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2 agosto 2024
Conciliazione sindacale da remoto: nullo il verbale se il conciliatore non ha prestato un’assistenza adeguata ai lavoratori

Nel caso di specie, il conciliatore si era limitato a leggere il verbale senza spiegarne gli effetti in caso di sottoscrizione e senza illustrare ai lavoratori il senso delle loro rinunce.

di La Redazione

I ricorrenti dichiarano di aver lavorato presso una società e di essere poi passati alle dipendenze di un'altra in seguito all'affitto di ramo di azienda, rimanendo creditori della retribuzione del mese di settembre 2022, delle spettanze di fine rapporto e del TFR maturati presso la prima società. Essi aggiungono di essere stati indotti, al momento del passaggio all'altra società, a sottoscrivere un verbale di conciliazione che conteneva la deroga all'art. 2112 c.c., deducendone quindi la nullità per violazione non solo della norma imperativa di legge, ma anche della direttiva 2001/23 e per mancata adeguata assistenza sindacale.

Con la sentenza del 28 marzo 2024, il Tribunale di Milano analizza la casistica con riguardo alla deduzione della nullità del verbale sottoscritto in sede di conciliazione. A tal riguardo si ricorda che la Cassazione, con sentenza n. 17076/2020 ha escluso la validità della rinuncia del lavoratore al vincolo della solidarietà in caso di affitto di azienda solo se preventiva alla solidarietà dell'affittante per eventuali debiti dell'affittuario, al momento della retrocessione del ramo di azienda. L'indisponibilità dei diritti del lavoratore rinunciante si riferisce infatti solo a quelli che non siano ancora maturati né acquisiti nel suo patrimonio in quel determinato momento, ma non anche a quelli in via di maturazione o addirittura destinati a sorgere nel futuro.
Con riferimento a tale profilo, il Tribunale disattende la doglianza dei ricorrenti perché essi hanno disposto di diritti già maturati e già acquisitinel loro patrimonio al momento dell'affitto di ramo di azienda, trattandosi quindi di diritti disponibili.
Inoltre, recentemente la Cassazione ha affermato che 

giurisprudenza

«va ribadita la validità della conciliazione giudiziale anche se abbia ad oggetto diritti indisponibili, atteso che l'art. 2113, co. 1, c.c. "che stabilisce l'invalidità delle rinunzie e transazioni aventi per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti collettivi concernenti i rapporti di cui all'art. 409 cod. proc. civ. - disposizione che è conforme al principio generale sancito dall'art. 1966, secondo comma, cod. civ. in tema di nullità delle transazioni correlate a diritti sottratti alla disponibilità delle parti, per loro natura o per espressa disposizione di legge - trova il suo limite di applicazione nella previsione di cui all'ultimo comma del citato art. 2113 cod. civ., che fa salve le conciliazioni intervenute ai sensi degli artt. 185,410 e 411 cod. proc. civ., ossia quelle conciliazioni nelle quali la posizione del lavoratore viene ad essere adeguatamente protetta nei confronti del datore di lavoro per effetto dell'intervento in funzione garantista del terzo (autorità giudiziaria, amministrativa o sindacale) diretto al superamento della presunzione di condizionamento della libertà di espressione del consenso da parte del lavoratore, essendo la posizione di quest'ultimo adeguatamente protetta nei confronti del datore di lavoro».

Con riferimento al caso di specie, la conciliazione sottoscritta dalle parti è in sede sindacale. Con riguardo appunto all'adeguata assistenza sindacale, altro profilo censurato dai lavoratori, il Tribunale rileva come l'incontro sia avvenuto da remoto ed i relativi verbali siano stati inviati scansionati a ciascun lavoratore. A tal fine si ricorda che la necessità che la conciliazione sindacale sia sottoscritta presso una sede sindacale non è requisito formale ma funzionale ad assicurare al lavoratore la consapevolezza dell'atto che sta per compiere, ma laddove tale consapevolezza sia acquisita attraverso altri mezzi, allora lo scopo voluto dal Legislatore e dalle parti collettive deve dirsi comunque raggiunto.

Da questo punto di vista, fondato è invece il profilo inerente all'abdicazione dei diritti dei lavoratori pur in assenza di assistenza sindacale. Come ricorda il Tribunale,

giurisprudenza

«in materia di atti abdicativi di diritti del lavoratore subordinato, le rinunce e le transazioni aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro previsti da disposizioni inderogabili di legge o di contratti collettivi, contenute in verbali di conciliazione conclusi in sede sindacale, non sono impugnabili, a condizione che l'assistenza prestata dai rappresentanti sindacali - della quale non ha valore equipollente quella fornita da un legale - sia stata effettiva, così da porre il lavoratore in condizione di sapere a quale diritto rinunci e in quale misura, nonché, nel caso di transazione, a condizione che dall'atto stesso si evinca la questione controversa oggetto della lite e le "reciproche concessioni" in cui si risolve il contratto transattivo ai sensi dell'art. 1965 cod. civ.».

Dalle deposizioni testimoniali era invece emerso che il conciliatore si fosse limitato a leggere il verbale senza spiegare gli effetti della sottoscrizione per i lavoratori e senza illustrare il senso delle rinunce. Sotto tale profilo, lo svolgimento con collegamento da remoto della riunionenon ha di certo agevolato l'espletamento di un'assistenza effettivada parte del conciliatore, motivo per il quale il verbale di conciliazione va dichiarato nullo per l'assenza di piena consapevolezza del suo contenuto da parte dei ricorrenti.

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