
L’applicazione del nuovo regime agevolativo per i lavoratori impatriati è all’attenzione del Fisco, che con diverse risposte ad interpello ha fornito chiarimenti in merito all’allungamento del periodo minimo di residenza all’estero e all’interpretazione dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione.
Con diverse risposte ad interpello, l'Agenzia delle Entrate ha fornito dei chiarimenti in relazione all'applicabilità del nuovo regime dedicato ai lavoratori impatriati disciplinato dal
Partendo dalle risposte nn. 55 e 66, il Fisco richiama anzitutto la disposizione contenuta nell'art. 5 D. Lgs. n. 209/2023, ponendo l'accento sul requisito di cui alla lett. d) che riguarda solo i lavoratori in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione così come vengono definiti dal D. Lgs.
Con le modifiche introdotte al TUI dal
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Ora, tenendo conto che la norma richiamata si applica solo ai lavoratori stranieri, poiché ne disciplina l’ingresso e il soggiorno in Italia, e che il nuovo regime può applicarsi sia ad essi sia ai lavoratori italiani, il richiamo a tale normativa per i lavoratori italiani deve intendersi necessariamente effettuato solo con riguardo ai requisiti del possesso o del titolo di istruzione o di una qualifica professionale, tralasciando tutti gli altri elencati. Resta fermo che la valutazione del possesso dei requisiti non può comunque essere effettuata in sede di interpello. |
Un’altra precisazione fornita dalle Entrate con la risposta n. 66 riguarda il collegamento funzionale tra il trasferimento della residenza fiscale in Italia e l’inizio di una attività di lavoro da cui derivi un reddito agevolabile, che differisce dal previgente regime speciale impatriati. Il Fisco evidenzia infatti che
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non è più necessario che al rientro in Italia sussistano i requisiti previsti dalla norma, potendo essi maturare anche in un secondo momento. Il nuovo regime impatriati potrà quindi essere comunque applicato al ricorrere dei requisiti di legge per i residui periodi di imposta di fruizione dell’agevolazione, che si applica per ciascun periodo di imposta ove sussistono i requisiti. |
Quanto al tema dell’allungamento del periodo minimo di residenza all’estero, le Entrate chiariscono che la disciplina vigente non specifica la tipologia di rapporto contrattuale che deve intercorrere tra i soggetti interessati, per cui il periodo minimo di pregressa permanenza all’estero sale a 6 o a 7 in tutti i casi in cui il contribuente, al rientro in Italia, presti attività di lavoro per lo stesso soggetto per il quale ha lavorato all’estero.
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A tal fine, non rileva la circostanza che prima del rientro in Italia, il contribuente abbia interrotto il rapporto di lavoro dipendente con il datore di lavoro di cui si tratta per intraprendere un’attività di lavoro autonomo. |