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Tizio impugna davanti al Tribunale la delibera con cui è stata disposta la revoca dal suo incarico di presidente del cda di Alfa s.r.l., adottata dall'assemblea con il solo voto del socio maggioritario, chiedendo anche il risarcimento dei danni conseguentemente subiti. Nello specifico, l'attore deduce mancanza di motivazione in ordine alla decisione presa nonché abuso da parte del socio della sua posizione e dei doveri di buona fede e correttezza. |
Domanda di annullamento
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Abusa del suo diritto il socio che eserciti il voto al mero scopo di danneggiare altri soci. |
Domanda risarcitoria
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
La causa verte intorno alla revoca dell’attore dalla carica di Presidente del CdA di P. di S. A. s.r.l., società in cui sono soci l’attore medesimo, al 40%, e la convenuta M. A. al 60%. La revoca era deliberata dall’assemblea della società, in data 20/7/2022, con il solo voto del socio maggioritario.
L’attore nell’introdurre la lite svolgeva largamente la storia degli ultimi dieci anni della lunga collaborazione sociale ed economica fra lui e M. A., collaborazione nella quale la società P. convenuta è indicata come “progetto...per la valorizzazione di storiche tenute vitivinicole, con oggetto principale l’attività di gestioni agrarie e strutture ricettive, oltre alla produzione e commercializzazione all’ingrosso e al minuto di articoli inerenti all’enogastronomia, prodotti alimentari, bevande e vini”.
L’attore illustrava, fra l’altro, vari impegni presi per iscritto fra le odierne parti ed altre società del Gruppo M.: la Lettera di Intenti del 27/5/2013 (che rimandava anche a un preesistente articolato rapporto contrattuale finalizzato alla migliore produzione e distribuzione del vino prodotto dai vitigni dell’attore, con il marchio S. A.) e i successivi Addenda del 9/4/2016 (unitamente ad ulteriore società del gruppo M.), del 17/7/2018, ai quali erano seguiti contratti e adempimenti:
- rispetto al patto del 2013, la concessione in affitto da parte dell’attore alla Società M. S.r.l. di alcuni fondi rustici costituiti da terreni agricoli e fabbricati; la concessione in affitto da parte dell’attore a P. S. A. dei fabbricati siti nel complesso di Villa S. A. destinati a residence, sale e locali destinati a rivendita e somministrazione; la concessione in locazione da parte dell’attore a M. A. di ulteriori fabbricati siti nel complesso di Villa S. A. adibiti a cantina per lo stoccaggio del vino ;
- rispetto al patto del 2016, la concessione in affitto da parte di P. S. A. a M. Experience s.r.l. un ramo d’azienda e a M. A. la licenza d’uso in esclusiva del marchio “S. A.”;
- rispetto al terzo, l’aumento del compenso annuo corrisposto a P. di S. A. per la carica del Presidente del Consiglio di Amministrazione della Società, che a decorrere dall’esercizio 2018, sarebbe stato fissato in euro 36.000,00 annui lordi.
Rappresentava poi l’attore che i rapporti fra i due soci si erano poi guastati, avendo M. A. richiesto di modificare gli accordi commerciali, che l’attore si dimettesse volontariamente dalla carica, e svolto iniziativa giudiziale ex artt. 696 – 696bis c.p.c.; che poi su richiesta di M. A. del 28/6/2020 era stata fissata l’assemblea portante all’ordine del giorno la revoca dell’attore dalla carica di Presidente dell’organo gestorio.
L’attore, invocando violazione degli artt. 2259, 1723 comma 2 c.c. ritenuti applicabili in ragione della natura “chiusa” della società e dei particolari rapporti illustrati fra i soci e con il Gruppo, impugnava di validità la delibera, che nulla indicava riguardo alla causa della revoca, e in subordine chiedeva il risarcimento del danno reputazionale ed economico, quest’ultimo determinato nella somma dei compensi spettanti al Presidente fino alla scadenza dei patti fra soci, indicata al 31/12/2037.
Rilevava inoltre in capo al socio di maggioranza un abuso della sua posizione e dei doveri di buona fede e correttezza, quale ravvisabile anche alla luce dei rapporti intercorrenti fra i soci nei quali si rinveniva anche un accordo per mantenere la qualità di Presidente in capo all’attore; così da fare configurare una corresponsabilità del socio nella produzione del danno.
Si costituiva P. richiamando innanzitutto l’art. 8 dell’atto costitutivo della società, che prevedeva la nomina di un consiglio di amministrazione a tempo indeterminato e fino a diversa deliberazione dell’assemblea “anche in assenza di giusta causa” .
Contestava fra l’altro la applicabilità alla società dei principi e disposti degli artt. 2259 e 1723 comma 2 c.c., in favore della disciplina dell’art. 1725 comma 2 c.c., segnalando che non sussistono i presupposti di cui all’art. 2475 comma 3 c.c., che non sono previsti diritti particolari del socio ex art. 2468 comma 3 c.c. i quali consacrino una connotazione personalistica a beneficio dell’attore, che P. è controllata da una società quotata quale è M. A. s.p.a., che il marchio “S. A.” è in titolarità di P. e non dell’attore. Contestava la domanda di danni anche rappresentando, ai fini dell’art. 1725 comma 2 c.c. la congruità del preavviso e comunque la giusta causa di revoca, di cui illustrava i fondamenti, e infine la quantificazione fatta dall’attore del danno, osservando fra l’altro che il compenso a lui spettante ammonta ad euro 29.000,00, intesi lordi. (conclusionale attore conviene 29.000 lordi annui) M. A., richiamato anch’essa fra le premesse in fatto l’ammontare annuo del compenso dell’attore indicato in euro 29.000 annui lordi e i fatti costituenti giusta causa di revoca, eccepiva:
- Il proprio difetto di legittimazione passiva, vertendo la causa su impugnativa di delibera assembleare;
- la tardività dell’impugnazione in quanto notificata il 18/11/2022;
- la validità della delibera ai sensi dell’art. 8 dell’atto costitutivo;
- la validità della revoca ex art. 2383 comma 3 c.c. e comunque l’inapplicabilità dell’art. 2259 c.c., in ogni caso non richiamato dall’art. 2475 comma 3 c.c., del quale in ogni caso contestava la sussistenza dei presupposti applicativi;
- l’inesistenza di alcun abuso di M. A.;
- la sussistenza di giusta causa;
- la sussistenza del danno e l’ammontare (per ragioni analoghe a quelle spiegate da P.)
La causa, assegnati termini istruttori di legge, viene in decisione senza istruzione. Le parti hanno avuto termini ordinari per conclusionali e repliche.
Con la comparsa conclusionale la difesa di P. ha depositato nuovi documenti, che non possono essere presi in esame in quanto tardivi.
Prima di affrontare il merito, va chiarito l’ambito del decidere, quale delimitato dalla domanda.
Parte attrice non fonda in citazione le sue domande di annullamento e risarcitorie sulla violazione dei patti contenuti nelle citate lettere di intenti; la stipula di tali lettere, significativamente accompagnata dalla narrativa della esecuzione del programma in esse delineato, è richiamata solo come dato fattuale, da un lato evocato come dimostrazione della particolare pregnanza del “progetto” che i soci vogliono realizzare mediante la società P., e della stretta relazione personalistica del “progetto”
medesimo; dall’altro, quanto al socio, come circostanza che mostrerebbe la abusività della sua condotta nella votazione a favore della revoca dell’attore dalla carica di Presidente del CdA, in quanto condotta dissonante rispetto alla precedente, contrassegnata appunto dalla precedente delineazione e pedissequa realizzazione del programma contenuto nelle lettere di intenti.
Inoltre, parte attrice non ha invocato in atto di citazione la condotta abusiva del socio come causa di invalidità della delibera, ma solo come fondamento della corresponsabilità del socio nella produzione del danno derivante dalla delibera.
Solo nella memoria ex art, 183 n. 1 c.p.c. parte attrice ha posto l’abuso di maggioranza come ragione di invalidità della delibera (p. 11). Inoltre, nella medesima memoria, ha invocato due nuove ragioni di invalidità della delibera, l’una attinente la violazione del quorum (nella specie invocando il quorum rafforzato di 2/3 delle partecipazioni, di cui all’art. 10 dello statuto) e l’altra attinente la forma di verbalizzazione, cui si applicherebbe la forma notarile ex art. 2480 c.c., ambedue fondate sulla qualificazione della delibera come costituente modifica dell’atto costitutivo.
In verità trattandosi, in ambedue i casi, di ipotesi che darebbero luogo alla mera annullabilità, tali censure si risolvono nella introduzione di nuove e diverse causae petendi della domanda di annullamento, fondate su circostanze non poste in citazione a fondamento di tale domanda, aggiuntive rispetto alle precedenti. La domanda di annullamento non è infatti autodeterminata (cfr. Cass. 19958/2013 608/2016) a differenza della domanda di nullità, per la quale, anche nel sistema delle impugnazioni delle delibere societarie, si ritengono di applicare gli stessi principi elaborati per la materia contrattuale ( Sez. 1, Sentenza n. 8795 del 04/05/2016: “Il principio per cui il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità contrattuale deve rilevare d'ufficio (o, comunque, a seguito di allegazione di parte successiva all'"editio actionis"), ove emergente dagli atti, l'esistenza di un diverso vizio di nullità, essendo quella domanda pertinente ad un diritto autodeterminato, è suscettibile di applicazione estensiva anche nel sottosistema societario, nell'ambito delle azioni di impugnazione delle deliberazioni assembleari, benché non assimilabili ai contratti...”). Pertanto i nuovi profili di annullamento proposti nella memoria ex art. 183 comma VI n. 1 c.p.c. costituiscono domande nuove. Di essi, quelli fondati sulla pretesa modificazione dell’atto costitutivo sono nuovi e aggiuntivi rispetto alla materia fattuale che parte attrice aveva posto a fondamento delle sue domande, e sono pertanto inammissibili.
Ritiene invece il Tribunale che il profilo dell’abuso, già introdotto a fondamento della sola domanda risarcitoria in citazione, possa essere trattato anche come fondamento della domanda di annullamento.
Passando alle domande ed eccezioni, è innanzitutto infondata l’eccezione di carenza di legittimazione passiva del socio, eccepita da M.: il socio infatti è destinatario delle domande risarcitorie, essendo indicato quale concorrente - per abuso della sua posizione di socio di maggioranza – alla produzione del danno che viene dalla delibera di revoca. Si tratta di un concorso in prospettazione attorea fondato su una condotta del socio sua propria, tale da generare, se sussistente, corresponsabilità solidale (2055 c.c.) sia pure fondata su titolo diverso da quello fatto valere contro la società.
L’eccezione di tardività della impugnazione è del tutto generica, dato che pone a raffronto data della deliberazione (20/7/2022) e data di introduzione della causa (18/11/2022), quando invece il termine per impugnare decorre dalla iscrizione della deliberazione a libro soci (2479ter c.c.). In ogni caso, essendo il termine pacificamente soggetto alla sospensione feriale dei termini di giustizia (1/31 agosto) la notificazione dell’atto di citazione è avvenuta, come riconosce la difesa di P., in limine, e dunque in termini.
La domanda di annullamento della delibera va in ogni caso respinta.
In primo luogo, la revoca dell’amministratore di società di capitali è sempre nelle facoltà dell’assemblea, salvo eventualmente il risarcimento del danno, e la delibera per questo aspetto è dunque sempre valida.
In secondo luogo, sotto il profilo dell’abuso di maggioranza, che potrebbe inficiare di validità la delibera ove anche afferente la revoca di amministratore, l’abuso non sussiste.
Le ragioni del socio che ha votato la revoca, che vengono qui esaminate ai fini della validità della delibera, sono le medesime che potrebbero avere rilevanza sotto l’aspetto del concorso risarcitorio del socio in caso di revoca avvenuta in assenza dei presupposti; dovendosi ribadire che l’apprezzamento di tali ragioni viene svolto solo nell’ambito del rapporto sociale, non essendo la violazione dei patti parasociali (“intese”) posta a fondamento delle domande attoree.
Abusa del suo diritto, e cioè lo esercita in violazione di correttezza e buona fede, il socio che eserciti il voto al mero scopo di danneggiare l’altro/altri soci. Per il resto, è principio generale quello per cui il socio ha diritto di votare in assemblea secondo la libera valutazione del proprio interesse.
L’ intento di ledere gratuitamente il socio di S. A. non è ravvisabile e a dire il vero neppure chiaramente allegato in questi termini da parte attrice in citazione, dove, per questo aspetto, si fa perno sul “tradimento delle aspettative” derivanti dal programma precedentemente condiviso fra i soci.
Sta di fatto che, comunque, il socio M. allega di avere inteso tutelare con il proprio voto il suo interesse di società facente parte di un gruppo (Gruppo M.) nei confronti di esternazioni e condotte esterne dell’attore – che in veste di Presidente del C.d.A. era legale rappresentante della società - potenzialmente lesive dell’interesse del Gruppo.
L’attore aveva scritto un articolo, pubblicato sul giornale veronese L., nel quale si pronunciava criticamente verso usi edilizi del territorio, da parte delle cantine vinicole, ritenuti eccessivi e in contrasto con lo spirito di conservazione del medesimo. Allega inoltre la socia che l’attore, quale Presidente e portavoce della associazione “S.”, aveva anche una lettera alla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio competente per terrirorio, in cui segnalava con toni fortemente critici la compromissione della vista paesistica da parte di una costruzione del “Gruppo M. A. SpA.”.L’articolo è documentato e la datazione (17/4/2022) non è contestata; quanto alla lettera, datata 8/4/2022, l’attore non nega la sua veste rispetto a “S.” e l’invio a lui riconducibile della lettera alla Soprintendenza.
L’articolo e la lettera erano stati ripresi e citati poi da un successivo articolo di terzi che, sul giornale “Il Fatto Quotidiano”, ebbero ad attaccare specificamente un intervento edilizio della “azienda A. M.”. A fronte di tale vicenda, il Presidente di S. A., invitato a smentire, non avrebbe dato, ciò che egli non nega, la sua disponibilità.
Ciò che rileva ai fini che interessano non è la riconducibilità dell’articolo pubblicato su “Il Fatto Quotidiano alla iniziativa dell’attore, circostanza mai allegata da parte convenuta, né il fatto che egli non possa come libero cittadino avere ed esprimere opinioni e svolgere iniziative a tutela del territorio. Ciò che rileva è la piena libertà del socio M. di valutare e di ritenere non corrispondenti ai propri interessi le condotte riconducibili al Presidente (lettera e articolo su L.), tanto più quando portate a ulteriore risonanza dalla fama della penna che scrive sul “Fatto” (prof. Tomaso Montanari) e dai toni veementi nonché dall’accompagnamento fotografico dell’articolo, in cui era raffigurato il Presidente di M., e accompagnate dalla indisponibilità del Presidente a rendere manifesta all’esterno, nella sua veste di legale rappresentante di P., una presa di distanza rispetto all’articolo del “Fatto”. Tale piena libertà sussiste indipendentemente dal fatto che le condotte del Presidente revocando costituiscano, o meno un illecito. Tali ragioni del voto del socio, che non è necessario, per quanto si dirà, e neppure possibile, in mancanza di motivazione della delibera, apprezzare sotto il profilo della giusta causa di revoca, bastano ad escludere che egli si sia condotto, nel voto, in modo abusivo. Il rapporto fra soci, peraltro, come ammette lo stesso attore, aveva iniziato a deteriorarsi anche per altri aspetti (richiesta di revisione di accordi commerciali, divergenze attinenti la locazione di beni dell’attore).
Passando ora alle domande risarcitorie, nelle società a responsabilità limitata la revoca dell’amministratore, o la revoca dalla carica endoconsiliare, quando si tratti di soggetto nominato a tempo indeterminato, non soggiace alla necessità di giusta causa, ma solo alla necessità di congruo preavviso.
Non si applica innanzitutto la regola valevole per le s.p.a. di cui all’art. 2383 comma 3, c.c., che presuppone la scadenza a tempo della carica, propria del regime di tali società (2328 comma 2 c.c.).
La materia è invece governata dai principi dell’art. 1725 commi 1 e 2 c.c., il primo dei quali regola il mandato a tempo determinato, il secondo quello a tempo indeterminato.
Non vi è ragione di deflettere dai principi sopra richiamati, a favore dei disposti degli artt. 2559 c.c. e 1723 comma 2 c.c., in ragione di apprezzamenti in concreto della minore maggiore intensità del legame sociale. L’allineamento della disciplina della revoca degli amministratori delle società di persone, quando nominati con l’atto costitutivo, al disposto dell’art. 1723 comma 2 c.c., è coerente con la responsabilità personale e illimitata dei soci amministratori delle società di persone, e del rilievo della forte natura personale del vincolo, che appartiene alla disciplina di struttura di tali società.
Diversa è la ratio e dunque la struttura del rapporto in società di capitali, e i soci di P. hanno invece consapevolmente scelto un diverso tipo sociale; né hanno stabilito a favore del socio di S. A. diritti particolari a tutela della sua posizione (p. es. di nominare il Presidente del C.d.a.).
Nell’ambito della disciplina delle s.r.l. e in particolare del loro regime di amministrazione solo l’art. 2475 comma 3 c.c. opera un richiamo puntuale alla disciplina delle società di persone, quando rimanda ai disposti degli artt. 2557 e 2558 c.c. per regolare le modalità della amministrazione congiunta o disgiunta, quando previste, come è esplicitamente ammesso, per le s.r.l.. Tale richiamo, pertinente l’oggetto dell’art. 2475 comma 3, cioè le regole di decisione e di veto del corpo amministrativo, non autorizza a importare alla disciplina delle s.r.l. anche la diversa regola di cui all’art. 2559 c.c., concernente invece il regime della revoca degli amministratori.
Per il resto, le s.r.l., anche rispetto a quanto era per esse previsto nel testo originario della riforma del 2003, sono enti la cui disciplina si è via via avvicinata a quella della società per azioni, tanto che sono frequenti le applicazioni estensive o integrative di regole dall’uno all’altro tipo; e quindi anche dal punto di vista generale e sistematico l’applicazione dell’art. 2559 c.c. va, particolarmente oggi, esclusa.
Inoltre, neppure la autonomia statutaria ha ritenuto di stabilire un vincolo di revoca solo per giusta causa anche per gli amministratori nominati a tempo indeterminato.
Gli apprezzamenti che l’attore chiede di svolgere riguardo alla intensità e rilevanza dei rapporti fra i soci, per contaminare la disciplina della società P. con prestiti dalla disciplina delle società di persone, non sono autorizzati dalla legge; peraltro, in assenza di parametri normativi, tali apprezzamenti sarebbero largamente aleatori.
Non ha alcuna rilevanza, ai fini della decisione, la circostanza che l’attore fosse stato nominato nell’atto costitutivo, nel quale peraltro l’art. 8, previa previsione della amministrazione a mezzo di un Consiglio “a tempo indeterminato, sino a diversa determinazione dell’assemblea, anche in assenza di giusta causa” era semplicemente nominato “il primo consiglio” con di S. A. in veste di Presidente.
La citata formula dell’atto costitutivo peraltro non è più ripetuta nell’art. 15 dello Statuto, quale vigente all’epoca della revoca di cui si tratta; e nell’eventuale conflitto, ove lo si volesse ravvisare, la regola dell’art. 2328 ultimo comma c.c. farebbe prevalere lo Statuto.
Per altro verso, neppure rileva il fatto che nell’atto costitutivo fosse prevista la possibilità di revoca anche senza giusta causa, stante il fatto che la nomina era a tempo indeterminato, e dunque la revoca era sempre possibile, purché con congruo preavviso, la necessità del quale non era affatto esclusa dall’atto costitutivo.
La violazione dell’obbligo di preavviso comporta il dovere risarcitorio della società. Il preavviso vale a compensare l’interessato della indisponibilità di un tempo adeguato alla “riconversione” e alla ricerca di altra occupazione che gli procuri consimile introito, e la violazione dell’obbligo di preavviso dunque di per sé genera solo un danno economico, corrispondente alla mancata percezione di emolumenti nel periodo di preavviso. Quanto alla misura di tale preavviso, si ritiene congrua la misura standard di mesi sei.
Non ha invece alcun rilievo, rispetto alla violazione dell’obbligo di preavviso, che è la violazione pertinente alla domanda, la diversa aspettativa, fondata su patti parasociali, di una durata sostanzialmente illimitata della carica (anche ultra vires: si invoca una durata fino al 31/12/2037, sulla scorta di una pattuizione contemplante anche la facoltà dell’attore di indicare altri in caso di sua indisponibilità; l’attore è nato nel 1954).
Il semestre va calcolato dalla data della delibera, non potendo fungere da porzione di periodo di preavviso il tempo intercorrente fra il 28/6/2022, data in cui il socio chiese di indire l’assemblea mettendo all’ordine del giorno la revoca dell’attore dalla veste di presidente, e la data della delibera: tale periodo, comunque inferiore al mese, poteva solo creare in capo all’attore una aspettativa di probabile revoca. Stante il compenso annuo del Presidente di euro 29.000,00 lordi (tale riconosciuto essere anche da parte dell’attore nelle difese finali) il ristoro sarà di euro 14.500,00 lordi. Trattandosi di debito risarcitorio e dunque di valore, la somma sarà gravata di interessi legali e rivalutata, anno per anno, secondo gli indici Istat dei prezzi al consumo, fino alla sentenza; dopo la data di questa, si applica l’ interesse come per legge.
Non vi è allegazione alcuna di aspetti e condotte specifici, ulteriori e diversi rispetto alla mera revoca, tali da determinare l’allegato danno reputazionale, della consistenza del quale, peraltro, non è stata data alcuna prova.
Conseguentemente, si pronuncia come in dispositivo; l’attore rifonderà le spese della socia convenuta, in ragione del valore della domanda (valore indeterminabile); la società rifonderà le spese di lui, in misura rispondente al valore della vittoria. Si tiene conto del mancato svolgimento di istruzione probatoria. Si tratta di causa di complessità media; la nota spese depositata dalla sola M. è congrua.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando,
1) Rigetta la domanda attorea di annullamento della delibera 20/7/2022 della società P. di S. A. s.r.l.;
2) Rigetta le domande proposte da parte attrice contro M. A. s.p.a.;
3) Condanna P. di S. A. s.r.l. a rifondere a parte attrice euro 14.500,00 oltre interessi e rivalutazione come indicato in motivazione;
4) Condanna P. di S. A. s.r.l. a rifondere le spese di parte attrice, per euro 4.000,00 in compensi, 1.063,00 in spese, oltre 15% spese generali, oltre iva e cpa;
5) Condanna parte attrice a rifondere le spese di M. A. s.p.a. , per euro 12.489,00 inclusi accessori.