Il permesso di soggiorno
In argomento si osserva che l'
articolo 24, comma 5, D.L. n. 75/2023 prevede che
il permesso di soggiorno rilasciato allo straniero di un Paese terzo per motivi di studio possa essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro al di fuori del sistema delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato definite con il decreto flussi annuale. La disposizione è finalizzata a correggere una contraddizione contenuta nella formulazione dell'
articolo 6, comma 1, del D.Lgs. n. 286/98 (Testo unico immigrazione) che, a seguito delle modifiche operate dall'
articolo 3, comma 2, del D.L. n. 20/2023, sancisce - nel secondo periodo del comma - la convertibilità in permessi di soggiorno per motivi di lavoro dei permessi rilasciati per motivi di studio e formazione al di fuori delle quote massime stabilite annualmente con il decreto flussi mentre, immediatamente dopo, ne prevede la convertibilità in permesso di soggiorno per motivi di lavoro nell'ambito delle medesime quote.
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Difatti, l'articolo 6, comma 1 del Testo Unico, nella formulazione precedente alle modifiche introdotte dal D.L. n. 20/2023, prevedeva che il permesso di soggiorno per motivi di studio potesse essere convertito - previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro ovvero previo rilascio della certificazione attestante la sussistenza dei requisiti di lavoro autonomo - nell'ambito delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato stabilite annualmente con D.P.C.M. (decreto flussi), ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del testo unico. Si è venuta a creare così una contraddizione risolta dalla disposizione in commento.
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Assunzione dei lavoratori stranieri
Il comma 5-
bis dell'
articolo 24 del D.L. n. 75/2023autorizza il soggiorno in Italia, al di fuori del meccanismo delle quote, dei lavoratori che siano stati dipendenti per almeno 12 mesi nell'arco dei 48 mesi antecedenti alla richiesta, di imprese aventi sede in Italia, ovvero di società da queste partecipate, operanti in Stati e territori non appartenenti all'Unione europea. Questi lavoratori dovranno essere impiegati nelle sedi delle medesime imprese o società presenti nel territorio italiano. La disposizione, dunque, modifica l'articolo 27 del Testo unico delle leggi sull'immigrazione (
Decreto Legislativo n. 286 del 1998), introducendo
una nuova fattispecie di soggetti che possono soggiornare in Italia al di fuori delle quote previste dall'articolo 3 del medesimo Testo unico, attraverso il rilascio delle autorizzazioni al lavoro, dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato.
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Si ricorda che l'articolo 3 del Decreto Legislativo n. 286 del 1998 prevede, in estrema sintesi, una programmazione dei flussi di ingresso degli stranieri da ammettere in Italia, per lavoro subordinato, anche stagionale, e per lavoro autonomo; tale programmazione è fondata sulla predisposizione di un documento programmatico di norma triennale e quindi, sulla base dei criteri individuati da tale documento, di D.P.C.M. annuali che individuano le quote di ingresso. Da ultimo, l'articolo 1 del Decreto-Legge n. 20 del 2023 ha previsto per il triennio 2023-2025, in deroga a questo meccanismo, l'adozione con D.P.C.M. di un unico documento, salva la possibilità di aggiornamenti, che, oltre a definire i criteri generali, stabilisce anche direttamente le quote di ingresso in Italia.
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I lavoratori frontalieri
Il comma 5-
ter dell'
articolo 24 del D.L. n. 75/2023, introdotto nel corso dell'esame in sede referente,
estende al 31 dicembre 2023 e limitatamente «ai soli lavoratori frontalieri che alla data del 31 marzo 2022 svolgevano la loro attività lavorativa in modalità di telelavoro» le disposizioni di cui al comma 1 dell'
art. 12 della Legge n. 83 del 2023 di ratifica di alcuni accordi tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera in relazione al regime delle imposizioni fiscali del reddito maturato dai lavoratori frontalieri e altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio.
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Come "lavoratore frontaliere" si intende una persona fisica, fiscalmente residente nei comuni i cui territori ricadono, per intero o parzialmente, in una fascia di 20 chilometri dal confine con l'altro Stato contraente, che svolge un'attività di lavoro dipendente nell'area di frontiera dell'altro Stato contraente per un datore di lavoro residente, una stabile organizzazione o una base fissa dell'altro Stato e che, in generale, ritorna quotidianamente nel proprio Stato di residenza.
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