
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Con ricorso depositato l’8 luglio 2024 A. A. e P. M., quali soci all’83,33 % della P. s.r.l., hanno chiesto ai sensi dell’art. 670 c.p.c. il sequestro giudiziario della quota del 16,67% di cui risulta titolare R. s.r.l, a seguito della stipulazione in data 19.9.2023 del contratto di cessione delle quote e del pagamento del corrispettivo di € 100.000,00.
A sostegno della domanda cautelare i ricorrenti hanno allegato che:
- A. A. e P. M. erano rispettivamente titolari della partecipazione di nominali di euro 6.240, la prima, e di euro 4.160, il secondo, della P. s.r.l.;
- in data 22.3.2023 le parti sottoscrivevano un contratto-quadro avente ad oggetto il trasferimento a R. s.r.l. del 100% delle partecipazioni sociali della P. s.r.l. al corrispettivo di € 600.000,00, concordando una cessione progressiva e proporzionale delle partecipazioni detenute dai soci e contestualmente il pagamento frazionato del corrispettivo, in tre anni, da parte dell’acquirente (doc. 1 parte ricorrente);
- nello specifico, il contratto - quadro prevedeva all’art. 1 (rubricato “cessione del capitale sociale di P. s.r.l.”) la cessione di una quota pari al 16,67% del capitale sociale, a fronte di un primo pagamento di € 100.000,00; la cessione di una ulteriore quota pari al 13,33% del capitale sociale a fronte dell’ulteriore pagamento di € 80.000,00 entro il 15.1.2024 (di cui € 40.000,00 sessanta giorni dopo l’intervenuta scissione dell’asset immobiliare della P. s.r.l. in una newco appositamente costituita); il pagamento di € 40.000,00 entro il 30.6.2024 e di ulteriori € 40.000,00 entro il 15.01.2025 e la cessione di una ulteriore quota pari al 13,33% del capitale sociale; infine, il pagamento di € 130.000,00 entro il 30.6.2025 e di € 210.000,00 entro il 15.01.2026 e contestualmente al pagamento di detto ultimo importo la cessione di una quota pari al 56,67% del capitale sociale; all’art. 3 i contraenti stabilivano che “il rispetto tassativo dei termini di pagamento da parte di R. è da ritenersi elemento essenziale del contratto, senza il quale i soci non si sarebbero determinati alla sottoscrizione dello stesso” e che “Il mancato pagamento da parte di R. anche di una sola rata di prezzo alle scadenze e nei termini indicati al precedente art.1.2 comporterà l’automatica risoluzione del presente contratto ai sensi e per gli effetti dell’art. 1456 c.c.”, con conseguente obbligo per l’acquirente di retrocedere le quote della P. s.r.l. sino ad allora acquisite;
- in data 19.9.2023, atteso l’intervenuto pagamento della prima parte di corrispettivo € 100.000,00, i ricorrenti trasferivano a R. s.r.l. il 16,67% del capitale sociale; l’atto di cessione delle quote, alla clausola numero 6, richiamava i termini di pagamento e di trasferimento delle restanti partecipazioni sociali di P. s.r.l. stabiliti nel contratto - quadro, con specificazione del termine di 60 giorni dalla scissione, individuato nel 21.9.2023, per il versamento dei € 40.000,00 e, alla clausola numero 7, prevedeva, altresì, in caso di inadempimento alle obbligazioni di pagamento l’automatica risoluzione del contratto con obbligo di retrocessione delle quote;
- sin dalla prima scadenza del 21.9.2023 R. si rendeva inadempiente e i ricorrenti, dopo aver sollecitato l’adempimento, in data 29.9.2023 si avvalevano della clausola risolutiva espressa (docc. 4 e 5 parte ricorrente);
- a seguito dell’intervenuta risoluzione del contratto R. s.r.l. non dava corso alla retrocessione della quota, nonostante l’invito a stipulare in data 5.7.2024 l’atto di cessione dinanzi al notaio indicato (docc. 6 e 7 parte ricorrente).
Nonostante la regolarità della notifica, nessuno si è costituito per R. s.r.l.
Come noto, il sequestro giudiziario è un rimedio cautelare che ha la funzione di garantire la fruttuosità dell’esecuzione in forma specifica della condanna alla restituzione di un determinato bene attraverso la sottrazione al sequestrato della disponibilità materiale della cosa per ovviare al pericolo concreto di dispersione, distruzione, alterazione o alienazione del bene nelle more del giudizio.
Ai fini dell’adozione di tale rimedio cautelare devono sussistere i presupposti cautelari stabiliti dall’art. 670 n. 1 c.p.c., ossia la verosimile fondatezza della controversia sulla proprietà ed il possesso del bene derivante da un’azione reale o contrattuale con cui si chiede la restituzione della cosa detenuta da altri e l’opportunità di provvedere alla sua custodia o gestione temporanea.
Ciò premesso, occorre innanzitutto rilevare che la cautela richiesta dai ricorrenti di sequestro giudiziario del 16,67% delle quote della P. s.r.l., oggetto dell’atto di cessione del 19.9.2023, è strumentale rispetto alla domanda di risoluzione e retrocessione delle quote che i soci A. e M. intendono proporre nell’instaurando giudizio di merito.
Nel caso di specie, la tutela cautelare invocata non può, tuttavia, essere concessa perché, pur riconosciuta l’ammissibilità della stessa con riguardo alle liti relative ai c.d. iura ad rem, non ricorre nel caso di specie la sussistenza né del fumus boni iuris né del periculum in mora.
Con riferimento al requisito del fumus boni iuris i ricorrenti hanno documentato la conclusione, in data 19.9.2023, del contratto di cessione del 16,67% delle quote a favore di R. s.r.l. a fronte del pagamento di € 100.000,00 e, contestualmente, di un contratto preliminare di cessione delle restanti quote collegato negozialmente al primo atto di cessione, come emergerebbe dalla previsione di una clausola risolutiva espressa con cui viene stabilito che l’omesso pagamento nei termini stabiliti delle rate determinate avrebbe comportato l’automatica risoluzione, ai sensi dell’art. 1456 c.c., del contratto di vendita, con insorgenza in capo alla acquirente dell’obbligo di restituzione delle quote sino ad allora a lei trasferite (docc. 1, 2 e 3 parte ricorrente). Hanno, poi, dedotto che la promissaria acquirente R.
s.r.l. non abbia adempiuto all’obbligazione di pagamento degli ulteriori € 40.000,00 entro il 21.9.2023, come previsto dalla clausola 6 del contratto di cessione delle quote, e hanno invocato, quindi, la risoluzione del contratto del 19.9.2023 in virtù della clausola risolutiva espressa contrattualmente pattuita (cfr. doc. 4 e 5 di parte ricorrente, art. 6 e 7 dell’atto di cessione quote).
In proposito, non risulta fornita la prova da parte dei ricorrenti dell’invio alla società acquirente R.
s.r.l. della comunicazione, datata 29.9.2023, con cui i ricorrenti dichiarano di avvalersi della clausola risolutiva espressa e di risolvere il contratto (cfr. doc. 5 parte ricorrente).
In assenza della prova della comunicazione della dichiarazione da parte dei soci ricorrenti di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa non può ritenersi, ai sensi dell’art. 1456, co. II, c.c., che alcun obbligo sia sorto in capo all’acquirente di restituzione delle quote e che, pertanto, non sussista alcuna controversia sulla proprietà.
Tanto premesso con riferimento al fumus boni iuris, ritiene il Tribunale che, ad ogni modo, non sussista nemmeno il requisito del periculum in mora.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale, cui si ritiene di aderire, il periculum prescritto dall’art. 670 c.p.c., sussiste qualora:
a) il bene corra il rischio di alterazione, distruzione, deterioramento -secondo la vecchia formulazione, non riprodotta nel nuovo codice, dell’art. 921 c.p.c. del 1865- (cfr. C. 27.9.93 n. 9729; C. 28.6.1969 n. 2342; C.6.12.1994 n. 2964);
b) sussista una cattiva gestione del bene da parte del possessore o detentore;
c) si prospetti un pregiudizio, o comunque una situazione diversa da quella giuridicamente corretta e tale da compromettere l’attuazione del diritto che sarà accertato al termine della controversia (cfr. C. 27.9.93 n. 9729; C. 28.6.1969 n. 2342; C.6.12.1994 n. 2964).
La locuzione “opportunità della gestione temporanea” non pare dunque potersi intendere come mera valutazione in astratto del periculum, disancorata rispetto ad una valutazione sistematica di tale requisito riducendo il suo apprezzamento alla sussistenza del requisito del fumus.
Fatta tale premessa, si osserva che, nel caso di specie, i ricorrenti non hanno allegato alcuno specifico fatto da cui inferire che si renda opportuno provvedere alla custodia delle quote alienate, ma hanno solo genericamente dedotto la sussistenza di un rischio di alienazione della quota a favore di soggetti concorrenti o di un pregiudizio derivante alla pretesa di R. s.r.l. di esercitare diritti connessi alla quota sociale di P. (si veda pagina 4 del ricorso).
A tal riguardo, non si ravvede alcun possibile pregiudizio dall’esercizio dei diritti sociali da parte di R. s.r.l., che detiene una quota di minoranza (16,67%) rispetto ai soci ricorrenti (83,33%). Inoltre, alcun elemento a supporto di una allegazione così generica del periculum può trarsi dal contratto – quadro versato in atti, dal momento che, essendo privo della sottoscrizione delle parti, non appare vincolante tra i contraenti e non risulta comunque provato che abbia comportato alcuna modifica dello statuto sociale.
Da ultimo, il considerevole lasso di tempo trascorso (circa un anno) tra l’invocata risoluzione (settembre 2023) e l’invito a stipulare l’atto di cessione per retrocedere le quote (giugno 2024), consente di escludere che sussista un rischio concreto ed attuale di alienazione del bene o di cattiva gestione, che sorregga la concessione della misura cautelare richiesta, e che renda opportuna la sua custodia ovvero gestione temporanea.
A riprova di ciò basti considerare che i ricorrenti non hanno allegato la sussistenza di alcun atto posto in essere medio tempore da R. s.r.l. che giustifichi la richiesta di sequestro e non risulta essere intervenuta - o quantomeno essere stata documentata dai ricorrenti - alcuna comunicazione tra le parti nel periodo intercorso tra la asserita invocata risoluzione (29.9.2023) e l’invito alla retrocessione delle quote in precedenza alienate, formulato solo pochi giorni prima del deposito del presente ricorso.
Alla luce dei rilievi che precedono, la domanda cautelare non può essere accolta.
Alcuna statuizione sulle spese viene resa in assenza della costituzione della parte resistente.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
nulla sulle spese, stante la mancata costituzione della società resistente.