Nel caso di specie, il conciliatore si era limitato a leggere il verbale senza spiegarne gli effetti in caso di sottoscrizione e senza illustrare ai lavoratori il senso delle loro rinunce.
I ricorrenti dichiarano di aver lavorato presso una società e di essere poi passati alle dipendenze di un'altra in seguito all'affitto di ramo di azienda, rimanendo creditori della retribuzione del mese di settembre 2022, delle spettanze di fine rapporto e del TFR maturati presso la prima società. Essi aggiungono di essere stati indotti, al momento del passaggio all'altra società, a sottoscrivere un verbale di conciliazione che conteneva la deroga all'
Con la sentenza del 28 marzo 2024, il Tribunale di Milano analizza la casistica con riguardo alla deduzione della nullità del verbale sottoscritto in sede di conciliazione. A tal riguardo si ricorda che la Cassazione, con sentenza n. 17076/2020 ha escluso la validità della rinuncia del lavoratore al vincolo della solidarietà in caso di affitto di azienda solo se preventiva alla solidarietà dell'affittante per eventuali debiti dell'affittuario, al momento della retrocessione del ramo di azienda. L'indisponibilità dei diritti del lavoratore rinunciante si riferisce infatti solo a quelli che non siano ancora maturati né acquisiti nel suo patrimonio in quel determinato momento, ma non anche a quelli in via di maturazione o addirittura destinati a sorgere nel futuro.
Con riferimento a tale profilo, il Tribunale disattende la doglianza dei ricorrenti perché essi hanno disposto di diritti già maturati e già acquisitinel loro patrimonio al momento dell'affitto di ramo di azienda, trattandosi quindi di diritti disponibili.
Inoltre, recentemente la Cassazione ha affermato che
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«va ribadita la validità della conciliazione giudiziale anche se abbia ad oggetto diritti indisponibili, atteso che l' |
Con riferimento al caso di specie, la conciliazione sottoscritta dalle parti è in sede sindacale. Con riguardo appunto all'adeguata assistenza sindacale, altro profilo censurato dai lavoratori, il Tribunale rileva come l'incontro sia avvenuto da remoto ed i relativi verbali siano stati inviati scansionati a ciascun lavoratore. A tal fine si ricorda che la necessità che la conciliazione sindacale sia sottoscritta presso una sede sindacale non è requisito formale ma funzionale ad assicurare al lavoratore la consapevolezza dell'atto che sta per compiere, ma laddove tale consapevolezza sia acquisita attraverso altri mezzi, allora lo scopo voluto dal Legislatore e dalle parti collettive deve dirsi comunque raggiunto.
Da questo punto di vista, fondato è invece il profilo inerente all'abdicazione dei diritti dei lavoratori pur in assenza di assistenza sindacale. Come ricorda il Tribunale,
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«in materia di atti abdicativi di diritti del lavoratore subordinato, le rinunce e le transazioni aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro previsti da disposizioni inderogabili di legge o di contratti collettivi, contenute in verbali di conciliazione conclusi in sede sindacale, non sono impugnabili, a condizione che l'assistenza prestata dai rappresentanti sindacali - della quale non ha valore equipollente quella fornita da un legale - sia stata effettiva, così da porre il lavoratore in condizione di sapere a quale diritto rinunci e in quale misura, nonché, nel caso di transazione, a condizione che dall'atto stesso si evinca la questione controversa oggetto della lite e le "reciproche concessioni" in cui si risolve il contratto transattivo ai sensi dell' |
Dalle deposizioni testimoniali era invece emerso che il conciliatore si fosse limitato a leggere il verbale senza spiegare gli effetti della sottoscrizione per i lavoratori e senza illustrare il senso delle rinunce. Sotto tale profilo, lo svolgimento con collegamento da remoto della riunionenon ha di certo agevolato l'espletamento di un'assistenza effettivada parte del conciliatore, motivo per il quale il verbale di conciliazione va dichiarato nullo per l'assenza di piena consapevolezza del suo contenuto da parte dei ricorrenti.
Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale di Milano, sezione lavoro, depositato in via telematica in data 1-9-23, i ricorrenti indicati in epigrafe hanno convenuto in giudizio (omissis) per sentir accertare la nullita' del verbale sottoscritto in data 3-11-2022 e per l'effetto la responsabilita' solidale ai sensi dell'art. 2112 c.c. delle convenute in merito al pagamento delle mensilita' di settembre 2022, delle spettanze di fine rapporto e del t.f.r., per la somma complessiva di € 426.848,89, con conseguente condanna delle convenute, In solìdo tra loro, al pagamento degli importi per ciascun ricorrente specificati.
I ricorrenti hanno esposto di aver lavorato presso (omissis) di essere passati alla (omissis) a seguito di affitto di ramo d'azienda, rimanendo creditori della retribuzione del mese di settembre 2022, delle spettanze di fine rapporto e del t.f.r. maturati presso (omissis).
I ricorrenti hanno aggiunto di essere stati indotti da (omissis) a sottoscrivere un verbale di conciliazione che conteneva la deroga all'art. 2112 c.c.
In punto di diritto i ricorrenti hanno dedotto la nullita' dell'accordo per violazione di norma imperativa di legge e della direttiva 2001/23, nonche' per mancanza di adeguata assistenza sindacale.
Costituendosi ritualmente in giudizio, (omissis) ha contestato la fondatezza delle pretese avversarie, di cui ha chiesto il rigetto.
Nessuno si e' costituito per (omissis) ed il Giudice, verificata la regolarita' della notificazione del ricorso introduttivo, ne ha dichiarato la contumacia, (omissis).
Quindi, esperito infruttuosamente il tentativo di conciliazione, ammessa ed espletata in parte la prova testimoniale dedotta, il Giudice ha invitato i procuratori delle parti alla discussione orale e ha pronunciato sentenza, dando lettura del dispositivo in udienza.
Motivi della decisione.
Il ricorso e' fondato e merita accoglimento, nei limiti e con le precisazioni che si vanno ad esporre.
1. ln data 3-11-22, in occasione del passaggio alle dipendenze di (omissis) a seguito di affìtto di ramo d'azienda, i ricorrenti hanno sottoscritto con entrambe le convenute un "verbale di conciliazione in sede sindacale" con il quale, oltre ad accettare il trasferimento a (omissis) "in parziale disapplicazione dell'art. 2112 c.c." hanno espressamente rinunciato "a far valere nei confronti dell'affittuaria (omissis) la solidarieta' di cui all'art. 2112 c.c. con riferimento alle quote di t.f.r. maturate e non pagate alla data di sottoscrizione del presente verbale di conciliazione", liberando quindi (omissis) dalla suddetta obbligazione; i ricorrenti hanno formulato analoga rinuncia per quanto riguarda "qualsiasi altro credito nei confronti di (omissis) non pagato in data anteriore alla sottoscrizione del verbale di conciliazione.
Pertanto unico obbligato al pagamento dei crediti suddetti restava (omissis).
2. I ricorrenti deducono la nullita' dell'accordo sottoscritto in data 3-11-22 innanzi tutto per violazione di norma imperativa di legge, in particolare l'art. 2112 c.c. e la direttiva 2001/23.
Tale deduzione deve essere disattesa.
Innanzi tutto la Cassazione, nella sentenza n. 17076/2020, ha escluso la validita' della rinuncia del lavoratore al vincolo della solidarieta' in caso di affitto di azienda, ma solo in quanto si trattava di rinuncia preventiva alla solldarieta' dell'affittante per gli eventuali debiti dell'affittuario, al momento della retrocessione del ramo di azienda: "In caso di retrocessione di ramo d'azienda, conseguente alla risoluzione del relativo contratto d'affitto, la preventiva rinuncia del lavoratore al vincolo di solidarietà gravante sull'affittante per le obbligazioni inadempiute dall'affittuario è nulla, in quanto diretta a regolamentare gli effetti del rapporto di lavoro in maniera diversa da quella fissata dalle norme di legge o di contratto collettivo, incidendo su diritti destinati a sorgere solo in futuro".
Come ha spiegato la S.C. nella motivazione: "ciò è precluso dalla nullità di eventuali rinunce, anche in forma di conciliazioni in sede giudiziale, amministrativa o sindaca/e (secondo il rinvio dell'art. 2113, ultimo comma c.c.), per l'indisponibilità dal lavoratore rinunciante di diritti che non siano già maturati né acquisiti al suo patrimonio, ma ancora in via di maturazione o addirittura (come appunto nel caso di specie) destinati a sorgere solo In futuro: con la conseguente nullità dell'atto di rinuncia, siccome diretto a regolamentare gli effetti del rapporto di lavoro in maniera diversa da quella fissata dalle norme di legge o di contratto collettivo (Cass. 26 maggio 2006, n. 12561; Cass. 8 settembre 2011, n. 18405, in specifico riferimento ad invalidità della rinunzia dei lavoratori, con verbale di conciliazione, ai diritti futuri concernenti il nuovo rapporto di lavoro instaurato e cosi pure del diritto di chiedere l'accertamento della sua effettiva natura: dovendosi escludere che la conciliazione possa riguardare diritti non ancora entrati nel patrimonio del prestatore di lavoro)...".
Questi principi sono stati ribaditi nella sentenza n. 6664/2022, che ha affermato: "... l'art. 2113 uc. cc. consente in sede protetta le rinunce ma non gli atti regolativi in contrasto con norme imperative; in sede conciliativa si può rinunciare a diritti già maturati ma non si possono concordare regolazioni dei rapporti contrarie alle norme imperative; la sede protetta non può essere il luogo in cui si consumano le violazioni, cioè si concordano regolazioni contra legem con rinuncia a farle valere ma si può unicamente rinunciare ai diritti già maturati in conseguenza di violazioni realizzate prima e fuori da quella sede;".
Nel caso di specie, invece, i ricorrenti hanno disposto di diritti gia' maturati e gia' acquisiti al loro patrimonio al momento dell'affitto di ramo d'azienda: si tratta, pertanto, di diritti disponibili.
3. Inoltre la Cassazione, nella sentenza n. 23473/2014 ha affermato: "Nell'ipotesi di cessione di azienda, ai sensi dell'art. 63 del d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270, e dell'art. 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428, con trasferimento parziale dei lavoratori dipendenti al cessionario, la rinuncia alla solidarietà di quest'ultimo per le obbligazioni anteriori al trasferimento, quale condizione per la prosecuzione del rapporto di lavoro, costituisce deroga consentita all'art. 2112 cod. civ. ove prevista dall'accordo concluso ai sensi dell'art. 47 della legge n. 428 del 1990".
Nella motivazione la S.C. ha specificato: "E l'art. 47 citato stabilisce, in particolare, per i trasferimenti riguardanti imprese in amministrazione straordinaria, l'applicabllltà dell'art. 2112 c.c. "nei termini e con le limitazioni previste dall'accordo" tra le parti (comma quartobis) e l'esclusione della sua applicazione "ai lavoratori il cui rapporto continua con l'acquirente ... salvo che da/l'accordo risultino condizioni di miglior favore" (quinto comma). E la derogabilità, laddove prevista, anche peggiorativa del trattamento dei lavoratori, in base a tale ultima disposizione, in deroga all'art. 2112 c.c., si giustifica con lo scopo di conservare i livelli occupazionali, quando venga trasferita l'azienda di un'impresa insolvente e si legittima con la garanzia della conclusione di un accordo collettivo idoneo a costituire norma derogatoria della fattispecie (Cass. 22 settembre 2011, n. 19282,·Cass. 5 maggio 2008, n. 5929). Appare evidente come la priorità di tutela dal piano del singolo lavoratore (cui risponde l'esclusiva applicazione dell'art. 2112 c.c.) si sia spostata al piano dell'interesse collettivo al perseguimento dell'agevolazione della circo[azione dell'azienda quale strumento di salvaguardia della massima occupazione, in una condizione di obiettiva crisi imprenditoriale, anche al prezzo del sacrificio di alcuni diritti garantiti dall'art. 2112 c.c., pur sempre In un ambito tutelato di consultazione sindacale".
Premesso che, ai sensi dell'art. 47 della l. n. 428/90, la disciplina sopra citata si applica anche alle aziende per le quali vi sia stata la dichiarazione di apertura della procedura di concordato preventivo e (omissis) risulta ammessa alla procedura di concordato preventivo, nel caso di specie la sottoscrizione di accordi transattivi in sede protetta e' stata espressamente autorizzata dal Tribunale di Milano con provvedimento del 13-10-22, nell'ambito della procedura ex art. 44 CCI.
Quale condizione sospensiva alla quale era assoggettato il contratto di affitto di azienda tra le convenute era prevista la rinuncia alla solidarietà della società cessionaria per le obbligazioni anteriori al trasferimento, in deroga al' art. 2112, secondo comma c.c. (artt. 3, 4, 5 e 6 del verbale di conciliazione individuale).
4. Infine nell'ordinanza n. 8898/2024 la Cassazione ha precisato: "Dunque va ribadita la validità della conciliazione giudiziale anche se abbia ad oggetto diritti indisponibili, atteso che l'art. 2113, co. 1, c.c. "che stabilisce l'invalidità delle rinunzie e transazioni aventi per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti collettivi concernenti i rapporti di cui all'art. 409 cod. proc. civ. - disposizione che è conforme al principio generale sancito dall'art. 1966, secondo comma, cod. civ. in tema di nullità delle transazioni correlate a diritti sottratti alla disponibilità delle parti, per loro natura o per espressa disposizione di legge - trova il suo limite di applicazione nella previsione di cui all'ultimo comma del citato art. 2113 cod. civ., che fa salve le conciliazioni Intervenute ai sensi degli artt. 185, 410 e 411 cod. proc. civ., ossia quelle conciliazioni nelle quali la posizione del lavoratore viene ad essere adeguatamente protetta nei confronti del datore di lavoro per effetto dell'intervento in funzione garantista del terzo (autorità giudiziaria, amministrativa o sindacale) diretto al superamento della presunzione di condizionamento della libertà di espressione del consenso da parte del lavoratore, essendo la posizione di quest'ultimo adeguatamente protetta nei confronti del datore di lavoro" (Cass. 26/07/2002, n. 11107).
Nel caso di specie la conciliazione sottoscritta dalle parti e' appunto una conciliazione in sede sindacale.
5. Il ricorso deduce inoltre la nullita' dell'accordo per mancanza di adeguata assistenza sindacale: sottolinea, infatti, che l'incontro e' avvenuto da remoto e i verbali sono stati inviati scansionati a ciascun lavoratore dalla propria postazione da remoto, che i ricorrenti non hanno rilasciato alcun mandato scritto al conciliatore della Clas Nazionale, rappresentante sindacale preso ad hoc dalla società, e non erano iscritti al Clas Nazionale; afferma altresi' che i ricorrenti non hanno ricevuto alcuna spiegazione circa le conseguenze e i possibili rischi connessi alla sottoscrizione delle rinunce e deroghe dell'art. 2112 c.c.
6. Le prime censura devono essere superate.
Nella recente sentenza n. 1975/2024 la Cassazione ha affermato: "La necessità (derivante dal combinato disposto dell'art. 412 ter c.p.c. e del contratto collettivo di volta in volta applicabile) che la conciliazione sindacale sia sottoscritta presso una sede sindacale non è un requisito formale, bensì funzionale ad assicurare al lavoratore la consapevolezza dell'atto dispositivo che sta per compiere e, quindi, ad assicurare che la conciliazione corrisponda ad una volontà non coartata, quindi genuina, del lavoratore. Pertanto, se tale consapevolezza risulti comunque acquisita, ad esempio attraverso le esaurienti spiegazioni date dal conciliatore sindacale incaricato anche dal lavoratore, lo scopo voluto dal legislatore e dalle parti collettive deve dirsi raggiunto. In tal caso la stipula del verbale di conciliazione in una sede diversa da quella sindacale (nella specie, presso uno studio oculistico: v. ricorso per cassazione, p. 12) non produce alcun effetto invalidante sulla transazione. Sul piano del riparto degli oneri probatori, se la conciliazione è stata conclusa nel/a sede ''protetta", allora la prova della piena consapevolezza dell'atto dispositivo può ritenersi in re ipsa o desumersi in via presuntiva (Cass. n. 20201/2017). Pertanto graverà sul lavoratore l'onere di provare che, ciononostante, egli non ha avuto effettiva assistenza sindacale. Se invece la conciliazione è stata conclusa in una sede diversa, allora l'onere della prova grava sul datore di lavoro, il quale deve dimostrare che, nonostante la sede non ''protetta", il lavoratore, grazie all'effettiva assistenza sindacale, ha comunque avuto piena consapevolezza delle dichiarazioni negoziali sottoscritte.
... sul piano formale il legislatore non richiede affatto che il mandato al rappresentante sindacale sia anteriore o comunque preventivo rispetto al tempo e al luogo in cui viene stipulata la conciliazione. Sul piano sostanzia/e, la contestualità del mandato rispetto alla stipula dell'atto potrebbe costituire un indizio circa la non effettività dell'assistenza sindacale, che tuttavia deve essere corroborato da altri elementi indiziari per integrare la prova presuntiva di tale vizio (art. 2729 c.c.), in grado di inficiare la validità della conciliazione. Il relativo onere probatorio grava sulla lavoratrice, in quanto attrice che ha domandato la previa declaratoria di nullità della conciliazione, ma, come accertato dalla Corte territoriale, non risulta adempiuto".
7. Risulta invece fondato l'ulteriore profilo dedotto in ricorso.
Come gia' accennato, secondo la giurisprudenza costante della Cassazione, in materia di atti abdicativi di diritti del lavoratore subordinato, le rinunce e le transazioni aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro previsti da disposizioni inderogabili di legge o di contratti collettivi, contenute in verbali di conciliazione conclusi in sede sindacale, non sono impugnabili, a condizione che l'assistenza prestata dai rappresentanti sindacali - della quale non ha valore equipollente quella fornita da un legale - sia stata effettiva, così da porre il lavoratore in condizione di sapere a quale diritto rinunci e in quale misura, nonché, nel caso di transazione, a condizione che dall'atto stesso si evinca la questione controversa oggetto della lite e le "reciproche concessioni" In cui si risolve il contratto transattivo ai sensi dell'art. 1965 cod. civ.
La sentenza n. 1110712002 ha affermato: "Agli atti di transazione e rinuncia espressamente disciplinati dal comma 4 dell'art. 2113 c.c., intervenuti ai sensi degli articoli 185, 410 e 411 c.p.c. non si applicano le disposizioni dei primi tre commi del detto articolo, e sono assoggettabili, come qualsiasi altro negozio giuridico, alle azioni di nullita' e annullamento ai sensi degli artt. 1418 e ss. e 1441 e ss. c.c.".
8. Nel caso di specie si ritiene che i ricorrenti abbiano offerto adeguata prova dell'assenza di consapevolezza circa l'abdicazione dei propri diritti per l'assenza di una effettiva assistenza sindacale.
Il teste (omissis), indicato dai ricorrenti, ha dichiarato: "Non ho mai lavorato per le societa' convenute. Sono in pensione: fino al 31-12-22 ero segretarlo generale della FIOM
Ho partecipato all'incontro del 3-11-22. L'incontro si e' svolto on fine: eravamo presenti io, un mio collega della FIM CISL, (omissis) un rappresentante della Confindustria di Ancona, (omissis) legale rappresentante dell'azienda che doveva fare l'affitto del ramo di azienda, di cui non ricordo il nome. E' stato chiesto di firmare un accordo in deroga al 2112.
Non ho partecipato ad incontri a cui hanno partecipato i lavoratori''.
La teste (omissis) indicata dalla convenuta, ha riferito: "Non ho mai lavorato per le convenute. Fino al 29-2-24 sono state dipendente di (omissis) in qualita' di addetta alle risorse umane ho partecipato all'incontro del 3-11-22.
L'incontro si e' svolto con modalita' telematica dalla sede di Roma: i lavoratori erano in video conferenza.
Oltre ai lavoratori hanno partecipato il collega (omissis) sempre addetto alle risorse umane di (omissis), il (omissis) responsabile delle risorse umane del gruppo e sempre di (omissis) ed il rappresentante sindacale (omissis) del sindacato CLAS.
Non ricordo se fosse presente anche l'avvocato di (omissis).
Una volta effettuato il collegamento e' stato letto il verbale di conciliazione, non ricordo se dall'avvocato
E' stato chiesto se c'erano domande o chiarimenti.
Non ci sono state particolari richieste o domande e quindi si e' proceduto alla firma, sempre in modallta' telematica: in particolare i dipendenti hanno stampato e firmato la copia, l'hanno scannerizzata e inviata alla societa'.
E' stato spiegato come procedere al giro delle firme, che e' poi stato completato".
Infine il teste (omissis) indicato dalla convenuta, ha dichiarato: "Da ottobre 2022 lavoro per Non ho mai lavorato per le convenute.
Mi occupo di risorse umane.
Ho partecipato all'incontro del 3-11-22. Oltre a me hanno partecipato il (omissis) responsabile risorse umane, la collega (omissis) e, in collegamento da luoghi differenti, (omissis) e i lavoratori. La maggior parte dei lavoratori era alla sede di Falconara.
Il (omissis) ha letto il verbale di conciliazione e ha chiesto se c'erano dubbi o domande, ma nessuno ha fatto richieste.
Poi si e' provveduto alle firme: prima hanno firmato i dipendenti, hanno scannerizzato il verbale e l'hanno inviato a noi e poi ha firmato il (omissis), che aveva la delega; poi i verbali sono stati inviati (omissis) che li ha firmati e reinviati a noi e ai dipendenti".
9. Dalle deposizioni testimoniali si ricava, quindi, che il conciliatore si e' limitato a dare lettura del verbale di conciliazione, senza spiegare ai lavoratori gli effetti della sottoscrizione del verbale, come invece sostenuto dalla convenuta, e senza illustrare il senso e la portata delle rinunce.
A tal fine non si puo' certo ritenere sufficiente la disponibilita' a rispondere a domande o richieste.
Neppure possono assumere rilievo la riunione tenutasi in data 21-10-22 con il rappresentante di (omissis) di cui non e' noto il contenuto, e la lettera inviata in data 27-10-22 ai lavoratori, non prodotta in giudizio, "con la quale veniva descritto il passaggio con la deroga all'art. 2112 c.c.", come si legge al punto 5 del ricorso.
La semplice comunicazione delle operazioni ih corso tra le societa' convenuta non e' infatti sufficiente al fine di rendere i lavoratori edotti del contenuto della norma che si intendeva derogare e delle conseguenze dell'accettazione di tale deroga.
Anche se non costituisce aspetto dirimente, lo svolgimento con collegamento da remoto della riunione all'esito della quale e' stato sottoscritto il verbale di conciliazione non ha agevolato l'espletarne to di una effettiva assistenza del lavoratori da parte del conciliatore.
10. Il verbale di conciliazione sottoscritto dai ricorrenti senza la piena consapevolezza dell'abdicazione dei propri diritti deve pertanto essere dichiarato nullo.
Da cio' deriva la responsabilita' solidale di (omissis) in relazione alle obbligazioni assunte dalla cedente durante il rapporto di lavoro con i ricorrenti, e segnatamente in relazione al pagamento della mensillta' di settembre 2022, delle spettanze di fine rapporto e del t.f.r. maturati durante il rapporto di lavoro con (omissis).
Quest'ultima, non costituitasi nel presente giudizio nonostante la rituale instaurazione del contraddittorio, non ha offerto alcuna prova dell'adempimento delle obbligazioni a suo carico.
11. Come giustamente dedotto dal (omissis) nelle sue difese, dagli importi richiesti in ricorso deve essere detratto quanto deferito alla previdenza complementare, vale a dire le quote del t.f.r. non versate al (omissis)
Deve infatti ritenersi che titolare del diritto al versamento dei contributi sia il che peraltro non e' stato chiamato a partecipare al presente giudizio.
Il D. Lgs. n. 252/05, che ha regolato la materia della previdenza complementare, stabilisce soltanto il diritto del singolo soggetto aderente al fondo alla prestazione pensionistica, diritto che sì acquisisce, ai sensi dell'art. 11, "al momento della maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni stabilite nel regime obbligatorio di appartenenza".
La titolarita' della posizione previdenziale complementare non puo' essere confusa con la titolarita' del diritto al versamento della relativa contribuzione.
Pertanto anche l'eventuale inadempimento del datore di lavoro non comporta un mutamento dal lato soggettivo dell'obbligazione di accantonamento.
Inoltre allo stato la domanda di corresponsione dei contributi direttamente al lavoratore si risolverebbe in una sorta di risarcimento del danno per equivalente ma, poiche' non e' stato dedotto alcunche' circa i meccanismi di erogazione delle prestazioni da parte del Fondo, il danno non puo' essere semplicemente Identificato con l'ammontare dei contributi non versati. Per il resto I conteggi delle somme dovute ai ricorrenti sono solo genericamente contestati da (omissis).
12. Le societa' convenute sono quindi tenute, In via solidale tra loro, a corrispondere ai ricorrenti i seguenti Importi lordi, oltre, interessi legali e rivalutazione dal dovuto al saldo:
(omissis) € 6.854,32, (omissis) € 26.579,56, (omissis) € 13.873,25, (omissis) € 9.652,89, (omissis) € 15.455,24, (omissis) € 7.060,00, (omissis) € 13.708,99, (omissis) € 45.650,70, (omissis) € 29.148,33, (omissis) € 6.969,47, (omissis) € 22.984,90, (omissis) € 3.032,75, (omissis) € 4.850,90, (omissis) € 58.229,86, (omissis) € 38.933,34, (omissis) € 16.829,21, (omissis) € 13.383,56, (omissis) € 11.009,18, (omissis) € 33.017,41, (omissis) € 32.082,98, (omissis) € 6.596,20.
Il regolamento delle spese di lite segue Il criterio della soccombenza, e le stesse vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando, accerta la nullita' del verbale sottoscritto in data 3-11-22 e dichiara la responsabilita' solidale delle societa' convenute per il pagamento della mensilita' di settembre 2022, delle spettanze di fine rapporto e del t.f.r. spettanti ai ricorrenti;
condanna le convenute, in via solidale tra loro, a corrispondere ai ricorrenti i seguenti importi, oltre interessi legali e rivalutazione dal dovuto al saldo(omissis) € 6.854,32, (omissis) € 26.579,56, (omissis) € 13.873,25, (omissis) € 9.652,89, (omissis) € 15.455,24, (omissis) € 7.060,00, (omissis) € 13.708,99, (omissis) € 45.650,70, (omissis) € 29.148,33, (omissis) € 6.969,47, (omissis) € 22.984,90, (omissis) € 3.032,75, (omissis) € 4.850,90, (omissis) € 58.229,86, (omissis) € 38.933,34, (omissis) € 16.829,21, (omissis) € 13.383,56, (omissis) € 11.009,18, (omissis) € 33.017,41, (omissis) € 32.082,98, (omissis) € 6.596,20.
rigetta per il resto il ricorso;
condanna le convenute, in via solidale tra loro, a rimborsare ai ricorrenti le spese di lite, liquidate In complessivi€ 12.00,00, da distrarsi a favore del procuratore antistatario;
fissa termine di sessanta giorni per il deposito della sentenza.