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14 giugno 2024
Alta moda e caporalato: una società di Dior finisce in amministrazione giudiziaria
Il Tribunale di Milano, sezione Misure di Prevenzione, ha sottoposto Manufactures Dior srl, ramo produttivo italiano del colosso francese, ad amministrazione giudiziaria ex art. 34 D.Lgs. n. 159/2011 per presunta agevolazione colposa del caporalato.
di La Redazione
Dopo l'Alviero Martini spa e la Giorgio Armani Operations spa, un altro marchio dell'alta moda finisce sotto inchiesta per caporalato: la Manufactures Dior srl, ramo produttivo italiano del colosso francese che realizza articoli da viaggio, borse e altri capi in pelle.
 
Il Tribunale di Milano, sezione Misure di Prevenzione, ha emesso nei confronti della srl la misura della amministrazione giudiziaria ex art. 34 D.Lgs. n. 159/2011, in quanto sarebbe ritenuta incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell'ambito del ciclo produttivo, non avendo messo in atto misure idonee alla verifica delle reali condizioni lavorative ovvero delle capacità tecniche delle aziende appaltatrici tanto da agevolare (colposamente) soggetti raggiunti da corposi elementi probatori in ordine al delitto di caporalato.
 
In particolare, dagli accertamenti effettuati dai Carabinieri del NIL di Milano su 4 opifici, tutti risultati irregolari, è emerso come la casa di moda affidi, mediante una società in house creata ad hoc per la creazione, produzione e vendita delle collezioni di moda e accessori, l'intera produzione di parte della collezione di borse e accessori 2024 a società terze, con completa esternalizzazione dei processi produttivi.
L'azienda fornitrice dispone solo nominalmente di adeguata capacità produttiva e può competere sul mercato solo esternalizzando a sua volta le commesse ad opifici cinesi, i quali riescono ad abbattere i costi ricorrendo all'impiego di manodopera irregolare e clandestina in condizioni di sfruttamento.
Tale sistema consente di realizzare una massimizzazione dei profitti inducendo l'opificio cinese che produce effettivamente i manufatti ad abbattere i costi da lavoro facendo ricorso a manovalanza “in nero” e clandestina, non osservando le norme relative alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro nonché non rispettando i Contratti Collettivi Nazionali Lavoro di settore riguardo retribuzioni della manodopera, orari di lavoro, pause e ferie.
 
Alla luce di ciò, il Tribunale ha stabilito che l'intervento dell'amministratore deve essere finalizzato a:
  • «analizzare i rapporti con le imprese fornitrici in corso in modo da evitare che la filiera produttiva si articoli attraverso appalti e sub appalti con realtà imprenditoriali che adottino le illecite condizioni di sfruttamento dei lavoratori di cui all'art. 603 bis c.p. ed a rimuovere, ove necessario, i rapporti contrattuali tuttora in essere con soggetti direttamente o indirettamente collegati a tali realtà imprenditoriali;
  • adottare un modello organizzativo previsto dal D. Lvo 231/2001 idoneo per prevenire fattispecie di reato di cui all'art. 603 bis c.p.;
  • a rafforzare i presidi di controllo interno e quelli relativi alle verifiche reputazionali dei fornitori dell'azienda».
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