
Svolgimento del processo
Con atto di citazione ritualmente notificato, la curatela del fallimento P. s.r.l. ha agito in giudizio ex art. 146 l.f. avverso L. Q., quale ex amministratrice unica della società dal 13.02.2019 sino alla dichiarazione di fallimento, al fine di veder accertata la sua responsabilità per illegittima prosecuzione dell’attività d’impresa nonostante si fosse verificata la perdita del capitale sociale, chiedendo la conseguente condanna al risarcimento del danno.
La convenuta, nonostante l’avvenuta corretta notificazione, non si è costituita e la causa è stata istruita mediante consulenza tecnica.
All’udienza fissata per l’esame della c.t.u., la curatela ha chiesto l’emissione di un’ordinanza ex art. 186 quater c.p.c.
Motivi della decisione
Preliminarmente, occorre precisare che l’emissione dell’ordinanza richiesta è processualmente ammissibile, poiché l’istruzione della causa è stata completata e la domanda proposta dalla curatela ha ad oggetto la condanna al pagamento di somme di denaro.
Nel merito, la curatela ha sostenuto che:
- l’ultimo bilancio depositato è al 31.12.2019 e già a quella data il capitale sociale della P. sarebbe stato completamente eroso, con patrimonio netto negativo e con conseguente obbligo per la Q., allora amministratrice unica, nonché anche socia unica, di porre in essere le condotte conservative di cui all’art. 2485 c.c.; in particolare, il bilancio dovrebbe essere riclassificato essendo state non correttamente appostate le seguenti voci:
o il valore delle rimanenze di magazzino;
o la valutazione dei crediti;
o l’ammortamento delle immobilizzazioni;
- la convenuta si sarebbe autoliquidata il compenso come amministratrice dal 2019 al 2020 pur in assenza di apposita delibera autorizzativa;
- la convenuta si sarebbe anche rimborsata gli importi erogati alla società a titolo di finanziamento soci.
Ai fini della quantificazione del danno, l’attore ha prospettato differenti criteri:
- quello incrementale, per cui, detratte le spese che la società avrebbe comunque sostenuto in ipotesi di liquidazione ordinaria, il danno sarebbe pari a € 784.788,03;
- quello differenziale tra attivo e passivo fallimentare, per cui il danno sarebbe di € 967.220,99;
a cui aggiungere:
- il danno derivante dalla corresponsione dei compensi come amministratrice;
- il danno conseguente alla illegittima gestione del magazzino.
La curatela ha infine chiesto la liquidazione del danno pari almeno a queste ultime due voci nell’ipotesi in cui non dovesse ritenersi accertata l’illegittima prosecuzione dell’attività da parte dell’amministratrice.
Ora, dalle risultanze della consulenza tecnica è emerso che al 2019 il patrimonio netto della P. non era ancora negativo ed il capitale sociale non era ancora eroso, mentre la causa di scioglimento di cui all’art. 2484 n. 4, c.c. si è verificata nel corso del 2020.
Quindi, quanto meno dal 31.12.2020, la Q. avrebbe dovuto convocare l’assemblea dei soci per procedere allo scioglimento e messa in liquidazione della società.
Accertata, quindi, la condotta non conservativa realizzata dall’ex amministratrice, occorre procedere alla quantificazione del conseguente danno.
L’ultimo comma dell’art. 2486 c.c. attribuisce al criterio dello sbilancio fallimentare una chiara natura residuale, contemplando la sua applicabilità solo qualora manchino le scritture contabili o se a causa dell’irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possano essere determinati.
Nel caso di specie, si ritiene di dover applicare il criterio incrementale, avendo potuto il c.t.u. ricostruire la situazione contabile della società.
Il consulente ha infatti proceduto alla riclassificazione delle voci specificamente indicate nell’atto di citazione come erroneamente appostate e valutate dall’amministratrice, così rilevando al 31.12.2020 un patrimonio netto negativo per € 164.062,69.
Rinviando alle conclusioni a cui è giunto il c.t.u. (omissis) argomentativo laddove ha altresì quantificato i costi non comprimibili e le spese di liquidazione, il danno risarcibile è pari a € 907.252,31.
Tale danno, diversamente da quanto sostenuto dalla curatela, considera anche la voce inerente alla valutazione delle rimanenze di magazzino che, quindi, non deve essere aggiunta.
Costituisce invece voce a sé stante la restituzione delle somme che la Q. ha sottratto alla società a titolo di compenso per l’attività di amministratrice in assenza di apposita delibera assembleare, che la c.t.u., sulla base della documentazione in atti, ha quantificato in € 98.728,00.
A fronte di tale allegazione, invero, sarebbe spettato alla convenuta provare la sussistenza di una decisione autorizzativa assunta dai soci, onere non adempiuto dalla convenuta che è rimasta contumace.
Le suddette voci di danno, infine, sottostanno ad un diverso regime in ordine all’applicazione degli interessi e della rivalutazione monetaria.
Quanto al danno quantificato in € 907.252,31 in base all’applicazione del criterio incrementale come conseguenza della condotta di indebita prosecuzione dell’attività d’impresa nonostante sin dal 2020 il capitale sociale fosse completamente eroso, trattandosi di debito di valore, a questo andrà aggiunta la rivalutazione monetaria a decorrere dalla data di fallimento.
Poiché tale somma rappresenta il controvalore monetario del danno patrimoniale subìto, potrebbe in astratto essere riconosciuto al danneggiato anche il danno provocato dal ritardato pagamento in misura pari agli interessi legali. Tuttavia, poiché è “onere del creditore provare, anche in base a criteri presuntivi, che la somma rivalutata (o liquidata in moneta attuale) sia inferiore a quella di cui avrebbe disposto, alla stessa data della sentenza, se il pagamento della somma originariamente dovuta fosse stato tempestivo” e poiché non è configurabile alcun automatismo nel riconoscimento degli interessi compensativi (cfr. Cass., sez. III, ordinanza n. 18564 del 13/07/2018), nel caso di specie non è possibile riconoscere detti accessori in assenza di qualsiasi specifica allegazione sul punto da parte dell’attrice.
Sulla somma liquidata all’attualità sono, invece, dovuti gli interessi legali dalla data della sentenza al saldo.
Quanto al danno derivante dall’illegittima sottrazione di denaro a titolo di compenso non autorizzato pari a € 98.728,00, questo deve invece essere considerato un debito di valuta, dacché il controvalore monetario del danno ingiusto consiste già in una somma liquida: per cui all’importo dovuto a titolo risarcitorio non è (omissis) saranno applicabili le norme di cui agli artt. 1224 e 1284 c.c., a tenore delle quali sono dovuti i soli interessi legali, ferma la prova, a carico del danneggiato, del maggior danno, prova che, nel caso di specie, non è stata fornita stante la mancata allegazione di ulteriori voci di danno-conseguenza (cfr. Cass. n. 12567/2021 in obiter dictum; Tribunale di Bologna, Sez. Imprese, 25/10/2017, in obiter dictum).
Le spese di lite seguono il principio della soccombenza.
Quindi la convenuta, ancorché contumace, deve essere condannata a rimborsare alla curatela attrice le spese di lite da essa sostenute, spese che vengono liquidate come indicato in dispositivo, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività difensiva espletata, sulla base dei parametri medi di cui al D.M. Giustizia 10 aprile 2014 n. 55, aggiornati al D.M. n. 147 del 13/08/2022.
Si specifica poi che il fallimento della P. s.r.l. è stato ammesso al patrocinio a spese delle Stato, perciò la convenuta deve essere condannata a rifondere all’Erario le spese anticipate e prenotate a debito, nonché i compensi come liquidati in separato decreto;
P.Q.M.
visto l’art. 186 quater c.p.c.,
- condanna L. Q. al pagamento in favore della curatela del fallimento P.
s.r.l. della somma di € 907.252,31, oltre interessi e rivalutazione come in parte motiva;
- condanna L. Q. al pagamento in favore della curatela del fallimento P. s.r.l. della somma di € € 98.728,00, oltre interessi come in parte motiva;
- condanna altresì L. Q. a rifondere in favore dell’Erario le spese anticipate e prenotate a debito, nonché i compensi come liquidati in separato decreto;
- pone le spese della c.t.u., come già liquidate, definitivamente a carico della convenuta.