le ferie rappresentano una sospensione della prestazione lavorativa, mentre lo smart working comporta un semplice cambiamento delle sue modalità di svolgimento.
Di conseguenza, la CGT ha negato al contribuente la possibilità di avvalersi della tassazione agevolata per il 2020. 
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