Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. La controversia ha per oggetto il contratto stipulato in data 7 settembre 2016 con cui il signor F. C. ha ceduto le quote pari al 30 % del capitale della società S. Srl alla signora F. L..
Con atto di citazione datato 20.7.21 la sig.ra L. citava in giudizio la parte convenuta chiedendo l’annullamento del contratto di cessione allegando di aver acquistato le quote in quanto il venditore e l’amministratore della società le avevano rappresentato una situazione positiva della società, non rispondente al vero, che l’aveva indotta all’acquisto.
Riferiva inoltre che, vista la crisi della società, l’attrice aveva poi venduto le quote a terzi, ma aveva subito dei danni consistenti nel prezzo pagato di €.30.000 e nelle somme immesse nella società.
Parte convenuta si opponeva alle domande, eccependo la nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza e comunque negando la condotta ingannevole e affermando che l’attrice avesse conoscenza specifica della situazione della società.
Il Giudice disponeva l’integrazione ex art.164 c.p.c. e all’esito delle memorie integrative la causa veniva istruita per mezzo di documenti, assunzioni testimoniali e consulenza tecnica in ordine alla veridicità dei bilanci.
La causa viene ora a sentenza, previo deposito delle difese conclusive.
2. In fatto va precisato che le parti hanno stipulato in data 27.7.2016 il contratto preliminare con cui il signor F. C. ha promesso di cedere le quote pari al 30 % del capitale della società S. Srl alla signora F. L. ed che in data 7 settembre 2016 le parti stipulavano il contratto definitivo.
In data 13 luglio 2017 l’attrice rivendeva a terzi le quote sociali ed in data 30 aprile 2018 la S. veniva dichiarata fallita.
3. In diritto va ricordato che il dolo, quale vizio del consenso e causa di annullamento del contratto, assume rilevanza quando incida sul processo formativo del consenso, dando origine ad una falsa o distorta rappresentazione della realtà all'esito della quale il contraente si sia determinato a stipulare; ne consegue che l'effetto invalidante dell'errore frutto di dolo è subordinato alla circostanza, della cui prova è onerata la parte che lo deduce, che la volontà negoziale sia stata manifestata in presenza od in costanza di questa falsa rappresentazione.
In materia di cessione di quote va poi osservato che “La cessione delle azioni di una società di capitali o di persone fisiche ha come oggetto immediato la partecipazione sociale e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta. Pertanto, le carenze o i vizi relativi alle caratteristiche e al valore dei beni ricompresi nel patrimonio sociale - e, di riverbero, alla consistenza economica della partecipazione - possono giustificare l'annullamento del contratto per errore o, ai sensi dell'art.1497 cod. civ., la risoluzione per difetto di "qualità" della cosa venduta (necessariamente attinente ai diritti e obblighi che, in concreto, la partecipazione sociale sia idonea ad attribuire e non al suo valore economico), solo se il cedente abbia fornito, a tale riguardo, specifiche garanzie contrattuali, ovvero nel caso di dolo di un contraente, quando il mendacio o le omissioni sulla situazione patrimoniale della società siano accompagnate da malizie ed astuzie volte a realizzare l'inganno ed idonee, in concreto, a sorprendere una persona di normale diligenza.” (Cass.16031/2007, conf. Cass.7183/2019 e 22429/2020).
Infine va ricordato che il dolo contrattuale può manifestarsi anche in forma omissiva, “laddove si nascondano alla conoscenza del deceptus, con il silenzio o con la reticenza, fatti o circostanze decisive per la manifestazione del consenso” (Cass. 2.2.2012 n. 1480), ma al fine di connotare la reticenza o il silenzio come causa di annullamento del contratto, la giurisprudenza richiede che “l'inerzia della parte si inserisca in un complessivo comportamento, adeguatamente preordinato, con malizia o astuzia, a realizzare l'inganno perseguito”, alterando la rappresentazione della realtà (Cass. 20.4.2006 n. 9253 e altre conformi).
Spetta dunque all’attore provare l’esistenza degli artifici e raggiri ed il formarsi di una conseguente falsa rappresentazione della realtà.
4. Nella fattispecie in esame parte attrice identifica gli artifici e raggiri nei seguenti comportamenti:
- le dichiarazioni mendaci del sig. C. riferite, anche per il tramite del sig. B., alla sussistenza di commesse per un valore di € 8.000.000,00 e di crediti vantati dalla società S. nei confronti di terzi pari a circa € 2.000.000,00;
- i bilanci del 2014 e 2015 della S. s.r.l. nei quali sarebbero riportati crediti inesistenti;
- il “Piano di riorganizzazione aziendale” relativo alla riduzione dei costi della società;
- l’omissione di notizie in merito ad un debito di ingente importo.
Il teste R., marito dell’attrice, ha confermato che parte convenuta durante un colloquio in sua presenza dichiarava che la società aveva commesse per €.8.000.000 nonché crediti verso terzi per 2.000.000 e dunque la circostanza di fatto appare provata.
Risulta di conseguenza necessario comprendere se tali affermazioni rispondessero o meno a verità e se i bilanci della società attestassero dati conformi e sul punto fossero veritieri.
Il CTU nominato, dopo aver evidenziato i criteri utilizzati per la redazione dei bilanci, ha confermato “che il contenuto dei bilanci della S. Srl per gli esercizi chiusi al 31/12/2014 e al 31/12/2015 non possano considerarsi incompatibili con l’eventuale “... sussistenza di commesse per un valore di € 8.000.000,00 ... riferite dal Sig. C. ...”;
- che pertanto, con riferimento a tale profilo, non emergono elementi per poter affermare che i bilanci per gli esercizi chiusi al 31/12/2014 e al 31/12/2015 siano stati redatti senza il rispetto dei canoni di legge in ordine alla veridicità e chiarezza.”
5. Parte attrice allega che la S. utilizzasse un metodo di fatturazione “in compensazione” per cui i clienti, al momento dell’ordine, provvedevano ad acquistare per loro conto i materiali necessari e a metterli a disposizione della società. In conseguenza a ciò, dal valore totale del credito vantato dalla S. per la manodopera, veniva compensata la parte corrispondente al valore dei materiali a carico del cliente, riducendo in tal modo il credito reale.
Sul punto deve dirsi che il CTU anche sotto questo profilo non ha rinvenuto anomalie nei bilanci e parte attrice non ha provato un valore inferiore delle commesse.
Per altro verso deve riconoscersi che la mera affermazione di commesse per 8.000.000 euro non può essere ritenuta falsa a fronte della prassi indicata, trattandosi di un dato esposto in modo informale durante un colloquio senza che le parti precisassero le modalità di contrattazione con i clienti, né per altro se si trattasse di commesse in corso o commesse future.
6. Quanto alle affermazioni riguardanti la sussistenza di crediti, il Ctu anche sotto questo profilo osservava che il contenuto dei bilanci della S. Srl per gli esercizi chiusi al 31/12/2014 e al 31/12/2015 non conteneva anomalie.
Inoltre il CTU rileva che i bilanci segnalavano altresì una situazione debitoria molto elevata corrispondente a quella che ha poi condotto all’insolvenza (pag. 51 della CTU), con l’unica differenza della scorretta appostazione dell’avviamento.
Va quindi osservato che le affermazioni riferite dalle parti in sede di trattative non si sono rivelate mendaci né sul punto è stata provata la falsità dei bilanci.
7. Non pare costituire attività ingannevole neppure la consegna del cd. piano di risanamento aziendale da parte del sig.C. alla sig.L..
Va al proposito rilevato che la preparazione di un piano di risanamento, in quanto rivelatore della necessità di ristrutturare l’azienda e limitare le spese, non rappresenta una realtà positiva, ma presuppone la situazione difficile dell’azienda.
Inoltre l’idoneità decettiva di tale documento risulta inesistente, avuto riguardo al fatto che si tratta di un documento non sottoscritto da alcuno e non proveniente da un consulente.
Va quindi osservato che l’attività decettiva non è stata provata, in quanto le informazioni ed i documenti messi a disposizione in sede di trattative non risultano rappresentare una situazione inveritiera.
Manca dunque la condotta dolosa, ma manca anche la rappresentazione erronea in capo all’attrice e tale da integrare l’errore rilevante.
8. Vi sono infatti alcuni elementi che inducono a ritenere che la parte attrice avesse conoscenza della situazione della società S. e che dunque le affermazioni delle controparti ed i bilanci, oltrechè sostanzialmente rispondenti al vero, fossero anche correttamente interpretabili dall’attrice, che è per altro un’imprenditrice e dunque persona in grado di comprendere gli assetti e i problemi della S..
Innanzitutto da altri documenti provenienti dall’attrice risulta che la sig.ra L. fosse a conoscenza (querela sub doc.19) che S. avesse un ingente debito verso un fornitore, per altro come già detto risultante dai bilanci (cfr.relazione di CTU).
Inoltre risulta che l’attrice fosse all’epoca legale rappresentante e socia delle O. R.G.M Srl, società che era fornitrice abituale da molti anni di S. (a pag.1 della querela sub doc.20 l’attrice riferisce che 1/5 del fatturato di O. R.G.M provenisse da S.). Nella querela l’attrice riferiva inoltre che nel 2015 e 2016 S. aveva maturato un ingente debito pari a circa 70.000 verso O. R.G.M., con un piano di rientro pendente e non rispettato, e l’acquisto delle quote fosse stato proposto dal legale rappresentante di S. proprio nell’ottica di favorire il rientro del credito.
Dunque l’attrice sapeva di trovarsi di fronte ad una società che aveva difficoltà ad onorare i debiti, così come evidentemente doveva sapere delle prassi di sconti e compensazioni sulle commesse.
A conferma di ciò la stessa attrice riferisce di una trattativa serrata con il sig.C. che ha portato a dimezzare il prezzo richiesto per le quote di S., fissato nel definitivo nella limitata somma di €.150.000, versato nella somma di €.30.000 e promesso in pagamento per il resto quale corrispettivo di un contratto di consulenza.
Tutti questi elementi concorrono a far ritenere che l’attrice si sia rappresentata una situazione di crisi della S., che ha però evidentemente ritenuto reversibile.
I testi sentiti, ad eccezione del marito dell’attrice, hanno riferito che nel luglio 2016 e dunque in costanza delle trattative e comunque prima del definitivo, l’attrice si è recata diverse volte presso la sede della società ed ha incontrato l’amministratore: si può presumere che in tali occasioni l’attrice abbia potuto accedere alla documentazione della società per ulteriori verifiche.
In ogni caso l’attrice non ha provato né di aver cercato di accedere ai documenti in quel periodo né che le sia stato impedito.
In conclusione deve dirsi che dall’istruttoria condotta emerge la prova che non vi fu una condotta ingannevole del promittente venditore tale da costituire dolo e che l’attrice non fece propria una falsa o distorta rappresentazione della realtà all'esito della quale si sia determinato a stipulare ed a pattuire un determinato prezzo.
La domanda di annullamento deve dunque essere rigettata sotto tutti i profili denunciati (dolo, dolo incidente ed errore).
9. Appare infondata anche la domanda di accertamento della nullità del contratto per mancanza di causa.
La causa del contratto di compravendita di quote (scambio di quote sociali contro prezzo) appare sussistente e, d’altronde, la stessa attrice ha a sua volta ceduto le quote a terzi circa un anno dopo l’acquisto.
D’altro canto la mera circostanza che la società S. fosse in una situazione economica negativa non priva di causa la compravendita di quote, potendo i soci, tra l’altro, provvedere a ricapitalizzare la società.
10. La domanda ex art.96 c.p.c. deve essere respinta. Tale domanda non può trovare accoglimento in quanto, sebbene l’azione dell’attrice sia infondata, non vi è alcuna prova del fatto che la sig.ra L. abbia agito con mala fede o colpa grave, come richiesto dall’art. 96 cpc per poter accertare la responsabilità aggravata di una parte del processo.
10. Le spese seguono la soccombenza. Le spese del giudizio vengono liquidate in dispositivo nei valori medi secondo i parametri attualmente vigenti (scaglione corrispondente al valore della domanda dell’attrice e dunque tra €.52.000 ed €.260.000).
Le spese di CTU rimangono a carico dell’attrice soccombente.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, rigetta le domande dell’attrice;
condanna F. L. a rimborsare a F. C. le spese di giudizio che liquida in euro 14.103,00 per compensi, oltre rimborso forfettario al 15% IVA e CPA oltre CU e spese di notificazione;
pone le spese di CTU definitivamente a carico di F. L..