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29 ottobre 2024 Civile e processo
Mancato deposito dei duplicati informatici: l'appello è improcedibile anche se il destinatario della notifica può verificare la conformità?
L'omesso deposito degli originali o duplicati telematici dell'atto d'impugnazione e della relativa notificazione non può determinare l'improcedibilità dell'appello, atteso che il destinatario della notifica telematica, venuto in possesso dell'originale dell'atto, è in grado di effettuare direttamente la verifica di conformità, dovendosi privilegiare il principio di "strumentalità delle forme" processuali senza vuoti formalismi, alla luce del rilievo attribuito dagli artt. 6 CEDU, 47 della Carta UE e 111 Cost. all'effettività dei mezzi di azione e difesa in giudizio, configurati come diretti al raggiungimento di una decisione di merito.
di Avvocato Maurizio Reale
Il caso

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La Suprema Corte deve pronunciarsi in merito alla legittimità o meno della dichiarazione di improcedibilità di un atto di appello la cui prova della notificazione veniva data da parte appellante, mediante deposito delle relate di notifica e delle ricevute di consegna dell'atto ai due convenuti ed ai loro difensori e non anche come previsto e disciplinato dalla L. n. 53/1994.

Il diritto

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I giudici di piazza Cavour, vengono quindi chiamati a decidere sui seguenti tre motivi del ricorso:

  1. violazione dell'art. 9, comma 1-bis, della Legge n. 53/1994: Gli appellanti sostengono che la Corte d'Appello di Napoli ha erroneamente considerato insufficiente la prova della notificazione fornita attraverso la copia in formato PDF del messaggio PEC contenente l'atto di appello e le ricevute di accettazione e consegna. Gli appellanti ritengono che la costituzione in giudizio dell'appellato senza contestazioni in merito alla conformità dell'atto notificato avrebbe dovuto sanare eventuali vizi formali, poiché l'atto aveva comunque raggiunto il proprio scopo.
  2. violazione degli artt. 156, comma 5, e 157 del codice di procedura civile: I ricorrenti lamentano che la Corte d'Appello ha considerato insufficiente la costituzione in giudizio dell'appellato per sanare la mancata produzione dell'originale telematico dell'atto. La Corte, infatti, ha ritenuto che il deposito delle copie PDF e delle ricevute di notifica non fosse idoneo a dimostrare la conformità dell'atto d'appello, nonostante l'appellato non avesse contestato la validità dell'atto stesso. I ricorrenti sostengono che, avendo l'atto raggiunto il proprio scopo, l'appello non avrebbe dovuto essere dichiarato improcedibile.
  3. violazione delle norme tecniche applicabili alla notificazione telematica (art. 3-bis, comma 3, della Legge n. 53/1994, art. 16-septies del D.L. n. 179/2012, e art. 14, commi 3, 4, 5 e 6, delle norme tecniche): i ricorrenti sostengono che la Corte d'Appello ha erroneamente ignorato le integrazioni documentali depositate successivamente, che contenevano i file delle notifiche PEC in formato .eml, richiesti dalla Corte stessa. Tale materiale era stato prodotto due volte, ma non è stato correttamente preso in considerazione nella sentenza impugnata. I ricorrenti sottolineano che tali allegati avrebbero dovuto essere valutati per dimostrare la regolarità della notificazione telematica. 

Considerata la connessione degli stessi, la Corte decide di esaminare congiuntamente i citati motivi.

L'orientamento della Cassazione sulla questione è il seguente:

In caso di notificazione dell'appello tramite posta elettronica certificata (PEC), l'omesso deposito degli originali telematici o duplicati dell'atto di impugnazione e della relativa notifica non comporta necessariamente l'improcedibilità dell'appello. La Cassazione privilegia il principio di strumentalità delle forme processuali rispetto al formalismo puro, sostenendo che le forme processuali devono essere considerate strumenti per il raggiungimento dello scopo dell'atto, piuttosto che ostacoli.

La Corte Suprema ha infatti chiarito che, se l'appellato riceve l'atto notificato telematicamente e si costituisce senza contestarne la regolarità, la procedura formale può ritenersi sanata, poiché l'appellato è in grado di verificare autonomamente la conformità dell'atto, avendone ricevuto l'originale. Questo orientamento è stato ribadito in diverse sentenze, evidenziando come l'effettività dei mezzi di difesa e la tutela del diritto di difesa prevalgano sugli aspetti formali, in linea con l'art. 6 della CEDU, l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE e l'art. 111 della Costituzione italiana.

Pertanto, in casi simili a quello oggetto di attenzione, l'omissione di depositare il duplicato telematico dell'atto non ha reso l'appello improcedibile se l'atto ha raggiunto il proprio scopo, ovvero se l'appellato ne ha preso conoscenza e ha potuto esercitare la difesa senza subire pregiudizi processuali.

Il Collegio, a conferma di tale orientamento, fa riferimento a precedenti decisioni (Cass., n. 6583/24, Cass., n. 9269/23, Cass., n. 33601/22 precisando che, nel caso che li occupa, gli appellati hanno prodotto le relate di notificazione dell'appello, indicandone la data e l'orario, senza alcuna lesione, neppure eventuale, del diritto di difesa, mentre i ricorrenti hanno anche prodotto le relate della medesima notificazione nei formati telematici e, per questi motivi, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e dispone il rinvio della causa alla Corte d'appello anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità. 

La lente dell'autore

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L'ordinanza in esame della Cassazione affronta un tema centrale nella giurisprudenza: l'applicazione del principio di strumentalità delle forme rispetto alla correttezza formale delle notificazioni

La Corte ha stabilito che la mancata produzione degli originali o duplicati informatici dell'atto notificato tramite PEC non comporta di per sé l'improcedibilità del gravame, purché la notifica abbia raggiunto il proprio scopo, ossia garantire al destinatario la conoscenza effettiva dell'atto e la possibilità di esercitare il diritto di difesa.

L'orientamento della Cassazione, consolidato attraverso pronunce precedenti e ribadito in questa ordinanza, pone in rilievo una nozione di “formalismo ragionevole”, in cui l'inosservanza di adempimenti meramente formali, come il deposito del duplicato telematico, non può prevalere sul principio dell'accesso alla tutela giurisdizionale e sulla funzionalità dello strumento processuale. L'ordinanza si fonda su una lettura assiologica delle norme processuali, richiamando esplicitamente i valori costituzionali e sovranazionali, quali l'art. 111 della Costituzione italiana (sul diritto alla difesa) e l'art. 6 CEDU, che tutela il diritto a un processo equo.

Da un punto di vista tecnico, la decisione della Cassazione opera una distinzione significativa tra i vizi di forma e le violazioni sostanziali della notificazione, stabilendo che, in presenza di una notificazione che ha effettivamente raggiunto il destinatario e non ha compromesso il diritto di difesa inteso nel senso più ampio del termine, la mancata produzione del duplicato telematico non intacca la validità della notifica stessa. Questo approccio sottolinea la natura sanabile delle irregolarità formali, sempre che l'atto abbia comunque raggiunto il suo scopo, come previsto dagli artt. 156 e 157 c.p.c. In particolare, la Corte richiama l'art. 156, co. 3, che consente la sanatoria dei vizi formali quando l'atto ha raggiunto il proprio scopo, armonizzando la lettura della norma interna con il principio europeo dell'effettività dei mezzi di difesa.

Un elemento tecnico centrale nell'ordinanza riguarda anche la conformità dei documenti notificati via PEC, ribadendo che l'eventuale mancata contestazione della controparte rispetto alla conformità dell'atto notificato è sufficiente a sanare il vizio, in linea con l'orientamento già espresso dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. Un., n. 22438/2018). Pertanto, se la parte destinataria della notifica non contesta la conformità dell'atto, la Cassazione ritiene che l'interesse alla formalità procedurale non sia tale da prevalere sul principio di accesso alla giustizia e sul diritto di difesa.

Infine, l'ordinanza chiarisce la portata delle norme tecniche in materia di notifiche telematiche, in particolare in relazione agli artt. 16-septies del D.L. n. 179/2012 e 3-bis della L. n. 53/1994, interpretati dalla Corte alla luce del principio di proporzionalità e della ratio stessa delle notifiche telematiche, volte a semplificare e velocizzare il processo. 

La Cassazione ribadisce che l'interpretazione delle formalità deve essere guidata non da una rigida osservanza ma da una valutazione dell'effettivo raggiungimento dello scopo dell'atto, garantendo così una giustizia che non si ferma davanti a irregolarità che non compromettono in alcun modo il diritto di difesa.

Questa pronuncia costituisce quindi un consolidamento della giurisprudenza orientata a promuovere una giustizia più accessibile ed effettiva, limitando l'applicazione delle formalità processuali ai casi in cui esse siano strettamente necessarie per la tutela dei diritti delle parti.

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