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7 febbraio 2025
Non si utilizza il whistleblowing per vendetta o scopi personali

Lo ha ribadito la Cassazione nella pronuncia in commento, ricordando che non si è in presenza di una segnalazione ai sensi dell'art. 54-bis D.Lgs. n. 165/2001 quando il segnalante agisca per scopi prettamente personali o per contestazioni o rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro verso i superiori.

di La Redazione

La Corte d'Appello di Ancona respingeva l'impugnazione proposta dal lavoratore contro la sentenza emessa dal Tribunale di Macerata avente ad oggetto i provvedimenti di sospensione cautelare dal servizio e dalla retribuzione e la sospensione del procedimento disciplinare con riguardo a due procedimenti disciplinari avviati nei suoi confronti dal datore di lavoro. A fondamento di tali procedimenti vi erano alcuni esposti presentati alla Procura da parte del lavoratore di cui il datore aveva avuto contezza solo alcuni anni dopo, condotta che avrebbe integrato l'ipotesi di cui all'art. 55-quater, comma 1, lett. e), D. Lgs. n. 165/2001 in quanto essi avrebbero rappresentato uno scenario senza fondamento, abusando il lavoratore del proprio ufficio perledere l'onorabilità professionale del Direttore generale.
Nel rigettare l'impugnazione, la Corte territoriale ha sostenuto che la sospensione del procedimento disciplinare fosse stata legittima, così come la sospensione cautelare dal servizio del lavoratore disposta nell'ambito del procedimento. La sospensione era stata infatti disposta perché intanto era stato intrapreso un procedimento penale a carico del ricorrente per falso collegato agli stessi fatti oggetto del procedimento disciplinare e il cui esito avrebbe inciso sulla valutazione sanzionatoria.
Contro tale pronuncia, propone ricorso per cassazione il lavoratore.

Una volta accolto il primo motivo di ricorso, con la sentenza n. 1880 del 27 gennaio 2025, la Cassazione si concentra sull'istituto del whistleblowing. Il ricorrente infatti, con il secondo motivo di ricorso ha richiamato il quadro normativo vigente ratione temporis, secondo il quale il dipendente che segnali condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza per via del suo rapporto di lavoro non può essere sanzionato, né demansionato o licenziato o trasferito ovvero sottoposto ad altra misura organizzativa con effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro proprio in ragione della segnalazione effettuata.
Il motivo viene giudicato però inammissibile dagli Ermellini, i quali hanno evidenziato che la norma trova applicazione solo fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione o per lo stesso titolo ai sensi dell'art. 2043 c.c..
Come osservano i Giudici, l'istituto ha infatti una duplice ratio:

  • Delineare uno status giuslavoristico particolare in favore di chi segnala illeciti e
  • Favorire l'emersione all'interno delle PP.AA. di fatti illeciti, promuovendo forme più incisive di contrasto alla corruzione.

Proprio per tali ragioni, il dipendente virtuoso non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto a misure discriminatorie aventi effetti sulle condizioni di lavoro per motivi legati alla segnalazione effettuata.

attenzione

Va evidenziato, però, che il whistleblowing non va utilizzato per scopi personali o per contestazioni o rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro verso i superiori, in quanto sussistono altre normative e altre procedure per tali conflitti.

Ebbene, la Corte territoriale aveva appurato che nel caso di specie era presente un interesse personale del lavoratore alla presentazione degli esposti, dunque ciò escludeva l'applicabilità dell'art. 54-bis D. Lgs. n. 165/2001.
Ciò determina l'inammissibilità del motivo di ricorso.

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