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1 luglio 2024 Deontologia forense
L’uso di espressioni offensive da parte dell’avvocato non è scriminato dalla provocazione altrui
L'avvocato, sia nell'esercizio della sua attività che nella vita privata, deve astenersi dal pronunciare espressioni sconvenienti o offensive, la cui rilevanza deontologica non è esclusa dalla provocazione altrui, né dalla reciprocità delle offese.
di La Redazione
Un avvocato è stato sottoposto a procedimento disciplinare per aver usato, in più occasioni, espressioni gravemente offensive (quali “ladra”, “merda” e “struzzo”) nei confronti della moglie, averla ripetutamente molestata e minacciata sia per via telefonica che scritta nonché aver fatto mancare gli alimenti al loro figlio minore. Ad esito del giudizio, il CDD ha ritenuto sussistente la violazione degli artt. 9, comma 2 e 63, comma 1 c.d.f. in relazione ai fatti addebitati e, di conseguenza, ha inflitto all'incolpato la sanzione della censura.
 
L'avvocato presenta ricorso al CNF deducendo che la sua condotta sarebbe scriminata in quanto diretta conseguenza delle varie provocazioni perpetrate dalla moglie nei suoi confronti, la quale in più occasioni lo avrebbe anche offeso.
 
Con sentenza n. 107/2024, il CNF rigetta il ricorso precisando che le espressioni sconvenienti od offensive proferite dall'incolpato, anche se al di fuori delle sue funzioni, non sono scriminate dalla provocazione altrui, né dalla reciprocità delle offese.
 
È infatti principio condiviso che l'avvocato ha il dovere di comportarsi, in ogni situazione (quindi anche nella dimensione privata e non propriamente nell'espletamento dell'attività forense), con la dignità e con il decoro imposti dalla funzione che l'avvocatura svolge nella giurisdizione; esso deve in ogni caso astenersi dal pronunciare espressioni sconvenienti od offensive, la cui rilevanza deontologicanon è peraltro esclusa dalla provocazione altrui, né dalla reciprocità delle offese, né dallo stato d'ira o d'agitazione che da questa dovesse derivare, non trovando applicazione in tale sede l'esimente prevista dall'art. 599 c.p..
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