Svolgimento del processo
1. II G.i.p. del Tribunale di Savona, sciogliendo la riserva assunta all'esito dell'udienza camerale fissata per decidere sulla opposizione alla richiesta di archiviazione proposta dalla persona offesa L. R., con ordinanza del 30-31 gennaio 2024 ha ordinato l'imputazione coatta nei confronti delle persone fisiche R. P., in veste di datore di lavoro, G. L., in qualità di dirigente e di delegato dal datore di lavoro, e A. A. B., quale medico competente, tutti in relazione al reato di lesioni colpose, con violazione della disciplina antinfortunistica, dal 2002 e fino al 13 agosto 2020, ed anche della società "Coop L.", quale ente responsabile dell'illecito amministrativo di cui agli artt. 25-septies, commi 3, 6 e 7 del d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231, in relazione al delitto di cui all'art. 590, comma 3, cod. pen., commesso dalle indicate persone fisiche nell'interesse o a vantaggio dell'ente stesso.
2. Ricorre per la cassazione dell'ordinanza Coop L. - società cooperativa di consumo, in persona del dott. M. M., procuratore speciale e legale rappresentante della stessa, tramite Difensore di fiducia, affidandosi ad un solo, complessivo, motivo con il quale lamenta violazione di legge.
Si premette che con un unico provvedimento, del 12 settembre 2022, il P.M. ha disposto l'archiviazione ex art. 58 del d. lgs. n. 231 del 2001 nei confronti dell'ente, con trasmissione del provvedimento al P.G. della Corte di appello, e ha contestualmente chiesto al G.i.p. l'archiviazione nei confronti delle persone fisiche.
Proposta opposizione da parte della persona offesa, il G.i.p. ha fissato udienza camerale disponendo darsi avviso anche alla Coop, il cui Difensore di fiducia ha partecipato all'udienza precisando, tuttavia, che la posizione del proprio assistito era stata già archiviata dal P.M. e che quindi non avrebbe dovuto nemmeno essere convocato per l'incombente.
Il provvedimento di imputazione coatta nei confronti dell'ente, che nemmeno specifica le ragioni a sostegno di tale decisione, sarebbe, ad avviso della società ricorrente, affetto da abnormità.
Infatti, essendo speciale e più snello il procedimento di archiviazione degli enti, affidato alla sola decisione del P.M., che non deve investire il G.i.p. ma che, dopo avere provveduto autonomamente, è tenuto ad informare, a posteriori, il P.G., che potrebbe, svolte indagini, entro il termine di sei mesi, effettuare la contestazione (art. 58 del d. lgs. n. 231 del 2001), il G.i.p. risulta essere privo del potere di sindacare la decisione assunta dal P.M., decisione che potrebbe persino non conoscere (segnalandosi che nel caso di specie vi è stata conoscenza solo in quanto il P.M. ha scelto di condensare due decisioni nello stesso provvedimento, ma che avrebbe potuto fare diversamente).
Né - si evidenzia - il d.lgs. n. 231 del 2001 prevede la possibilità di riapertura delle indagini per gli enti, a differenza di quanto previsto per le persone fisiche dall'art. 414 cod. proc. pen.
Richiamate le categorie di abnormità note (abnormità strutturale, per carenza di potere o in astratto o in concreto; a. funzionale, anche sotto il profilo della causazione di una stasi irrimediabile), vizio di creazione giurisprudenziale che consente la ricorribilità in deroga al principio di tassatività delle impugnazioni, si ritiene, appunto, essere abnorme il provvedimento in questione per avere coinvolto nel procedimento un soggetto che ne era già - definitivamente - uscito e la cui posizione non andava sottoposta al G.i.p., per di più ordinando al P.M. di emettere un atto che, in realtà, non ha (più) il potere di emettere e che sarebbe, dunque, in ultima analisi, inevitabilmente nullo.
Pur non essendosi rinvenuti precedenti in termini - prosegue il ricorso - si richiamano alcune pronunzie di legittimità che sembrano confortare l'assunto della società ricorrente (Sez. 4, n. 1217 del 10/10/2018, dep. 2019, Manna, Rv. 274907; Sez. 5, n. 31612 del 12/10/2020, P., Rv. 279719; Sez. U, n. 37502 del 28/04/2022, P.M. in proc. Scarlini, Rv. 283552)
Infine, si segnala che, in ogni caso, la decisione impugnata violerebbe il divieto del bis in idem, essendo stato già il procedimento archiviato legittimamente dal P.M., con decisione passata indenne alla successiva verifica demandata dalla legge al Procuratore Generale della Corte di appello.
Si chiede, quindi, l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
3. Il Procuratore Generale della S.C. nella requisitoria scritta ex art. 611 cod. proc. pen. del 22 aprile 2024 ha chiesto annullarsi senza rinvio il provvedimento impugnato.
4. Il Difensore della persona offesa con memoria del 12 aprile 2024 ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi il ricorso della soc. Coop L., con vittoria di spese.
In particolare, la p.o. ha sottolineato che il provvedimento impugnato non sarebbe abnorme, richiamando al riguardo alcuni precedenti di legittimità stimati pertinenti.
Sottolinea criticamente avere la società Coop partecipato alla udienza in camera di consiglio.
Abnorme, a ben vedere, sarebbe non già il provvedimento del giudice ma il decreto del P.M. del 12 settembre 2022, in quanto non motivato ovvero assistito da motivazione meramente apparente, che - nella sua stringatissima giustificazione - lega così tanto strettamente la sorte dell'ente a quella delle persone fisiche, richiamando la nozione di reato-presupposto, che necessariamente il magistrato inquirente avrebbe dovuto attendere la decisione del G.i.p. di autorizzazione all'inazione; altrimenti, ove il G.i.p. disattenda la richiesta di archiviazione del P.M. circa la responsabilità delle persone fisiche ed ordini (ciò che rientra in suo potere) la celebrazione del processo nei loro confronti, non potrebbe dirsi insussistente il reato addebitabile all'ente. Ad avviso della p.o., «è dunque chiaro che l'accertamento del reato della persona fisica e quello dell'illecito amministrativo della persona giuridica debbano viaggiare su binari paralleli, pena la tenuta dell'intero sistema: solo in tal modo è possibile scongiurare il rischio di archiviazioni illegittime, considerando che, quando il giudice per le indagini preliminari valuta l'archiviazione del procedimento a carico delle persone fisiche, la relativa decisione (evidentemente) riverbera i propri effetti anche sul procedimento che riguarda l'ente. Nel caso in cui, ad esempio, il Giudice non condividesse la richiesta di archiviazione, diventerebbe praticamente impossibile per il Pubblico Ministero archiviare l'illecito amministrativo per ragioni legate al reato presupposto. Nel nostro caso, invece, il P.M. ha emesso il decreto di archiviazione nei confronti dell'ente sul presupposto (in allora ancora sub iudice) dell'assenza di responsabilità dei vertici di Coop L. per il reato di cui all'art. 590, comma 3, c.p. Si tratta all'evidenza di un atto abnorme e dunque nullo, e/o comunque illegittimo in quanto smentito dal successivo controllo giurisdizionale devoluto al Gip del Tribunale di Savona» (così alle pp. 7-8 della memoria).
In altre parole, ad avviso della persona offesa, il P.M. potrebbe archiviare la posizione dell'ente prima che sia definita quella della persona fisica ove il provvedimento fondi su elementi diversi da quelli che si ricollegano al reato presupposto e non involgenti la responsabilità della persona fisica, come, ad esempio, allorchè risulti idoneo il modello organizzativo ovvero sia estinto per prescrizione l'illecito addebitabile alla società ex art. 22 del d. lgs. n. 231 del 2001; non già allorquando vi sia stretto legame tra le diverse posizioni, proprio come nel caso di specie. In sostanza, insomma, si sarebbe determinato un fenomeno di «reviviscenza dell'originaria (intera) ipotesi accusatoria» (così alla p. 8 della memoria), per effetto del - legittimo - mancato accoglimento da parte del G.i.p. della richiesta di archiviazione del procedimento nei confronti delle persone fisiche, essendovi nel caso di specie una strettissima connessione con l'illecito addebitato all'ente.
Infine, si evidenzia anche che il controllo meramente gerarchico affidato all'ufficio del Procuratore Generale, in difetto dell'intervento giurisdizionale, porrebbe seri dubbi di legittimità costituzionale della norma dell'art. 58 del d.lgs. n. 231 del 2001 in relazione al principio costituzionale di obbligatorietà dell'azione penale di cui all'art. 112 Cast.
Motivi della decisione
1. II ricorso è ammissibile ed è fondato, per le ragioni di cui appresso.
2. Come si è anticipato nel "ritenuto in fatto", nel caso che occupa il Pubblico Ministero con unico decreto ha sia disposto, ex art. 58 del d. lgs. n. 231 del 2001, l'archiviazione del procedimento nei confronti dell'ente Coop L., con trasmissione del provvedimento al Procuratore Generale territoriale, sia richiesto al G.i. p. l'archiviazione nei confronti delle persone fisiche ai sensi dell'art. 408 cod. proc. pen.
Avanzata rituale opposizione da parte della persona offesa, con ordinanza del 30-31 gennaio 2024 il G.i.p. ha ordinato l'imputazione coatta nei confronti delle persone fisiche (datore di lavoro; dirigente e delegato dal datore di lavoro; medico competente), in relazione al reato di cui all'art. 590, comma 3 cod. pen., e della società Coop L., quale ente responsabile dell'illecito amministrativo di cui agli artt. 25-septies, commi 3, 6 e 7 del d. lgs. n. 231 del 2001.
3. La prima questione concerne la ricorribilità del provvedimento con il quale il Giudice per le indagini preliminari ha ordinato l'imputazione nei confronti dell'ente. Questione che in linea astratta trova agevole soluzione nei principi formulati da questa Corte ed evocati anche dalla ricorrente.
Sul piano generale, viene ritenuto affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall'intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite. L'abnormità dell'atto processuale può riguardare tanto il profilo strutturale, allorché l'atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo (Sez. 2, n. 2484 del 21/10/2014, Tavoloni ed altro, Rv. 262275; Sez. 2, n. 29382 del 16/05/2014, P.G. in proc. Veccia, Rv. 259830; Sez. 2, n. 7320 del 10/12/2013, Fabozzi, Rv. 259158; Sez. Un., n. 26 del 24/11/1999, Magnani, Rv. 215094).
L'ordine impartito nei confronti di soggetto non indagato o per reato diverso da quello per il quale è stata chiesta l'archiviazione o quello relativo ad una frazione di condotta oggetto di un diverso procedimento già archiviato sono stati ritenuti abnormi (sulla base di un insegnamento impartito già da Sez. U, n. 4319 del 28/11/2013, dep. 2014, Rv. 257786 - 01) perché esorbitanti dai poteri di quel giudice. In tali occasioni è stato rimarcato che l'autonomia dell'organo della pubblica accusa nella formulazione delle imputazioni non può risultare scalfita dal G.1.P. e che ciò accade se questi ordina l'imputazione per ipotesi di reato mai prima formulate dal P.M.
Si tratta, quindi, di verificare se con il provvedimento in esame in giudice abbia tracimato dai limiti dei propri poteri.
4. La specifica questione sinora non ha trovato trattazione nella giurisprudenza di legittimità. E' opportuno prendere le mosse dalla previsione dell'art. 58 del d. lgs n. 231 del 201 che, sotto la rubrica "Archiviazione", recita: «Se non procede alla contestazione dell'illecito amministrativo a norma dell'articolo 59, il pubblico ministero emette decreto motivato di archiviazione degli atti, comunicandolo al procuratore generale presso la corte d'appello. Il procuratore generale può svolgere gli accertamenti indispensabili e, qualora ritenga ne ricorrano le condizioni, contesta all'ente le violazioni amministrative conseguenti al reato entro sei mesi dalla comunicazione».
La lettera della legge non dà adito a dubbi: si è inteso espressamente attribuire al P.M. un potere di archiviazione diretta, da taluni definita "cestinazione", con il solo controllo gerarchico del Procuratore Generale, il quale ha facoltà, ove ritenga, di svolgere le indagini ritenute indispensabili e di elevare la contestazione dell'illecito che eventualmente ipotizzi sussistente. E la Relazione al d. lgs. n. 231 del 2001 spiega che l'adozione di un «procedimento semplificato, senza controllo del giudice», si giustifica con la natura amministrativa della responsabilità dell'ente, che non richiede necessariamente un controllo giurisdizionale sulla inazione del Pubblico Ministero.
Tale modello semplificato esclude sia il vaglio giurisdizionale, sia l'intervento della persona offesa.
Si tratta di scelta legislativa discrezionale che, diversamente da quanto opina la persona offesa, appare certamente non arbitraria, posto che essa è stata espressamente connessa alla particolare natura della responsabilità della persona giuridica. Natura che, pur nell'evoluzione giurisprudenziale che avvicina l'illecito dell'ente alla struttura del reato colposo di evento (cfr. Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, in motivazione; Sez. 6, n. 23401 del 11/11/2021, dep. 2022, in motivazione), resta altra da quella penale (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Rv. 261112 - 01).
Per altro verso, pur prescindendo dalla controversa riferibilità del principio di obbligatorietà dell'azione penale alla responsabilità di cui al decreto 231, non è evidente la contrarietà della disciplina ad esso, posto che il pubblico ministero è tenuto a motivare la propria decisione, ancorata a parametri legali e sottoposta al controllo del Procuratore generale della Repubblica.
5. La previsione dell'art. 58 definisce un sistema in sé compiuto, o comunque del tutto distinto ed autonomo da quello descritto dagli artt. 408 e ss. cod. proc. pen. Sicchè non può evocarsi l'art. 34 d.lgs. n. 231/2001 per riversare nella disciplina del procedimento di archiviazione del procedimento nei confronti dell'ente tratti di quella prevista per l'archiviazione della notizia di reato.
Non è questa la sede per una ricognizione dei diversi profili sui quali misurare la capacità di tale microsistema di rispondere alle diverse esigenze, in modo da escludere una manifesta illogicità della scelta legislativa. D'altro canto, anche a ritenere diversamente - e quindi a consentire all'idea di una attitudine integratrice delle norme codicistiche - gli arresti giurisprudenziali già menzionati militerebbero comunque per l'abnormità del provvedimento impugnato, poiché l'ordine in esame ha un oggetto estraneo alla richiesta del pubblico ministero.
La persona offesa ha enfatizzato la incongruenza della situazione che potrebbe derivare negando l'intervento del G.i.p. quando, come nel caso che occupa, il rigetto della richiesta di archiviazione del procedimento nei confronti delle persone fisiche contraddice le ragioni dell'archiviazione disposta ai sensi del citato art. 58.
In realtà l'obiezione postula l'irretrattabilità del provvedimento di archiviazione adottato dal pubblico ministero; affermazione che non trova conferma nel dettato normativo il quale non esclude che, su sollecitazione dell'interessato ovvero anche di ufficio, il Pubblico Ministero, re melius perpensa, revochi, con apposito provvedimento, il decreto di archiviazione e decida di proseguire le indagini preliminari.
E non vi è motivo di dubitare che tra le ragioni in grado di condurre il P.M. - si ribadisce, di ufficio o su istanza della p.o. - a revocare la propria archiviazione possa esservi la motivazione del provvedimento di imputazione coatta del G.i.p. (art. 409, comma 5, cod. proc. pen.) nei confronti delle persone fisiche aventi ruoli di responsabilità nell'ente ovvero quella dell'ordine giurisdizionale di svolgere nuove indagini (art. 409, comma 4, cod. proc. pen.), come anche, naturalmente, il concreto esito delle nuove indagini effettuate ovvero altri elementi ancora.
Si tratta di evenienza, del resto, già ammessa dalla giurisprudenza di legittimità, che nella parte motiva (sub n. 2 del "considerato in diritto", p. 7) della sentenza di Sez. 6, n. 23401 del 11/11/20201, dep. 2022, PG in proc. Impregilo s.p.a., Rv. 283437-04 ha puntualizzato che «[ ...] né la lettera né la ratio del complessivo sottosistema predisposto dal d.lgs. n. 231 del 2001 inibiscono un "ripensamento" e, quindi, la possibilità di riapertura delle indagini e di un successivo esercizio dell'azione motu proprio da parte del medesimo organo».
6. Discende dall'abnormità del provvedimento impugnato, nella parte in cui contiene l'ordine di elevare l'imputazione nei confronti dell'ente, l'annullamento senza rinvio del medesimo. L'ordine in parola va eliminato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata limitatamente all'ordine di contestare l'illecito all'ente Coop L., ordine che elimina.